DECRETO DEL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI 9 maggio 2001  - Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante.


IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI

DI INTESA CON

I MINISTRI DELL'INTERNO, DELL'AMBIENTE E DELL'INDUSTRIA, DEL COMMERCIO E DELL'ARTIGIANATO

Visto l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana;
Vista la legge 17 agosto 1942, n. 1150;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
Visto il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, relativo all' "Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose";
Visto, in particolare, l'articolo 14 del predetto decreto legislativo, con il quale si prevede che il Ministro dei lavori pubblici, d'intesa con i Ministri dell'interno, dell'ambiente, dell'industria, commercio e artigianato e con la Conferenza Stato-Regioni, stabilisce per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale;
Visto il decreto ministeriale 9 agosto 2000, relativo a "Linee guida per l'attuazione del sistema di gestione della sicurezza", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, S.G. n.195 del 22 agosto 2000;
Acquisita l'intesa dei Ministri dell'interno, dell'ambiente, dell'industria, commercio e artigianato;
Acquisita l'intesa della Conferenza Stato-Regioni espressa nella seduta del 19 aprile 2001;

Decreta:

Articolo 1
Ambito di applicazione e definizioni

1. Il presente decreto, in attuazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, stabilisce requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti soggetti agli obblighi di cui agli articoli 6, 7 e 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, con riferimento alla destinazione ed all'utilizzazione dei suoli, al fine di prevenire gli incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose e a limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente e in relazione alla necessità di mantenere opportune distanze di sicurezza tra gli stabilimenti e le zone residenziali per:
a) insediamenti di stabilimenti nuovi;
b) modifiche degli stabilimenti di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;
c) nuovi insediamenti o infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti, quali ad esempio, vie di comunicazione, luoghi frequentati dal pubblico, zone residenziali, qualora l'ubicazione o l'insediamento o l'infrastruttura possano aggravare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante.
2. Ai fini dell'applicazione del presente decreto sono adottate le definizioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. Valgono altresì le definizioni di cui all'allegato al presente decreto.
3. Le norme di cui al presente decreto sono finalizzate, inoltre, a fornire orientamenti comuni ai soggetti competenti in materia di pianificazione urbanistica e territoriale e di salvaguardia dell'ambiente, per semplificare e riordinare i procedimenti, oltre che a raccordare le leggi e i regolamenti in materia ambientale con le norme di governo del territorio.
4. Le presenti norme si applicano anche ai casi di variazione degli strumenti urbanistici vigenti conseguenti all'approvazione di progetti di opere di interesse statale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383 e all'approvazione di opere, interventi o programmi di intervento di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
5. Le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al raggiungimento delle finalità del presente decreto nell'ambito delle proprie competenze e secondo quanto disposto dai rispettivi ordinamenti.

Articolo 2
Disciplina regionale

1. Le Regioni assicurano il coordinamento delle norme in materia di pianificazione urbanistica, territoriale e di tutela ambientale con quelle derivanti dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e dal presente decreto, prevedendo anche opportune forme di concertazione tra gli enti territoriali competenti, nonchè' con gli altri soggetti interessati.
2. La disciplina regionale in materia di pianificazione urbanistica assicura il coordinamento delle procedure di individuazione delle aree da destinare agli stabilimenti con quanto previsto dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447.
3. Le Regioni assicurano il coordinamento tra i criteri e le modalità stabiliti per l'acquisizione e la valutazione delle informazioni di cui agli articoli 6, 7 e 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e quelli relativi alla pianificazione territoriale e urbanistica.
4. In assenza della disciplina regionale si applicano i principi, i criteri e i requisiti di cui al presente decreto.

Articolo 3
Pianificazione territoriale

1. Le province e le città metropolitane, ove costituite, individuano, nell'ambito dei propri strumenti di pianificazione territoriale con il concorso dei comuni interessati, le aree sulle quali ricadono gli effetti prodotti dagli stabilimenti soggetti alla disciplina di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, acquisendo, ove disponibili, le informazioni di cui al successivo articolo 4, comma 3.
2. Il piano territoriale di coordinamento, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nell'ambito della determinazione degli assetti generali del territorio disciplina, tra l'altro, la relazione degli stabilimenti con gli elementi territoriali e ambientali vulnerabili come definiti nell'allegato al presente decreto, con le reti e i nodi infrastrutturali, di trasporto, tecnologici ed energetici, esistenti e previsti, tenendo conto delle aree di criticità relativamente alle diverse ipotesi di rischio naturale individuate nel piano di protezione civile.

Articolo 4
Pianificazione urbanistica

1. Gli strumenti urbanistici, nei casi previsti dal presente decreto, individuano e disciplinano, anche in relazione ai contenuti del Piano territoriale di coordinamento di cui al comma 2 dell'articolo 3, le aree da sottoporre a specifica regolamentazione, tenuto conto anche di tutte le problematiche territoriali e infrastrutturali relative all'area vasta. A tal fine, gli strumenti urbanistici comprendono un Elaborato Tecnico "Rischio di incidenti rilevanti (RIR)" relativo al controllo dell'urbanizzazione, di seguito denominato "Elaborato Tecnico".
2. L'Elaborato Tecnico, che individua e disciplina le aree da sottoporre a specifica regolamentazione, é predisposto secondo quanto stabilito nell'allegato al presente decreto.
3. Le informazioni contenute nell'Elaborato Tecnico sono trasmesse agli altri enti locali territoriali eventualmente interessati dagli scenari incidentali perché possano a loro volta attivare le procedure di adeguamento degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale di loro competenza.
4. In sede di formazione degli strumenti urbanistici nonché di rilascio delle concessioni e autorizzazioni edilizie si deve in ogni caso tenere conto, secondo principi di cautela, degli elementi territoriali e ambientali vulnerabili esistenti e di quelli previsti.
5. Nei casi previsti dal presente decreto, gli enti territoriali competenti possono promuovere, anche su richiesta del gestore, un programma integrato di intervento, o altro strumento equivalente, per definire un insieme coordinato di interventi concordati tra il gestore ed i soggetti pubblici e privati coinvolti, finalizzato al conseguimento di migliori livelli di sicurezza.

Articolo 5
Controllo dell'urbanizzazione

1. Le autorità competenti in materia di pianificazione territoriale e urbanistica utilizzano, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e finalità, secondo le specificazioni e le modalità contenute nell'allegato al presente decreto:
a) per gli stabilimenti soggetti all'articolo 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, le valutazioni effettuate dall'autorità competente di cui all'art. 21 del medesimo decreto legislativo;
b) per gli stabilimenti soggetti agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, le informazioni fornite dal gestore.
2. Le autorità competenti in materia di pianificazione territoriale e urbanistica, acquisite le informazioni e le valutazioni di cui al comma 1, attivano le procedure di cui agli articoli 3 e 4 del presente decreto.
3. Ferme restando le attribuzioni di legge, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica recepiscono gli elementi pertinenti del piano di emergenza esterna di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. A tal fine, le autorità competenti in materia di pianificazione territoriale e urbanistica acquisiscono tali elementi dall'autorità che ha predisposto il piano di emergenza esterno.
4. Nei casi previsti dal presente decreto, qualora non sia stata adottata la variante urbanistica, le concessioni e le autorizzazioni edilizie sono soggette al parere tecnico dell'autorità competente di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. Tale parere é formulato sulla base delle informazioni fornite dai gestori degli stabilimenti soggetti agli articoli 6, 7 e 8 del predetto decreto legislativo, secondo le specificazioni e le modalità contenute nell'allegato al presente decreto.
5. Per gli stabilimenti soggetti agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, può essere richiesto un parere consultivo all'autorità competente di cui all'articolo 21 del decreto medesimo, ai fini della predisposizione della variante urbanistica.
6. Fermo restando quanto previsto all'articolo 15, comma 4 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, il Ministero dei lavori pubblici e il Ministero dell'ambiente promuovono accordi con le Regioni, anche ai fini di cui agli articoli 52 e 54 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, per la raccolta dei dati relativi al controllo dell'urbanizzazione di cui al presente decreto. I Ministeri concertanti si avvalgono, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, previo accordo, in relazione alle specifiche competenze dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA), dell'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (CNVVF), per la raccolta e la diffusione dei dati e delle informazioni utili per il controllo dell'urbanizzazione.

Articolo 6
Aree ad elevata concentrazione di stabilimenti e porti industriali e petroliferi

1. Per gli stabilimenti e il territorio ricadenti in un'area ad elevata concentrazione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica tengono conto delle risultanze, ove disponibili, della valutazione dello studio di sicurezza integrato dell'area e del relativo piano di intervento.
2. Fatti salvi gli obblighi dei singoli gestori degli stabilimenti e degli impianti localizzati nei porti industriali e petroliferi, come individuati nel decreto previsto dall'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, l'Autorità marittima, ovvero, ove istituita, l'Autorità portuale, deve fornire alle autorità competenti in materia di pianificazione territoriale e urbanistica le informazioni relative agli scenari incidentali e in particolare quelli che coinvolgano aree esterne a quella portuale.



Allegato 1

(Criteri guida per l'applicazione del Decreto del Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, relativo all'Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (d'intesa con i Ministri dell'interno, dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con la Conferenza Stato - Regioni)

Sommario
1. Premessa
2. Pianificazione territoriale
3. Pianificazione urbanistica
3.1. Elaborato tecnico "Rischio di Incidenti Rilevanti" RIR
4. Programmi integrati
5. Fasi del processo di adeguamento degli strumenti urbanistici
6. Individuazione e disciplina delle aree da sottoporre a specifica regolamentazione
6.1. Individuazione degli elementi territoriali e ambientali vulnerabili
6.1.1. Elementi territoriali vulnerabili
6.1.2. Elementi ambientali vulnerabili
6.2. Determinazione delle aree di danno
6.2.1. Valori di soglia
6.2.2. Aree di danno
6.3. Criteri per la valutazione della compatibilità territoriale e ambientale
6.3.1. Compatibilità territoriale
6.3.2. Depositi di GPL e depositi di liquidi infiammabili e/o tossici
6.3.3. Compatibilità con gli elementi ambientali
7. Informazioni relative al controllo dell'urbanizzazione
7.1. Informazioni fornite dal gestore
7.2. Valutazioni fornite dall'autorità di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.

1. Premessa
La finalità generale del decreto del Ministro dei lavori pubblici, d'intesa con i Ministri dell'interno, dell'ambiente, dell'industria, commercio e artigianato e con la Conferenza Stato - Regioni, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 è quella di definire i requisiti minimi in materia di pianificazione territoriale e urbanistica con riferimento alla destinazione ed utilizzazione dei suoli, correlati alla necessità di mantenere le opportune distanze tra stabilimenti e zone residenziali, al fine di prevenire gli incidenti rilevanti e di limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. La novità del decreto interministeriale consiste, quindi, nel regolamentare un processo di integrazione tra le scelte della pianificazione territoriale e urbanistica e la normativa attinente gli stabilimenti soggetti all'applicazione della direttiva 96/82/CE e del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. Il Legislatore indica, pertanto, la necessità di implementare la strumentazione urbanistica e territoriale con le condizioni di compatibilità delle scelte economico-produttive di forte impatto territoriale e ambientale.
Risaltano, in tale processo, alcuni aspetti:
- il ruolo della Regione, la quale, oltre ad avere attribuzioni specifiche nei settori ambientali e produttivo, ancora maggiormente dettagliate nel D.lgs n. 112/98, con particolare riguardo al tema delle attività a rischio di incidente rilevante (art.72), è competente nella materia urbanistica ai sensi dell'art. 117 Cost. e dei successivi decreti del Presidente della repubblica;
- il ruolo della Provincia, e delle città metropolitane, alle quali, nell'ambito delle attribuzioni del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, spettano le funzioni di pianificazione di area vasta, per indicare gli indirizzi generali di assetto del territorio. Si evidenzia quindi l'opportunità che il territorio provinciale, ovvero l'area metropolitana, debba costituire - rispetto al tema trattato - l'unità di base per il coordinamento tra la politica di gestione del rischio ambientale e la pianificazione di area vasta, con la specifica missione di ricomporre le scelte locali rispetto ad un quadro coerente di livello territoriale più ampio.
- la funzione di base delle Amministrazioni comunali, le quali - sia tramite l'applicazione del D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, sia attraverso le competenze istituzionali di governo del territorio, derivanti dalla Legge Urbanistica e dalle leggi regionali, devono adottare gli opportuni adeguamenti ai propri strumenti urbanistici, in un processo di verifica iterativa e continua, generato dalla variazione del rapporto tra attività produttiva a rischio e le modificazioni della struttura insediativa del comune stesso.
Infine, è il caso di mettere in evidenza il difficile rapporto - temporale e processuale - tra le procedure di matrice urbanistica con la maggiore dinamicità di trasformazione dei processi e degli impianti produttivi e delle potenzialità di rischio rilevante, che deve trovare soluzione in una attenta e continua "lettura" del territorio, in relazione agli obiettivi di governo dello stesso.
Le valutazioni e le metodologie indicate nel presente Allegato hanno, pertanto, lo scopo di fornire, nell'ambito della procedura individuata dalle regioni, requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante, ed elementi tecnici utili alle Autorità competenti sul controllo dell'urbanizzazione, per i compiti previsti dall'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. I contenuti del presente allegato potranno essere integrati dalla disciplina regionale attuativa di cui all'art. 2 del decreto (1).

2. Pianificazione territoriale
La pianificazione territoriale, nei termini previsti dal decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, in relazione alla presenza di stabilimenti a rischio d'incidente rilevante, ha come obiettivo la verifica e la ricerca della compatibilità tra l'urbanizzazione e la presenza degli stabilimenti stessi. A tal fine, sulla base dei criteri esposti nel presente allegato, nell'ambito della determinazione degli indirizzi generali di assetto del territorio è possibile individuare gli interventi e le misure di prevenzione del rischio e di mitigazione degli impatti con riferimento alle diverse destinazioni del territorio stesso, in relazione alla prevalente vocazione residenziale, industriale, infrastrutturale, ecc.
Il Piano territoriale di coordinamento deve tendere a riportare a coerenza, in termini di pianificazione sovracomunale, le interazioni tra stabilimenti, destinazioni del territorio e localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione.
In sede di pianificazione di area vasta occorre, di conseguenza, individuare e definire i rapporti tra localizzazione degli stabilimenti e limiti amministrativi di competenza comunale, in particolare nelle situazioni in cui gli stabilimenti sono collocati in prossimità dei confini amministrativi comunali e comportano, ovviamente, un allargamento dei fattori di rischio sui comuni limitrofi. Si evidenzia, in questi casi, l'opportunità di promuovere procedure di co-pianificazione e di concertazione, già presenti in alcune normative regionali.
Gli strumenti di pianificazione territoriale recepiscono infine le indicazioni derivanti dai piani di emergenza esterna, di cui all'art. 20 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, nonché l'individuazione delle aree ecologicamente attrezzate di cui all'art. 26 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, eventualmente utilizzabili per la localizzazione degli stabilimenti.
A seconda dei casi specifici, delle diverse normative regionali e delle attribuzioni di competenze derivate dai processi di delega in corso, si possono prefigurare varie modalità di attivazione delle procedure di variazione della pianificazione territoriale, in rapporto anche alle modifiche relative alla pianificazione urbanistica.
Si può ipotizzare un tradizionale processo sequenziale, che parte dalla determinazione degli indirizzi generali a livello provinciale, da parte del piano territoriale di coordinamento, per arrivare ad una individuazione e disciplina specifica delle aree sottoposte a regolamentazione da parte dello strumento urbanistico comunale. Ma si possono anche ipotizzare processi che, almeno in parte, seguono la direzione opposta, dal Comune alla Provincia. Si possono infine ipotizzare processi e strumenti di copianificazione e concertazione che contestualmente definiscono criteri di indirizzo generale di assetto del territorio e attivano le procedure di riconformazione della pianificazione territoriale e della pianificazione urbanistica.
Quest'ultima ipotesi è auspicabile, anche in relazione alla necessità di apportare le varianti necessarie all'adeguamento al presente decreto in tempi molto brevi sia per i piani territoriali di coordinamento che per gli strumenti urbanistici, come previsto dall'art. 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. È di tutta evidenza quindi l'opportunità di rendere contestuali, il più possibile, le analisi, le valutazioni ed elaborazioni tecniche, nonché le decisioni degli enti territoriali competenti e dei soggetti comunque interessati.

3. Pianificazione urbanistica
L'art. 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 individua tre ipotesi:
a) insediamenti di stabilimenti nuovi;
b) modifiche degli stabilimenti di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;
c) nuovi insediamenti o infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti, quali ad esempio, vie di comunicazione, luoghi frequentati dal pubblico, zone residenziali, qualora l'ubicazione o l'insediamento o l'infrastruttura possano aggravare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante.
Le prime due fattispecie (a, b) hanno origine da una proposta o comunque da un intervento posto in essere dal gestore. In tal caso, l'Amministrazione comunale deve:
- verificare, attraverso i metodi e i criteri esposti nel presente allegato e con l'apporto dei soggetti coinvolti, la compatibilità territoriale e ambientale del nuovo stabilimento o della modifica dello stabilimento esistente rispetto alla strumentazione urbanistica vigente;
- promuovere la variante urbanistica, qualora tale compatibilità non sia verificata, nel rispetto dei criteri minimi di sicurezza per il controllo dell'urbanizzazione.
La terza fattispecie (c), viceversa, presuppone un processo inverso.
In tal caso, infatti, l'Amministrazione comunale deve:
- conoscere preventivamente, attraverso i metodi e i criteri esposti nel presente allegato e con l'apporto dei soggetti coinvolti, la situazione di rischio dello stabilimento esistente;
- considerare, nelle ipotesi di sviluppo e di localizzazione delle infrastrutture e delle attività rubricate al punto c) del comma 1 dell'art. 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, la situazione di rischio presente e la possibilità o meno di rendere compatibile la predetta iniziativa.
Per quanto riguarda le fattispecie a) e b), è applicabile il procedimento di approvazione della variante allo strumento urbanistico di cui all'articolo 2 del D.P.R. 447/98, mentre nel caso della fattispecie c), previa valutazione delle previsioni vigenti dello strumento urbanistico, il procedimento di approvazione della eventuale variazione al medesimo, ricade nella situazione generale, variamente normata dalle leggi regionali.
Nel caso di modifiche comportanti aggravio di rischio, ai sensi del decreto 9 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, S.G., n. 196 del 23 agosto 2000, il gestore deve verificare e dichiarare alle autorità competenti se le aree di danno in relazione alle diverse classi di probabilità conseguenti alla realizzazione della modifica non siano superiori a quelle preesistenti. In tale ultimo caso, si deve intendere l'effetto della modifica non rilevante ai fini dell'attivazione delle procedure di cui al presente decreto. In ogni caso non è necessario attivare la variante urbanistica qualora le ipotesi incidentali, attestate dal gestore o dall'autorità competente ai sensi dell'art. 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, prevedano scenari di danno esclusivamente all'interno del perimetro dello stabilimento stesso.
Sono esclusi dall'applicazione diretta del presente decreto gli stabilimenti esistenti che non ricadono in una delle fattispecie previste dall'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, nonché gli stabilimenti per i quali è in corso di definizione l'istruttoria prevista dalla normativa vigente, fino alla conclusione della medesima. È comunque possibile in sede di revisione della pianificazione territoriale e urbanistica assumere i criteri e le metodologie del presente decreto, con una opportuna analisi e documentazione degli elementi tecnici e delle decisioni assunte.
La valutazione della compatibilità tterritoriale e ambientale, per quanto attiene gli strumenti urbanistici, deve necessariamente condurre alla predisposizione di opportune prescrizioni normative e cartografiche riguardanti le aree da sottoporre a specifica regolamentazione.
L'individuazione e la disciplina di tali aree si fonda su una valutazione di compatibilità tra stabilimenti ed elementi territoriali e ambientali vulnerabili. L'individuazione di una specifica regolamentazione non determina vincoli all'edificabilità dei suoli, ma distanze di sicurezza.
Pertanto i suoli interessati dalla regolamentazione da parte del piano urbanistico, non perdono la possibilità di generare diritti edificatori, in analogia con altre fattispecie dell'ordinamento come, ad esempio, le distanze di rispetto cimiteriali. In altri termini, l'edificazione potrà essere trasferita oltre la distanza minima prescritta dal piano, su aree adiacenti, oppure, ove lo consentano le normative di piano, su altre aree del territorio comunale.
Gli strumenti di pianificazione urbanistica recepiscono, inoltre, le indicazioni contenute nei piani territoriali e quelle derivanti dai piani di emergenza esterna di cui all'art. 20 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (e in particolare le previsioni di localizzazione dei presidi di sicurezza all'interno della strumentazione urbanistica, come, ad esempio, le caserme dei VV.F), nonché l'individuazione delle aree ecologicamente attrezzate di cui all'art. 26 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, eventualmente utilizzabili per la localizzazione degli stabilimenti. Il riferimento all'obbligo di parere preventivo da parte dell'Autorità competente ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, nel caso di rilascio di concessioni e autorizzazioni edilizie in assenza di variante urbanistica, si deve intendere esteso anche alle denuncie d'inizio attività, nel caso in cui le leggi regionali prevedano l'applicabilità di tale ultimo istituto.
3.1. Elaborato Tecnico "Rischio di Incidenti Rilevanti" - RIR
L'Elaborato Tecnico consente una maggiore leggibilità e una più chiara definizione dei problemi, delle valutazioni, delle prescrizioni cartografiche, utili sia nelle fasi di formazione e approvazione sia in quelle di attuazione. La presenza di una serie di elaborati "autosufficienti" - sia pure, evidentemente, in stretto rapporto con i più generali contenuti del piano - potrà inoltre favorire il rapporto tra autorità a vario titolo competenti, nel corso dell'iter di formazione del piano. L'allegato tecnico potrà infine essere utilizzato nell'ambito delle procedure di consultazione della popolazione previste dall'articolo 23 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
L'Elaborato Tecnico, che costituisce parte integrante e sostanziale dello strumento urbanistico, dovrà contenere, di norma:
- le informazioni fornite dal gestore, di cui al punto 7
- l'individuazione e la rappresentazione su base cartografica tecnica e catastale aggiornate degli elementi territoriali e ambientali vulnerabili;
- la rappresentazione su base cartografica tecnica e catastale aggiornate dell'inviluppo geometrico delle aree di danno per ciascuna delle categorie di effetti e, per i casi previsti, per ciascuna classe di probabilità;
- individuazione e disciplina dellee aree sottoposte a specifica regolamentazione risultanti dalla sovrapposizione cartografica degli inviluppi e degli elementi territoriali e ambientali vulnerabili di cui sopra;
- gli eventuali pareri delle autorità competenti ed in particolare quello dell'autorità di cui all'art. 21, comma 1, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;
- le eventuali ulteriori misure che possono essere adottate sul territorio, tra cui gli specifici criteri di pianificazione territoriale, la creazione di infrastrutture e opere di protezione, la pianificazione della viabilità, i criteri progettuali per opere specifiche, nonché, ove necessario, gli elementi di correlazione con gli strumenti di pianificazione dell'emergenza e di protezione civile.

4. Programmi integrati
Per l'eventuale promozione di un programma integrato di intervento, o di altro strumento equivalente, l'Allegato Tecnico deve contenere, oltre a quanto specificato nel punto 3.1, una analisi socio - economica e finanziaria, nonché di fattibilità tecnica ed amministrativa degli interventi previsti. L'eventuale proposta di programma integrato d'interventi, da parte di soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio tra loro, potrà definire, di norma, ogni azione o intervento utile per risolvere le situazioni di particolare complessità, per le quali si possano ipotizzare modifiche all'assetto insediativo residenziale, industriale o infrastrutturale, anche considerando gli interventi del gestore per la riduzione delle aree di danno, con particolare riguardo all'applicazione del comma 6 dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. A tali fini il programma integrato potrà prevedere, tra l'altro, modalità di trasferimento dei diritti edificatori in aree contigue ovvero ubicate in altre aree del territorio comunale.
Nella formazione della proposta di programma integrato è inoltre possibile il coinvolgimento di altri soggetti ed istituzioni, nonché l'inserimento di immobili esterni alle aree da sottoporre a specifica regolamentazione in ambito comunale e sovra - comunale, ove ne sia verificata la convenienza economica e sociale.

5. Fasi del processo di adeguamento degli strumenti urbanistici.
In relazione a quanto si espone dettagliatamente in seguito circa gli elementi di valutazione della interazione degli stabilimenti di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 con la pianificazione esistente, si riporta la sintesi delle fasi logiche del processo di aggiornamento della strumentazione urbanistica.
Fase 1: identificazione degli elementi territoriali ed ambientali vulnerabili (vedi punto 6.1) in una area di osservazione coerente con lo strumento urbanistico da aggiornare. Questa fase è il risultato della integrazione delle informazioni fornite dal gestore nell'allegato V, sezione III, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, con i dati già in possesso dell'Amministrazione comunale, ovvero reperiti in sede della analisi preventiva del territorio che, di norma, viene effettuata per la predisposizione di uno strumento urbanistico. In particolare, l'analisi preventiva dovrà tenere conto dello stato di fatto e di diritto delle costruzioni esistenti, nonché delle previsioni di modificazione del territorio. È opportuno che le suddette informazioni siano rese disponibili al gestore.
Fase 2: determinazione delle aree di danno (vedi punto 6.2). Questa fase è il prodotto della attività di rappresentazione cartografica, su base tecnica e catastale aggiornate, delle aree di danno, come identificate in base alle informazioni fornite dal gestore e le valutazioni dell'autorità di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e la sovrapposizione delle medesime sulla stessa cartografia, sulla quale sono rappresentati gli elementi territoriali e ambientali vulnerabili.
Fase 3: valutazione della compatibilità territoriale e ambientale (punto 6.3). Questa fase consente di determinare le destinazioni d'uso compatibili con la presenza dello stabilimento ed in funzione delle quali viene predisposta la specifica regolamentazione.
Esaurito il processo su esposto, è possibile procedere alla adozione dello strumento urbanistico in base alla procedure previste dalla Legge Urbanistica e dalle diverse Leggi Regionali. 6. Individuazione e disciplina delle aree da sottoporre a specifica
regolamentazione

6.1. Individuazione degli elementi territoriali e ambientali vulnerabili
Gli elementi tecnici utili ai fini di una valutazione di compatibilità territoriale e ambientale sono espressi in relazione all'esigenza di assicurare sia i requisiti minimi di sicurezza per la popolazione e le infrastrutture, sia un'adeguata protezione per gli elementi sensibili al danno ambientale.

6.1.1. Elementi territoriali vulnerabili
La valutazione della vulnerabilità del territorio attorno ad uno stabilimento va effettuata mediante una categorizzazione delle aree circostanti in base al valore dell'indice di edificazione e all'individuazione degli specifici elementi vulnerabili di natura puntuale in esse presenti, secondo quanto indicato nella successiva tabella I.
Occorre inoltre tenere conto delle infrastrutture di trasporto e tecnologiche lineari e puntuali. Qualora tali infrastrutture rientrino nelle aree di danno individuate, dovranno essere predisposti idonei interventi, da stabilire puntualmente, sia di protezione che gestionali, atti a ridurre l'entità delle conseguenze (ad esempio: elevazione del muro di cinta prospiciente l'infrastruttura, efficace coordinamento tra lo stabilimento e l'ente gestore dell'infrastruttura finalizzato alla rapida intercettazione del traffico, ecc.). Un analogo approccio va adottato nei confronti dei beni culturali individuati in base alla normativa nazionale (decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490) e regionale o in base alle disposizioni di tutela e salvaguardia contenute nella pianificazione territoriale, urbanistica e di settore.

            TABELLA 1 - Categorie territoriali.

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    CATEGORIA A
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
       l'indice fondiario di edificazione sia superiore a 4,5 m3/m2.
2. Luoghi di concentrazione di persone con limitata capacità di
       mobilità - ad esempio ospedali, case di cura, ospizi, asili,
       scuole inferiori, ecc. (oltre 25 posti letto o 100 persone
       presenti).
3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante all'aperto - ad esempio
       mercati stabili o altre destinazioni commerciali, ecc. (oltre
       500 persone presenti).
--------------------------------------------------------------------
    CATEGORIA B
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
       l'indice fondiario di edificazione sia compreso tra 4,5 e
       1,5 m3/m2.
2. Luoghi di concentrazione di persone con limitata capacità di
       mobilità ad esempio ospedali, case di cura, ospizi, asili,
       scuole inferiori, ecc. (fino a 25 posti letto o 100 persone
       presenti).
3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante all'aperto - ad esempio
       mercati stabili o altre destinazioni commerciali, ecc. (fino a
       500 persone presenti).
4. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante al chiuso - ad esempio
       centri commerciali, terziari e direzionali, per servizi,
       strutture ricettive, scuole superiori, università, ecc.
      (oltre 500 persone presenti).
5. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante con limitati periodi di
       esposizione al rischio - ad esempio luoghi di pubblico
       spettacolo, destinati ad attività ricreative, sportive,
       culturali, religiose, ecc. (oltre 100 persone presenti se si
       tratta di luogo all'aperto, oltre 1000 al chiuso).
6. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di trasporto (movimento
       passeggeri superiore a 1000 persone/giorno).
--------------------------------------------------------------------
    CATEGORIA C
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
       l'indice fondiario di edificazione sia compreso tra 1,5 e
       1 m3/m2.
2. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante al chiuso - ad esempio
       centri commerciali, terziari e direzionali, per servizi,
       strutture ricettive, scuole superiori, università, ecc.
       (fino a 500 persone presenti).
3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante con limitati periodi di
       esposizione al rischio ad esempio luoghi di pubblico spetta-
       colo, destinati ad attività ricreative, sportive,
       culturali, religiose, ecc. (fino a 100 persone presenti se
       si tratta di luogo all'aperto, fino a 1000 al chiuso; di
       qualunque dimensione se la frequentazione è al
       massimo settimanale).
4. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di trasporto (movimento
       passeggeri fino a 1000 persone/giorno).
--------------------------------------------------------------------
    CATEGORIA D
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
       l'indice fondiario di edificazione sia compreso tra 1 e
       0,5 m3/m2.
2. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante, con frequentazione al
       massimo mensile - ad esempio fiere, mercatini o altri eventi
       periodici, cimiteri, ecc.
--------------------------------------------------------------------
    CATEGORIA E
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
       l'indice fondiario di edificazione sia inferiore a 0,5 m3/m2.
2. Insediamenti industriali, artigianali, agricoli, e zootecnici.
--------------------------------------------------------------------
    CATEGORIA F
1. Area entro i confini dello stabilimento.
2. Area limitrofa allo stabilimento, entro la quale non sono
       presenti manufatti o strutture in cui sia prevista
       l'ordinaria presenza di gruppi di persone.
--------------------------------------------------------------------

La categorizzazione del territorio esposta nella tabella 1 tiene conto di alcune valutazione dei possibili scenari incidentali, e in particolare dei seguenti criteri:
- la difficoltà di evacuare soggetti deboli e bisognosi di aiuto, quali bambini, anziani e malati, e il personale che li assiste;
- la difficoltà di evacuare i soggetti residenti in edifici a più di cinque piani e grandi aggregazioni di persone in luoghi pubblici; per tali soggetti, anche se abili di muoversi autonomamente, la fuga sarebbe condizionata dalla minore facilità di accesso alle uscite di emergenza o agli idonei rifugi;
- la minore difficoltà di evacuare i soggetti residenti in edifici bassi o isolati, con vie di fuga accessibili e una migliore autogestione dei dispositivi di sicurezza;
- la minore vulnerabilità delle attività caratterizzate da una bassa permanenza temporale di persone, cioè di una minore esposizione al rischio, rispetto alle analoghe attività più frequentate;
- la generale maggiore vulnerabilità delle attività all'aperto rispetto a quelle al chiuso.
Sulla base di questi stessi criteri, integrati dalle valutazioni che riguardano i singoli casi specifici, sarà necessario ricondurre alle categorie della tabella tutti gli elementi territoriali eventualmente presenti e non esplicitamente citati dalla tabella stessa.
Le Regioni, nell'ambito della definizione della disciplina regionale attuativa del presente decreto, potranno integrare i contenuti della tabella 1, in rapporto alle specifiche normative regionali in materia urbanistica e ambientale.
Per le categorie E ed F si deve tenere conto di quanto previsto dagli articoli 12 e 13 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, ove applicabili.
6.1.2. Elementi ambientali vulnerabili
Con particolare riferimento al pericolo per l'ambiente che può essere causato dal rilascio incidentale di sostanze pericolose, si considerano gli elementi ambientali secondo la seguente suddivisione tematica delle diverse matrici ambientali vulnerabili potenzialmente interessate dal rilascio incidentale di sostanze pericolose per l'ambiente:
- Beni paesaggistici e ambientali (decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490);
- Aree naturali protette (es. parchi e altre aree definite in base a disposizioni normative);
- Risorse idriche superficiali (es. acquifero superficiale; idrografia primaria e secondaria; corpi d'acqua estesi in relazione al tempo di ricambio ed al volume del bacino);
- Risorse idriche profonde (es. pozzi di captazione ad uso potabile o irriguo; acquifero profondo non protetto o protetto; zona di ricarica della falda acquifera),
- Uso del suolo (es. aree coltivate di pregio, aree boscate)
La vulnerabilità di ognuno degli elementi considerati va valutata in relazione alla fenomenologia incidentale cui ci si riferisce. Su tale base, in via generale e a solo titolo di esempio, si potrà considerare trascurabile l'effetto prodotto da fenomeni energetici come l'esplosione e l'incendio nei confronti dell'acqua e del sottosuolo. In tutti gli altri casi, la valutazione della vulnerabilità dovrà tenere conto del danno specifico che può essere arrecato all'elemento ambientale, della rilevanza sociale ed ambientale della risorsa considerata, della possibilità di mettere in atto interventi di ripristino susseguentemente ad un eventuale rilascio.
In sede di pianificazione territoriale e urbanistica, verrà effettuata una ricognizione della presenza degli elementi ambientali vulnerabili, come individuabili in base a specifiche declaratorie di tutela, ove esistenti, ovvero in base alla tutelabilità di legge, oppure, infine, in base alla individuazione e disciplina di specifici elementi ambientali da parte di piani territoriali, urbanistici e di settore.

6.2. Determinazione delle aree di danno

6.2.1. Valori di soglia
Il danno a persone o strutture è correlabile all'effetto fisico di un evento incidentale mediante modelli di vulnerabilità più o meno complessi. Ai fini del controllo dell'urbanizzazione, è da ritenere sufficientemente accurata una trattazione semplificata, basata sul superamento di un valore di soglia, al di sotto del quale si ritiene convenzionalmente che il danno non accada, al di sopra del quale viceversa si ritiene che il danno possa accadere. In particolare, per le valutazioni in oggetto, la possibilità di danni a persone o a strutture è definita sulla base del superamento dei valori di soglia espressi nella seguente Tabella 2 (2).

 

                Tabella 2 - Valori di soglia

===================================================================
Scenario     Elevata  Inizio   Lesioni       Lesioni     Danni alle
incidentale  letalità letalità irreversibili reversibili strutture/
                                                         Effetti
                                                         domino
===================================================================
Incendio   12,5 kW/mq  7 kW/mq    5 kW/mq    3 kW/mq     12,5 kW/mq
(radiazione
termica
stazionaria)
-------------------------------------------------------------------
BLEVE/     Raggio    350 kJ/mq  200 kJ/mq  125 kJ/mq     200-800 m
Fireball   fireball                                        (*)
(radiazione
termica
variabile)
-------------------------------------------------------------------
Flash-fire   LFL     1/2 LFL
(radiazione
termica
istantanea)
-------------------------------------------------------------------
VCE        0,3 bar   0,14        0,07 bar  0,03 bar      0,3 bar
(sovra-   (0,6 spazi
pressione  aperti)
di picco)
-------------------------------------------------------------------
Rilascio    LC50                  IDHL
tossico    (30min,hmn)
(dose
assorbita)
-------------------------------------------------------------------

(*) secondo la tipologia del serbatoio
Per la corretta applicazione dei criteri di valutazione della compatibilità territoriale, il gestore esprime le aree di danno con riferimento ai valori di soglia di Tabella 2. In generale, gli effetti fisici derivati dagli scenari incidentali ipotizzabili possono determinare danni a persone o strutture, in funzione della specifica tipologia, della loro intensità e della durata (3).
Il danno ambientale, con riferimento agli elementi vulnerabili indicati al punto 6.1.2 è invece correlato alla dispersione di sostanze pericolose i cui effetti sull'ambiente sono difficilmente determinabili a priori mediante l'uso di modelli di vulnerabilità.
L'attuale stato dell'arte in merito alla valutazione dei rischi per l'ambiente derivanti da incidenti rilevanti non permette infatti l'adozione di un approccio analitico efficace che conduca a risultati esenti da cospicue incertezze. Si procede pertanto secondo le indicazioni qualitative di cui al punto 6.3.3.

6.2.2, Aree di danno
La determinazione delle aree di danno deve essere eseguita dal gestore nella considerazione delle specificità della propria situazione, corrispondentemente alle tipologie di danno e secondo i livelli di soglia indicate in Tabella 2.
Per gli stabilimenti soggetti alla presentazione del Rapporto di sicurezza, la determinazione delle aree di danno deve essere condotta dal gestore nei termini analitici richiesti per la stesura di questo ed eventualmente rivalutata a seguito delle conclusioni dell'istruttoria per la valutazione del Rapporto di sicurezza.
Per gli altri stabilimenti, il gestore deve effettuare le necessarie valutazioni e analisi di sicurezza nell'ambito dell'attuazione del proprio sistema di gestione di sicurezza, come previsto dall'allegato III al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e dall'articolo 7 del decreto ministeriale 09/08/2000, concernente disposizioni sui sistemi di gestione della sicurezza, fornendo le informazioni e gli elementi tecnici conformemente alle definizioni ed alle soglie di cui alla tabella 2.
Il gestore deve indicare, per ognuna delle ipotesi incidentali significative individuate, la classe di probabilità degli eventi secondo la suddivisione indicata nelle tabelle 3a e 3b.

6.3. Criteri per la valutazione della compatibilità territoriale e ambientale
La valutazione della compatibilità da parte delle autorità competenti, in sede di pianificazione territoriale e urbanistica, deve essere formulata sulla base delle informazioni acquisite dal gestore e, ove previsto, sulla base delle valutazioni dell'autorità competente di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, opportunamente rielaborate ed integrate con altre informazioni pertinenti.
Gli elementi tecnici, così determinati, non vanno interpretati in termini rigidi e compiuti, bensì utilizzati nell'ambito del processo di valutazione, che deve necessariamente essere articolato, prendendo in considerazione anche i possibili impatti diretti o indiretti connessi all'esercizio dello stabilimento industriale o allo specifico uso del territorio.
Il processo di valutazione tiene conto dell'eventuale impegno del gestore ad adottare misure tecniche complementari, ai sensi dell'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica potranno prevedere opportuni accorgimenti ambientali o edilizi che, in base allo specifico scenario incidentale ipotizzato, riducano la vulnerabilità delle costruzioni ammesse nelle diverse aree di pianificazione interessate dalle aree di danno.
In base alle definizioni date, la compatibilità dello stabilimento con il territorio circostante va valutata in relazione alla sovrapposizione delle tipologie di insediamento, categorizzate in termini di vulnerabilità in tabella 1, con l'inviluppo delle aree di danno, come evidenziato dalle successive tabelle 3a e 3b. Le aree di danno corrispondenti alle categorie di effetti considerate individuano quindi le distanze misurate dal centro di pericolo interno allo stabilimento, entro le quali sono ammessi gli elementi territoriali vulnerabili appartenenti alle categorie risultanti dall'incrocio delle righe e delle colonne rispettivamente considerate.

6.3.1. Compatibilità territoriale


Tabella 3a- Categorie territoriali compatibili con gli stabilimenti

===================================================================
Classe di                   Categoria di effetti
probabilità
degli eventi    Elevata     Inizio      Lesioni         Lesioni
                letalità    letalità    irreversibili   reversibili
-------------------------------------------------------------------
< 10^-6          DEF         CDEF        BCDEF           ABCDEF
-------------------------------------------------------------------
10^-4 - 10^-6     EF          DEF         CDEF            BCDEF
-------------------------------------------------------------------
10^-3 - 10^-4     F           EF          DEF             CDEF
-------------------------------------------------------------------
> 10^-3          F           F           EF              DEF
-------------------------------------------------------------------
Tabella 3b- Categorie territoriali compatibili con gli stabilimenti
(per il rilascio di concessioni e autorizzazioni edilizie in assenza
                di variante urbanistica)
===================================================================
Classe di                   Categoria di effetti
probabilità
degli eventi    Elevata     Inizio      Lesioni         Lesioni
                letalità    letalità    irreversibili   reversibili
===================================================================
< 10^-6          EF          DEF         CDEF            BCDEF
-------------------------------------------------------------------
10^-4 - 10^-6     F           EF          DEF             CDEF
-------------------------------------------------------------------
10^-3 - 10^-4     F           F           EF              DEF
-------------------------------------------------------------------
> 10^-3          F           F           F               EF
-------------------------------------------------------------------

Le lettere indicate nelle caselle delle tabelle 3a e 3b fanno riferimento alle categorie territoriali descritte al punto 6.1., mentre le categorie di effetti sono quelle valutate in base a quanto descritto al punto 6.2.
Per la predisposizione degli strumenti di pianificazione urbanistica, le categorie territoriali compatibili con gli stabilimenti sono definite dalla tabella 3a.
Per il rilascio delle concessioni e autorizzazioni edilizie in assenza della variante urbanistica si utilizza la tabella 3b.
Ad integrazione dei criteri sopra evidenziati, le autorità preposte alla pianificazione territoriale e urbanistica, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, tengono conto della presenza o della previsione di elementi aventi particolare rilevanza sotto il profilo sociale, economico, culturale e storico tra cui, a titolo di esempio, reti tecnologiche, infrastrutture di trasporto, beni culturali storico - architettonici. Anche in questo caso, sulla base delle informazioni fornite dal gestore, è possibile stabilire se l'elemento considerato sia interessato dall'evento incidentale ipotizzato. La tabella 2 alla quinta colonna, definisce infatti le tipologie di scenario ed i valori di soglia relativi, per i quali ci si deve attendere un danno grave alle strutture. Nelle aree di danno individuate dal gestore sulla base di tali valori di soglia, ove in tali aree siano presenti i suddetti elementi, si introducono negli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica prescrizioni per la realizzazione dell'opera ovvero per la protezione dell'elemento.

6.3.2. Depositi di GPL e depositi di liquidi infiammabili e/o tossici
Nel caso di depositi di GPL e depositi di liquidi infiammabili e/o tossici soggetti all'articolo 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 ci si avvale dei criteri di valutazione della compatibilità territoriale definiti nell'ambito della normativa vigente e delle eventuali successive modifiche(4).
6.3.3. Compatibilità con gli elementi ambientali
Nei casi di nuovi stabilimenti o di modifiche agli stabilimenti che possano aggravare il rischio di incidenti rilevanti, le autorità preposte alla pianificazione territoriale e urbanistica, ciascuna nell'ambito delle proprie attribuzioni, dovranno tenere conto della specifica situazione del contesto ambientale. Al fine di valutare la compatibilità, dovranno essere presi in esame, secondo principi precauzionali, anche i fattori che possono influire negativamente sugli scenari incidentali, ad esempio la presenza di zone sismiche o di aree a rischio idrogeologico individuate in base alla normativa nazionale e regionale o da parte di strumenti di pianificazione territoriale, urbanistica e di settore. In sede di pianificazione territoriale ed urbanistica, le autorità preposte, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, tengono conto degli elementi e delle situazioni che possono aggravare le conseguenze sulle persone e sul territorio del rilascio dell'inquinante per l'ambiente.
Nei casi di particolare complessità, le analisi della vulnerabilità e le valutazioni di compatibilità sotto il profilo ambientale potranno richiedere l'apporto di autorità a vario titolo competenti in tale materia. Si tenga presente inoltre che, ai sensi dell'art. 18 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, le regioni disciplinano il raccordo tra istruttoria tecnica e procedimenti di valutazione di impatto ambientale.
Per definire una categoria di danno ambientale, si tiene conto dei possibili rilasci incidentali di sostanze pericolose. La definizione della categoria di danno avviene, per gli elementi ambientali vulnerabili di cui al punto 6.1.2, a seguito di valutazione, effettuata dal gestore, sulla base delle quantità e delle caratteristiche delle sostanze, nonché delle specifiche misure tecniche adottate per ridurre o mitigare gli impatti ambientali dello scenario incidentale.
Le categorie di danno ambientale sono così definite:
- Danno significativo: danno per il quale gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale (5) dei siti inquinati, a seguito dell'evento incidentale, possono essere portati a conclusione presumibilmente nell'arco di due anni dall'inizio degli interventi stessi;
- Danno grave: danno per il quale gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale dei siti inquinati, a seguito dell'evento incidentale, possono essere portati a conclusione presumibilmente in un periodo superiore a due anni dall'inizio degli interventi stessi; Al fine di valutare la compatibilità ambientale, nei casi previsti dal presente decreto, è da ritenere non compatibile l'ipotesi di danno grave.
Nei casi di incompatibilità ambientale (danno grave) con gli elementi vulnerabili indicati al punto 6.1.2., come sopra definita, di stabilimenti esistenti, il Comune può procedere ai sensi dell'articolo 14, comma 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, invitando il gestore a trasmettere all'autorità competente di cui all'articolo 21, comma 1 dello stesso decreto legislativo le misure complementari atte a ridurre il rischio di danno ambientale.
Nel caso di potenziali impatti sugli elementi ambientali vulnerabili (danno significativo) devono essere introdotte nello strumento urbanistico prescrizioni edilizie e urbanistiche ovvero misure di prevenzione e di mitigazione con particolari accorgimenti e interventi di tipo territoriale, infrastrutturale e gestionale, per la protezione dell'ambiente circostante, definite in funzione delle fattibilità e delle caratteristiche dei siti e degli impianti e finalizzate alla riduzione della categoria di danno.

7. Informazioni relative al controllo dell'urbanizzazione

7.1. Informazioni fornite dal gestore
Il gestore degli stabilimenti soggetti agli obblighi di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 trasmette, su richiesta del Comune o delle Autorità competenti le seguenti informazioni:
- Inviluppo delle aree di danno per ciascuna delle quattro categorie di effetti e secondo i valori di soglia di cui al paragrafo 6.2.1., ognuna misurata dall'effettiva localizzazione della relativa fonte di pericolo, su base cartografica tecnica e catastale aggiornate;
- per i depositi di GPL e per i depositi di liquidi infiammabili e/o tossici, la categoria di deposito ricavata dall'applicazione del metodo indicizzato di cui ai rispettivi decreti ministeriali 15 maggio 1996 e 20 ottobre 1998;
- per tutti gli stabilimenti, la classe di probabilità di ogni singolo evento, espressa secondo le classi indicate al punto 6.3.1;
- per il pericolo di danno ambientale, le categorie di danno attese in relazione agli eventi incidentali che possono interessare gli elementi ambientali vulnerabili.
Per gli stabilimenti esistenti soggetti ai soli obblighi di cui all'art. 6 e 7 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, il gestore trasmette alle stesse autorità le suddette informazioni, ricavate dalle valutazioni effettuate come indicato dall'allegato III del predetto decreto legislativo e dall'art. 7 del decreto ministeriale 9 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, S.G. n. 195 del 22 agosto 2000, nell'ambito del proprio sistema di gestione della sicurezza, nel solo caso in cui siano individuate aree di danno esterne all'area dello stabilimento.
Le stesse informazioni sono trasmesse alle medesime autorità dal gestore di nuovi stabilimenti all'atto della presentazione del rapporto preliminare di sicurezza all'autorità competente per il rilascio del nulla osta di fattibilità di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 o, per gli stabilimenti soggetti agli obblighi dei soli articoli 6 e 7 dello stesso decreto, all'atto della richiesta di concessioni e autorizzazioni edilizie.

7.2. Valutazioni fornite dall'autorità all'articolo 21 del decreto del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334
Contestualmente all'atto che conclude l'istruttoria tecnica, l'autorità di cui all'art. 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 trasmette alle autorità competenti per la pianificazione territoriale e urbanistica e per il rilascio delle concessioni e autorizzazioni edilizie:
- per gli stabilimenti sottoposti agli obblighi di cui all'art. 8 del decreto suddetto, le informazioni che il gestore è tenuto a riportare nel rapporto di sicurezza o nel rapporto preliminare ai sensi dell'art. 8, comma 3 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334; il gestore assicura che tali informazioni siano raccolte ed evidenziate nel rapporto in modo organico e sistematico all'interno di un apposito allegato concernente elementi per la pianificazione del territorio;
- le eventuali variazioni intervenute in relazione alla stima delle aree di danno, alla classe di appartenenza dei depositi, alla categoria di frequenza degli eventi ipotizzati, rispetto alle informazioni trasmesse inizialmente dal gestore;
- gli elementi che debbono essere presi in considerazione per un più completo e corretto giudizio di compatibilità territoriale e ambientale, valutati, tra l'altro, sulla base di: presenza di specifiche misure di carattere gestionale; adozione di particolari ed efficaci tecnologie o sistemi innovativi; disponibilità di strutture di pronto intervento e soccorso nell'area; adozione di particolari misure di allertamento e protezione per gli insediamenti civili; adozione da parte del gestore delle misure tecniche complementari ai sensi dell'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
Note
(1)La formulazione del presente allegato tiene conto dei due diversi approcci tecnico-scientifici invalsi nell'uso internazionale:
- basato su parametri deterministici, nel quale, sulla base di distanze di danno tipiche e generiche, vengono fissate delle distanze di separazione tra stabilimenti e zone urbanizzate;
- basato sulla valutazione del rischio, nel quale vengono effettuate delle valutazioni di compatibilità tra lo stabilimento e gli elementi territoriali effettivamente presenti, sulla base del rischio associato agli scenari incidentali specifici dello stabilimento in esame.
Il grado di semplificazione insito nell'approccio deterministico e la significativa rigidità di applicazione indicano l'opportunità della scelta di un approccio del secondo tipo.
Nell'ambito di tale scelta, tuttavia, non si ritiene opportuno praticare la via estrema dell'utilizzo esplicito e diretto a valutazioni probabilistiche quantitative (tipo QRA), esprimibili in termini di rischio individuale e rischio sociale, date le incertezze insite e le difficoltà applicative, che ne renderebbero oneroso e aleatorio l'uso.
Si preferisce, sempre nell'ambito di un approccio basato sulla valutazione del rischio, ricondursi ad una metodologia che, pur semplificata e parametrizzata, conduce, con un impegno non eccessivamente oneroso, ad una rappresentazione sufficientemente precisa e ripetibile del livello di rischio rappresentato dalla specifica realtà stabilimento/territorio.
Tale approccio, del resto, trova un ampio riscontro nell'applicazione dei decreti applicativi del DPR 175/88 e, in particolare:
- decreto ministeriale 15 maggio 1996 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di gas di petrolio liquefatto (GPL)";
- decreto ministeriale 20 ottobre 1998 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di liquidi facilmente infiammabili e/o tossici".
Solo nelle aree ad elevata concentrazione di stabilimenti, di cui all'articolo 13 decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, stante la estensiva significatività delle interazioni tra stabilimenti diversi e tra questi e certi elementi territoriali, si renderà necessario, per la compiutezza delle valutazioni, fare riferimento anche agli esiti dello studio integrato dell'area, necessariamente basato sulla ricomposizione dei rischi ingenerati dai vari soggetti e, quindi, su di un approccio più estesamente probabilistico.
Ai fini dell'applicazione dei criteri e delle metodologie indicate nel presente allegato si riporta, di seguito, un glossario dei termini utilizzati, ferme restando comunque le definizioni contenute e rubricate dal 13 decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334:
ELEMENTI TERRITORIALI E AMBIENTALI VULNERABILI: Elementi del territorio che - per la presenza di popolazione e infrastrutture oppure in termini di tutela dell'ambiente - sono individuati come specificamente vulnerabili in condizioni di rischio di incidente rilevante.
AREE DI DANNO: Aree generate dalle possibili tipologie incidentali tipiche dello stabilimento. Le aree di danno sono individuate sulla base di valori di soglia oltre i quali si manifestano letalità, lesioni o danni.
AREE DA SOTTOPORRE A SPECIFICA REGOLAMENTAZIONE: Aree individuate e normate dai piani territoriali e urbanistici, con il fine di governare l'urbanizzazione e in particolare di garantire il rispetto di distanze minime di sicurezza tra stabilimenti ed elementi territoriali e ambientali vulnerabili. Le aree da sottoporre a specifica regolamentazione coincidono, di norma, con le aree di danno.
COMPATIBILITÀ TERRITORIALE E AMBIENTALE: Situazione in cui si ritiene che, sulla base dei criteri e dei metodi tecnicamente disponibili, la distanza tra stabilimenti ed elementi territoriali e ambientali vulnerabili garantisca condizioni di sicurezza.
(Così in Gazz. Uff.)
(2) Tali valori sono congruenti con quelli definiti nelle linee guida di pianificazione di emergenza esterna del Dipartimento della Protezione Civile e con quelli definiti nel decreto ministeriale 15 maggio 1996 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di gas di petrolio liquefatto (GPL)" e decreto ministeriale 20 ottobre 1998 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di liquidi facilmente infiammabili e/o tossici".
La necessità di utilizzo dei valori di soglia definiti deriva non solo dall'esigenza di assicurare la necessaria uniformità di trattamento per i diversi stabilimenti, ma anche per rendere congruenti i termini di sorgente utilizzati nel controllo dell'urbanizzazione con quelli per la pianificazione di emergenza esterna e per l'informazione alla popolazione.
(Così in Gazz. Uff.)
(3) Le tipologie di effetti fisici da considerare sono le seguenti:
Radiazione termica stazionaria (POOL FIRE, JET FIRE)
I valori di soglia sono in questo caso espressi come potenza termica incidente per unità di superficie esposta (kW/m ^2 ). I valori numerici si riferiscono alla possibilità di danno a persone prive di specifica protezione individuale, inizialmente situate all'aperto, in zona visibile alle fiamme, e tengono conto della possibilità dell'individuo, in circostanze non sfavorevoli, di allontanarsi spontaneamente dal campo di irraggiamento.
Il valore di soglia indicato per i possibili danni alle strutture rappresenta un limite minimo, applicabile ad obiettivi particolarmente vulnerabili, quali serbatoi atmosferici, pannellature in laminato plastico, ecc. e per esposizioni di lunga durata. Per obiettivi meno vulnerabili potrà essere necessario riferirsi a valori più appropriati alla situazione specifica, tenendo conto anche della effettiva possibile durata dell'esposizione.
Radiazione termica variabile (BLEVE/Fireball)
Il fenomeno, tipico dei recipienti e serbatoi di materiale infiammabile pressurizzato, è caratterizzato da una radiazione termica variabile nel tempo e della durata dell'ordine di 10-40 secondi, dipendentemente dalla quantità coinvolta. Poiché in questo caso la durata, a parità di intensità di irraggiamento, ha un'influenza notevole sul danno atteso, è necessario esprimere l'effetto fisico in termini di dose termica assorbita (kJ/m ^2 )3.
Ai fini del possibile effetto domino, vengono considerate le distanze massime per la proiezione di frammenti di dimensioni significative, riscontrate nel caso tipico del GPL.
Radiazione termica istantanea (FLASH-FIRE)
Considerata la breve durata dell'esposizione ad un irraggiamento significativo (1-3 secondi, corrispondente al passaggio su di un obiettivo predeterminato del fronte fiamma che transita all'interno della nube), si considera che effetti letali possano presentarsi solo entro i limiti di infiammabilità della nube (LFL).
Eventi occasionali di letalità possono presentarsi in concomitanza con eventuali sacche isolate e locali di fiamma, eventualmente presenti anche oltre il limite inferiore di infiammabilità, a causa di possibili disuniformità della nube; a tal fine si può ritenere cautelativamente che la zona di inizio letalità si possa estendere fino al limite rappresentato da 1/2 LFL.
Onda di pressione (VCE)
Il valore di soglia preso a riferimento per i possibili effetti letali estesi si riferisce, in particolare, alla letalità indiretta causata da cadute, proiezioni del corpo su ostacoli, impatti di frammenti e, specialmente, crollo di edifici (0,3 bar); mentre, in spazi aperti e privi di edifici o altri manufatti vulnerabili, potrebbe essere più appropriata la considerazione della sola letalità diretta, dovuta all'onda d'urto in quanto tale (0,6 bar).
I limiti per lesioni irreversibili e reversibili sono stati correlati essenzialmente alle distanze a cui sono da attendersi rotture di vetri e proiezione di un numero significativo di frammenti, anche leggeri, generati dall'onda d'urto. Per quanto riguarda gli effetti domino, il valore di soglia (0,3 bar) è stato fissato per tenere conto della distanza media di proiezione di frammenti od oggetti che possano provocare danneggiamento di serbatoi, apparecchiature, tubazioni, ecc.
Proiezione di frammenti (VCE)
La proiezione del singolo frammento, eventualmente di grosse dimensioni, viene considerata essenzialmente per i possibili effetti domino causati dal danneggiamento di strutture di sostegno o dallo sfondamento di serbatoi ed apparecchiature.
Data l'estrema ristrettezza dell'area interessata dall'impatto e quindi la bassa probabilità che in quell'area si trovi in quel preciso momento un determinato individuo, si ritiene che la proiezione del singolo frammento di grosse dimensioni rappresenti un contribuente minore al rischio globale rappresentato dallo stabilimento per il singolo individuo (in assenza di effetti domino).
Rilascio tossico
Ai fini della valutazione dell'estensione delle aree di danno relative alla dispersione di gas o vapori tossici, sono stati presi a riferimento i seguenti parametri tipici:
- IDLH ("Immediately Dangerous to Life and Health": fonte NIOSH/OSHA): concentrazione di sostanza tossica fino alla quale l'individuo sano, in seguito ad esposizione di 30 minuti, non subisce per inalazione danni irreversibili alla salute e sintomi tali da impedire l'esecuzione delle appropriate azioni protettive.
- LC5O (30min,hmn): concentrazione di sostanza tossica, letale per inalazione nel 50% dei soggetti umani esposti per 30 minuti.
Nel caso in cui siano disponibili solo valori di LC5O per specie non umana e/o per tempi di esposizione diversi da 30 minuti, deve essere effettuata una trasposizione ai detti termini di riferimento mediante il metodo TNO.
Si rileva che il tempo di esposizione di 30 minuti viene fissato cautelativamente sulla base della massima durata presumibile di rilascio, evaporazione da pozza e/o passaggio della nube. In condizioni impiantistiche favorevoli (ad esempio, sistema di rilevamento di fluidi pericolosi con operazioni presidiate in continuo, allarme e pulsanti di emergenza per chiusura valvole, ecc.) e a seguito dell'adozione di appropriati sistemi di gestione della sicurezza, come definiti nella normativa vigente, il gestore dello stabilimento può responsabilmente assumere, nelle proprie valutazioni, tempi di esposizione significativamente diversi; ne consegue la possibilità di adottare valori di soglia corrispondentemente diversi da quelli di Tabella 2.
(Così in Gazz. Uff.)
(4) Decreto Ministero dell'Ambiente 15 maggio 1996, "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di gas e petrolio liquefatto G.P.L.), pubblicato nel S.O. n. 113 alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 9 luglio 1996.
Decreto Ministero dell'Ambiente 20 ottobre 1998, "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti sicurezza relativi ai depositi di liquidi facilmente infiammabili e/o tossici), pubblicato nel S.O. n. 188 alla Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9 novembre 1998.
(Così in Gazz. Uff.)
(5) Per valutare gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, a seguito dell'evento incidentale, si deve fare riferimento, attualmente, al decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, "Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'art. 17 del d.Lgs 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni", nonché del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonte agricola".