Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 marzo 2014, n. 6120 - Infortunio sul lavoro e quantificazione degli esiti invalidanti






REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo - Presidente -
Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. DORONZO Adriana - Consigliere -
Dott. LORITO Matilde - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso 2603/2008 proposto da:
P.L. C.F. (Omissis), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B. VICO N 1, presso lo studio dell'avvocato CAPPABIANCA FERDINANDO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIARDINI Lorenzo, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
ALLIANZ S.P.A. (già R.A.S. S.P.A. conferitaria dell'AZIENDA DI L.A. S.P.A. C.F. (Omissis), in persona del procuratore speciale Dott.ssa G.A. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell'avvocato SPADAFORA Giorgio, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
- controricorrente -
e contro
F. TUBI S.R.L.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 611/2006 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 19/01/2007 r.g.n. 691/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/2014 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;
udito l'Avvocato CAPPABIANCA FERDINANDO;
udito l'Avvocato MANGANIELLO ANTONIO per delega SPADAFORA GIORGIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.


Fatto


La Corte d'Appello di Venezia, con sentenza in data 19/1/07 parzialmente riformava la pronuncia del Tribunale di Venezia con la quale erano state accolte le domande proposte da P.L. nei confronti della F. Tubi s.r.l. a titolo di risarcimento del danno in relazione all'infortunio sul lavoro occorsogli in data (Omissis), nonchè la domanda di manleva dalla società spiegata nei confronti della spa L.A..

In particolare la Corte territoriale definiva la portata invalidante delle lesioni personali permanenti risentite dal P. per effetto del sinistro occorsogli, nella misura 35%, in coerenza con gli esiti degli accertamenti ai quali era pervenuta la espletata CTU medico- legale, in luogo di quella del 38% acclarata dal giudice di primo grado sulla scorta di propria valutazione del danno risentito dal lavoratore, ed applicava in sede di liquidazione le c.d. tabelle di valutazione elaborate dal Tribunale di Venezia, determinando il quantum debeatur nell'importo di euro 155.351,25 oltre accessori di legge, in luogo dell'importo di Euro 340.000,00 liquidato nel pregresso grado di giudizio.

Avverso tale pronuncia della Corte territoriale P.L. ha spiegato ricorso per Cassazione affidato ad un motivo.

Ha resistito con controricorso tardivamente depositato la Allianz spa già Ras spa conferitaria della azienda L.A. spa.

 

Diritto


Con unico motivo, il ricorrente lamenta vizio di violazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo.

In particolare denuncia l'erroneità degli approdi ai quali è pervenuta la Corte di merito in tema di quantificazione degli esiti invalidanti dell'infortunio occorsogli, in quanto determinati nella misura già stabilita dal CTU nominato in prime cure in assenza di adeguata motivazione, rimasta inespressa anche quanto alle ragioni che avevano indotto la Corte territoriale a rivedere le motivate statuizioni rese al riguardo dal primo giudice.

Denuncia il ricorrente altresì, l'errore in cui sono incorsi i giudici di merito laddove hanno definito come non contestati gli esiti degli accertamenti peritali espletati in prime cure, nonostante i rilievi esposti sia nel corso del giudizio di primo grado, che nella memoria di costituzione in appello.

Lamenta, infine, il P., difetto di motivazione della impugnata sentenza in ordine alla adozione delle Tabelle del Tribunale di Venezia ai fini della liquidazione del danno, in difformità con l'orientamento della Corte di Legittimità in ordine all'obbligo di motivare le modalità di applicazione delle Tabelle al caso concreto.

Occorre premettere, per un ordinato iter motivazionale, che laddove venga formulata censura di insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo è da ritenersi inammissibile quando sia carente della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione ex art. 366 bis c.p.c..

E', invero, orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. S.U. n. 20603 del 1 ottobre 2007, Cass. n. 8897 del 7 aprile 2008) che allorquando nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l'onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall'art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso ma anche formulando al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente la ammissibilità del ricorso.

Tale sintesi, come è dato evincere dall'art. 366 bis c.p.c., non si identifica con il requisito di specificità del motivo ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, ma assume una propria autonoma funzione volta a consentire la immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante - ove correttamene valutato - ai fini della decisione favorevole al ricorrente(vedi in tali termini, fra le tante, Cass. n. 5858 del giorno 8 marzo 2013, Cass. n. 24255 del 18 novembre 2011, Cass. S.U. n. 20603 del 1 ottobre 2007).

Degli enunciati principi non risulta disposta applicazione nel caso di specie, mancando il ricorso di alcuna indicazione riassuntiva e sintetica, formulata in guisa autonoma rispetto alla illustrazione del motivo e secondo modalità tali da consentire di ritenere soddisfatta la ratio sottesa alla richiamata disposizione di cui all'art. 366 bis c.p.c..

Non può sottacersi, peraltro, che il motivo si presenta comunque privo di pregio sotto ulteriori profili.

Non risulta, infatti, in alcun modo riportato il tenore della consulenza medico-legale le cui risultanze il ricorrente ritiene siano state erroneamente recepite dalla Corte territoriale, ma solo uno stralcio di motivazione della sentenza di primo grado che prescindeva da un chiaro e preciso richiamo ai termini in cui l'elaborato peritale risultava formulato.

In tale prospettiva, non è valutabile la censura relativa al preteso difetto di motivazione, perchè non risultano esposti con chiarezza i termini nei quali si sarebbe realizzata.

Il ricorso per cassazione - in ragione del principio della autosufficienza - deve infatti contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni di cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso grado di giudizio di merito (vedi in tali sensi, Cass. n. 1236 del 24 maggio 2006 cui adde Cass. n. 15952 del 17 luglio 2007).

La censura si presenta quindi quale prospettazione di una possibile diversa valutazione della ricostruzione dei fatti rispetto a quella fatta propria dalla sentenza, priva della dimostrazione che quella diversa valutazione sia l'unica logicamente possibile (in tali sensi vedi Cass. n. 10684 del 24 aprile 2008).

La prospettata valutazione degli esiti invalidanti residuati dal sinistro occorso al ricorrente in misura diversa da quella acclarata dal CTU nominato in prime cure, non appare infatti definibile, anche in termini di decisività, in mancanza del diverso termine di valutazione costituito dalla consulenza medica espletata in prime cure il cui tenore non risulta, come già argomentato, in alcun modo riportato, neanche in termini riassuntivi.

La medesima carenza espositiva è rilevabile, poi, quanto al denunciato difetto di motivazione in ordine alle modalità di applicazione delle tabelle al caso concreto, non avendo il ricorrente in alcun modo argomentato, come doveroso, in ordine alle ragioni alla cui stregua gli sarebbe spettato un importo maggiore rispetto a quello già sancito dalle tabelle veneziane adottate dalla Corte territoriale, posto che la quantificazione disposta dal giudice di primo grado cui ha fatto riferimento il P. onde contestare la fondatezza della quantificazione del danno biologico elaborata dalla Corte territoriale, risulta formulata in via equitativa tout court, con mero riferimento alla particolarità dell'infortunio, senza il richiamo ad alcun obiettivo parametro di valutazione.

Manca quindi, anche sotto tale profilo, il necessario requisito della decisività del vizio di motivazione individuato dalla giurisprudenza di legittimità come coessenziale alla ammissibilità della censura.

La doglianza si palesa, comunque infondata, ove si consideri che la Corte territoriale ha proceduto ad un apprezzamento del danno biologico risentito dal ricorrente procedendo ad una valutazione della effettiva consistenza delle lesioni riportate, modulata sulla scorta di precisi parametri predeterminati e standardizzati che risultavano espressi nelle richiamate tabelle veneziane, idonee ad ancorare l'esercizio del potere discrezionale riservato al giudice di merito a canoni obiettivi e predeterminati.

I giudici di merito sono pervenuti alla liquidazione del danno risentito dall'infortunato, ivi compreso il danno morale, adottando quale base di computo il valore medio del punto di invalidità, adeguandolo alla peculiarità del caso concreto con riferimento alla natura ed entità delle lesioni risentite oltre che all'età dell'infortunato, pervenendo ad una adeguata personalizzazione del risarcimento del danno, con l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., secondo modalità tali da garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche la tendenziale uniformità del giudizio a fronte di casi analoghi.

Nell'ottica descritta, palesa la sua infondatezza anche l'ulteriore motivo di censura formulato con riferimento al calcolo degli accessori di legge che nella specie risulta elaborato dalla Corte territoriale in coerenza con il criterio di liquidazione del danno adottato.

In definitiva, alla luce delle sinora esposte considerazioni, assorbenti rispetto alle ulteriori censure formulate dal ricorrente con riferimento alla omessa valutazione delle critiche mosse all'elaborato peritale stilato in prime cure, il ricorso va respinto con compensazione delle spese di lite, considerata la tardività della costituzione della controricorrente Allianz s.p.a..





P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2014