Cassazione Civile, 10 aprile 2014, n. 8453 - Esposizione ultradecennale alle fibre di amianto e riconoscimento dei benefici pensionistici
Fatto
P.C. si rivolse al Tribunale di Sulmona per conseguire l'accertamento nei confronti dell'Inps, della propria esposizione ultradecennale alle fibre di amianto in misura superiore ai limiti di legge ed il riconoscimento dei benefici pensionistici di cui all'art.13 comma 8 legge n.257/92. Ritualmente instaurato il contraddittorio con l'Istituto, con sentenza del 29/9/09 il giudice adito accolse parzialmente il ricorso, riconoscendo il diritto del P.C. alla rivalutazione con il coefficiente 1.25 della anzianità contributiva ai soli fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche, avendo egli presentato domanda amministrativa all'Inail successivamente al 2/10/03 ed in ogni caso, non avendo comunque la possibilità di maturare, neanche con il riconoscimento dei benefici previdenziali ex art.13 L.257/92, i requisiti per il pensionamento.
Dette statuizioni, a seguito del gravame interposto dal P.C., sono state confermate dalla sentenza 18/10/10 della Corte d'appello de L'Aquila che ha respinto i motivi di gravame con i quali il lavoratore aveva lamentato l'applicazione della disciplina meno favorevole di cui all'art.47 c.1 d.l 269/03 in luogo della disciplina previgente di cui alla L.257/92, benché gli fosse stata riconosciuta l'esposizione qualificata ultradecennale all'amianto.
Nel pervenire a tali conclusioni la Corte territoriale, dopo aver proceduto ad una ricognizione delle disposizioni di legge applicabili alla fattispecie e degli orientamenti giurisprudenziali elaborati in relazione alle questioni trattate, ha osservato essenzialmente come l’art. 3 comma 132, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, in base al quale in favore dei lavoratori che abbiano già maturato alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art.13, comma 8, legge 257/92 e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003, va interpretato nel senso che per "maturazione" del diritto al beneficio si intende la maturazione del diritto a pensione. Ha quindi rilevato come la citata disposizione si applichi anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'Inail o abbiano ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Ha pertanto concluso che non avendo l'appellante ancora maturato il diritto a pensione né avendo avviato procedimenti amministrativi o conseguito pronunce di riconoscimento del diritto anteriormente al 2/10/03, il regime normativo più favorevole da lui invocato, non poteva rinvenire applicazione.
Avverso tale decisione interpone tempestivo ricorso per cassazione il lavoratore affidato ad unico motivo illustrato da memoria.
Resiste con controricorso l'Inps.
Diritto
Con l'unico articolato motivo il ricorrente, denunciando violazione di plurime norme di diritto, nonché vizio di motivazione, contesta l'interpretazione della normativa di riferimento accolta dalla Corte territoriale; a suo avviso, infatti, dal raffronto tra l'art. 47, comma 6 bis, di n. 269/03, convertito in legge n. 326/03, e il successivo art. 3, comma 132, legge n. 350/03, nonché tenendo conto dei lavori preparatori della legge di conversione n. 326/03 e della legge n. 350/03, dovrebbe ricavarsi che la seconda disposizione, nel riferirsi a tutti coloro che hanno maturato, non già il diritto alla pensione, ma "il diritto al conseguimento" degli specifici "benefici previdenziali" di cui alla legge n. 257/92, vuol fare salva l'applicazione della disciplina previgente per tutti coloro che, rientrando nelle previsioni di quest'ultima, al momento dell'entrata in vigore della novella fossero risultati in possesso dei requisiti (almeno dieci anni di esposizione all'amianto, per attività soggette alla relativa assicurazione obbligatoria gestita dall'Inail) a cui era condizionato il riconoscimento del beneficio previdenziale, fossero o meno già in pensione ovvero in procinto di andarvi; conseguentemente, salve le diverse ipotesi specificamente previste (avvenuta presentazione della domanda di rinascimento all'Inail entro il 2.10.2003; conseguimento di sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data), doveva ritenersi che restavano esclusi dall'applicazione delle disposizioni previgenti (venendo assoggetti quindi al nuovo regime di cui all'art. 47 di n. 269/03), solo quei lavoratori che, pur essendo stati esposti all'amianto per un periodo almeno decennale prima del 2.10.2003, non avevano titolo a conseguite i benefici sulla base della legge n. 257/92, in quanto le relative attività non erano coperte dall'assicurazione obbligatoria Inail; sempre secondo il ricorrente, l'interpretazione accolta dalla Corte territoriale condurrebbe all'applicazione della nuova disciplina a lavoratori già esposti all'amianto, per periodi ultradecennali, per attività soggette all'assicurazione Inail, il che ne postulerebbe un effetto retroattivo; ciò porterebbe tuttavia alla violazione del principio dell'affidamento in materia incidente sul diritto alla salute e sul conseguimento di benefici previdenziali, stante l'assenza di una idonea giustificazione della retroattività della nuova disciplina, con conseguente lesione dei principi di cui agli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione, oltre a determinare la violazione del principio di uguaglianza per l'arbitraria parificazione di situazioni differenti (essendo stata regolata in ugual modo la situazione di coloro che avevano subito l'esposizione all'amianto in attività soggette alla relativa assicurazione obbligatoria e quella di coloro che a tale assicurazione non erano stati assoggetti) e per arbitraria discriminazione tra situazioni uguali (essendo stata fatta salva l'applicazione della vecchia disciplina per coloro che alla data di entrata in vigore avevano già maturato il diritto al trattamento pensionistico; per coloro che, alla stessa data, avevano già avviato un procedimento amministrativo o giurisdizionale per l'accertamento del diritto a conseguire i benefici in parola; per coloro che, sempre prima dell'entrata in vigore del decreto legge, avevano presentato una domanda, anche in sede amministrativa, per il riconoscimento del beneficio); da ciò la richiesta del ricorrente, in via gradata, di sollevare questione di legittimità costituzionale della normativa di riferimento per contrasto con gli artt. 3, 24, 32 e 38 della Costituzione.
Giova ricordare il contenuto delle previsioni legislative (per quanto di rilievo ai fini del decidere e per quanto espressamente invocate dalle parti) che si sono succedute nel disciplinare la fattispecie.
L'art. 13, comma 8, legge 27 marzo 1992, n. 257 stabilì che "Per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5".
L'art. 47 di 30 settembre 2003, n. 269 (pubblicato in supplemento ordinario n. 157 alla Gazzetta Ufficiale n. 229 del 2 ottobre 2003), convertito, con modificazioni, in nella legge 24 novembre 2003, n. 326, sotto la rubrica "Benefici previdenziali ai lavoratori esposti all'amianto'', previde quanto segue:
"1. A decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall'articolo 13, comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 251, è ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini della determinazione dell' importo delle presta z ioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai lavoratori a cui sono state rilasciate dall'INAIL le certificazioni relative all'esposizione all'amianto sulla base degli atti d'indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Con la stessa decorrenza prevista al comma 1, i benefici di cui al comma 1, sono concessi esclusivamente ai lavoratori, che, per un periodo non inferiore a dieci anni, sono stati esposti all'amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno. I predetti limiti non si applicano ai lavoratori per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell'esposizione all'amianto, ai sensi del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
4. La sussistenza e la durata dell'esposizione all'amianto di cui al comma 3 sono accertate e certificate dall’INAIL.
5. I lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall'INAIL prima del 1"ottobre 2003, devono presentare domanda alla Sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici.
6. Le modalità di attuazione del presente articolo sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
6-bis. Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto al trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 257, nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscano dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento.
6-ter. I soggetti cui sono stati estesi, sulla base del presente articolo, i benefici previdenziali di cui alla legge 21 marzo 1992, n. 251, come rideterminati sulla base del presente articolo, qualora siano destinatari di benefici previdenziali che comportino , rispetto ai regimi pensionistici di appartenenza, l’anticipazione dell'accesso al pensionamento, ovvero l’aumento dell'anzianità contributiva, hanno facoltà di optare tra i predetti benefici e quelli previsti dal presente articolo. Ai medesimi soggetti non si applicano i benefici di cui al presente articolo, qualora abbiano già usufruito dei predetti aumenti o anticipazioni alla data di entrata in vigore del presente decreto, (omissis)"
Va precisato che i commi 6 bis e 6 ter vennero introdotti in sede di conversione in legge del decreto e che il decreto ministeriale attuativo di cui al comma 6 venne emanato il 27 ottobre 2004.
L'art. 3, comma 132, legge 24 dicembre 2003, n. 350, previde poi che:
"In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall'INAIL. (omissis)".
Per quanto qui specificamente interessa, l'art. 1, comma 2, del decreto ministeriale attuativo 27 ottobre 2004, stabilì che:
"Ai lavoratori che sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gestita dall'INAIL, che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 251, e successive modificazioni, si applica la disciplina previgente alla medesima data, fermo restando, qualora non abbiano già provveduto, l'obbligo di presentazione della domanda di cui all'art. 3 entro il termine di 180 giorni, a pena di decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto".
L'art. 1, comma 20, legge 24 dicembre 2007, n. 247 ha poi disposto che "Ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono valide le certificazioni rilasciate dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ai lavoratori che abbiano presentato domanda al predetto Istituto entro il 15 giugno 2005, per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all'amianto fino all'avvio dell'azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003, nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale".
La legge n. 257/92, emanata dopo la sentenza di condanna della Corte di Giustizia CE n. 240 del 1990, a seguito di una procedura d'infrazione, era principalmente finalizzata a favorire la cessazione dell'impiego dell'amianto e, tra le misure adottate per raggiungere tale obiettivo, si inserisce il ricordato art. 13, comma 8, emanato con il fine precipuo di favorire l'esodo dal mondo del lavoro del maggior numero di lavoratori che avessero subito, sul piano occupazionale, le conseguenze della suddetta dismissione.
Con la riforma del 2003 tale misura ha subito una trasformazione radicale dovuta, come puntualmente evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 376/2008, ad un duplice ordine di ragioni: "Da un lato, infatti, è stato logico presumere che, a distanza di tanti anni dall'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, il risultato della dismissione delle lavorazioni dell'amianto, comportanti esposizione dei lavoratori alle sue polveri, fosse stato ormai conseguito; dall'altro, è venuto emergendo, dalle indagini epidemiologiche e dai progressi della scienza medica, che gli effetti dannosi della suddetta esposizione possono prodursi anche a lunga distanza di tempo e che non era, quindi, irragionevole attribuire un beneficio previdenziale a coloro che a siffatto rischio erano stati esposti, anche se le relative attività non erano obbligatoriamente assoggettate all'assicurazione INAIL. La nuova normativa ha, pertanto, previsto che il beneficio non valga al fine del raggiungimento della anzianità contributiva, ma sia attribuito, in presenza delle altre condizioni di legge, a coloro che abbiano maturato il diritto al trattamento di quiescenza secondo gli ordinari criteri di calcolo, al solo fine della misura della pensione. La riduzione del coefficiente di rivalutazione da 1,50 a 1,25 è dovuta alla non irragionevole previsione che vi sarebbe stato un allargamento della platea degli aventi diritto e, quindi, a una nuova valutazione delle esigenze di bilancio".
In sintesi, alla stregua delle previsioni della riforma, deve convenirsi che si è attribuito un beneficio, ridotto rispetto a quello originariamente previsto dell'art. 13, comma 8, legge n. 257/92, a tutti i lavoratori che, nel periodo considerato, siano stati esposti all'amianto (nella concentrazione media annua indicata), indipendentemente dal fatto che l'attività esercitata fosse assoggettata all'assicurazione Inail contro le malattie professionali.
La questione sollevata (o meglio, riproposta, perché già più volte esaminata dalla giurisprudenza di questa Corte) investe pertanto l'interpretazione da darsi all'art. 3, comma 132, della legge n. 350/2003 e all'art. 1, comma 2, dm 27 ottobre 2004 (di attuazione dell'art. 47, di n. 269/2003), nella parte in cui sanciscono l'applicabilità della previdente disciplina (utilizzo del coefficiente moltiplicatore 1,5 tanto ai fini tanto dell'accesso a pensione, quanto a quello della relativa liquidazione) nei confronti di coloro che avevano maturato "il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali dì cui all'art. 13, comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 257" alla data del 2 ottobre 2003.
Deve anzitutto osservarsi come sia sostanzialmente priva di rilevanza, ai fini dell' indagine anzidetta, la ricordata disposizione del cui all'art. 1, comma 20, legge n. 247/07, che si limita a introdurre una deroga alla disciplina generale per i lavoratori che abbiano prestato la propria attività nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale; situazione soggettiva che comunque non ricorre nel caso di specie.
Nient'affatto decisivo risulta poi quanto disposto dall'art. 1, comma 2, dm 27 ottobre 2004; tale decreto, atto di normazione secondaria, pur se emanato in attuazione dell’art. 47, di n. 269/2003, ha recepito, senza nulla aggiungere, la locuzione di cui all'art. 3, comma 132, legge n. 350/03 ("diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 251, e successive modificazioni"), cosicché la soluzione della questione all'esame riposa unicamente sull'individuazione della portata effettiva della normazione primaria, non ponendosi affatto, quale che sia la soluzione, un problema di disapplicazione della disposizione attuativa.
7. L'opzione ermeneutica prospettata dal ricorrente riposa essenzialmente sulla differenza lessicale tra il comma 6 bis dell'art. 47 dl n. 269/03 ("diritto al trattamento pensionistico") e il comma 132 dell'art. 3 n. 350/03 ("diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 251"), desumendone che la seconda locuzione esprimerebbe un diverso concetto (da accogliersi in base ai principi della successione delle leggi nel tempo) e, in particolare, che vorrebbe far salva l'applicazione della disciplina previgente per tutti coloro che, rientrando nelle previsioni di quest'ultima, al momento dell'entrata in vigore della novella fossero risultati in possesso dei requisiti a cui era condizionato il riconoscimento del beneficio previdenziale, indipendentemente dal fatto che avessero maturato il diritto alla pensione.
Tale argomento interpretativo è intrinsecamente fragile, perché non spiega affatto per quale ragione la seconda locuzione, alla luce di un'interpretazione sistematica della normativa di riferimento, non potrebbe configurare una sostanziale sinonimia della prima.
Ma soprattutto, proprio sotto il profilo letterale, si risolve nell'attribuire natura di diritto soggettivo, come previsto dalla legge ("diritto al conseguimento a ciò che è soltanto una situazione fattuale costituente uno dei requisiti perché il diritto stesso possa essere conseguito.
Laddove, se il legislatore avesse inteso garantire l'applicabilità delle previgenti disposizioni alla mera ricorrenza di tale situazione fattuale, lo avrebbe esplicitato, così come ha fatto in riferimento ad altre situazioni fattuali ben determinate, quale ad esempio, l'avere "avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL", la cui contemplazione risulterebbe invece pleonastica seguendo l'interpretazione prospettata dal ricorrente"
Né incontrovertibili elementi di giudizio, nel senso prospettato, possono ravvisarsi negli atti dei richiamati lavori preparatori parlamentari (fermo restando il rilievo che "... i lavori preparatori - anche quando il loro tenore è inequivoco - pur non essendo privi di rilievo, non rivestono tuttavia importanza decisiva ai fini della ricostruzione del significato da attribuire alle norme giuridiche, poiché queste, una volta emanate, assumono un valore autonomo e vanno quindi interpretate non già secondo le opinioni personali dei partecipanti alla loro elaborazione ma secondo il contenuto che risulta dalla loro formulazione e dal sistema nel quale sono inserite" - cfr, Corte Costituzionale, n. 34/1977, punto 4 della motivazione in diritto); anzi semmai, va rilevato, in senso contrario, che l'XI Commissione Permanente, nel rilasciare il proprio parere favorevole con riferimento al comma 6 bis dell'art. 47 dL n. 269/03, che, come detto, si riferisce espressamente al "diritto al trattamento pensionistico", si espresse nel senso che tale disposizione faceva salve le disposizioni previgenti "per le situazioni giuridiche soggettive dei lavoratori che avevano già maturato, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della legge n° 257 del 1992", con ciò mostrando di intendere la sostanziale sinonimia fra le due locuzioni.
L'opzione ermeneutica invocata dal ricorrente risulta altresì inaccoglibile sotto un primo profilo sistematico; seguendola, infatti, ne deriverebbe la sostanziale inapplicabilità del comma 1 dell'art. 47 DL n. 269/03 ai lavoratori adibiti ad attività assoggettate all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali dell'Inail, in palese contrasto con il carattere generale di tale disposizione, che non distingue affatto tra lavoratori addetti o non addetti ad attività assoggettate alla suddetta assicurazione obbligatoria.
Ma, soprattutto, sempre sotto il profilo sistematico, l'interpretazione invocata non si concilia con la natura dei benefici previdenziali de quibus, posto che, come condivisibilmente riconosciuto da un ormai consolidato indirizzo ermeneutico di questa Corte, "la rivalutazione contributiva non rappresenta una prestazione previdenziale autonoma, ma determina i contenuti del diritto alla pensione" (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 21257/2004; 21862/2004; 15007/2005; 15008/2005; 16179/2005; 441/2006; 15679/2006; 23068/2007; 18135/2010; 3122/2011; 8649/2012), ovvero, in altri termini, introduce "una modalità di calcolo della anzianità contributiva ai fini delle ordinarie prestazioni pensionistiche di vecchiaia e di anzianità o di queste sostitutive in regimi speciali" (cfr, Corte Costituzionale, n. 376/2008).
Con l'ineludibile conseguenza che la maturazione, alla data del 2 ottobre 2003, del "diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 251, e successive modificazioni" deve essere intesa nel senso del perfezionamento del diritto al trattamento pensionistico anche sulla base del benefìcio di cui all'art. 13, comma 8, legge n. 257/92; onde, per questa parte, la locuzione utilizzata al ridetto art. 3, comma 132, legge n. 350/03 costituisce soltanto la conferma di quanto già si era voluto significare con quella di maturazione del "diritto al trattamento pensionistico" contenuta nell'art. 47, comma 6 bis, di. n. 269/03.
Corollario di quanto testé affermato è che i lavoratori che, in epoca antecedente all'ottobre 2003, fossero stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni nello svolgimento di attività assoggettate all'assicurazione obbligatoria dell'Inail non erano titolari di un diritto soggettivo perfetto alla pensione e alla sua determinazione secondo i criteri di cui all'art. 13, comma 8, legge n. 257/92, ma soltanto portatori di una legittima aspettativa a che tale diritto si concretizzasse al momento dell'eventuale (sempre che, cioè, venissero a realizzarsi gli ulteriori requisiti) futura maturazione del diritto a pensione.
Dal che discende che non può ritenersi che la riforma del 2003 abbia inciso, retroattivamente, su posizioni di diritto soggettivo già acquisite.
Va comunque considerato, secondo i principi enunciati a più riprese dalla Corte Costituzionale (cfr, ex plurimis, Corte Costituzionale, nn. 349/1985; 822/1988; 573/1990; 390/1995), che le disposizioni modificatrici in senso sfavorevole della precedente disciplina dei rapporti di durata emanate dal legislatore ai fini pensionistici, non devono concretare un regolamento irrazionale ed arbitrario, lesivo delle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti e frustrare l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, che è elemento fondamentale dello Stato di diritto.
Nella specie, tuttavia, la (comunque solo parziale) frustrazione delle aspettative pensionistiche dei destinatari dell'art. 13, comma 8, legge n. 257/92 (per quanto, ovviamente, già non avessero maturato il diritto alla pensione) non si connota da arbitrarietà ed irrazionalità, inserendosi al contrario in un complessivo quadro di trasformazione radicale dell'istituto, nei termini e per le ragioni già diffusamente esposti.
Appaiono poi manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità sollevati rispetto alla scelta legislativa di trattare in maniera identica la posizione di coloro che avevano subito l'esposizione all'amianto in attività soggette alla relativa assicurazione obbligatoria e quella di coloro che a tale assicurazione non erano stati assoggetti; tale scelta non può infatti ritenersi irragionevole, posto che, nell'ottica della tutela del bene primario della salute, l'elemento unificatore delle due situazioni, che le rende sostanzialmente omogenee, è la considerazione dell'identicità delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla prolungata esposizione all'amianto, le quali prescindono dal dato estrinseco dell'assoggettamento o meno all'assicurazione obbligatoria dell'Inail dell'attività nell'ambito del quale l'esposizione stessa si sia verificata.
Quanto alla dedotta arbitraria discriminazione tra situazioni uguali i dubbi sollevati trovano già risposta, nel senso della loro infondatezza, nelle considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella ricordata sentenza n. 376/2008, ove viene puntualizzato che il legislatore ha dettato la disciplina transitoria inerente al passaggio da un regime ad un altro in correlazione con il mutamento di funzione e di struttura della misura disciplinata e che, considerando che tale passaggio comportava un trattamento meno favorevole, ha voluto far salve alcune situazioni ritenute meritevoli di tutela, introducendo disposizioni derogatorie rispetto all'immediata applicazione della nuova disciplina; ciò nell'ambito di quell'ampia discrezionalità che, secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, va riconosciuta al legislatore "nella fissazione delle norme di carattere transitorio dettate per agevolare il passaggio da un regime ad un altro, tanto più ove si tratti di disciplina di carattere derogatorio comportante scelte connesse all'individuazione delle categorie dei beneficiari delle prestazioni di carattere previdenziale".
Riassumendo:
- l'art. 13, comma 8, legge n. 257/92 aveva previsto l'applicazione del coefficiente moltiplicatore 1,5 ai fini delle prestazioni pensionistiche (sia per la maturazione del diritto al loro accesso, sia per la determinazione del loro importo) in favore dei lavoratori che fossero stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni in attività assoggettate all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall’Inail;
- la riforma del 2003 (art. 47 di n. 269/03, convertito, con modificazioni, nella legge n. 326/03; art. 3, comma 132, legge n. 350/03), a partire dall'ottobre 2003, ha ridotto a 1,25 il coefficiente moltiplicatore, stabilendo la sua applicabilità ai soli fini della determinazione dell'importo della prestazione pensionistica ;
- ha tuttavia contemplato il beneficio per tutti i lavoratori che fossero stati esposti all'amianto per almeno dieci anni e, quindi, anche per coloro addetti ad attività non assoggettate all'assicurazione obbligatoria dell'Inail;
- a prescindere da alcune ipotesi specificamente individuate (lavoratori in mobilità; lavoratori che avessero definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento; lavoratori che avessero ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro il 2.10.2003; lavoratori che avessero avanzato domanda di riconoscimento all'Inail) e, quindi, in linea generale, ha previsto l'applicabilità delle "previgenti disposizioni" (ex art. 13, comma 8, legge n. 257/92 e successive modificazioni) in favore dei lavoratori che, alla data del 2.10.2003, indipendentemente dall'avvenuta presentazione della domanda di pensione, fossero in possesso di tutti i requisiti richiesti per la maturazione del diritto al conseguimento degli originari benefici (requisito specifico, ai sensi dell'art. 13, comma 8, legge n. 257/92, di esposizione all'amianto, per il periodo prescritto, in attività assoggettate all’assicurazione obbligatoria, e requisiti pensionistici generali, in particolare contributivo e anagrafico);
- ha introdotto per tutte le categorie di lavoratori interessati, a pena di decadenza, l'obbligo di presentare domanda di riconoscimento dei benefici all'Inail nel termine fissato (180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale attuativo);
- tale decreto (dm 27 ottobre 2004, pubblicato il 17.12.2004) riproduce la dizione utilizzata dall'art. 3, comma 132, legge n. 350/03 e quindi, al fine di individuare i soggetti contemplati in quest'ultima disposizione, non si pone alcun problema di sua eventuale disapplicazione.
Conclusivamente va data continuità al già ricordato e consolidato orientamento ermeneutico dì questa Corte e riconosciuta la manifesta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale sollevati al riguardo.
Essendosi la Corte territoriale conformata al suindicato indirizzo, il motivo svolto, nei distinti profili in cui si articola, non può trovare accoglimento.
In definitiva il ricorso va rigettato.
Non avendo allegato il ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di avere assolto nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado all'onere autocertificativo di cui all'art. 152 disp. att. cpc, le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in euro 3.100,00 di cui euro 3.000,00 per compenso, oltre accessori come per legge.