Categoria: Cassazione penale
Visite: 12029


Cassazione Penale, Sez. 4, 29 maggio 2014, n. 22286 - Infortunio mortale e obblighi nei contratti di appalto


 

 



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere -
Dott. SERRAO Eugenia - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
B.P. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 476/2011 CORTE APPELLO di VENEZIA, del 30/01/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERRAO EUGENIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FRATICELLI Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.






Fatto


1. In data 30/01/2013 la Corte di Appello di Venezia ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata il 17/06/2010 dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Verona, riducendo la pena inflitta a G.E. a mesi otto di reclusione e quella inflitta a B.P. ad un anno e mesi sei di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.

2. Il giudice di primo grado aveva dichiarato gli imputati colpevoli del delitto di cui all'art. 41 c.p., commi 1 e 3 e art. 589 c.p., commi 1 e 2, perchè G.E., quale legale rappresentante della GMC di G.E., dirigente diretto della vittima, e B.P., quale rappresentante della Consorzio M. Srl, società di cui era dipendente l'infortunato, avevano cagionato la morte di H.D. per violazione di norme antinfortunistiche e, in particolare, per non aver effettuato un'analisi completa e corretta e una valutazione dei rischi connessi con l'attività svolta al fine di individuare le soluzioni tecnico-organizzative e procedurali tali da permettere ai lavoratori di operare in massima sicurezza; per non aver effettuato la formazione sulle operazioni relative al lavoro specifico da svolgere; per avere omesso di vigilare efficacemente affinchè l'esecuzione dei lavori avvenisse in sicurezza.

3. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, il giorno 23 maggio 2008 il lavoratore H.D., dipendente della S.r.l. Consorzio M., mentre prestava la sua attività di operaio saldatore presso l'officina dell'impresa GMC di Elio G., procedendo ad una saldatura su un pezzo metallico del peso di 14 quintali appoggiato su un cavalletto in ferro, era rimasto schiacciato dal pezzo in lavorazione, decedendo immediatamente. Fra l'impresa di cui B.P. era rappresentante, datrice di lavoro della vittima, e l'impresa GMC di Elio G. era stato stipulato un contratto di appalto, in forza del quale i dipendenti della S.r.l. Consorzio M. lavoravano presso l'officina della GMC;

la prestazione di lavoro dei dipendenti della S.r.l. Consorzio M. era svolta sotto la direzione e il controllo del G., la cui posizione veniva equiparata a quella di effettivo datore di lavoro.

Secondo i giudici di merito, i documenti di valutazione del rischio predisposti da entrambi gli imputati, anche con particolare riguardo all'attività degli operai saldatori, erano generici ed il sinistro era avvenuto in occasione di una lavorazione che aveva comportato la rotazione di un pesante semilavorato, senza che alla vittima fossero state impartite specifiche direttive circa la procedura da seguire per operare in sicurezza. Il decesso del lavoratore era stato causato dalla caduta del pezzo semilavorato ma, in assenza di testimoni diretti al fatto, i giudici ritenevano non accertato se la vittima avesse o meno utilizzato il carroponte presente sul posto per assicurare il manufatto, nel momento in cui si accingeva ad operarvi.

Sul presupposto che il sinistro fosse stato, comunque, causato da una condotta imperita del lavoratore, che aveva intrapreso una manovra pericolosa senza porre in essere correttamente le cautele necessarie per neutralizzare la situazione di pericolo, i giudici di merito avevano individuato in entrambi gli imputati i titolari della posizione di garanzia, in quanto il datore di lavoro, B. P., era tenuto ad assicurare la sicurezza sul posto di lavoro e aveva obblighi formativi, sia con riferimento alle opere provvisionali che ai mezzi attivi e passivi di tutela, mentre G.E., avendo il contratto di appalto ad oggetto lo svolgimento continuativo dell'attività di saldatura di parti meccaniche presso la sua officina, era tenuto a dare le prescrizioni di lavoro in ragione delle necessità lavorative, nonchè a controllare e verificare l'esecuzione dei lavori.

3.1. La Corte territoriale, in particolare, evidenziava come l'attività oggetto di appalto fosse stata sempre eseguita nell'officina del committente, utilizzando le attrezzature del committente e non solo quelle oggetto del contratto di appalto, che non prevedeva il comodato del carroponte; come la vittima e gli altri lavoratori della S.r.l. Consorzio M. fossero stabilmente al lavoro nell'officina GMC, avessero un orario di lavoro più gravoso dei dipendenti di GMC, utilizzassero le attrezzature del committente e ricevessero prescrizioni e direttive da quest'ultimo. Richiamava, in proposito, l'obbligo di collaborazione prevenzionale tra committente e appaltatore, evidenziando come dall'istruttoria fosse emerso che B.P. non fosse mai intervenuto nell'organizzazione del lavoro, essendo il G. a dare istruzioni circa i lavori da compiere, e che nessuno comunque avesse svolto formazione dei lavoratori in ordine alla corretta e sicura esecuzione della prestazione di lavoro. Essendo stata affidata alla vittima anche l'attività di saldatura di pezzi di rilevante ingombro e peso, i pericoli non erano connessi esclusivamente alla saldatura, ma anche alla movimentazione dei pezzi. La società datrice di lavoro non aveva previsto alcun ruolo di controllo sulla prestazione di lavoro dei propri dipendenti, affidata a un capo officina della GMC senza idonea delega al controllo. Nel P.O.S. redatto dalla S.r.l. Consorzio M. con specifico riguardo alla committenza GMC era segnalato il rischio lavorativo da "uso incauto di spostamenti di particolari ferrosi", ma non era data alcuna spiegazione nè indicata alcuna misura cautelare, attribuendosi rilievo all'attività di spostamento dei carichi esclusivamente sotto il profilo del pericolo di lesioni dorso-lombari. Nel documento valutazione rischi redatto dalla S.r.l.

Consorzio M. non vi era alcun riferimento specifico alle lavorazioni da eseguire presso GMC. In definitiva, evidenziava la Corte territoriale, non era stato considerato il rischio connesso a lavori da compiere su pezzi di rilevante ingombro, alle cautele da seguire per mantenerli in posizione di sicurezza, nè alle modalità operative da seguire nel momento in cui, per proseguire nelle saldature, i pezzi dovessero essere ruotati di posizione.

L'inadeguata valutazione dei rischi connessi alla prestazione di lavoro e l'omessa formazione del lavoratore, unitamente all'omesso controllo sulla corretta esecuzione della prestazione di lavoro, erano considerati dalla Corte territoriale in nesso causale con il sinistro, sul presupposto che, con adeguata formazione, il lavoratore avrebbe riconosciuto il pericolo insito nel movimentare il pezzo e, con adeguato controllo, il preposto più esperto avrebbe potuto supplire alle carenze formative del lavoratore e impedire la manovra imprudente, quindi il sinistro.

4. Ricorre per cassazione, con atto sottoscritto dal difensore, B.P. censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

a) con un primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione sostenendo che la verifica del rapporto di causalità tra omessa valutazione del rischio nel documento previsto ed infortunio verificatosi avrebbe dovuto essere accertata in concreto, mentre il percorso argomentativo seguito dal giudicante sarebbe viziato da una lettura parziale del compendio degli atti. In particolare, si assume, nel caso concreto il carroponte era generalmente utilizzato da G.E. e dal capo officina, mentre il giorno del sinistro il G. avrebbe detto ad H.D. di arrangiarsi con il carroponte. Considerato che, in base al contratto di appalto, erano specificate le attrezzature che la GMC aveva concesso in comodato alla ditta appaltatrice, la circostanza che non fosse previsto il comodato della gru e del paranco a bandiera presenti all'interno dell'officina non sarebbe stata sufficientemente esaminata, dovendosi desumere dall'esame degli atti che la movimentazione dei pezzi, nell'assetto dei rapporti contrattualmente sancito, fosse attività riservata ai dipendenti della GMC. Nel DVRI (documento di valutazione dei rischi interferenziali) redatto da quest'ultima società, allegato al contratto di appalto, infatti, le attrezzature messe a disposizione dei dipendenti della S.r.l. Consorzio M. erano esclusivamente saldatrici e smerigliatrici, essendo espressamente previsto il rischio interferenziale con specifico riferimento agli apparecchi di sollevamento e movimentazione di carichi ed essendo prescritta la misura di prevenzione consistente, tra l'altro, nell'esclusione dell'utilizzo del carroponte da parte degli operatori della ditta appaltatrice. Tale ripartizione dei lavori all'interno dell'impresa ospitante avrebbe dovuto escludere qualsivoglia nesso tra asserite inadempienze alla normativa antinfortunistica da parte del legale rappresentante della S.r.l. Consorzio M. ed il sinistro verificatosi. La dolosa inosservanza da parte del titolare della GMC della regola cautelare da lui stesso prevista, che comportava il divieto di utilizzo del carroponte da parte dei dipendenti della società appaltatrice, escludeva ogni nesso di causalità tra il sinistro e l'asserita omessa valutazione del rischio da parte della società amministrata dal ricorrente; b) con un secondo motivo denuncia vizio di motivazione in merito al diniego della sospensione condizionale della pena. Secondo il ricorrente, la motivazione fornita nella sentenza impugnata sarebbe meramente apparente nel suo riferimento ai plurimi precedenti dell'imputato, mentre il carattere imprevisto ed imprevedibile dell'infortunio, poichè discendente da svolgimento di attività espressamente esclusa dall'assetto concordato, tra committente e appaltatrice, dei compiti da assegnare ai lavoratori, valutato unitamente alla corretta stima dei precedenti a carico dell'imputato, afferenti ad infortuni non significativi verificatisi nel medesimo cantiere, avrebbe dovuto deporre per una prognosi favorevole.



Diritto


1. E' necessario premettere, in via generale, che, secondo un principio interpretativo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, va ritenuta l'ammissibilità della motivazione della sentenza d'appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell'effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni somM.mente riferite dall'appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicchè le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Sez. 6^, n. 28411 del 13/11/2012, dep. 1/07/2013, Santapaola, Rv. 256435; Sez. 3^, n. 13926 del 10/12/2011, dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 4/02/1994, Albergamo ed altri, Rv. 197250).

2. Si deve, quindi, considerare che la condotta contestata all'imputato, qui ricorrente, si sostanzia in una condotta omissiva, la cui rilevanza penale è collegata alla cosiddetta posizione di garanzia attribuita, nella specie, al datore di lavoro; di talchè, sulla base dell'accertata sussistenza di taluni obblighi di agire, specificamente indicati nel capo d'imputazione, si è collegato l'evento dannoso alla condotta passiva del titolare della posizione di garanzia.

Nell'ipotesi in cui la condotta omissiva contestata si concretizzi nella violazione di più disposizioni concernenti l'obbligo di agire (e nelle fattispecie di reato cosiddette causalmente orientate la norma indica l'evento ma non il meccanismo di produzione del medesimo), l'accertamento del nesso di causalità tra le condotte contestate e l'evento verificatosi si atteggia come ricostruzione ipotetica dell'efficacia di ciascun comportamento omesso. Ciò comporta che, verificata a mezzo del cosiddetto giudizio controfattuale, l'efficacia anche di uno solo dei comportamenti la cui omissione sia stata ascritta all'imputato, e ritenuto dunque che l'osservanza di uno fra i vari obblighi che si assumono violati avrebbe potuto evitare il prodursi dell'evento, non risulta decisivo ai fini dell'accertamento del nesso di causalità fra condotta ed evento, potendo eventualmente incidere sul giudizio di gravità della colpa, che il giudice di merito abbia escluso o non abbia correttamente valutato la violazione di altro obbligo.

2.1. Considerato che i giudici di merito hanno ritenuto accertata la condotta omissiva in relazione, non solo all'omessa valutazione del rischio ma anche, all'omessa formazione del lavoratore circa le mansioni affidategli e l'omessa vigilanza sulla corretta esecuzione della prestazione di lavoro, risulta del tutto inconferente l'asserita attribuzione di una condotta dolosa e deve considerarsi non decisiva la censura mossa dal ricorrente con riferimento all'altra omissione contestata nell'imputazione, tanto più in rapporto alle circostanze del caso concreto, che vedevano l'esecuzione continuata nell'officina del committente dell'attività oggetto di appalto, con utilizzo di attrezzature del committente ulteriori rispetto a quelle indicate nel medesimo contratto, e la rinnovazione del contratto di sei mesi in sei mesi da circa due anni, da cui i giudici di merito hanno logicamente desunto che la società appaltatrice fosse a conoscenza del tipo di prestazioni lavorative richieste ai suoi dipendenti, anche nel loro aspetto pratico e nei particolari.

2.2. In ogni caso, nella sentenza risulta correttamente applicato il principio, pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, in base al quale i committenti e i datori di lavoro sono entrambi titolari di obblighi, partitamente assegnati e contenutisticamente differenziati, per cui le trasgressioni ascrivibili all'uno non possono comportare esonero da responsabilità dell'altro, fatta salva l'ipotesi in cui l'incidenza causale della condotta di uno dei titolari della posizione di garanzia costituisca causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento (Sez. 4^, n. 31304 del 19/04/2013, Giorgi, Rv.255953). In altri termini, la responsabilità del committente non modifica la responsabilità dell'appaltatore per l'inosservanza degli obblighi di prevenzione che gravano su quest'ultimo (Sez. 3^, n. 6884 del 18/11/2008 - dep. 18/02/2009, Rappa, Rv.242735). E nel caso concreto, la Corte territoriale ha fatto espresso riferimento alla previsione del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 7, (ora D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 26) per evidenziare come, indipendentemente dal contenuto del contratto di appalto, sussista un principio generale in base al quale il datore di lavoro-committente ha l'obbligo di informare sui rischi specifici dell'ambiente di lavoro e sulle misure di prevenzione nonchè di cooperare all'attuazione delle misure cautelari, da tale obbligo di cooperazione evincendosi chiaramente che l'obbligo di garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro permane in capo al datore di lavoro, che è comunque tenuto a valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori e ad individuare le misure di prevenzione e protezione nonchè i dispositivi di protezione individuali, la cui necessaria adozione deve essere definita attraverso la valutazione dei rischi. E', infatti, principio pacifico che la presenza di più imprese esecutrici non comporti il trasferimento o l'accentramento dell'obbligo di valutazione dei rischi in capo ad una sola di tali imprese, essendo ognuna tenuta a redigere un proprio P.O.S. (Sez. 4^, n. 43111 del 9/10/2008, Cupidi e altri, Rv.241369), gravando comunque sul datore di lavoro l'onere di riscontrare e accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, nonostante l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile al committente (Sez. 3^, n. 19505 del 26/03/2013, Bettoni, Rv.254993).

3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

3.1. La Corte territoriale ha condiviso il giudizio negativo espresso dal giudice di primo grado con riguardo al beneficio della sospensione condizionale, motivandolo sulla base delle plurime condanne per delitto riportate dall'imputato e del disinteresse dal medesimo manifestato per le condizioni di lavoro dei dipendenti, unito al rilievo dei precedenti specifici. Trattasi, inoltre, di censura che concerne un giudizio, quale quello riguardante la determinazione della pena e la concessione dei benefici come la sospensione condizionale, riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità ove, come nel caso i esame, congruamente motivato.

4. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato; al rigetto segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.



P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 13 maggio 2014.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2014