Cassazione Civile, Sez. 6, 09 settembre 2014, n. 18914  - Morte a seguito di infermità contratta in servizio: beneficiari della rendita






REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni - Presidente -
Dott. TRIA Lucia - Consigliere -
Dott. BLASUTTO Daniela - Consigliere -
Dott. FERNANDES Giulio - Consigliere -
Dott. GARRI Fabrizia - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza

sul ricorso 5375-2012 proposto da:
F.A.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo studio dell'avvocato CAMICI GIAMMARIA, rappresentata e difesa dall'avvocato GIOVANNELLI GIOVANNI giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (OMISSIS), in persona del Dirigente con incarico di  livello generale, Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo  studio dell'avvocato OTTOLINI TERESA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato LUCIANA ROMEO giusta procura speciale in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 945/2011 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 27/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell'08/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l'Avvocato Giovanni Giovannelli difensore della ricorrente che si riporta agli scritti.


FattoDiritto

 

La Corte d'appello di Firenze ha accolto l'appello proposto dall'INAIL e, in riforma della sentenza del Tribunale di Lucca, ha rigettato la domanda della ricorrente, F.A.E., volta ad ottenere il riconoscimento della rendita nella qualità di ascendente superstite del proprio figlio L.G. deceduto a seguito di infermità contratta in servizio.

Avverso detta sentenza propone ricorso per Cassazione la sig.ra F. affidato ad un unico motivo ed ulteriormente illustrato con memoria. L'Inail resiste con controricorso.

Tanto premesso, sul motivo di ricorso si osserva quanto segue. La ricorrente lamenta che, in violazione di legge, la Corte di merito avrebbe considerato insussistente la cd. "vivenza a carico", aderendo acriticamente all'orientamento che ritiene rilevante il reddito del coniuge di colei che richiede la rendita.

Va premesso, in linea generale, che la rendita ai superstiti, introdotta dal R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 27, è attualmente disciplinata dal T.U. n. 1124, art. 85, come modificato dalla L. 10 maggio 1982, n. 251, art. 7, comma 1, che disegna una gerarchia di beneficiari, distinguendoli in due categorie: familiari che hanno in ogni caso diritto alla rendita (coniuge, figli fino ai 18 anni e figli inabili di qualsiasi età), e superstiti per i quali, come nel caso di specie, è richiesto l'ulteriore requisito della vivenza a carico.

L'art. 106 del t.u., poi, dispone che: "Agli effetti dell'art. 85, la vivenza a carico è provata quando risulti che gli ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti ed al mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto".

La riportata disciplina è stata interpretata da questa Corte nel senso che "il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti, D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 85, presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la cosiddetta "vivenza a carico", la quale è provata quando ricorrano contestualmente due condizioni: a) il pregresso efficiente concorso del lavoratore deceduto al mantenimento degli ascendenti mediante aiuti economici che, per la loro costanza e regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sostentamento; b) la mancanza, per gli ascendenti, di autonomi e sufficienti mezzi di sussistenza, concetto, quest'ultimo, che richiama l'espressione "mezzi necessari per vivere" di cui all'art. 38 Cost., comma 1" (Cass. sez. lav. n. 2630 del 2008).

Ciascuno dei due presupposti è condizione necessaria per l'esistenza del diritto. La stessa giurisprudenza di legittimità li ha considerati come "entrambi necessari e come due facce dello stesso fenomeno" (Cass. sez. lav. n. 18520/2006).

Nel caso di specie è in discussione il requisito di cui alla lett. b) vale a dire il requisito reddituale ed, in particolare, si chiede di accertare se nella nozione di mezzi autonomi e sufficienti di sussistenza debba essere incluso il reddito del coniuge della richiedente.

In proposito si osserva che secondo l'indirizzo più recente, oltre che maggioritario, al quale si ritiene di dover dare continuità, la vivenza a carico "sussiste ove l'ascendente medesimo si trovi senza mezzi di sussistenza autonoma ed al suo mantenimento abbia concorso in modo efficiente il discendente defunto; a tal fine occorre considerare anche il reddito del coniuge dell'ascendente che domanda la prestazione previdenziale perchè, anche ove non sia operante il regime di comunione legale tra gli stessi, comunque sussiste l'obbligo di assistenza materiale tra coniugi posto dall'art. 143 c.c." (Cass. n. 3069 del 04.03.2002; Cass. n. 1999 del 02.02.2005).

Ciò posto va poi rammentato che la valutazione della sufficienza della pensione percepita dal coniuge della ricorrente costituisce un tipico accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità (Cass. 18154/2007; Cass. 18384/2006).

La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei riportati principi ed ha, in fatto, accertato che tenuto conto del reddito del coniuge convivente non ricorrevano nella specie i presupposti di legge per l'attribuzione della chiesta rendita.

Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso della sig.ra F.A.E. deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura precisata in dispositivo.


P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 1500,00 per compensi professionali ed in Euro 100,00 per esborsi oltre al 15% per spese forfetarie. Iva e Cpa come per legge.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2014.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2014