Categoria: Documentazione sindacale
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CGIL CISL UIL

Proposte per la Contrattazione in tema di Salute e Sicurezza sul Lavoro



Premessa

La Contrattazione
La contrattazione è il cardine centrale dell’azione sindacale.
Con la contrattazione, a tutti i livelli, si determinano i piani che poggiano sui pilastri fondamentali dell’attività lavorativa, coniugando i principi alle esigenze e specificità di ogni ambito settoriale e contesto lavorativo, al fine di garantire le migliori condizioni di lavoro per gli occupati e per la produzione, nel complessivo esercizio dell’attività.
La salute e sicurezza sul lavoro, costituendo uno di questi pilastri fondamentali, deve trovare nella contrattazione non solo una necessaria collocazione, ma l’alveo più consono per la definizione delle modalità di esercizio di quanto disposto sul piano normativo e, ancor più, per garantire le basi per una concreta realizzazione di condizioni permanenti di tutela e di miglioramento continuo.

Gli impegni delle Organizzazioni Sindacali
La contrattazione di secondo livello, nello specifico per le tematiche di salute e sicurezza sul lavoro, ha bisogno di indirizzi su temi specifici (esplicitati qui di seguito) per i quali cerchiamo con questo documento di dare alcune risposte, e di supporti organizzativi per le Rappresentanze che si troveranno direttamente coinvolte nelle trattative.

Formazione
Questi supporti organizzativi ovviamente devono partire da una formazione aggiuntiva specifica effettuata dalle OO.SS. a tutti i livelli per i RLS, RLST e RLS di sito, RSA/RSU, al fine di introdurre queste tematiche nelle trattative correnti.

Coordinamenti
Un ulteriore elemento utile dovrebbe essere quello di realizzare coordinamenti unitari della Rappresentanze ai vari livelli.
Costituire dei momenti di confronto tra RLS/RLST a livello territoriale e categoriale, può essere un importante fattore di crescita del movimento sindacale e dei RLS stessi sui temi in oggetto.
L’iniziativa Confederale e di Categoria verso lo scambio di conoscenze, esperienze, buone prassi può diventare fondamentale per lo sviluppo della contrattazione di secondo livello sui temi su SSL in rapporto alle condizioni di lavoro.
Alla luce di queste indicazioni, che contengono le tematiche prioritarie su cui orientare la contrattazione di secondo livello, dovrebbe svilupparsi un maggior impegno del Sindacato finalizzato a rendere strutturale un supporto organizzativo nei confronti di tutte le Rappresentanze che si occupano di SSL, in termini formativi e di coordinamento.
Questi sono temi fondamentali per poter rilanciare le tematiche della prevenzione, in una situazione che purtroppo a tutt’oggi conta un numero di morti, di incidenti sul lavoro e di malattie professionali in netta crescita rispetto allo scorso anno (relativamente alle denunce e ai riconoscimenti).

1 – Organizzazione del Lavoro
Un aspetto fondamentale delle contrattazione nell’ambito lavorativo che ha effetti diretti sulla salute e sicurezza dei lavoratori è la “Organizzazione del Lavoro”.
C’è un rapporto diretto tra Organizzazione del Lavoro e salute e sicurezza dei lavoratori e possibile incidenza della contrattazione collettiva : questo sicuramente non è un tema nuovo.
Per anni, ed ancora oggi, da parte di molti datori di lavoro non si riconosce la diretta correlazione tra i due temi, anzi si pensa di considerare la Organizzazione del Lavoro (OdL) come variabile indipendente rispetto alla Salute e Sicurezza sul Lavoro.
Le esperienze però confermano invece che una stretta correlazione e gestione dell’Organizzazione del Lavoro con la SSL, porta a miglioramenti evidenti delle condizioni lavorative, con minore numero di infortuni e più bassi indici di insorgenza di malattie professionali, ed anche di miglioramento della produttività delle diverse realtà lavorative.
Si deve puntare ad analizzare l’OdL nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro e quindi iniziare a ragionare in termini di organizzazione del lavoro nell'ottica della prevenzione.
La prevenzione passa da una attuazione precisa della valutazione del rischio, dove vengono analizzate tutte le situazioni di pericolo, di rischio, di rischio residuo, le mansioni, le attività dei lavoratori in diretto collegamento con la Organizzazione del Lavoro
Tutto ciò costituisce un insieme che si integra e che va collegato all'ambito complessivo delle attività di prevenzione.
Il fattore organizzativo, quindi, va visto come elemento essenziale anche sul piano procedurale, ai fini di un’efficace implementazione delle politiche e pratiche di prevenzione in azienda, in primo luogo ai fini del rispetto della norma.
La contrattazione collettiva di secondo livello dovrebbe, quindi, trattare non solo il punto di vista della tutela contro gli infortuni, incidenti e le malattie professionali, ma anche quello di un complessivo percorso di tutela della salute, intesa come benessere fisico, mentale e sociale.
Quindi la valutazione del rischio deve essere realizzata con il contributo fattivo dei lavoratori e dei loro Rappresentanti ai vari livelli (RLS/RLST, RLS di sito, RSA/RSU), che comprenda specifiche procedure operative collegate alla OdL, ed in particolare verso una mirata sorveglianza sanitaria.
E' chiara la diretta correlazione tra organizzazione del lavoro e salute e sicurezza dei lavoratori: basti pensare al regime degli orari, i ritmi di lavoro, la gestione delle mansioni e delle idoneità/inidoneità, dei sistemi di inquadramento, ecc.
Un elemento fondamentale, innovato con il D.Lgs. 81/08, è rappresentato dalla possibilità dell’azienda di adottare un modello di organizzazione e gestione della sicurezza, come previsto dall’art. 30 del D.Lgs. 81/08.
Da tale discussione si prospetta un modello di prevenzione per il quale il dato organizzativo è imprescindibile : la progettazione della organizzazione del lavoro dovrebbe essere volta a realizzare un sistema organizzativo che sia affidabile e sicuro, attraverso parametri che concilino efficienza, tutela e soddisfazione dei lavoratori.
E' un dato di fatto che troppo spesso, invece, i sistemi di gestione per la salute e sicurezza nel lavoro non riescono ad integrarsi con la vera e propria organizzazione del lavoro, ma tendono a rispettare solo formalmente gli adempimenti normativi.

2 – Rappresentanza
A sei anni dall'applicazione del D.Lgs. 81/08, non abbiamo ancora vinto la scommessa sulla generalizzazione della rappresentanza dei lavoratori per la salute e sicurezza in tutte le aziende e contesti produttivi.
Ciò si deve da una parte alla pervicace inapplicazione delle norme relative alla Rappresentanza da parte dei ministeri competenti e del governo, e dall'altra dalle difficoltà che genera a questo riguardo un tessuto produttivo italiano composto per la stragrande maggioranza di piccole e micro imprese.
Proprio per ovviare a queste oggettive problematiche, abbiamo siglato nel settore artigiano ed in quello della piccola e media industria i noti accordi interconfederali che incardinano la rappresentanza territoriale e costituiscono gli organismi paritetici e ne regolano e finanziano il funzionamento.
Ma certo non possiamo ritenerci soddisfatti, considerando che tali accordi non si riescono a siglare in comparti chiave dove ce ne sarebbe estremo bisogno, vista l'alta frequenza di infortuni più o meno gravi e di malattie professionali e di disfunzionalità organizzative. Spesso la pratica dell'individuazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza da parte del datore di lavoro, proprio per evitare che il sistema di Rappresentanza si possa concretizzare, è purtroppo presente.
Scendendo dal piano interconfederale alla contrattazione di secondo livello, sarebbe necessaria una azione contrattuale tesa a:
- rafforzare le prerogative del RLS, attraverso l'esigibilità delle attribuzioni, oltre quelle previste dalla legislazione;
- estensione del tempo retribuito dedicato all'attività in azienda, così come previsto dall'art. 50;
- assicurare attraverso procedure il più possibile omogenee per quanto riguarda l'informazione, la completa ricezione dei documenti, la presentazione di proposte e i suggerimenti relativi alla prevenzione;
- assicurare la formazione prevista ed eventualmente estenderla;
- estendere la presenza e l'efficacia dei rappresentanti di sito produttivo, prevedendo negli accordi il finanziamento delle agibilità e specifica formazione, come pure estendere la possibilità di raccordo fra RLS e di promozione e ruolo attivo di queste figure, in particolare rispetto ai rischi da compresenza di diverse lavorazioni;
- prevedere assemblee periodiche destinate ai temi della salute e sicurezza.
Altro tema fondamentale è quello di impegnarsi ad operare per un’effettiva ed efficace collaborazione tra le diverse forme di rappresentanza nei posti di lavoro, agendo verso una prospettiva di maggiore e fattiva compartecipazione degli RLS alla contrattazione aziendale, relativamente alle tematiche di salute e sicurezza e su temi essenziali e fortemente connessi come l'organizzazione del lavoro, le scelte produttive, gli investimenti in macchinari, le modifiche organizzative che, hanno, come è noto, effetto diretto sulle condizioni di lavoro.

3 – Tipologie Contrattuali
Una delle maggiori novità contenute nel D.Lgs 81/08, come è noto, è l'inclusione attraverso la modifica della definizione di “lavoratore” (già presente nel D.lgs. 626/94), delle molteplici tipologie contrattuali precarie all'interno del sistema delle tutele prevenzionali relative alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Si è prestata quindi particolare attenzione alla esposizione di questi lavoratori a rischi generici e specifici in virtù della loro condizione, e si è cercato di ridurre il più possibile l'insorgere di malattie professionali e incidentalità per queste figure.
Più in particolare, il legislatore ha richiamato espressamente alcune tipologie: ad esempio per i lavoratori somministrati ha ribadito la responsabilità del datore di lavoro utilizzatore, compresa quella relativa alla formazione/informazione, all'addestramento e ai DPI.
Nel caso dei lavoratori a progetto e dei collaboratori coordinati e continuativi, la totalità delle disposizioni prevenzionali a carico dell'impresa si applica quando gli stessi svolgono la loro attività nel luogo di lavoro dell'impresa stessa.
Per quanto riguarda i lavoratori autonomi, il legislatore ha sancito alcuni obblighi anche in relazione alle situazioni di appalto, il principale dei quali è l'informazione dettagliata da parte del datore sui rischi specifici presenti nell'ambiente di lavoro e sulle misure di protezione e di emergenza adottate in relazione alle attività svolte da questi lavoratori.
Nella concreta prassi aziendale non risulta ancora uniforme e generalizzato il rispetto delle norme relative alle tipologie contrattuali; ciò è testimoniato in primo luogo dal maggiore tasso di incidentalità di questi soggetti e dai molteplici problemi loro causati dalla crisi economica e nei contesti di ristrutturazione aziendale.
Esiste inoltre una maggiore esposizione, come testimoniato dalle statistiche e dagli studi anche in ambito europeo, degli stessi lavoratori al rischio stress lavoro correlato, al tecnostress.
Andrebbe quindi esercitata una azione contrattuale tesa ad intervenire sulle mancanze aziendali e sui fattori di rischio specifici e generali dei lavoratori precari. I principali assi di intervento potrebbero essere i seguenti:
- assicurare che nei contratti di somministrazione non ci siano norme elusive o vessatorie nei confronti dei lavoratori per quanto riguarda gli obblighi in capo al datore;
- stabilire percorsi di verifica, nell'ambito di nuove assunzioni, dell'effettivo svolgimento della formazione obbligatoria, dell'addestramento e della consegna dei DPI;
- contrattare assemblee periodiche in orario di lavoro per permettere il contatto dei lavoratori e lavoratrici con tipologie contrattuali precarie con i RLS e RSA/RSU;
- recepire le osservazioni di questi lavoratori nell'ambito dei percorsi di gestione del rischio stress lavoro-correlato;
- dettagliare la cooperazione fra committenti, appaltatori e subappaltatori per l'applicazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi in caso di appalto in collaborazione continua con le Rappresentanze.

4 – Età, Differenze di Genere, Migranti, Disabilità
Una delle più rilevanti novità introdotte con il d.lgs. 81/08 s.m. è l’introduzione di particolari condizioni, quali variabili che possono influenzare i rischi a cui sono esposti i lavoratori (art. 28, comma 1).
Nell’ambito del processo di valutazione di tutti i rischi, l’aver inserito gli elementi quali l’età, il genere, la provenienza da altri paesi e le tipologie contrattuali, ha rafforzato e specificato ancor più l’analisi dei rischi e, pertanto, la possibilità di poter individuare interventi adeguati di prevenzione e di tutela.
Correttamente il legislatore riferendosi a tali condizioni non le ha confuse con dei nuovi rischi, ma precisando che tali elementi sono “connessi” ai rischi, ha inteso sottolineare come il tener conto dell’influenza che ciascuno di questi può determinare sui rischi ha un rilievo fondamentale per la salute e sicurezza sul lavoro.
L’introduzione delle suddette condizioni nel processo di valutazione dei rischi non è stato accompagnata da una specifica e puntuale regolazione di come gestire tale novità. Difatti, se per quanto riguarda il richiamo al tenere conto dell’influenza che può determinarsi, nell’esposizione al rischio, in caso di gravidanza o maternità (anch’essa prevista espressamente nell’art. 28, comma 1), il legislatore ha ritenuto necessario rimandare la gestione di tale condizione alla legislazione specifica già vigente (D.Lgs. 151/01), per le tipicità, dapprima elencate, nessun riferimento normativo o regolativo è stato indicato. Risultando, pertanto, un diritto sancito e sanzionato (a carico del datore di lavoro) che nell’ambito della valutazione dei rischi vengano valutate le influenze che le tipicità (età, genere, provenienza da altri paesi, tipologie contrattuali) possono determinare in funzione delle diverse esposizioni a rischio dei lavoratori (oggetto questo di specifica consultazione da parte del datore di lavoro nei riguardi dell’RLS, nell’ambito della consultazione sulla valutazione dei rischi, ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. b del d.lgs. 81/08 s.m.), un ampio spazio di contrattazione aziendale si apre nei riguardi della trattazione di queste condizioni. Con l’allungamento della vita lavorativa, dovuta al posticipo dell’età pensionabile, che andrebbe sicuramente considerata per quanto riguarda le lavorazioni faticose ed usuranti o che determinano rischi particolari anche per i terzi, occorre prevedere adeguati interventi di prevenzione e di miglioramento delle condizioni di lavoro che tengano conto delle possibili problematicità determinate dalla variabile dell’età, allo stesso modo il favorire l’occupazione femminile deve essere accompagnata dal determinare piani di sostegno e di tutela per le lavoratrici, ancor più in età avanzata, sulla base dei rischi presenti nelle diverse mansioni. In tal senso è stata promossa futura la Campagna europea, per il biennio 2016-2017 dal titolo : Luoghi di lavoro sani e sicuri per una vita lavorativa sostenibile.
Nel contesto delle suddette condizioni, non deve essere trascurata l’influenza che può determinarsi dall’essere lavoratori migranti. Considerando la differenza di lingua e le difficoltà che questa può determinare nella piena comprensione delle informazioni, della formazione, dei compiti e delle procedure, non secondaria deve essere l’attenzione (che può tradursi in elemento di contrattazione aziendale) verso le questioni inerenti la sorveglianza sanitaria dei lavoratori provenienti da altri paesi. Dovendo considerare la rilevanza che possono avere la religione e la propria diversa cultura nell’ambito di alcune pratiche, tra cui le visite mediche, una gestione specifica di tale obbligo potrebbe essere positivamente fornita proprio dalla contrattazione collettiva.

5 – Costrittività Organizzative
Esiste in medicina e psicologia del lavoro una vasta letteratura che ha sottolineato come l’organizzazione lavorativa possa essere correlata al benessere psicofisico dei lavoratori. La terminologia “costrittività organizzative” viene utilizzata per definire le condizioni di anomalie ed incongruenze organizzative i cui elementi essenziali riguardano la sottrazione di compiti lavorativi adeguati, l’inadeguatezza degli strumenti di lavoro, l’attribuzione di carichi eccessivi, le distorsioni sul piano delle comunicazioni interne e le forme di iper-controllo.
Elenco non esaustivo delle costrittività organizzative:

marginalizzazione dalla attività lavorativa svuotamento delle mansioni
mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata
mancata assegnazione degli strumenti di lavoro ripetuti trasferimenti ingiustificati
prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto
prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici
impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie
inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro
esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale
esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo.

(vedi definizione Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 10 giugno 2014 “Aggiornamento elenco malattie per le quali è obbligatoria la denuncia”).
Questi punti sopraelencati ovviamente possono comportare situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza del lavoratore, in termini sia di rischio di incidente, che di malattia professionale e disfunzionalità organizzativa.
Il fatto di iniziare a valutare nella contrattazione di secondo livello aspetti collegati a queste tipologie di problema diventerà sempre più necessario: nell’ambito della Organizzazione del Lavoro e delle sue correlazioni con il lavoratore e le mansioni a lui assegnate (vedi punto 1) e nell’ambito di pressioni ai vari livelli che i lavoratori subiscono per situazioni che sono riconducibili al fenomeno del mobbing. Ciò è ancora più evidente nel caso della molestie e violenza sul luogo di lavoro, per l'opposizione delle Organizzazioni datoriali, che non sono ad oggi disponibili al recepimento dell'Accordo quadro europeo del 2007.

6 – Informazione, Formazione, Addestramento
In tema di informazione, formazione e addestramento la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro pur essendo molto specifica e puntuale, presenta una differenza rilevante per quanto concerne la regolazione dei tre obblighi.
Se per quanto riguarda la formazione, il D.Lgs. 81/08 s.m., attraverso l’art. 37, ha descritto in modo particolareggiato ogni percorso di formazione per le diverse figure della prevenzione, per quanto riguarda l’obbligo di informazione e di addestramento, le modalità di svolgimento individuate sono del tutto diverse.
Va ricordato che in tema di formazione il legislatore ha tenuto a precisare che l’RLS/RLST ha diritto ad essere consultato (e quindi ad essere coinvolto nel procedimento previsto per la consultazione che si avvia sempre in modo preventivo all’applicazione di quanto poi deciso), non solo sulla realizzazione dei corsi di formazione per le diverse figure aziendali della salute e sicurezza, ma sull’organizzazione della formazione (art. 50, comma 1, lett. d). In tal senso, pertanto, è importante sottolineare questa differenza fondamentale che dà diritto al rappresentante di partecipare direttamente alla fase organizzativa dei diversi percorsi formativi, in quanto prevede che il suo apporto possa essere speso su tutte le fasi del processo di progettazione e realizzazione della formazione (non riducendosi invece ad una mero diritto di informativa rivolto alla sola tempistica di quando verrà svolto il corso). Entrato in vigore l’Accordo Stato-Regioni sulla formazione (datato 21 dicembre 2011), sono molti oggi gli aspetti sui quali è importante presidiare che la formazione venga progettata e svolta in modo conforme a quanto previsto, non allo scopo di svolgere un ruolo di controllo e vigilanza, che non appartiene alla figura del rappresentante, ma al fine di garantire che la formazione effettuata sia adeguata ed efficace e che possa quindi svolgere quella funzione fondamentale di prevenzione e protezione.
In tal senso, la contrattazione in tema di formazione dovrà prevedere interventi di maggior chiarezza e specificità, di quanto già disposto dal legislatore, nella normativa nazionale e nell’attività di regolazione, in concerto con le Regioni.
Potrà quindi essere importante rendere oggetto di contrattazione aziendale, in tema di formazione:
- un aumento delle ore di formazione, in confronto a quanto già minimamente previsto;
- l’introduzione della verifica finale dell’apprendimento (con strumenti e modalità diverse, oltre al questionario a risposta chiusa) per i corsi dei lavoratori (per i quali non è ad oggi prevista);
- la progettazione di percorsi di formazione aggiuntiva svolta in aule composte da figure aziendali diverse (presenza mista tra lavoratori e preposti; tra RLS e RSPP; tra lavoratori e dirigenti…);
- la scelta della formazione d’aula al posto della formazione e-learning (nei corsi per i quali sarebbe consentito l’utilizzo di tale modalità formativa);
- maggiore frequenza nello svolgimento degli aggiornamenti, in confronto a quanto già previsto;
- composizione delle aule per mansione o per tipicità specifiche.
In tema di informazione, considerato l’obbligo disposto all’art.36, nel quale a fronte di una articolazione ampia degli ambiti e dei rischi sui quali svolgere l’informazione, il legislatore si è tenuto più generico in merito alle modalità di svolgimento, lo spazio da rendere oggetto di contrattazione aziendale è senz’altro più vasto. A tale riguardo si possono ipotizzare i seguenti interventi :
- individuare gli strumenti più efficaci per svolgere un’informazione mirata nel proprio ambito lavorativo;
- stabilire forme e modalità di informazione adeguate alle diverse popolazione lavorative in azienda (diversificate per età, genere, tipologia contrattuale, lingua, mansione, esposizione a rischio…);
- progettazione di una periodicità dell’informazione;
- forme di verifica dell’efficacia dell’informazione nel proprio contesto lavorativo;
- modalità di specifica registrazione dell’informazione svolta e di documentazione da consegnare al lavoratore attestante l’attività realizzata.
Per quanto riguarda, invece, l’obbligo di addestramento, pur essendo espressamente previsto dalla legislazione vigente, non vi è un’unica disposizione ed una modalità specifica per lo svolgimento. Difatti, il legislatore, oltre a prevedere (all’art. 37, comma 4) che venga realizzato l’addestramento nelle tre occasioni cardine dell’attività lavorativa (- la costituzione del rapporto di lavoro; - il trasferimento o cambiamento di mansione; l’introduzione di nuove attrezzature di lavoro, di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi), ha ritenuto di disseminare l’obbligo di addestramento per ciascun rischio specifico, previsto dall’articolato del D.Lgs. 81/08 s.m. nei diversi Titoli.
Anche in questo caso, quindi, aprendosi ampi spazi di intervento per la contrattazione aziendale, si possono ipotizzare i seguenti interventi :
- individuare gli strumenti più adeguati ed efficaci per svolgere un addestramento mirato nel proprio ambito lavorativo;
- stabilire forme e modalità di addestramento adeguate alle diverse popolazione lavorative in azienda (diversificate per età, genere, tipologia contrattuale, lingua, mansione, esposizione a rischio…);
- progettazione di una periodicità dell’addestramento;
- forme di verifica dell’efficacia dell’addestramento nel proprio contesto lavorativo;
- modalità di specifica registrazione dell’addestramento svolto e di documentazione da consegnare al lavoratore attestante l’attività realizzata…

7 – Stress Lavoro-Correlato
A partire dall’inserimento del tema dello stress lavoro-correlato all’interno del D.Lgs. 81/08 s.m., in particolare nell’ambito degli elementi fondamentali da considerare per quanto riguarda la valutazione di “tutti” i rischi, tale fenomeno è stato ampiamente regolato.
Dopo l’Accordo europeo del 2004, stipulato dal tavolo del dialogo sociale a Bruxelles (costituito per concretizzare quanto previsto sul tema dalla Strategia europea 2002-2005), e il suo recepimento in Italia con l’Accordo redatto nel 2008, lo stesso anno della pubblicazione del D.Lgs. 81/08 s.m. – nel quale è stato specificatamente richiamato nell’art. 28 – in tema di stress lavoro-correlato sono state elaborate dalla Commissione consultiva permanente le Indicazioni per la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, dal carattere vincolante.
Anche da parte delle regioni e dell’Inail, negli anni, non sono mancati contributi importanti finalizzati all’elaborazione del tema dello stress lavoro-correlato, grazie ad un lavoro svolto da parte del Coordinamento tecnico interregionale, di redazione di linee guida per lo svolgimento della valutazione, mentre da parte dell’Inail, della rielaborazione (nel rispetto della normativa) di un modello inglese di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato.
A fronte di tale ampio quadro regolativo, in tema di stress lavoro-correlato, lo spazio per la contrattazione aziendale potrebbe, pertanto, apparire ridotto, ma in concreto invece vi sono moltissimi ambiti nei quali sarebbe agevole, ma non meno necessario ed opportuno, prevedere interventi specifici.
Il fenomeno dello stress lavoro-correlato, operando nell’ambito delle condizioni di lavoro e dell’organizzazione del lavoro, ha una rilevanza fondamentale nella prevenzione e tutela della salute e sicurezza, nei diversi contesti lavorativi. In tal senso, gli ambiti di intervento e di miglioramento da determinare mediante la contrattazione sono moltissimi (per questo, vd. i paragrafi 1 e 5), ma non meno, gli ambiti su cui concentrare l’azione contrattuale, relativamente al processo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato.
In primo luogo, quindi, non va trascurato che la valutazione dello stress lavoro-correlato è parte integrante del più complessivo processo di valutazione dei rischi e le regole previste per tale processo sono valide e fondamentali anche per lo stress lavoro-correlato. La consultazione preventiva obbligatoria del RLS/RLST, ne è un preciso esempio, confermato espressamente da quanto previsto dalle Indicazioni per la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato della Commissione consultiva permanente, del 2010.
Nell’ambito della consultazione dell’RLS/RLST, pertanto, quale minimo fondamentale rispetto del procedimento dell’attività di valutazione, dove essere fatto conoscere al rappresentante, previamente al momento dell’avvio del procedimento, il percorso metodologico inteso intraprendere per svolgere la valutazione: partendo dalla corretta identificazione dei fattori di rischio da stress lavoro-correlato, saranno, quindi, oggetto di consultazione anche le modalità per raccogliere il pronunciamento dei lavoratori e degli stessi rappresentanti e le modalità di valutazione dei risultati ottenuti a seguito dello svolgimento della prima fase di valutazione, indicata come Preliminare, e poi di quella Approfondita (se ritenuta necessaria o opportuna). Oggetto della consultazione dovranno, però, comunque essere anche gli interventi individuati quali azioni correttive o di miglioramento della situazione valutata, essendo tale fase finale, parte integrante nel processo complessivo di valutazione (dei rischi e, quindi anche dello stress lavoro-correlato). Prevedendo l’intervento della contrattazione negli ambiti non già regolati dalla normativa, in tema di valutazione dello stress lavoro-correlato potrà quindi essere importante rendere oggetto di contrattazione aziendale:
- percorsi specifici di info-formazione sul tema dello stress lavoro-correlato;
- coinvolgimento dei lavoratori (mediante utilizzo di strumenti come i questionari, focus-group, interviste..) fino dalla prima fase Preliminare di valutazione;
- la scelta di un metodo di valutazione diverso (ma che rispetta fedelmente le fasi e le modalità individuate dalle Indicazioni della Commissione consultiva);
- lo svolgimento della valutazione con una tempistica frequente, anche in assenza di problematicità evidenti;
- un’attenzione particolare, durante il procedimento di valutazione o di elaborazione di un piano mirato di interventi correttivi/di miglioramento, alle variabili di genere, età, provenienza da altri paesi e tipologie contrattuali…

8 – Politiche Attive
Le politiche attive nell’ambito della Salute e Sicurezza sul Lavoro possono essere molteplici. Tutta l’attività di prevenzione in senso assoluto è politica attiva, come tutta l’attività di crescita del lavoratore, nel senso della consapevolezza, della conoscenza, della capacità di intervenire nell’ambito lavorativo.
Molti di questi temi vengono trattati anche in altri punti del Documento.
In questo ambito vogliamo analizzare le politiche attive collegate alla salute complessiva del lavoratore che ha riflessi diretti sul lavoro dello stesso.
All’interno della contrattazione di secondo livello deve trovare spazio anche un tipo di tematica trasversale, che sia indirizzata al lavoratore anche come persona, come cittadino in senso generale.
Per questo dobbiamo anche sviluppare una serie di iniziative che superino gli obblighi di legge derivanti dal D.Lgs. 81/08, dalla prevenzione sui luoghi di lavoro, alla sorveglianza sanitaria.
Un’iniziativa che sia indirizzata verso la promozione della salute complessiva, verso proposte di interventi per soluzioni per le problematiche di salute collegate tra tempo di lavoro e tempo di vita (ad esempio le problematiche dell’apparato muscolo scheletrico - sia per motivi di lavoro, che fuori dal lavoro; i rischi psicosociali; malattie dovute a multifattorialità, ecc.).
Un ruolo centrale nella promozione della salute è previsto dalla normativa vigente all'art. 25, comma 1, lett. a), in capo alla figura del medico competente, da gestire in collaborazione con le figure della prevenzione aziendale (datore di lavoro, RSPP, RLS). E' fondamentale, in tal senso che i medici competenti vengano riportati ad esercitare il loro ruolo in modo coerente con quanto previsto. In particolare per la gestione delle idoneità/inidoneità e in vista della sempre più delicata questione dell'aumento dell'età lavorativa.
Deve essere sviluppata quindi una iniziativa che copra il lavoratore a 360 gradi, da un punto di vista lavorativo, ma anche della sua salute in generale per tutte quelle attività di prevenzione complessiva che necessitano in questa fase della vita aziendale e sociale. Iniziative in questo senso sono da tempo in atto in alcuni settori nei quali le relazioni industriali sono molto avanzate.
E’ importante estendere questa sorta di “copertura “ per il lavoratore anche in altri settori, in altre situazioni lavorative, verso una salute migliore del lavoratore, con vantaggi netti, per il lavoratore stesso, per la azienda, per la crescita complessiva del sistema verso la salute del lavoratore e del cittadino in senso assoluto.

9 – Ambiente
L'esperienza del sindacato confederale sui temi ambientali e relativamente agli effetti della produzione sui lavoratori e alle lavoratrici è ampia e di lunga data.
Dalle lotte contro la nocività degli anni 60 e 70 del secolo scorso, alle attuali tematiche, ad esempio dei nanomateriali e del tecnostress, abbiamo sempre esercitato come movimento dei lavoratori una azione di presa di coscienza e di miglioramento delle condizioni.
In questo percorso culturale e sindacale è emerso sempre più chiaramente come sia importantissimo il nesso fra le condizioni nel luogo di lavoro e lo stato dell'ambiente esterno che circonda lo stesso e le comunità locali.
I casi come quello della Eternit hanno acceso un riflettore impietoso sulle conseguenze di un errato modello di sviluppo.
Si era tentato da parte nostra di dare una prima risposta a queste istanze attraverso l'istituzione in alcuni settori dei rappresentanti per la sicurezza e l'ambiente, ma come sappiamo l'evoluzione dei rapporti industriali, le crisi e/o le ristrutturazioni del mondo produttivo a livello italiano e globale ne hanno arginato l'importanza e l'efficacia, che va rilanciata ove possibile.
Risulta ancora più urgente, nel contesto odierno contrassegnato dai mutamenti climatici e dalle loro conseguenze, ripristinare nella nostra contrattazione alcuni essenziali cardini:
- acquisizione di luoghi e tempi di confronto fra le rappresentanze e il management sui temi ambientali, includendo in questi il risparmio energetico, il riciclo e lo stoccaggio dei rifiuti, la gestione delle emergenze all'interno della azienda e le loro conseguenze esterne;
- acquisizione di ruolo e di proposta delle stesse RSA/RSU e dei RLS nelle scelte di politica
industriale, nelle modifiche e miglioramenti del ciclo produttivo e della relativa strumentazione, nelle scelte di investimento e di ricerca e sviluppo;
- costruzione di esperienze tese a favorire la conoscenza dei temi ambientali nel loro rapporto con le condizioni individuali di salute e capaci di essere proattive per proposte di miglioramento concrete dei RLS e delle RSA/RSU;
- acquisizione di ruolo e di proposta dei RLS e delle RSA/RSU rispetto ai sistemi di gestione aziendali relativi ad ambiente e salute e sicurezza.


Fonte: fisac-cgil.it