Categoria: Cassazione penale
Visite: 11060


Cassazione Penale, Sez. 4, 27 ottobre 2014, n. 44806 - Lavori in prossimità di linee elettriche: operaio morto folgorato


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
Dott. ZOSO Liana M.T - rel. Consigliere -
Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
S.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1471/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 09/10/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/09/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro che ha concluso per l'inammissibilità dei motivi di ricorso;
udito il difensore avv. C. Fr. che insiste per l'accoglimento dei motivi di ricorso.


Fatto


Il GUP presso il tribunale di Rossano, con sentenza in data 24 febbraio 2011 pronunciata all'esito di giudizio abbreviato, riteneva S.G. responsabile del reato di cui all'art. 113 c.p. e art. 189 c.p., comma 2, e, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti all'aggravante e con aumento per la continuazione, lo condannava alla pena di anni uno di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena. Secondo l'imputazione S.G., nella sua qualità di titolare dell'omonima ditta incaricata dell'esecuzione di lavori edili e datore di lavoro di S.F., omettendo di predisporre il piano operativo di sicurezza, e così violando il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 9, comma 1, lett. c bis in relazione al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 89, comma 1, nonchè violando il D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, art. 11 in relazione all'art. 77, lett. b, D.P.R. medesimo, che fa divieto di eseguire lavori in prossimità di linee elettriche aeree a distanza inferiore di 5 metri dalla costruzione o dai ponteggi salvo che non si provveda, da parte di chi dirige detti lavori, ad una adeguata protezione atta ad evitare accidentali contatti e pericolosi avvicinamenti ai conduttori delle linee stesse, cagionava per colpa la morte del dipendente S.F. che, incaricato di eseguire le operazioni per il getto di calcestruzzo nello scavo di fondazione del muro di recinzione in cantiere prospiciente la linea elettrica aerea mantenuta in tensione a 20.000 volt ed eseguendo i predetti lavori ad una distanza inferiore di 5 metri dalla predetta linea aerea, unitamente a P.M., incaricato di manovrare i pulsanti del sistema automatico del braccio della pompa dal quale fuoriusciva il calcestruzzo, pompa manualmente indirizzata dal S., che dirigeva il getto nel punto desiderato e spostava il tubo dopo il riempimento dello scavo, a causa del contatto o comunque dell'avvicinamento del braccio dell'autopompa ai conduttori della predetta linea elettrica, fatto che provocava il cosiddetto fenomeno dell'arco elettrico, rimaneva folgorato a causa del passaggio di corrente attraverso il braccio metallico del mezzo ed in particolare attraverso il terminale del tubo pieno di calcestruzzo e così decedeva. Fatto accaduto in (OMISSIS).

La corte d'appello di Catanzaro dichiarava non doversi procedere limitatamente alle contravvenzioni ascritte perchè estinte per prescrizione e, confermando la sentenza impugnata nel resto, riduceva la pena a mesi 10 e giorni 20 di reclusione.

Avverso la sentenza della corte d'appello proponeva ricorso per cassazione S.G. svolgendo due motivi.

Con il primo motivo deduceva violazione di legge in relazione all'art. 41 c.p., comma 2 e art. 589 c.p., D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5 e art. 606 c.p.p., lett. b in quanto la corte territoriale non aveva fatto corretta applicazione della norma di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5 che prevede l'obbligo per il lavoratore di prendersi cura della propria salute ed, in particolare, di non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non siano di sua competenza e che possano compromettere la sicurezza propria o di altre persone.

Nell'infortunio di cui si tratta si sarebbe dovuto considerare, inoltre, il ruolo avuto da P.M. il quale, dipendente della ditta F. Costruzioni s.r.l., incaricata della fornitura del calcestruzzo, era a conoscenza delle norme antinfortunistiche per aver effettuato un corso apposito ed avendo la ditta F. predisposto il documento di valutazione dei rischi ove era evidenziato il rischio elettrico relativo all'uso dell'autopompa ed era specificato che il braccio non avrebbe dovuto essere utilizzato in prossimità di linee elettriche per il pericolo di folgorazione.

Quindi l'azione del P. il quale, nonostante conoscesse il rischio derivante dall'uso dell'autopompa in prossimità di linee elettriche, aveva manovrato la stessa a distanza ravvicinata dalla linea, si configurava come imprevedibile ed anomala ed era sufficiente ad escludere il nesso di causalità tra l'evento e l'azione omissiva dell'imputato S., a norma dell'art. 41 c.p., comma 2.

Con il secondo motivo di ricorso deduceva difetto di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e in relazione all'art. 133 c.p., n. 2 in quanto la corte territoriale aveva travisato i fatti laddove aveva affermato che P.M., il quale azionava la pulsantiera a mezzo della quale dirigeva l'autopompa, avesse il dominio di essa solo con riguardo alla direzione poichè, per contro, con la pulsantiera era in grado di stabilire sia i movimenti direzionali che quelli in altezza ed in profondità. In considerazione di ciò il fatto che il S. avesse omesso di predisporre il piano operativo di sicurezza costituiva un antecedente irrilevante nella causazione dell'evento perchè la condotta del P. era la sola causa del sinistro mortale.


Diritto

In ordine al primo motivo di ricorso, si osserva che la suprema corte ha più volte affermato il principio secondo cui nessuna valenza causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento negligente del medesimo lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque alla insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. Sul punto, si è pure precisato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Dunque non ha valenza esimente la condotta colposa posta in essere dal lavoratore rispetto al soggetto che versa in posizione di garanzia. Invero gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità e si può escludere l'esistenza del rapporto di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l'infortunio unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento. E si deve considerare abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro mentre è esclusa l'abnormità della condotta nel caso in cui l'azione del lavoratore rientra nei compiti a lui attribuiti (Sez. 4, sentenza n. 7364 del 14/01/2014 dep. il 17.02.2014, Rv. 259321; Sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999, dep. il 20.03.2000, Rv. 215686; Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, dep. 9.03.2007, Rv. 236109).

Nel caso che occupa S.F., come emerge dalla ricostruzione dell'accaduto effettuata dai giudici di merito, stava dirigendo manualmente la parte finale del braccio dell'autopompa nei punti delle fondazioni ove era necessario effettuare la colata di cemento, operazione comune nell'esecuzione di lavori di tale natura, sicchè operava pienamente nei limiti delle mansioni a lui affidate.

Ne consegue che la mancata adozione, da parte del datore di lavoro S.G., non solo del piano operativo di sicurezza ma anche delle cautele impostegli dal D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164 per non aver approntato una adeguata protezione onde evitare il contatto accidentale della linea elettrica posta a distanza inferiore a cinque metri si pone in rapporto di causalità con l'evento occorso. Ben avrebbe potuto il S., invero, predisporre diverse modalità di versamento del cemento che non comportassero l'uso del braccio meccanico che, per le sue dimensioni, è venuto in contatto con la linea elettrica.

Neppure l'azione colposa di P.M. è idonea ad interrompere il nesso causale tra l'omissione delle cautele antinfortunistiche ascritta a S.G. e l'evento verificatosi in quanto non è utilmente invocabile il principio di affidamento, in forza del quale il soggetto titolare di una posizione di garanzia, come tale tenuto giuridicamente ad impedire la verificazione di un evento dannoso, può andare esente da responsabilità quando questo possa ricondursi alla condotta esclusiva di altri, titolare a sua volta di una posizione di garanzia, sulla correttezza del cui operato il primo abbia fatto legittimo affidamento. Invero il principio di affidamento nel comportamento altrui non è invocabile legittimamente quando colui che si affida sia già in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, che gli succede nella posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione. In tal caso l'evento ha due antecedenti causali, senza che l'uno interrompa il nesso causale dell'altro (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 35827 del 27.6.2013 rv. 258124; Sez. 4, 24 gennaio 2012, n. 14413, rv. 253300).

Il motivo di ricorso è, perciò, infondato.

Ed infondato è, altresì, il secondo motivo di ricorso.

Invero la corte territoriale ha motivato in modo esaustivo in ordine alla dinamica del sinistro che ha condotto al decesso di S. F., avuto particolare riguardo alla valenza eziologica dell'omissione delle cautele antinfortunistiche da parte del datore di lavoro sicchè nessun rilievo può assumere il fatto che il P., il quale manovrava la pulsantiera, possa o meno aver avuto il dominio dei movimenti direzionali del braccio della pompa sia in altezza che in profondità, tenuto conto che, quandochè si assuma che dalla sua azione sia derivato il contatto con la linea elettrica, ciò non escluderebbe, per le ragion, esposte, l'efficienza causale del comportamento omissivo tenuto dal ricorrente.

Il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2014