SENATO DELLA REPUBBLICA
XVII LEGISLATURA
Giunte e Commissioni



Resoconto stenografico

 

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro


Seduta n. 1, martedì 14 ottobre 2014

 

Audizione del Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti

 

Presidenza del presidente FABBRI

 

Interviene il ministro del lavoro, Giuliano Poletti

 

SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI

PRESIDENTE
Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso il resoconto stenografico nonché, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo. Poiché non vi sono obiezioni, resta così stabilito.
Audizione del Ministro del lavoro, Giuliano Poletti

PRESIDENTE
L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro del lavoro, Giuliano Poletti.
Ricordo che la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, si è recentemente costituita. La Presidente è stata nominata il 2 luglio scorso e la Commissione si è insediata nel mese di settembre.
Tra i recenti fatti di cronaca si deve purtroppo ricordare l'incidente avvenuto ieri sulla Catania-Siracusa, nel quale hanno perso la vita tre operai, e la morte di un operaio, di cui ho avuto notizia pochissimi minuti fa attraverso un'agenzia, avvenuta ad Alessandria, all'interno di un impianto per il trattamento dei rifiuti.
Tenuto conto della preoccupazione e dell'impatto che riveste e investe, soprattutto quando si parla di riforma del mercato del lavoro, il tema della dignità legato alla tutela della salute e della sicurezza, che siano incidenti, infortuni o, purtroppo, malattie professionali, questa Commissione ha ritenuto di cominciare i suoi lavori chiedendo alla Presidenza di effettuare una serie di audizioni per avere i dati aggiornati e conoscere le varie sensibilità. L'auspicio è perciò quello di poter lavorare per i prossimi mesi sul tema della prevenzione piuttosto che andare ogni volta a verificare incidenti laddove questi succedano.
Vorremmo in particolare capire se il Ministero del lavoro ha dei dati aggiornati. Recentemente abbiamo letto la relazione che l'INAIL ha predisposto, ma che è datata al 31 dicembre 2013. Siamo in attesa dell'audizione dei rappresentanti dell'INAIL per capire se vi sono dati parziali riferiti all'anno in corso.
Ritengo necessario comprendere le ragioni della diminuzione degli incidenti sul lavoro, senza banalizzare affermando che se le imprese chiudono, inevitabilmente diminuiscono gli infortuni: questa risposta non ci può, ovviamente, soddisfare.
Signor Ministro, al termine del suo intervento, lascerò la parola ai rappresentanti dei Gruppi, chiedendole la disponibilità, qualora non dovessimo concludere, di aggiornare la nostra audizione o di ricevere da lei risposte scritte alle domande poste.
Do quindi la parola al ministro Poletti.

POLETTI
Rivolgendo il mio saluto alla Commissione, mi associo alla considerazione della Presidente: nel momento in cui affrontiamo questo tema, dobbiamo guardare alle statistiche, ai dati e a tutto quello che ci serve per capire la dinamica di questi fenomeni. D'altra parte, ogni giorno si verificano fenomeni gravi con il decesso di persone o infortuni importanti. Questo ci fa innanzi tutto dire che fino a quando ci sarà un infortunio o una vittima, non abbiamo fatto tutto quello che andava fatto. Dobbiamo quindi guardare i dati e cercare di capire i fenomeni, avendo sempre presente che l'obiettivo è la drastica riduzione di essi e la costruzione di tutti i meccanismi volti a raggiungere tale obiettivo.
Sul versante dei dati, come sapete dalle relazioni dell'INAIL, negli ultimi anni si è registrata una riduzione di questi fenomeni e del numero delle vittime. È un elemento certamente positivo. Per quanto riguarda il 2014, l'unico dato di cui siamo possesso è quello dell'INAIL che rileva che per i primi sei mesi di quest'anno si è verificata una riduzione delle denunce pari al 5 per cento. Il fatto che si stia parlando di una riduzione delle denunce, non vuol dire però che siamo di fronte ad una riduzione delle persone coinvolte in questi fatti. In particolare, se pensiamo all'ultimo periodo, siamo purtroppo di fronte a una ripetuta situazione in cui vi sono una pluralità di vittime e di persone colpite. Questo dato quindi fa riferimento esclusivamente alla fattispecie della denuncia, ma non ci dice concretamente quante sono le persone coinvolte, la tipologia delle situazioni e i loro esiti.
L'obiettivo che il Ministero persegue è quello di migliorare tutte le condizioni per ridurre il fenomeno degli infortuni e intervenire sul tema delle malattie professionali, gestire e agire sul tema degli infortuni in itinere, che spesso anima le discussioni anche perché interviene a definire il fenomeno e a capire dove, come e quanto questa situazione incida poi sul fenomeno in quanto tale. Ricordo infatti che le statistiche vengono influenzate dalle modalità con le quali questa tipologia viene calcolata e valutata. Sono problematiche che debbono essere prese in considerazione.
Dal punto di vista delle cose che si stanno facendo e vanno fatte d'iniziativa del Ministero, il primo dato su cui si sta lavorando è quello volto a mantenere una capacità di co-azione tra tutti i soggetti che intervengono in queste situazioni. Abbiamo bisogno di un intervento legislativo, regolamentare e di controllo; abbiamo bisogno che cresca la cultura della prevenzione e l'informazione; abbiamo bisogno di un largo ventaglio di strumenti che intervengano per ottenere un buon risultato. Il nostro scopo, e la funzione prima in questo momento, è sviluppare questo sistema di relazioni e fare in modo che ci sia sistematicamente una capacità di co-agire, anche perché su questo versante ci sono responsabilità molto diffuse e situazioni che attengono sul piano della governance e della responsabilità a soggetti diversi come l'INAIL, i Vigili del fuoco e le ASL; soggetti che istituzionalmente hanno una matrice diversa. C'è bisogno quindi di riuscire a far dialogare tra loro soggetti che non hanno una filiera di governance uniforme. Bisogna trovare le modalità per svolgere questo lavoro, cercando di produrre un miglioramento qualitativo e di efficacia dell'intervento. Ricordo che, purtroppo, fino ad ora molte di queste attività sono costruite per una filiera totalmente verticale. Ogni soggetto agisce in forza di una norma che gli dà la competenza di agire, ha delle regole che deve seguire e far osservare, con dei limiti però che portano al paradosso che si va in azienda, si guarda un aspetto, ma non se ne guarda un altro perché, legittimamente e comprensibilmente, è competenza di un altro soggetto. Probabilmente però il co-agire di queste attenzioni avrebbe portato a un miglioramento di condizioni. Abbiamo quindi un problema di governance dell'insieme per raggiungere la migliore capacità comune dei soggetti di produrre queste attività.
C'è un primo pezzo di questa strategia che fa riferimento alle esigenze riferibili alla legge. Noi pensiamo sia necessario proseguire nel processo complessivo di rivisitazione e di ammodernamento delle regole della sicurezza, avendo a riferimento in particolare il decreto legislativo n. 81 del 2008 e tenendo conto del fatto che vi sono ancora alcuni elementi previsti in quel decreto che devono essere completati (è un lavoro che non è ancora finito). Contemporaneamente, però, abbiamo bisogno anche di riesaminare quei contenuti e di aggiornarli rispetto alle problematiche che oggi sono in fase di maggiore emersione. Citerei due elementi su tutti, per avere un'idea del tema sul quale dobbiamo lavorare: da un lato il cambiamento delle tecnologie e dei modelli organizzativi all'interno degli impianti produttivi e delle aziende; dall'altro lato, un effetto connesso alla scelta della riforma della legge sulle pensioni, che ci porta ad avere una presenza in azienda di persone più anziane. Ovviamente l'età non è un elemento irrilevante rispetto ai riflessi, rispetto alla capacità di attenzione e rispetto al dinamismo o alla dinamicità soggettiva. Quindi ragionare su queste cose ci porta anche a valutare questi elementi, perché possono produrre delle rischiosità ulteriori. Dunque un primo tema legislativo è completare ciò che ancora deve essere completato e riflettere per capire se ciò che abbiamo in termini normativi è adeguato o meno.
Su questo versante, c'è un tema che vorrei riprendere e che riguarda in particolare due punti: il tema della formazione e il tema della valutazione del rischio. Rispetto a queste questioni in particolare, colgo una discussione sul tema dell'efficienza e dell'efficacia degli strumenti di formazione che abbiamo in campo. Credo che qui non si debba incorrere in un errore: parliamo sempre giustamente del bisogno di semplificazione e di avere meno burocrazia. È tutto vero; bisogna però stare attenti ad evitare che una logica positiva di riduzione di adempimenti inutili finisca per mettere in discussione adempimenti indispensabili. È del tutto evidente che, se vogliamo ridurre gli infortuni, avere da parte dei lavoratori una buona formazione e una buona informazione è un elemento essenziale, perché mette le persone nella condizione di valutare il rischio e quindi di capire cosa succede in ragione dei comportamenti soggettivi individuali che si producono. Questi temi, che oggi sono regolati, possono sicuramente essere riconsiderati; dobbiamo però stare molto attenti ad evitare che il riconsiderarli in una chiave di semplificazione induca poi un effetto collaterale non voluto, quello cioè di smantellare qualcosa che invece si è dimostrato nel tempo uno degli elementi effettivi di miglioramento delle condizioni. Questo è un tema in discussione che va esaminato anche su questo versante.
Il secondo tema riguarda gli incentivi economici, cioè una premialità nei confronti delle imprese che decidono di investire sulla sicurezza e di migliorare le condizioni negli ambienti di lavoro, che investono e si impegnano sulla formazione. Sicuramente sono noti gli interventi che INAIL sta sviluppando da questo punto di vista e con questo spirito, cercando di fare in modo che si produca una condizione di attenzione da parte dell'imprenditore e dell'impresa che trovi anche un riconoscimento rispetto agli oneri per i premi INAIL.
Da questo punto di vista, ci sono alcune tematiche specifiche su cui stiamo lavorando, che riguardano la possibilità e la necessità di scegliere alcuni contesti specifici di intervento. Ne cito uno per tutti: sappiamo che nel settore dell'agricoltura abbiamo una sistematica ripetizione di incidenti legati alle trattrici e a macchine la cui produzione è datata e quindi non hanno gli elementi di tutela della sicurezza che dovrebbero avere. Con INAIL stiamo valutando - e dovremmo essere già in azione su questo versante - la possibilità di un intervento diretto di sostegno economico, perché vengano fatti i necessari interventi di messa in sicurezza di tali macchine.
C'è dunque un tema relativo alla norma, ma anche un tema teso a fare in modo che l'agricoltore esegua quel determinato intervento, anche perché l'INAIL l'aiuta a farlo. Un conto è individuare una condizione, altro conto è praticare concretamente un percorso che permetta di adeguare una trattrice di quindici anni alle tutele che deve avere, aiutando a sostenere i relativi costi. Credo che questa sia l'idea sulla quale stiamo lavorando: gli sconti sul premio assicurativo e il sistema di incentivi economici alle imprese, in particolare nei settori dell'agricoltura e dell'edilizia, dove c'è questo bando per aiutare in questo senso.
C'è poi un altro tema, che riguarda le malattie professionali. In questo caso abbiamo uno specifico problema concernente l'informazione; siamo infatti in uno di quei contesti in cui la dinamica è piuttosto veloce. C'è un'evoluzione che è figlia soprattutto dei modelli organizzativi, dei materiali che si usano per le lavorazioni e le produzioni e delle tecnologie che vengono utilizzate; anche qui c'è l'esigenza di fare in modo che le persone siano informate e consapevoli. Su questo punto la raccolta dati è un elemento particolarmente rilevante perché si tratta di fenomeni non singolarmente eclatanti. Un infortunio è un dato di evidenza plateale, mentre una malattia professionale, a volte, è difficilmente identificabile e qualificabile come tale. Molte volte viene inserita all'interno di dinamiche della salute o delle malattie diverse e non riconducibili al lavoro. Da questo punto di vista, è dunque particolarmente rilevante il lavoro sul piano statistico, perché le sequenze ci aiutano a capire se un fenomeno o un processo hanno o meno una determinata connessione. Su questo tema c'è un'attenzione particolare.
Stiamo lavorando per giungere finalmente alla conclusione del sistema informativo nazionale per la prevenzione; se non riusciamo ad arrivare in porto con questo strumento, non saremo in grado di gestire molti altri argomenti. Anche se immagino che qualche altro Ministro ve l'abbia detto prima di me, quindi mi metto nell'elenco dei potenziali inadempienti, sento comunque di poter dire che questo lavoro è vicino a una conclusione, anche se abbiamo una specifica problematicità, che incontriamo molto spesso tutte le volte che interveniamo su questi versanti. Mi riferisco al tema della privacy e dell'utilizzabilità delle informazioni. Chi ha come compito la tutela della privacy è legittimamente molto cauto nel rilasciare la possibilità di utilizzazione dei dati, specialmente quando parliamo di salute. È del tutto evidente, però, che nel nostro caso, se non siamo in grado di avere a disposizione queste informazioni, il resto del lavoro perde molto del suo valore. Quindi abbiamo un ritardo, che è figlio tuttavia di un'oggettiva problematicità, molto complessa da risolvere. Speriamo e crediamo di poter affermare di essere arrivati abbastanza vicini a questo tipo di conclusione.
Non vi annoio informandovi del lavoro che stiamo facendo attraverso il comitato di pianificazione delle attività di comunicazione in materia di malattie professionali, cioè di tutti gli strumenti che la norma prevede perché ci sia, in maniera sistematica, un'azione di elaborazione e di sviluppo dell'attività.
C'è poi un tema molto chiaro, relativo alla diffusione della cultura della prevenzione.
Veniamo dalla celebrazione della Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro; abbiamo avuto modo di confrontarci con ANMIL e il lavoro che questa associazione sta facendo nelle scuole. Credo che il tema della prevenzione debba diventare sempre più un dato di tipo culturale e diffuso, sistematicamente presente all'interno dei percorsi e dei processi formativi. È certamente importante una testimonianza ed è certamente importante far vedere cosa può accadere. Se si tratta però di un fatto isolato, che si ripete una volta tanto, probabilmente non lascia il segno e non costruisce quella consapevolezza che abbiamo invece bisogno di costruire nei nostri giovani, che devono sapere che ci sono degli elementi di rischiosità, che il rischio va controllato e che perciò bisogna avere la consapevolezza e la cultura per poterlo fare in maniera adeguata. Questo è il tema della diffusione della cultura della prevenzione su cui stiamo lavorando.
C'è un altro tema su cui stiamo lavorando. Nella legge delega abbiamo ipotizzato il coordinamento delle attività di vigilanza e la possibilità di dare vita ad un'agenzia che assuma su di sé questa responsabilità. Ne ho già parlato in apertura: oggi abbiamo una larga serie di soggetti competenti e il dato di fatto è che ognuno di questi agisce legittimamente all'interno del proprio contesto normativo e dei propri modelli organizzativi. Questo produce un esito poco gradevole: la possibilità di una sistematica ripetizione di interventi presso le aziende in brevi archi di tempo. Da ciò scaturisce una reazione negativa da parte delle imprese, perché vedersi ispezionati ripetutamente in un breve arco temporale fa venire il dubbio che qualcuno abbia deciso che sei un delinquente e che vai colpito comunque. Siccome non è questa l'idea che si ha dell'impresa bisogna evitare che ciò accada.
Ma non c'è solo il problema della reazione comprensibile dell'imprenditore che vede sottoposta la propria azienda, ripetute volte nell'arco di un mese, a ispezioni di varia natura. C'è anche un problema di efficienza ed efficacia, perché ci sono fattori che, se letti contemporaneamente, aiutano a capire meglio la dimensione e la causa del fenomeno e come sia possibile agire. Il tema dell'agenzia o comunque del coordinamento delle attività di vigilanza è un altro punto su cui stiamo lavorando.
Sono in corso altre attività che riguardano, in particolare, la valorizzazione degli accordi aziendali, territoriali e nazionali e la valorizzazione del ruolo e delle funzioni degli organismi paritetici. È di tutta evidenza infatti che questa tematica deve essere oggetto di un'attenzione scrupolosa che sia condivisa da imprenditori, organizzazioni sindacali e lavoratori. Pertanto, è necessario individuare delle sedi e delle modalità per indurre la collaborazione dei soggetti interessati ad affrontare questa problematica. Diversamente, se lasciamo che l'azione di contrasto sia lasciata tutta alla funzione ispettiva e alle istituzioni competenti, è evidente che, pur avendo una sua logica e pur svolgendosi una determinata attività, non si produce il miglior risultato possibile. Stiamo lavorando dunque per fare in modo che si moltiplichino le buone pratiche, gli impegni e le risposte che in quella sede possono essere dati.
Abbiamo cercato, come Presidenza del semestre europeo, di portare questa tematica anche all'interno della dimensione europea. Ci sarà un momento di discussione con i nostri partner europei il 4 e 5 dicembre prossimi, insieme ad INAIL e alla Presidenza italiana. In tema di sicurezza sul lavoro, infatti, abbiamo sempre bisogno di conoscere le buone pratiche, capire ciò che si sta facendo in altri Paesi e mettere a confronto con essi quello che noi stiamo facendo avendo sempre presente un dato: dobbiamo comparare le normative perché ci sono elementi di competitività sbilanciata. Un'impresa alla quale viene consentito di agire in un certo contesto e di non adottare strumenti di sicurezza si trova, sul piano della competizione, avvantaggiata perché sostiene costi più bassi di produzione. Infatti, un macchinario non messo in sicurezza produce 50 pezzi in più, ma il lavoratore addetto a quel macchinario corre il rischio di subire un incidente. Se c'è una diversità di normativa a livello di singolo Paese si produce certamente un rischio per il lavoratore, ma si produce anche un ingiusto vantaggio per l'impresa che opera in quelle condizioni. Cerchiamo naturalmente di svolgere anche un lavoro di monitoraggio attento delle legislazioni nazionali per indurre a livello europeo una logica di uniformità, per avere una migliore tutela dei lavoratori e per non avere sbilanciamenti competitivi sui mercati rispetto alle diverse imprese.
Vorrei dedicare le mie ultime considerazioni ad un altro tema importante: da una parte, infatti, vi sono tutte le attività che ho illustrato, riferite al tema della prevenzione e all'obiettivo di limitare ed evitare gli incidenti sul lavoro; dall'altra, abbiamo un dato di fatto, ossia che gli incidenti avvengono e bisogna anche prendersi cura di chi è vittima degli incidenti sul lavoro e capire quali strumenti possono alleviare le sofferenze di queste persone. Da questo punto di vista siamo a fianco di INAIL perché continui un lavoro di ricerca sia rispetto agli elementi che possono ridurre gli incidenti e la loro gravità, ma anche sul versante di tutti gli ausili che possono essere messi in campo per aiutare le persone che rimangono in qualche misura menomate a seguito di incidenti sul lavoro. È un tema che riguarda le protesi, gli ausili, le tecnologie e tutti gli strumenti necessari per consentire a queste persone buone condizioni di vita. È un tema che va oltre il limitare gli incidenti e che riguarda la possibilità, appunto, di ricreare le migliori condizioni di vita per una persona che è stata vittima di un incidente.
Collegato a questo vi è il tema del ricollocamento al lavoro delle persone che hanno subito un incidente e che sono in difficoltà nel trovare una nuova opportunità di lavoro. Su questo versante dobbiamo dire che le normative in essere non danno grande prova di sé. Abbiamo un numero molto alto di persone che cercano lavoro ma non hanno l'opportunità di trovarlo. Quindi, dobbiamo interrogarci se i diversi passaggi che sono stati fatti sinora, dal collocamento obbligatorio alle altre strumentazioni che abbiamo messo in campo, siano adeguati o meno ad affrontare questa problematica. Se esaminiamo i dati di fatto, non emergono infatti buone performance e ciò significa che c'è un problema che deve essere ripreso in considerazione. Cito questo come un altro degli elementi sui quali abbiamo bisogno di lavorare.
Spero di essere stato esauriente rispetto alle tematiche che possono interessare alla vostra Commissione. Naturalmente sono a disposizione per rispondere ad eventuali domande e alle considerazioni che vorrete fare.

FUCKSIA
Signor Ministro, il progetto della Commissione europea e la strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva affronta, soprattutto in Italia, non solo il problema della differenza nella qualità del lavoro e di una cattiva retribuzione, ma anche quello della diversa distribuzione della sicurezza. Nel nostro Paese, la diversa distribuzione della sicurezza è legata soprattutto al fatto che tutta la normativa - dal decreto legislativo n. 626 del 1994 a oggi - è stata sempre pensata per le imprese strutturate e quindi in grado di integrare prevenzione e processo produttivo. Oggi la mobilità del lavoro e il processo di differenziazione rendono più difficile applicare la normativa.
Questa necessaria semplificazione non dovrà essere meno cogente ed efficace in materia di prevenzione, ad esclusione però di tutto ciò che attiene alla formazione, che è fondamentale perché abbassa l'indice di rischio nelle valutazioni ed è riconosciuta come efficace ai fini della prevenzione stessa. A nostro avviso, in Europa il nostro Paese potrebbe essere leader in tale materia essendo il lavoratore italiano sicuramente il più protetto nell'area. In ambito europeo, non mancano infatti eccessi in negativo, penso ad esempio, all'Inghilterra dove i lavoratori sono meno protetti essendo addirittura ancora ammesso l'amianto.
Noi siamo molto avanti. Mi auguro pertanto che l'Italia possa fare la voce alta e far capire che non possiamo adottare i modelli di quei Paesi che hanno un ciclo produttivo completamente diverso dal nostro. La nostra è una manifattura particolare, spesso artigiana e della piccola e media impresa, che non ha nulla a che vedere con le grandi acciaierie della Germania. Riportare pedissequamente in Italia certi modelli stereotipati avrebbe sostanzialmente come conseguenza la non applicazione delle misure di sicurezza.
In azienda si dice: qual è il migliore dispositivo di protezione? La risposta è sempre: quello che il lavoratore usa. Una macchina per lavorare ha bisogno di certe misure di sicurezza - come si suol dire: «a prova di scemo» (perché l'attimo della distrazione capita sempre) - proprio perché il sistema di produzione è inadeguato alla nostra realtà essendo stato preso da una realtà completamente diversa. Penso, quindi, che dovremmo essere leader, dare un esempio e tenere presente la nostra realtà particolare, in cui far bene la prevenzione non significa diminuire la produttività dell'azienda, anzi, è vero il contrario. Lo vediamo per quanto attiene al sistema premiale dell'INAIL: le aziende più formate, in cui il clima organizzativo è più efficace, sono anche quelle che hanno tenuto meglio rispetto alla crisi e che reggono meglio la concorrenza; tanto più che oggi, spesso, se non c'è un sistema di gestione integrato o di qualità un'azienda non è neanche concorrenziale nel mondo, perché non può esportare i propri prodotti. Spero, quindi, che si proceda sempre più da una cultura della colpevolezza ad una cultura della prevenzione, che sia anche previsione per il futuro.
In ultimo, vedo sicuramente in modo positivo la previsione dell'Agenzia nazionale per il lavoro, ma mi permetto di fare un'osservazione rispetto ad una possibile criticità: la preparazione degli ispettori del lavoro è totalmente diversa da quella degli ispettori della ASL, che, per quanto riguarda la tutela della sicurezza e della salute, hanno una preparazione di più lunga data e di maggiore approfondimento; invece, gli ispettori del lavoro, per quanto riguarda la sicurezza (a parte il discorso sul lavoro nero), hanno una specializzazione ridotta ai cantieri. La realtà economica è molto variegata, quindi occorre tenere presente che, pur essendo opportuno un coordinamento unico per eliminare i doppioni, ridurre le spese ed essere più efficaci, dobbiamo rendere conto e valorizzare le diverse competenze esistenti, altrimenti si rischia di uniformare cose che uguali non sono.

AIELLO
Signora Presidente, ringrazio il Ministro. Ho ascoltato con grande attenzione la sua relazione, che secondo me centra gli obiettivi importanti. Il primo è quello della prevenzione.
Vede, signor Ministro, come lei giustamente ha sottolineato, oggi c'è grande confusione nel rivolgersi ad un'azienda quando si deve parlare di aspetti squisitamente autorizzativi o di aspetti ispettivi. Ci troviamo di fronte ad aziende che vengono quasi vessate e ogni giorno sono potenzialmente soggette a visite autorizzative o ispettive. Quindi è necessario, secondo me, trovare un coagulo. Non si parla mai di workshop operativo, che unifichi un insieme di professionalità e di professionisti e dia la possibilità sia alle aziende, sia al sistema autorizzativo di facilitare il compito, di riassumere nel più breve tempo possibile l'iter per ottenere le varie autorizzazioni.
Anche per quanto riguarda i problemi ispettivi, signor Ministro, è vero, come dice la collega Fucksia, che c'è più professionalità da parte degli ispettori di igiene, che probabilmente hanno avuto nel corso del tempo una certa specializzazione, ma anche in questo caso non credo sia opportuno immaginare un'organizzazione sul modello dell'agenzia. Anche l'esperienza delle agenzie sanitarie individuate nelle varie Regioni non ha dato i risultati eccellenti che sinceramente ci si aspettava quando sono state immaginate, tant'è che sembrerebbe un modello superato. Credo che l'aspetto della prevenzione meriti un'attenzione privilegiata.
Signor Ministro, lei riferisce che il lavoratore, raggiunta una certa età, riesce a metabolizzare meno le questioni concernenti la formazione. Ciò nonostante, da una parte, legiferiamo in modo tale da mantenere il lavoratore in servizio per 65 o 70, dall'altra, magari, ci lamentiamo di non riuscire a inserire nella formazione aspetti che possano essere di coagulo e di metabolizzazione da parte di tutti. Anche in questo caso dobbiamo cercare di gestire il rischio. Allo stesso modo, abbiamo la grande responsabilità di gestire il rischio nell'aspetto squisitamente operativo, dal punto di vista aziendale. Ben vengano, allora, queste idee, perché sono i capisaldi in un'azione di Governo e legislativa che possa comunque consentire, una volta per tutte, di attenuare i disagi. È vero che dobbiamo gestire anche i danni provocati dal lavoro, ma se lavoriamo molto sulla prevenzione questi danni saranno sicuramente attenuati. Certamente avremo meno possibilità di attenzionare, ad esempio, Budrio, rispetto che investire in prevenzione.

FAVERO
Signora Presidente, ringrazio davvero per questo aggiornamento e per questo incontro il Ministro e il sottosegretario Teresa Bellanova, che ci ha accompagnato lungo tutto il percorso della delega lavoro, nella quale si riporta la questione concernente l'Agenzia unica (o quello che sarà l'ente di coordinamento). Ricordiamo, infatti, che la delega deve ancora essere riempita di contenuti: è un'impalcatura.
Vorrei appuntare l'attenzione sulla necessità di produrre in sicurezza e non solo di lavorare in sicurezza. È questo un aspetto che deve essere sottolineato. Nel lavoro la catena è composta da tanti soggetti, compreso il datore di lavoro, che spesso lavora nell'azienda con i propri dipendenti (operai, agricoli o di altro tipo). L'azienda seria pertanto deve essere assolutamente premiata, così come quelle non serie devono essere chiuse. È un dato di fatto: le aziende non serie devono essere messe in condizione di diventarlo in poco tempo, altrimenti davvero si corrono rischi. Le aziende che non sono serie veramente (e non per lievi colpe che possono recuperare), quelle in cui davvero i lavoratori rischiano, devono essere chiuse. E non mi riferisco solo ai lavoratori, ma anche a tutti coloro che si trovano nelle vicinanze. Abbiamo visto che ci sono stati gravissimi incidenti che potevano avere conseguenze molto gravi per tutto l'ambiente circostante.
La sicurezza è un investimento che non può essere più intrapreso da un unico soggetto. Sappiamo che i costi degli infortuni sono altissimi ed è, quindi, importante la prevenzione, come è stato ricordato. Non bisogna perseguitare o perseguire inutilmente. Porto l'esempio banale di un imprenditore che fa tutto quello che deve nell'ambito della formazione e poi nel suo ufficio qualcuno, banalmente, abbassandosi, batte la testa sulla scrivania. Eppure ci sono anche casi di questo tipo: sono situazioni banali, ma sappiamo che esistono.
Sono stata relatrice in 11a Commissione sul provvedimento istitutivo di questa Commissione di inchiesta. Ritengo che nella relazione della Commissione di inchiesta sugli infortuni sul lavoro della XVI legislatura siano presenti alcuni passaggi che ci indicano già una strada: per esempio, l'attuazione in tempi rapidi del testo unico n. 81 del 2008, che ancora registra delle lacune. Inoltre, per evitare duplicazioni, sarebbe importante realizzare finalmente quella benedetta banca dati telematica che da dieci anni vagheggiamo, prevista dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 124 del 2004, che non è ancora stata implementata. Da tutto quello che abbiamo affrontato nei vari incontri che abbiamo avuto, ci siamo resi conto che c'è una disparità anche tra le varie Regioni. In alcune Regioni la sicurezza e la prevenzione sono molto avanzate, mentre ci sono Regioni ancora indietro. Noi vogliamo e dobbiamo portare tutte le Regioni ad avere un'omogeneità, perché non è possibile che vi siano comportamenti difformi.
Prendiamo atto degli sforzi che sta facendo il Governo anche in questo settore. Certamente condividiamo che non si debba mai abbassare la guardia in tema di sicurezza e di prevenzione. Vengo dal mondo della scuola: i percorsi ripetuti e consolidati nel tempo hanno portato i bambini a viaggiare con sicurezza all'interno di tutto l'ambito del decreto legislativo n. 626 del 1994. Un bambino, quando sente una campanella, sa quale deve essere il suo comportamento ripetuto nel tempo. Vorrei che ci fossero queste tipologie anche nelle aziende, cioè che, al bisogno, quando c'è un certo suono o un certo segnale, che poi si concorda, ci fosse un comportamento analogo. È vero che i bambini sono la cosa più preziosa che abbiamo, ma anche gli adulti devono imparare che ci sono comportamenti virtuosi che non vedo invece, ad esempio, nelle aziende ospedaliere. Anche all'interno del Senato, non so se abbiamo mai fatto prove di evacuazione. Me lo pongo allora come un problema personale; nel caso succedesse qualcosa, cosa farei?
Dovrebbe esserci questa cultura che si fa passo dopo passo, percorrendo nel tempo i percorsi già esistenti che sono consolidati e buoni; basta quindi semplicemente un po' di buona volontà. Rilevo anche che non si spenderebbero nemmeno troppi soldi.

ROMANO
Signora Presidente, sarò estremamente telegrafico perché non farò un intervento assertivo, ma evocativo di un tema che è proprio della medicina del lavoro e che è ampiamente consolidato nella letteratura scientifica: il rapporto tra amianto, asbestosi e patologie tumorali. Il Sottosegretario si sta interessando in maniera molto approfondita a questo tema per quel che riguarda i dati che emergono non solo dalla letteratura scientifica, ma anche da quella inerente il mondo del lavoro. Sottopongo questo tema ancora una volta alla vostra attenzione perché ci sono tantissimi lavoratori, ampiamente distribuiti su tutto il territorio nazionale, che in ragione di un lavoro passato, svolto senza alcuna protezione, soffrono di patologie che impediscono loro non solo il riconoscimento della patologia stessa, in una sorta di sua graduazione, ma anche una possibilità di rientrare nel ciclo produttivo e lavorativo. Credo si tratti di un tema molto delicato sotto il profilo sia dell'equilibrio sociale sia delle giuste aspettative. Ampie fasce di persone, affette da tali patologie, aspettano infatti risposte compiute, soprattutto in una rivisitazione di particolare attenzione nei loro confronti sia da parte della Commissione, ma ancor più da parte del Governo.

D'ADDA
Signora Presidente, ringrazio il Ministro per l'interesse mostrato perché nelle sue parole si è obiettivamente riscontrata una particolare attenzione al tema che ci interessa.
Per quanto riguarda il coordinamento dell'attività di vigilanza di cui lei ha parlato, c'è una questione che mi tocca da vicino. Sappiamo che la vigilanza e la prevenzione sono importanti, ma non sono gratis. Occorre avere a disposizione strumenti e uomini sul territorio perché altrimenti non è possibile farla. Vorrei allora sapere com'è messa la situazione da questo punto di vista. Sappiamo infatti che vi sono zone che presentano una buona cultura dell'attenzione e della prevenzione, ma le persone che girano nei territori non sono in grado di coprire tutte le realtà. Ci sono inoltre degli eccessi; vi sono cioè vessazioni su alcune aziende e aziende che non vengono nemmeno considerate.
Si deve tener conto anche del fatto che sul territorio nazionale abbiamo, purtroppo, un'evasione tale per cui il controllo, fatto in questi termini, serve anche ad altro compimento. Quindi le due cose si possono incrociare proprio perché le risorse sono molto scarse.
Un altro elemento su cui volevo riflettere e rivolgere una domanda al Ministro concerne il tema dell'invalidità delle persone a cui viene riscontrata un'invalidità per cause che attengono ad infortuni o malattie sul lavoro. C'è una richiesta in questo senso delle associazioni che li rappresentano volta a sganciare l'invalidità dal reddito complessivo familiare. Fermo restando che nessuno di noi è vergine e sappiamo benissimo in che situazione siamo e che stiamo lavorando per portare fuori il Paese da una crisi che obiettivamente è drammatica, la domanda può essere posta guardando ad un orizzonte più ampio. Se lei ritiene utile e possibile un'operazione di questo tipo, ovviamente la vedrei in là nel tempo perché non è una cosa che potremmo fare oggi. Le chiedo, pertanto se, a suo avviso, una volta riagganciata questa ripresa, questa operazione potrà andare incontro a queste famiglie che subiscono a volte anche infortuni veramente seri.

BAROZZINO
Signora Presidente, non sono purtroppo d'accordo con la senatrice Fucksia quando dice che sul tema della sicurezza siamo all'avanguardia. Vorrei che fossimo all'avanguardia, ma, purtroppo, non è così.
Vorrei altresì rilevare, con tutta la mia modestia, che il decreto legislativo n. 81 del 2008 non è lo stesso; nel corso degli anni ha infatti subito molte modifiche. Fosse ancora quello, ci troveremmo sulla strada giusta. Sappiamo tutti invece che purtroppo quel decreto ha subito diverse modifiche che di fatto l'hanno svilito e indebolito. All'esordio di tale decreto 81, si era partiti con il concetto di «rischio zero», dicendo che si doveva raggiungere uno standard di sicurezza pari allo zero. Sappiamo benissimo che allo zero è impossibile arrivare, ma dovevamo arrivarci molto vicino. Oggi non è così ed è inutile ricordare gli ultimi dati, perché sono un campo di battaglia.
Sono passati due Ministri, ho sempre sostenuto e continuo a sostenere che se si vuole affrontare questo tema sul serio, bisogna coinvolgere i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS). Lo sto dicendo in tutte le salse, ma evidentemente, quando si parla dei lavoratori, a tanti viene l'allergia. Gli RLS conoscono benissimo lo stabilimento, il luogo dove si lavora, i processi produttivi, il modo e l'azienda in cui lavorano. Pertanto, coinvolgere e dare strumenti reali di tutela agli RLS può facilitare il compito del Governo e di chi si vuole interessare a questo tema seriamente. Sono d'accordo che le ispezioni servono, ma ormai gli ispettori sono pochi a causa di tanti motivi che non sto a ripetere perché li conosciamo tutti. Gli RLS possono davvero rappresentare una risorsa immensa per chi vuole trattare questo tema. Non capisco perché sono anni che lo diciamo, ma non se ne parla affatto. Pongo all'attenzione del Governo questo dato perché l'informazione e la formazione sono facili da dire, ma difficili da praticare. L'esperienza che possono mettere in campo gli RLS nelle proprie aziende può far sì che questa informazione e formazione ai lavoratori vengano fatte nel modo giusto e continuativo. Ricordiamoci che i processi produttivi cambiano con una velocità ormai pazzesca. Molte volte il lavoratore non viene proprio informato e, in un momento così drammatico, certe volte ha anche paura; il fatto che il lavoratore pretenda determinate cose può essere visto in tanti modi. Ecco perché insisto sulla figura degli RLS. Non sottovalutiamo questo strumento perché può essere veramente efficace.
Mi sforzo di farvi capire questa realtà perché tantissime malattie professionali vengono scoperte dopo anni e anni; una persona può diventare un malato professionale senza saperlo, scoprirlo quando la sua azienda è già chiusa, oppure quando è troppo tardi. Ricordo inoltre che per fare una causa di lavoro di questo genere passano tantissimi altri anni. Questa è la riflessione che bisogna fare, se vogliamo rendere sul serio un servizio vero a questa Commissione. Lo dico veramente con passione e non come una forma di protesta o per delegittimare questa Commissione (non sta a me farlo). Se vogliamo rendere un servizio reale e vogliamo una Commissione che renda sul serio giustizia, dobbiamo far sì che chi lavora e chi conosce il territorio venga messo nelle condizioni di poter lavorare.

PELINO
Signora Presidente, intervengo in conclusione, anche se è già stato detto abbastanza sui punti che volevamo rappresentare al Ministro, che ringrazio per la sua presenza, insieme al sottosegretario Bellanova. Direi che la vigilanza mi sembra l'argomento più importante ed interessante. Vorrei prendere spunto dall'ultimo intervento sull'obbligatorietà di una figura in tutti i siti produttivi e nei cantieri edili, perché c'è bisogno comunque di un controllo, che a volte non può venire dall'imprenditore o da una persona interessata al lavoro. Bisognerebbe rendere obbligatoria una figura che poi si rapporti con il Ministero.
Parlando di infortunistica, oggi mi voglio riferire ad un discorso molto attuale, relativo al personale medico e paramedico, che in queste ore è sotto minaccia costante e continua a causa della diffusione di questa tragica e terribile malattia. È già morta un'infermiera; si dice che apparentemente l'ambiente era idoneo a garantire l'incolumità, tant'è che questa persona è morta. Secondo me, questo diventa veramente un argomento molto importante. Lei stesso, signor Ministro, ha detto che un altro dato inquietante si sta affacciando in questo momento di grande crisi economica: il lavoro nero. Chi si fa male e lavora in nero non può dirlo, perché ha paura di perdere quella briciola di lavoro e gli viene anche intimato di non denunciare il fatto. Ecco perché, secondo me, si rende indispensabile una vigilanza a 360 gradi.

POLETTI
Presidente, ringrazio tutti per i loro interventi e per gli spunti e le sollecitazioni emerse. Credo che oggi dobbiamo avere un giudizio il più documentato e il più puntuale possibile sullo stato delle cose. Non mi metto a fare una gara per vedere se siamo primi o secondi. Il punto vero è che il nostro Paese ha una lunga tradizione e una lunga storia, che sono frutto anche delle lotte dei lavoratori e della loro pretesa di vedersi riconoscere elementi di tutela. Quindi si può senz'altro fare meglio e questo è l'obiettivo di ognuno di noi.
Sicuramente la nostra normazione in materia è, in termini generali, tra quelle più evolute. Effettivamente, il decreto legislativo n. 81 non è più esattamente com'era; ci sono stati alcuni interventi, ma sinceramente non mi sentirei di dire che è stato stravolto o svilito. Ci sono degli elementi su cui si può discutere se è stato utile e opportuno realizzarli, ma direi che oggi abbiamo ancora uno scheletro sostanziale molto forte su questo versante. Il punto vero è riuscire a rendere praticato e praticabile fino in fondo quello schema ed eventualmente fare quelle verifiche di merito che anche qui sono state sollecitate. È del tutto evidente che, per un sistema imprenditoriale come il nostro, con imprese piccole e medie dove funziona un meccanismo di subappalto piuttosto abbondante, questo è un tema piuttosto evidente, perché, nel cambiamento delle dinamiche produttive del capofila, immancabilmente finiscono per riprodursi a cascata degli elementi di cambiamento poco controllabili dal subappaltatore o dal fornitore e dal subfornitore. Quindi è chiaro che siamo all'interno di dinamiche che cambiano il panorama in modo piuttosto radicale. Credo che il tema vero per noi sia quello di avere una "vicinanza" ai fenomeni e ai processi e una velocità di adeguamento che ci aiuti a cogliere rapidamente i fenomeni.
Detto questo, credo che possiamo e dobbiamo fare di più e meglio, cercando di utilizzare sicuramente al meglio le competenze. Non c'è alcun dubbio sul fatto che oggi, nella segmentazione, inevitabilmente ognuno si è specializzato in una funzione tipica. È chiaro che non possiamo immaginare una sorta di situazione omnibus, dove ognuno è esperto in materia di infortuni, in materia di tecnologie e in materia amministrativo-contabile. Se una persona il giorno prima faceva di mestiere il controllo della piena applicazione dei contributi previdenziali, è difficile pretendere che quella stessa persona capisca come funziona una macchina e possa valutare se la sicurezza c'è o non c'è. Abbiamo bisogno di avere una situazione che migliori le performance e che utilizzi al meglio le competenze; poi magari possiamo provare a vedere se riusciamo a realizzare delle équipe composte da due o tre persone che lavorino insieme occupandosi ciascuna delle proprie competenze. Chi ha una specifica competenza tecnico-amministrativa, ad esempio, è in grado di capire se le procedure (il contratto di lavoro, la previdenza e il resto) sono tutte a posto, mentre chi ha una competenza in materia di tecnologie, di organizzazione del lavoro e di malattie professionali è in grado di dire se in questi ambiti si sta producendo o meno un problema. Quindi dobbiamo lavorare su questo versante, avendo cura al contempo di non disperdere assolutamente nulla di ciò che è stato messo in campo fino ad ora.
È chiaro che, su questo versante, il lavoro nero è un punto terribile, perché è del tutto ovvio che, laddove si realizzano situazioni di lavoro nero, la sicurezza è l'ultimo dei problemi e quindi rischiamo di avere delle situazioni veramente particolari. Potrei citare il caso di Prato come uno degli ultimi casi in cui abbiamo avuto un dramma e si è impiantato un lavoro specifico. Abbiamo bisogno di costruire dei rilevatori che ci aiutino a capire e che ci facciano intervenire rispetto ai punti di rischiosità effettiva. Noi usiamo molto le statistiche. Benissimo. Tuttavia, se si fanno cento ispezioni sulle prime cento imprese che stanno sulla strada, statisticamente si può anche dimostrare una grande efficienza (sono state fatte cento ispezioni), ma probabilmente non si è andati a guardare in quel pezzo di mondo dove ci sono i problemi. Allora forse il problema non è la contabilità del numero delle ispezioni, ma avere effettivamente un sistema che ci aiuti a capire se ci sono dei fenomeni gravi, ad esempio intere filiere o situazioni abnormi per le quali si va lì. Di solito, quando c'è un fenomeno di illegalità grave, è evidente che lì le illegalità ci sono quasi tutte; quindi bisogna sapere che c'è questo tipo di problema.
Due ultime considerazioni, per concludere il mio intervento.
È necessaria un'attenzione specifica alla vicenda dell'amianto e alle relative problematiche, proprio perché abbiamo bisogno di capire le caratteristiche di questo fenomeno, conoscendolo nel tempo. Abbiamo già catalogato le situazioni e definito un contesto; probabilmente abbiamo bisogno oggi di provare ad immaginare che quel contesto è uno schema che ci aiuta a capire quel fenomeno, ma non ce lo fa cogliere in tutte le sue specifiche situazioni, perché sistematicamente emergono situazioni a posteriori di molti anni, con aziende e lavorazioni che non ci sono più, ma che hanno indotto quel tipo di problemi. Probabilmente anche in questo caso c'è un lavoro da fare per rideterminare gli elementi che ci consentano di definire il fenomeno. Così come probabilmente abbiamo bisogno di fare un ragionamento ulteriore intorno a tutto il tema delle malattie professionali e dei relativi problemi. Questo è un altro aspetto che ha una particolarissima difficoltà ad essere "identificato", normato e gestito.
Due considerazioni sulle domande finali.
Rispetto al tema invalidità, reddito, rivalutazione e costi, credo vadano considerati due elementi: un primo, su cui credo bisogna lavorare ed è un problema che dobbiamo risolvere rapidamente, fa riferimento agli adeguamenti automatici degli interventi che oggi sono definiti. Vi sono situazioni per cui avviene un adeguamento automatico e altre invece per cui l'adeguamento automatico non avviene. Nelle situazioni in cui non avviene, che cosa succede? Quello che sapete benissimo voi, perché siete direttamente voi a disporlo: per uno, due o tre anni si continua a chiedere la rivalutazione e poi succede che, al terzo, quarto o quinto anno si approva la rivalutazione: è un nonsenso. È giusto che ci sia un meccanismo che ordinatamente consenta la rivalutazione automatica.
Rispetto all'altro tema sollevato, la questione è molto più complessa, perché riguarda tutto l'impianto generale dell'invalidità, del reddito familiare e degli elementi che sono connessi a questo dato. In termini di equità oggettivamente credo che il tema abbia una sua rilevanza, ma sull'effettiva praticabilità abbiamo qualche problema in questo momento ad affrontarlo. Guarderei le due istanze in due modi diversi: l'adeguamento automatico sarebbe ragionevole ottenerlo per legge; ciò che invece fa riferimento ad un cambiamento d'impianto più radicale è più complicato da immaginare.
Dedico un'ultima considerazione sul tema del rapporto con i territori e con i responsabili dei lavoratori sulla sicurezza e anche dei responsabili della sicurezza del territorio, perché abbiamo bisogno di questa rete: se vogliamo fare questo lavoro in maniera adeguata è inevitabile che ci sia un protagonismo dei lavoratori che stanno nelle imprese, che conoscono gli impianti e i rischi e, dall'altra parte, tutta una filiera attraverso la quale questa capacità, questa conoscenza e questa responsabilità possa entrare nel sistema.
È questo il punto: serve un'infrastruttura che ci consenta di cogliere questi elementi.
Questo è un elemento, quindi in termini di protagonismo dei lavoratori, che può essere colto e mi auguro che, con il meccanismo della costruzione di reti, che ci consentano di recuperare le informazioni, di catalogarle e gestirle, anche questi elementi di segnalazione possano essere colti e contribuire a migliorare le performance del sistema. Quindi, l'infrastruttura diventa la condizione pregiudiziale per fare in modo che chi ha delle informazioni, vuole sollevare delle osservazioni o è in grado di fornire degli apporti sappia dove scaricarli, perché altrimenti possiamo anche augurarci o dire che vorremmo determinate cose, ma poi non riusciremo ad ottenerle. Il nostro impegno è quindi completare questo lavoro sul sistema di analisi e informazione e tenere aggiornata anche la parte formativa per quelle parti che, nei confronti dei processi produttivi e dell'organizzazione del lavoro, mostrano la loro fragilità.
Un'ultima considerazione: è del tutto evidente che il lavoro che stiamo provando a fare in direzione dell'affermazione di un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, che riduca le fattispecie dei contratti a tempo determinato, più precari e meno stabilizzati, aiuta anche sul versante della sicurezza, perché è chiaro che un lavoratore che cambia lavoro sistematicamente ogni settimana e ogni mese, cambia contesto e si trova in una situazione nuova, per quanto si possa fare sul piano della formazione e dell'informazione, è sempre esposto al rischio. Più ridurremmo questi elementi di sistematico cambio di responsabilità, probabilmente maggiore sicurezza avremo per i nostri lavoratori.
Vi ringrazio per l'attenzione e spero di essere stato sufficientemente esaustivo.

PRESIDENTE
Ringrazio il Ministro e il sottosegretario Bellanova per la loro presenza e dichiaro conclusa l'audizione.


Nota: Testi non rivisti dagli oratori.
Fonte: Senato della Repubblica