Chiara Lazzari

Docente di Relazioni industriali
nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Carlo Bo” di Urbino* e
Condirettore di Olympus


* Questo saggio è pubblicato nella Rivista del diritto della sicurezza sociale, 2008, n. 3, pp. 541-592


Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili:
il coordinatore per la progettazione ed il coordinatore per l’esecuzione dei lavori dopo il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81


Sommario: 1. Premessa. - 2. L’obbligo di nomina del coordinatore per la progettazione (CSP): novità ed incongruenze dell’attuale disciplina. - 3. Gli obblighi gravanti sul CSP: in particolare, la redazione del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC). - 4. (segue) La predisposizione del fascicolo tecnico. - 5. Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori (CSE): incompatibilità e cumulo d’incarichi. - 6. Gli obblighi gravanti sul CSE: in particolare, il controllo sull’attuazione del PSC ed i compiti di coordinamento. - 7. (segue) Coordinamento del CSE e ruolo dell’affidatario dei lavori. - 8. Gli altri obblighi del CSE: il dovere di adeguamento del PSC e del fascicolo tecnico e la verifica sull’idoneità dei POS. Le competenze progettuali. - 9. (segue) La vigilanza su imprese, lavoratori autonomi e committente. - 10. (segue) Il potere-dovere di intervento sospensivo. - 11. La vigilanza sull’operato dei coordinatori: l’art. 93, c. 2. - 12. Considerazioni conclusive.

1. Premessa

Fra i titoli speciali, successivi al I, di cui si compone il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante attuazione dell’art. 1 l. n. 123/2007, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, il Titolo IV, dedicato ai cantieri temporanei o mobili, ha sicuramente attirato un’attenzione particolare da parte degli addetti ai lavori.

Invero, oltre alla considerazione che il settore dell’edilizia appare da sempre caratterizzato da un andamento degli infortuni e delle malattie professionali assai allarmante, rileva il fatto che - a differenza di altri titoli tecnici che ripresentano, con poche modifiche, quanto già previsto nel decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonché in altri provvedimenti normativi, come alcuni dei decreti presidenziali risalenti agli anni Cinquanta - in questo caso il legislatore delegato ha «proceduto ad un’integrazione tra le varie discipline vigenti in materia…, risultandone così un quadro unificato delle relative norme che costituisce, ancorché non formalmente, una sorta di “mini testo unico” della specifica materia»[1].

Il presente scritto, peraltro, intende concentrarsi sul Capo I di detto Titolo, rubricato «Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili» (artt. 88-104)[2], essendo qui stato trasfuso - non senza rilevanti novità, come si avrà modo di vedere nel prosieguo - il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494[3], di recepimento, nel nostro ordinamento, della direttiva n. 92/57/Cee del 24 giugno 1992, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell’art. 16, par. 1, direttiva n. 89/391/Cee)[4], ed avendo proprio gli artt. da 88 a 104 sollevato ad oggi i maggiori dubbi interpretativi.

In particolare, l’attenzione sarà dedicata al ruolo assegnato ai coordinatori in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione e la realizzazione dell’opera, perché costoro - anche dopo l’intervento del d.lgs. n. 81/2008 - continuano a rappresentare, accanto al committente, le due figure centrali della sicurezza in cantiere e perché proprio l’analisi dei poteri attribuiti a tali soggetti e degli obblighi, e connesse responsabilità, sugli stessi gravanti si intreccia con i profili maggiormente problematici della nuova normativa, oltre che con alcuni dei punti più qualificanti della medesima.


2. L’obbligo di nomina del coordinatore per la progettazione (CSP): novità ed incongruenze dell’attuale disciplina

Ai sensi dell’art. 90, c. 3, d.lgs. n. 81/2008, presupposta in ogni caso la presenza, anche non contemporanea, di più imprese, il committente (od il responsabile dei lavori), contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, è tenuto a procedere alla designazione del coordinatore per la progettazione (d’ora in poi: CSP)[5], il cui nominativo va comunicato alle imprese esecutrici ed ai lavoratori autonomi, oltre a dover essere indicato nel cartello di cantiere (v. art. 90, c. 7, e già art. 3, c. 6, d.lgs. n. 494/1996).

La centralità, nell’impianto normativo, del ruolo rivestito dal CSP dimostra tangibilmente la volontà d’intendere la prevenzione non già quale fattore indipendente rispetto all’intervento edilizio da realizzare, ma come elemento strutturale del medesimo, in quanto tale rilevante sin dalla fase progettuale dei lavori.

Infatti, anche nelle intenzioni del legislatore del 2008, la predisposizione del progetto implica necessariamente la programmazione della sicurezza in cantiere, in conformità - e del resto non sarebbe potuto essere diversamente - al sesto considerando della direttiva n. 92/57/Cee, secondo cui «le scelte architettoniche e/o organizzative non adeguate o una carente pianificazione dei lavori all’atto della progettazione dell’opera hanno influito su più della metà degli infortuni sul lavoro nei cantieri della Comunità».

Di qui la necessità di una stretta collaborazione fra le figure professionali coinvolte nella fase progettuale, e cioè il progettista dell’opera, in qualità di esperto in materia architettonica, strutturale ed impiantistica, ed il CSP[6].

Non a caso, e sebbene continui a non comparire nel nuovo Titolo IV, Capo I, d.lgs. n. 81/2008 alcuna disciplina ad hoc relativamente al primo dei due soggetti testé menzionati[7], la cooperazione tra gli stessi è evocata anche al punto 1.1.1., lett. a), dell’allegato XV al citato decreto, che - peraltro mutuando quanto già previsto dall’art. 1, c. 1, lett. a), d.P.R. n. 222/2003[8] - nel fornire la definizione di «scelte progettuali ed organizzative» richiama l’ «insieme di scelte effettuate in fase di progettazione dal progettista dell’opera in collaborazione con il coordinatore per la progettazione, al fine di garantire l’eliminazione o la riduzione al minimo dei rischi di lavoro (…)».

D’altra parte, l’obiettivo di un più stretto legame fra conoscenza del progetto e problematiche gestionali connesse alla sicurezza sembra perseguito altresì dal nuovo art. 89, c. 1, lett. c), d.lgs. n. 81/2008, in virtù del quale il responsabile dei lavori «coincide con il progettista per la fase di progettazione dell’opera…»[9].
Se ciò è vero, non mancano, però, rilevanti novità rispetto al passato (i. e.: l’art. 3, c. 3, d.lgs. n. 494/1996, come modificato dal decreto legislativo 19 novembre 1999, n. 528), ma anche rispetto alla versione del decreto delegato approvata in via preliminare dal Consiglio dei Ministri in data 6 marzo 2008, stante il superamento della limitazione della nomina del CSP ai soli casi di cantieri la cui entità presunta fosse pari o superiore a 200 uomini-giorno, o i cui lavori comportassero i rischi particolari elencati nel vecchio allegato II al d.lgs. n. 494/1996[10].

Attualmente, dunque, per l’operatività dell’obbligo in questione parrebbe[11] residuare l’unica condizione della presenza, anche non simultanea, di più imprese.
A tal proposito, sembrerebbe ancora valido l’insegnamento della giurisprudenza precedente all’emanazione del d.lgs. n. 81/2008[12], che, pur se implicitamente, ha negato la sussistenza dell’obbligo de quo nell’ipotesi di esclusivo intervento di più lavoratori autonomi (ma lo stesso dicasi nel caso d’esecuzione di lavori ad opera dei medesimi soggetti, pur se unitamente ad una - unica - impresa)[13].

Invero, proprio quest’ultima nozione (i. e.: quella d’impresa) è stata utilizzata fin dal d.lgs. n. 494/1996 quale sinonimo di datore di lavoro, «sicché chi non riveste tale qualifica (come, appunto, i lavoratori autonomi), non deve essere ritenuto alla stregua di un’impresa»[14].
Del resto, quando il d.lgs. n. 81/2008 ha voluto considerare detti lavoratori l’ha espressamente indicato, come dimostra l’art. 94[15]; in mancanza di un’esplicita chiamata in causa, se ne dovrebbe, dunque, dedurre la loro esclusione dalla disciplina predisposta per le imprese, oltre tutto in una materia penalmente sanzionata per via contravvenzionale, pur comprendendo le ragioni sottese all’opposta opzione ermeneutica, e connesse alla conseguente esenzione dall’obbligo di designazione del CSP di situazioni lavorative di cantiere certo non meno pericolose, sotto il profilo dei rischi interferenziali, rispetto a quelle determinate dalla presenza di una pluralità d’imprese, intese nel senso stretto del termine[16].

Peraltro, il citato art. 90, c. 3, va letto in combinato disposto con il successivo c. 11 - non presente nella versione del decreto legislativo del 6 marzo 2008, né proposto dai citati pareri di Senato e Regioni[17], e verosimilmente introdotto proprio per compensare l’ampliamento del campo di applicazione dell’obbligo di nomina del CSP, che si sarebbe altrimenti realizzato, in virtù del solo comma 3, anche in rapporto a lavori di ridotta entità - il quale, nel testo varato definitivamente dall’Esecutivo il 1° aprile, affermava che «la disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire», con ciò implicitamente rinviando alle norme del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)».

A sua volta quest’ultimo - così come modificato, per quanto qui interessa, dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301 - individua all’art. 6, quali attività di edilizia libera che possono essere eseguite senza titoli abilitativi, gli interventi di manutenzione ordinaria, quelli volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio, e le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato.

Ai sensi dell’art. 10, c. 1, sono, invece, soggetti a permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione, nonché quelli di ristrutturazione urbanistica ed edilizia (questi ultimi purché portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, mutamenti della destinazione d’uso)[18].

Infine, l’art. 22, c. 1, precisa che sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività (DIA) gli interventi non riconducibili all’elenco di cui agli artt. 10 e 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.
Sono altresì sottoposte a detta denuncia (art. 22, c. 2) le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire[19].

Dunque, ciò che a prima vista si sarebbe potuto interpretare come un innalzamento del livello delle
tutele, stante la nuova formulazione dell’art. 90, c. 3 - in (apparente)[20] ossequio a quanto previsto dall’art. 3, par. 1, direttiva n. 92/57/Cee, che pone quale unica condizione per la designazione dei coordinatori la presenza di una pluralità d’imprese[21] - si sarebbe in realtà potuto tradurre nell’esatto contrario, poiché l’esclusione, in tutte le opere non subordinate al permesso di costruire, dell’obbligo di nomina del CSP avrebbe potuto comportare un arretramento degli standards di pianificazione finalizzati alla migliore tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori del settore, in contrasto con l’art. 1, c. 3, l. n. 123/2007, che imponeva al legislatore delegato di non abbassare i livelli di protezione precedentemente garantiti.

Inoltre, detta esclusione avrebbe potuto compromettere anche il rispetto delle prescrizioni comunitarie, specie alla luce dell’interpretazione, di recente adottata dalla Corte di Giustizia proprio in relazione alla previgente normativa italiana sui cantieri[22], del citato art. 3, par. 1, direttiva n. 92/57/Cee, giusta la quale quest’ultimo, attesa la sua formulazione in termini assoluti, non ammetterebbe deroga alcuna al principio, ivi sancito, dell’obbligatorietà della designazione dei coordinatori[23].

Le preoccupazioni da più parti manifestate di fronte al nuovo assetto normativo hanno così indotto il legislatore ad intervenire nuovamente sul testo già approvato dal Consiglio dei Ministri e pronto per essere inviato al Capo dello Stato per la firma e la successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, modificando l’art. 90, c. 11, nel senso che segue: «in caso di lavori privati, la disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire.

Si applica in ogni caso quanto disposto dall’articolo 92, comma 2», norma, quest’ultima, che a sua volta richiama il precedente art. 90, c. 5. Pertanto, in virtù del meccanismo di rinvii a catena utilizzato, sembrerebbe potersi concludere che, da un lato, sia ribadito l’esonero dall’obbligo di nomina del CSP qualora si tratti di lavori privati non soggetti a permesso di costruire (senza che, attesa la disciplina, testé ricordata, di cui al d.P.R. n. 380/2001, possa ritenersi riconducibile a detto permesso - almeno così pare - qualsiasi titolo abilitativo a costruire, compresa la denuncia di inizio attività[24], con la conseguenza, non sostenibile secondo l’interpretazione qui accolta, che l’obbligo di designare entrambi i coordinatori scatterebbe sempre, ancorché sia richiesta soltanto una DIA).

Dall’altro lato, tuttavia, nelle intenzioni del legislatore ciò non significa esenzione anche dagli adempimenti gravanti su tale figura - ossia la redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e del fascicolo tecnico[25] - stante il rinvio all’art. 92, c. 2, vale a dire alla norma che, come si vedrà[26], assegna al coordinatore per l’esecuzione (d’ora in poi: CSE) il compito di elaborare i documenti suddetti qualora, «dopo l’affidamento dei lavori a un’unica impresa, l’esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese» (art. 90, c. 5).

Resta, peraltro, il dubbio se il CSE vada nominato sempre, allorché si tratti di lavori privati - del cui svolgimento siano fin da subito incaricate più imprese - non subordinati a permesso di costruire, o se l’obbligo di designazione intervenga solo in caso di lavori, affidati ad un unico aggiudicatario, cui, in corso d’opera, si siano affiancate altre imprese[27] (il riferimento è prevalentemente, ma non esclusivamente, all’ipotesi del subappalto[28]).

Invero, il richiamo, da parte dell’art. 92, c. 2, all’art. 90, c. 5, sembrerebbe a prima vista limitare l’operatività dell’obbligo de quo esclusivamente a quest’ultima fattispecie, pur non potendosi tacere il paradosso di una conclusione siffatta, la quale escluderebbe invece detta nomina allorquando il requisito della presenza di più imprese - che, nel disegno normativo, italiano e comunitario, costituisce il presupposto fondante l’individuazione dei coordinatori - si verifichi ab origine! Sicché, se così fosse, davvero risulterebbe assai poco funzionale allo scopo il tentativo di rimediare alle conseguenze negative - in termini di insufficiente considerazione di tutti quei lavori, di notevole complessità e pericolosità, realizzabili con una semplice DIA[29] - derivanti dalla volontà legislativa di esentare le piccole opere dall’obbligo di designare il CSP[30] (obiettivo, questo, tra l’altro forse nemmeno legittimamente perseguibile, tenuto conto della decisa presa di posizione della Corte di Giustizia poc’anzi ricordata[31]).

Atteso l’approdo insoddisfacente, l’unica soluzione, allora, potrebbe essere quella di ritenere - forzando il dato letterale dei rinvii a catena e valorizzando quel «si applica in ogni caso» presente nell’art. 90, c. 11, secondo periodo - che il legislatore, tramite il richiamo all’art. 92, c. 2, abbia inteso semplicemente evocare, pur se in modo maldestro, la norma che attribuisce compiti progettuali al CSE, prescindendo, però, dal requisito imposto per l’operatività di quella disposizione, con la conseguenza che dette competenze spetterebbero al coordinatore in fase d’esecuzione non solo nel caso di cui all’art. 90, c. 5, ma anche qualora si tratti di lavori privati non soggetti a permesso di costruire, il cui svolgimento contempli fin da subito l’intervento, anche non contemporaneo, di più imprese[32].
Non si può, peraltro, fare a meno di rilevare come pure questa soluzione - quantunque decisamente più accettabile della precedente, in virtù della sua maggiore conformità ai principi che informano il sistema (i. e.: assicurare la presenza dei coordinatori quando operi una pluralità d’imprese) e del più elevato livello di tutela da essa garantito - non risulti fino in fondo appagante: invero, non si comprende perché, in questa ipotesi, sia previsto l’obbligo di nomina del CSE e non del CSP, ossia la figura cui è legislativamente demandato proprio il compito prioritario della ricerca prevenzionale in fase progettuale[33].

In generale, poi, sembra doversi valutare negativamente l’eterogeneo grado di protezione della salute e sicurezza dei lavoratori derivante dall’art. 90, c. 11, a seconda della natura privata o pubblica dell’appalto, che fa dubitare del rispetto del menzionato art. 1, c. 3, l. n. 123/2007, oltre che dell’art. 3 Cost., nonché (rectius: soprattutto) la (molto) discutibile scelta di affidare l’individuazione del campo di applicazione dell’obbligo di designazione dei coordinatori agli strumenti della legislazione urbanistica, i quali, ragionando in termini di interventi edili che modificano la conformazione del territorio, a prescindere dall’entità e dalla pericolosità dei lavori, perseguono chiaramente finalità del tutto differenti rispetto a quelle avute di mira dalla normativa prevenzionistica[34].

Sicché non resta che attendere l’emanazione delle disposizioni integrative e correttive, cui si riferisce l’art. 1, c. 6, l. n. 123/2007, per cercare di correggere il «pasticcio» compiuto dal legislatore delegato, anche al fine di un pieno recepimento delle indicazioni recentemente fornite dalla Corte di giustizia nella sentenza, più volte evocata, con la quale, come accennato, è stata affermata la responsabilità dello Stato italiano per la non corretta trasposizione del menzionato art. 3, par. 1, direttiva n. 92/57/Cee, in considerazione della formulazione del vecchio art. 3, c. 3 e 4, d.lgs. n. 494/1996[35].

In verità, durante l’udienza, la Repubblica italiana si è appellata anche alle innovazioni recate dal d.lgs. n. 81/2008, ma la Commissione, presa visione del testo di tale normativa, ha ritenuto che essa continuasse a prevedere una deroga all’obbligo di designare i coordinatori e che, pertanto, non vi fosse ragione alcuna per desistere dal ricorso; per parte sua, la Corte di Giustizia non ha stimato di poter tener conto della più recente legislazione, perché, per giurisprudenza costante, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in base alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, senza che possano considerarsi i mutamenti successivi.

Dunque, la conformità del Titolo IV, Capo I, d.lgs. n. 81/2008 alla direttiva n. 92/57/Cee non è stata esaminata nel merito dalla Corte, ma la posizione, testé ricordata, assunta dalla Commissione sembra rendere doveroso un supplemento di riflessione da parte del legislatore italiano.

Merita, infine, segnalare un’altra (bizzarra)[36] novità, introdotta dall’inciso, inserito nell’art. 90, c. 3, «anche nei casi di coincidenza con l’impresa esecutrice», da cui pare discendere l’estensione dell’obbligo di nomina del CSP altresì alle fattispecie in cui la figura del committente coincida con quella dell’impresa che in concreto eseguirà i lavori.
La stravaganza deriva dal fatto che, qualora detta coincidenza risulti per così dire totale - nel senso che i lavori edili saranno svolti per intero, esclusivamente con proprio personale, dalla stessa impresa a beneficio della quale è realizzata l’opera[37] - non si comprende come possa farsi luogo all’applicazione della normativa de qua, visto che - come già chiarito in via interpretativa sotto il vigore del d.lgs. n. 494/1996[38], tra l’altro in presenza di una definizione di committente sostanzialmente identica, per quanto qui interessa, a quella fornita dall’art. 89, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008[39] - in questo caso, mancando l’appalto, nessuno assume la veste di committente, ma semmai quella di datore di lavoro, in quanto tale tenuto all’osservanza degli obblighi diretti di protezione della salute e sicurezza dei propri lavoratori.

Per questo motivo, sembrerebbe doversi ritenere che l’art. 90, c. 3, faccia riferimento ad un’ipotesi di coincidenza solo parziale[40], destinata cioè a verificarsi allorquando l’impresa per conto della quale è realizzata l’opera intervenga direttamente nel cantiere con proprio personale - rivestendo con ciò anche il ruolo di esecutrice - e però si avvalga altresì dell’ausilio di almeno un’altra impresa.
In ogni modo, relativamente a questa fattispecie l’obbligo di nomina dei coordinatori sarebbe scattato già di per sé - stante il presupposto della pluralità delle imprese operanti - pur in assenza dell’ambiguo inciso di cui si è detto.


3. Gli obblighi gravanti sul CSP: in particolare, la redazione del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC)

Gli obblighi gravanti sul CSP, stabiliti nell’art. 91 d.lgs. n. 81/2008 (ex art. 4 d.lgs. n. 494/1996) e penalmente sanzionati dal successivo art. 158, c. 1 (ex art. 21, c. 1, d.lgs. n. 494/1996)[41], confermano la rilevanza del suo ruolo.

Il primo di questi concerne la redazione del piano di sicurezza e di coordinamento (d’ora in poi: PSC) di cui all’art. 100 del medesimo decreto, piano costituito - come recita il c. 1 di suddetta norma, che ha provveduto a riformulare il precedente art. 12, c. 1, d.lgs. n. 494/1996 - «da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell’opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i rischi particolari di cui all’allegato XI, nonché la stima dei costi di cui al punto 4 dell’allegato XV», e corredato «da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria sull’organizzazione del cantiere e, ove la particolarità dell’opera lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi».

Com’è noto, l’obbligo di predisporre «il piano delle misure per la sicurezza fisica dei lavoratori» era stato posto sin dall’art. 18, c. 8, l. n. 55/1990 a carico di tutte le imprese esecutrici di opere pubbliche[42], per essere successivamente esteso al settore privato con il d.lgs. n. 494/1996, il quale, però, innovando fortemente rispetto alle normative pregresse, ne aveva trasferito l’imputazione all’area della committenza (art. 3)[43], fino a quel momento chiamata in causa dalla giurisprudenza solo nei casi d’ingerenza nell’attività dell’appaltatore, d’inidoneità professionale di quest’ultimo e di mancata informazione sui rischi ambientali[44].

Il nuovo Titolo IV, Capo I, d.lgs. n. 81/2008 conferma il passaggio, già sancito dal d.lgs. n. 494/1996, «“dall’onere” del committente di non ingerirsi nella conduzione dell’opera e nell’organizzazione della sicurezza del cantiere, “all’obbligo”, penalmente sanzionato, di ingerirsi, cioè di garantire la puntuale esecuzione del piano di sicurezza che è predisposto dallo stesso committente e dai suoi collaboratori»[45], essendo ormai quest’ultimo (e non più l’appaltatore, datore di lavoro) il perno intorno al quale ruota la sicurezza nei cantieri, come icasticamente affermato dalla Cassazione[46]. Si comprende, dunque, perché l’art. 91, conformandosi in ciò alla formulazione dell’art. 4, c. 1, d.lgs. n. 494/1996, come risultante dopo la novella del 1999[47], ribadisca implicitamente l’indelegabilità dell’obbligo in questione, non essendo più prevista la possibilità di far predisporre il piano de quo da un soggetto terzo.

Sicché, non solo sono superati i problemi relativi all’eventuale responsabilità penale dell’incaricato della redazione, qualora tale attività fosse stata svolta in seguito ad una vera e propria traslazione di funzioni, e non già come semplice consulenza esterna rispetto ad un atto posto in essere dal CSP[48], ma, considerata altresì la scomparsa, nell’art. 96 d.lgs. n. 81/2008 (e già nell’art. 9 d.lgs. n. 494/1996, come modificato dal d.lgs. n. 528/1999), del riferimento alla stesura del PSC da parte del datore di lavoro, viene meno la possibilità di affidare a quest’ultimo detto compito, evenienza, questa, ben poco coerente rispetto alle novità legislative testé ricordate e che tuttavia poteva verificarsi specie quando l’appaltatore fosse stato incaricato di curare anche la progettazione dei lavori[49].

L’art. 91, al pari, del resto, del precedente art. 4 d.lgs. n. 494/1996, esige che l’obbligo di cui alla lett. a) sia adempiuto durante la progettazione dell’opera, e in ogni caso prima della richiesta di presentazione delle offerte.

Da un lato, si sancisce così, incontrovertibilmente, il principio giusta il quale la pianificazione della sicurezza in cantiere deve accompagnare la fase progettuale, ed integrarsi con essa, sin dalla primissima ideazione dell’intervento edilizio da realizzare, influenzandone i contenuti[50].

Dall’altro, la disposizione pare debba leggersi anche alla luce dell’art. 100, c. 1, d.lgs. n. 81/2008 (già art. 12, c. 1, d.lgs. n. 494/1996), in base al quale il PSC deve necessariamente indicare la stima dei costi della sicurezza (senza, peraltro, che se ne preveda più l’esclusione dal ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici, e ciò non può non destare qualche perplessità, visto che l’inserimento di tale clausola nella disciplina degli appalti privati, in analogia, prima, all’art. 31, c. 2, l. n. 109/1994, così come modificato dalla legge 18 novembre 1998, n. 415, e, poi, all’art. 131, c. 3, d.lgs. n. 163/2006, aveva costituito un evidente progresso rispetto alla versione originaria del d.lgs. n. 494/1996[51]).

Risultano, infatti, chiari i condizionamenti che, sotto questo profilo, si sarebbero prodotti sull’attività di programmazione della sicurezza se la redazione del piano in questione fosse stata collocata in un momento diverso[52].

La norma sembra altresì coerente rispetto agli artt. 101, c. 1, e 100, c. 2, d.lgs. n. 81/2008 (v. già artt. 13, c. 1, e 12, c. 2, d.lgs. n. 494/1996), in virtù dei quali il PSC deve essere trasmesso ai partecipanti alla gara d’appalto, costituendo parte integrante del futuro contratto.

In tal modo, il piano de quo assurge ad una dimensione negoziale, non nel senso di «privatizzare» le esigenze di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, che, in quanto beni inderogabili a rilevanza pubblicistica, sono sottratti alla libera disponibilità delle parti[53], ma perché il profilo della sicurezza diviene elemento essenziale dell’opera che l’appaltatore è contrattualmente tenuto a realizzare.

Circa i contenuti del PSC, è da segnalare che gli stessi sono ora «dettagliatamente specificati nell’allegato XV» al d.lgs. n. 81/2008, come si legge nell’art. 91, c. 1, lett. a), sebbene non si registrino al riguardo eclatanti novità rispetto al passato, visto che detto allegato riproduce sostanzialmente, con qualche modifica[54], quanto già previsto nel citato d.P.R. n. 222/2003 e nei due allegati a detto regolamento (ora allegati XV.1 e XV.2).


Quest’ultimo, infatti, recependo la tradizionale distinzione fra fattori di rischio intra-aziendali e professionali (di pertinenza delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi) e fattori di rischio «di cantiere» (ascrivibili all’area della committenza), aveva provveduto ad individuare i «contenuti minimi»[55] dei vari piani di sicurezza relativi ad ogni tipologia di appalto, sia pubblico che privato, contribuendo a precisare la natura del PSC quale strumento incentrato sulla ricerca delle migliori scelte prevenzionali in fase progettuale e sulla gestione dei rischi aggiuntivi ed interferenziali.

Tale valenza trova ora conferma anche nella nuova formulazione dell’art. 100, c. 1, alla luce della quale, anzi, sembra possano dirsi ormai superati i residui dubbi, in ordine al contenuto del piano in questione, sollevati dal citato art. 12, c. 1, d.lgs. n. 494/1996, da cui non emergevano troppo chiaramente le peculiarità di detto documento rispetto a quello di cui all’art. 18, c. 8, l. n. 55/1990, poc’anzi ricordato[56].
Anche per ciò che concerne la stima dei costi della sicurezza, come accennato parte integrante del PSC, la disciplina attualmente individuata dal punto 4 dell’allegato XV ripropone le previsioni dell’art. 7 d.P.R. n. 222/2003[57], fatta eccezione per il punto 4.1.6., stabilendosi adesso che la liquidazione, ad opera del direttore dei lavori, dell’importo relativo ai costi della sicurezza previsti in base allo stato di avanzamento dei lavori avvenga non più «sentito» il CSE, ma «previa approvazione» del medesimo.

Sebbene non sia esplicitamente detto, è chiaro che tale stima spetta al CSP, in quanto soggetto incaricato della redazione del PSC, con conseguente responsabilità qualora detti costi non siano correttamente valutati[58].
Nondimeno, in generale, a seguito della definizione dei contenuti minimi del piano di cui trattasi, la posizione del coordinatore in fase di progettazione sembra comunque almeno in parte alleggerita dalle responsabilità connesse al maggior margine di discrezionalità in precedenza avuto nell’elaborazione del piano stesso, e che non poca rilevanza aveva nell’individuazione della contravvenzione di cui all’art. 21, c. 1, d.lgs. n. 494/1996[59], configurandosi il reato de quo sia nei casi di omessa redazione del PSC, sia qualora il documento risultasse privo dei requisiti essenziali per poter essere definito tale, requisiti, però, finalmente desumibili dalle disposizioni, prima, del d.P.R. n. 222/2003 e, poi, dell’allegato XV.
Dal che, peraltro, non pare possa allora evincersi la punibilità di ogni infrazione, in sé e per sé, alle prescrizioni suddette, sembrando piuttosto doversi ritenere integrata la fattispecie penale ogniqualvolta l’inosservanza di tali indicazioni minimali faccia assumere al documento in questione solo la veste formale di PSC[60].
Una corretta individuazione della funzione tipica di quest’ultimo risulta altresì favorita dall’estensione al settore degli appalti privati dell’obbligo - già posto a carico dell’appaltatore o del concessionario di opere pubbliche dall’art. 31, c. 1-bis, lett. c), l. n. 109/1994, così come modificato dalla l. n. 415/1998 - di redigere il piano operativo di sicurezza (d’ora in poi: POS), come previsto dall’art. 96, c. 1, lett. g), d.lgs. n. 81/2008, che riproduce sul punto l’art. 9, c. 1, lett. c-bis), d.lgs. n. 494/1996, con la novità della sua imposizione ai datori di lavoro non più solo delle imprese esecutrici, ma anche di quelle affidatarie[61].

Invero, confermando l’impostazione del d.lgs. n. 528/1999, il POS si configura quale «piano complementare di dettaglio» (art. 92, c. 1, lett. b, e già art. 5, c. 1, lett. b, d.lgs. n. 494/1996) rispetto al PSC, che, come chiarito dalla giurisprudenza[62], dovrà dunque indicare le prescrizioni relative alla simultanea presenza di più imprese e lavoratori autonomi nel cantiere, così da assicurare il coordinamento fra i differenti soggetti che partecipano alla realizzazione dell’opera, senza determinare anche le misure di prevenzione contro i rischi specifici correlati ai lavori da svolgere e concernenti l’attività delle singole imprese, da precisarsi viceversa nel POS.
Sarà, perciò, quest’ultimo, in quanto documento da redigere ai sensi dell’art. 17, c. 1, lett. a), d.lgs. n. 81/2008 (v. art. 89, c. 1, lett. h, dello stesso decreto), a dover colmare gli spazi che il PSC non può che lasciare all’autonomia organizzativa dei diversi operatori.

Tra i due piani intercorre pertanto un rapporto di complementarietà[63], che peraltro - in quanto configurabile nei termini suddetti - non potrà mai risolversi in una surroga del secondo documento (i. e.: il POS) rispetto al primo (i. e.: il PSC).
In ogni caso, al fine di garantire un collegamento coerente fra i due strumenti di prevenzione in oggetto, il punto 2.1.3. dell’allegato XV al d.lgs. n. 81/2008 (v. già l’art. 2, c. 3, d.P.R. n. 222/2003) affida al CSP il compito di indicare nel PSC, ove la particolarità delle lavorazioni lo richieda, il tipo di procedure complementari e di dettaglio al piano stesso, connesse alle scelte autonome dell’impresa esecutrice, da esplicitare nel POS, sebbene - come giustamente osservato in relazione alla pregressa disciplina[64] - si tratti di prerogativa cui ricorrere con grande prudenza, stante il rischio d’indebite ingerenze nella sfera decisionale delle singole imprese.


4. (segue) La predisposizione del fascicolo tecnico

L’art. 91, c. 1, lett. b) (già art. 4, c. 1, lett. b, d.lgs. n. 494/1996) conferma anche l’altro obbligo tradizionalmente gravante sul CSP, ossia quello relativo alla predisposizione del fascicolo «contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori», sorta di vademecum per l’uso e la manutenzione dell’opera che, in caso di eventuali interventi da compiersi sulla stessa, consente di utilizzare l’insieme delle cognizioni in tema di sicurezza maturate durante la fase progettuale[65].

Non manca, tuttavia, qualche interessante novità rispetto al passato, essendo stata eliminata la disposizione costituente il vecchio art. 4, c. 3, d.lgs. n. 494/1996, che rinviava all’emanazione di un decreto ministeriale per l’individuazione dei contenuti del fascicolo tecnico.

Invero, dopo avere lungamente, ed altrettanto vanamente, atteso tale provvedimento, detti contenuti sono ora specificati nell’allegato XVI al d.lgs. n. 81/2008, secondo cui il documento in questione dovrà essere composto di tre capitoli fondamentali, concernenti, l’uno, «la descrizione sintetica dell’opera e l’indicazione dei soggetti coinvolti», il secondo, «l’individuazione dei rischi, delle misure preventive e protettive in dotazione dell’opera[66] e di quelle ausiliarie[67] per gli interventi successivi prevedibili sull’opera, quali le manutenzioni ordinarie e straordinarie, nonché per gli altri interventi successivi già previsti o programmati», e, l’ultimo, «i riferimenti alla documentazione di supporto esistente»[68].

Al di là del dato formale relativo alla lacuna finalmente colmata, l’intervento del 2008 si rivela importante perché il vuoto normativo a lungo protrattosi non era stato privo di rilevanti ripercussioni pratiche, stante il dubbio se - in difetto del decreto al quale, con formula perentoria, la novella del 1999 demandava il compito di definire tali contenuti[69] - la disposizione di cui all’art. 4, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 494/1996, con relativa sanzione, potesse, o meno, considerarsi completa, e, pertanto, se potesse essere penalmente perseguita non solo l’omessa redazione del fascicolo, ma anche la sua elaborazione deficitaria sotto il profilo contenutistico[70].
Permane, invece, l’assenza di una chiara definizione degli obblighi di conservazione ed aggiornamento del documento de quo.

Quanto alla prima questione, pur in mancanza di indicazioni in merito, appare logico ritenere che esso debba essere conservato a cura del committente, così come, a cura di quest’ultimo, l’allegato XVI stabilisce che vada aggiornato il fascicolo predisposto la prima volta dal CSP, mentre, per interventi su opere esistenti già dotate di fascicolo e che richiedono la designazione dei coordinatori, sarà il CSP a dover provvedere in tal senso.

Tacendosi, peraltro, sulla tempistica, si potrebbe pensare di procedere all’aggiornamento prima dell’inizio di qualsiasi lavoro di manutenzione che non possa qualificarsi come ordinario ai sensi dell’art. 3, c. 1, lett. a), d.P.R. n. 380/2001[71].

Merita, infine, ricordare che, in relazione ad entrambi i documenti redatti dal CSP, il legislatore del 2008 conferma l’obbligo - posto a carico del committente, o del responsabile dei lavori, ed ancora oggi non sanzionato penalmente - di valutarne il contenuto (art. 90, c. 2, e già art. 3, c. 2, d.lgs. n. 494/1996)[72].

Del tutto nuova è, invece, la disposizione di cui all’art. 90, c. 10, che introduce la sospensione del
titolo abilitativo in assenza del PSC o del fascicolo tecnico (nonché della notifica preliminare di cui all’art. 99, quando richiesta)[73].
Inoltre, la mancata redazione del PSC (così come del POS), oltre all’omessa nomina dei coordinatori, costituisce una grave violazione, ai sensi dell’allegato I al d.lgs. n. 81/2008, ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 del medesimo decreto, norma, quest’ultima, espressamente applicabile anche ai lavori nell’ambito dei cantieri edili.


5. Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori (CSE): incompatibilità e cumulo d’incarichi

Ai sensi dell’art. 90, c. 4, d.lgs. n. 81/2008 (v. già art. 3, c. 4, d.lgs. n. 494/1996), nei casi in cui si debba procedere alla nomina del CSP[74], il committente (od il responsabile dei lavori), prima dell’affidamento dei lavori, designa anche il CSE[75], figura, questa, la cui introduzione nasce dall’esigenza, come affermato dalla Cassazione, di «assicurare, nel corso della effettuazione dei lavori stessi, un collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di consentire al meglio l’organizzazione della sicurezza in cantiere»[76].

In virtù dell’art. 89, c. 1, lett. f), il CSE è il «soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell’esecuzione dei compiti di cui all’articolo 92 del presente Capo, che non può essere il datore di lavoro delle imprese esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato»[77].

L’estraneità di tale ruolo rispetto al datore di lavoro dell’impresa destinata ad operare in cantiere era già stata sancita in seguito all’intervento - sull’originaria versione dell’art. 2, c. 1, lett. f), d.lgs. n. 494/1996 - del d.lgs. n. 528/1999, il quale aveva recepito l’unanime suggerimento di evitare che l’incarico fosse affidato al soggetto in questione, poiché la coincidenza fra controllante e controllato avrebbe impedito un corretto esercizio dei poteri attribuiti al coordinatore dal d.lgs. n. 494/1996[78].

L’attuale formulazione della norma definitoria, accogliendo le acquisizioni dottrinali sul punto[79], conferma - questa volta esplicitamente - che l’incompatibilità vale anche qualora il designato risulti essere un dipendente del datore di lavoro de quo. Inedita è, invece, la previsione di un ulteriore caso d’incompatibilità, quello tra il ruolo di CSE e di Rspp nominato dallo stesso esecutore: del tutto evidente risulta, dunque, la volontà del legislatore di scongiurare qualsiasi possibile collegamento fra quest’ultimo e la figura di cui trattasi, al fine di garantire al coordinatore - grazie alla chiara distinzione delle diverse aree funzionali - una piena autonomia nello svolgimento dell’incarico assegnato[80].

Di conseguenza, qualora venga individuato, quale responsabile dei lavori, il datore di lavoro dell’impresa esecutrice, questi, a causa dell’incompatibilità di cui si è detto, non potrà assumere le funzioni di CSE[81], come invece consentito in via generale dall’art. 90, c. 6 (v. già l’art. 3, c. 5, d.lgs. n. 494/1996)[82].

Ciò, peraltro, ammesso, e non concesso, che possa reputarsi legittima l’eventuale coincidenza tra la figura di responsabile dei lavori e quella di datore di lavoro esecutore.
Invero, un’ipotesi di tal fatta, sebbene non espressamente vietata dal legislatore, sembrerebbe tuttavia impedita dalla considerazione dei principi generali sottesi al sistema, ispirati alla volontà, ampiamente evidenziata, di mantenere il CSE al riparo dall’influenza di chi eseguirà i lavori; sicché, sembra paradossale consentire che quest’ultimo, una volta nominato responsabile dei lavori, possa in buona sostanza scegliere il proprio controllore[83].

L’evenienza parrebbe oggi resa poi ancor più problematica dalla nuova definizione di responsabile dei lavori fornita dall’art. 89, c. 1, lett. c), per la quale questi è il «soggetto incaricato, dal committente, della progettazione o del controllo dell’esecuzione dell’opera»: stante, infatti, la scomparsa del precedente riferimento all’«esecuzione» dell’opera tout court, sembra difficile ammettere che il committente possa optare, ai fini della designazione, anche per lo stesso esecutore dei lavori appaltati; non a caso, e al di là dei limiti insiti nella cosiddetta «formula di coincidenza»[84], la disposizione prosegue chiarendo che «tale soggetto coincide con il progettista per la fase di progettazione dell’opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell’opera».

In ogni modo, non possono più in generale tacersi i rischi di un «corto circuito operativo e/o funzionale»[85] derivanti dal cumulo - anche laddove consentito - degli incarichi di responsabile dei lavori e CSE[86], specie in ordine al potere di segnalazione-proposta previsto dall’art. 92, c. 1, lett. e) (v. già art. 5, c. 1, lett. e, d.lgs. n. 494/1996)[87], rischi che in materia di appalti di opere pubbliche sembrano ancor più palesi, assumendo in questo caso le funzioni di responsabile dei lavori il responsabile unico del procedimento (v. art. 89, c. 1, lett. c, d.lgs. n. 81/2008 e già art. 2, c. 1, lett. c, d.lgs. n. 494/1996), e potendo verificarsi la coincidenza fra quest’ultima figura e quella del direttore dei lavori (art. 119 d.lgs. n. 163/2006), a sua volta di regola destinato a rivestire il ruolo di CSE (art. 127, c. 1, d.P.R. n. 554/1999).

L’identità dei requisiti richiesti dall’art. 98 d.lgs. n. 81/2008[88], ed il diverso momento della designazione, consentono invece di continuare a ritenere ammissibile la prassi, piuttosto frequente, che vede le funzioni di CSE e CSP svolte per lo stesso cantiere dalla medesima persona[89], sebbene pure in questa ipotesi valga osservare come una distinzione degli incarichi permetterebbe di valutare i problemi connessi alla sicurezza da prospettive diverse, il che potrebbe verosimilmente rendere più agevole anche l’individuazione, durante l’esecuzione dei lavori, di eventuali errori commessi nella fase di progettazione[90].


6. Gli obblighi gravanti sul CSE: in particolare, il controllo sull’attuazione del PSC ed i compiti di coordinamento

In ordine agli obblighi del CSE, va innanzitutto osservato che l’art. 92 d.lgs. n. 81/2008 riproduce quasi testualmente il vecchio art. 5 d.lgs. n. 494/1996. Non sono, dunque, state accolte le sollecitazioni provenienti dalle professioni tecniche interessate, volte ad ottenere una revisione del ruolo di tale soggetto, più incentrato sulle funzioni di coordinamento e meno su quelle di controllore, anche sul presupposto di una maggiore aderenza al dettato comunitario (che, in effetti, non contempla previsioni analoghe a quelle, ad esempio, di cui all’art. 92, c. 1, lett. e e f)[91].

Anzi, il legislatore ha ritenuto di dover inasprire l’apparato sanzionatorio previgente, aumentando le sanzioni penali pecuniarie previste, in alternativa all’arresto, per la violazione degli obblighi in questione[92].
Peraltro, pur non potendosi fare a meno di rilevare come si sia persa un’utile occasione per chiarire esplicitamente alcuni punti critici della pregressa normativa emersi dall’elaborazione giurisprudenziale[93], risulta evidente come, al di là dell’espressa modifica, che non si è avuta, della disposizione deputata a definirne i compiti, una corretta individuazione dell’area di responsabilità gravante su tale soggetto non potrà che derivare da un’interpretazione sistematica che collochi detta figura nel più generale impianto prevenzionale predisposto dal legislatore, poiché «l’esatta delineaione del sistema di responsabilità dei coordinatori non (può) certo discendere dalla mera presa d’atto dell’esistenza di una serie di obblighi, a contenuto anche stringente»[94].

Ed in tale sforzo ricostruttivo restano tuttora valide - proprio per la permanenza dei dati normativi di riferimento - le riflessioni già svolte con riguardo al precedente quadro legale[95] e che in questa sede in parte si richiameranno.

In primo luogo, vale osservare come l’introduzione del CSE porti a compimento il disegno del legislatore in materia, il quale, da un lato, è certo consapevole del fatto che maggiori livelli di sicurezza nel cantiere possono essere garantiti solo con una mirata attività di programmazione già in fase di progettazione, ma, dall’altro, è ugualmente conscio della necessità di prevedere una figura tenuta a verificare «con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 100 e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro» (art. 92, c. 1, lett. a, penalmente sanzionato dal successivo art. 158, c. 2, lett. a; v. già gli artt. 5, c. 1, lett. a, e 21, c. 2, lett. a, d.lgs. n. 494/1996)[96].

Circa il contenuto dell’obbligo in questione, sembra che proprio la sostituzione - operata dal più volte citato d.lgs. n. 528/1999 e confermata dal d.lgs. n. 81/2008 - del verbo «verificare» al precedente «assicurare» escluda l’imposizione in capo al CSE di un’obbligazione di risultato[97], come invece poteva ritenersi in virtù di un’interpretazione rigorosa della vecchia formulazione, prevedendosi ora, più limitatamente, un obbligo di controllo dell’applicazione, da parte dei lavoratori autonomi e delle imprese esecutrici (e non già dei lavoratori da queste dipendenti[98]), del PSC e delle procedure di lavoro.

D’altra parte, che la variazione in parola non sia priva di rilievo lo dimostra la circostanza che quando il legislatore ha inteso configurare un adempimento in termini d’obbligazione di risultato, lo ha fatto molto chiaramente, come nell’art. 92, c. 1, lett. b) (già art. 5, c. 1, lett. b, d.lgs. n. 494/1996), a proposito della necessità di «assicurare» la coerenza fra PSC e POS[99].

Peraltro, onde scongiurare il rischio, insito nella versione della norma mantenuta dal d.lgs. n. 81/2008, di trasformare la figura del CSE in quella di un controllore aggiunto[100], è stato proposto di considerare l’espletamento dei compiti di verifica all’interno della più generale attività di coordinamento, valorizzando il collegamento, posto già dall’art. 5 d.lgs. n. 494/1996 - e ribadito dall’art. 92 d.lgs. n. 81/2008 - fra le due tipologie d’azione.

In effetti, sembra che «se si vuole rispettare la ratio della legge e l’intenzione del legislatore…il nuovo verbo “verificare” non può che essere interpretato nel senso di un minore coinvolgimento personale del coordinatore.
La minore dimensione della responsabilità del coordinatore sottolinea nello stesso tempo il fatto che l’applicazione dei piani di sicurezza è compito preciso delle ditte esecutrici, mentre al coordinatore spetta solo la verifica di questa applicazione mediante opportune azioni di coordinamento»[101].

Va, tuttavia, rimarcato come la giurisprudenza si sia finora mossa in tutt’altra direzione, stante la propensione a sminuire il senso della sostituzione del verbo «verificare» all’originario «assicurare», valutata alla stregua di una «variazione puramente terminologica»[102], e la persistente tendenza a gravare la figura in questione «di obblighi che non sono suoi, vuoi perché non afferenti a situazioni di interferenza, vuoi perché afferenti ad obblighi diretti ed esclusivi del datore di lavoro e/o di preposti al cantiere»[103], con il rischio di costruire una forma di responsabilità di natura quasi oggettiva.

Tale orientamento, tuttavia, non può non destare molte perplessità, dovendosi dubitare fortemente della correttezza di ogni automatismo fra l’eventuale accertamento di infrazioni a carico delle imprese e l’inosservanza dell’art. 5, c. 1, lett. a), d.lgs. n. 494/1996, ieri, e dell’art. 92, c. 1, lett. a), d.lgs. n. 81/2008, oggi, da parte del CSE.

Quest’ultimo, infatti, non sembra possa essere tenuto a garantire il risultato di condotte altrui, per i motivi, poc’anzi evidenziati, a proposito della configurabilità, a suo carico, di un’obbligazione solo di mezzi, e data, altrimenti, la manifesta violazione del principio del carattere personale della responsabilità penale di cui all’art. 27, c. 1, Cost. Pare, dunque, ragionevole considerarlo responsabile non già ogniqualvolta, pur in presenza di controlli, il risultato atteso non si sia realizzato, ma solo nel caso di omessa (o palesemente insufficiente) istituzione di un sistema di verifica dell’attuazione delle prescrizioni del PSC[104].

Del resto, e benché non manchino i tentativi, impropri, di caricare il CSE anche dell’accertamento del rispetto, da parte dell’esecutore, di tutti gli obblighi generali della sicurezza che, in quanto gravanti sull’esecutore stesso ex lege, non fanno parte del PSC[105], non si può dimenticare che - stando all’art. 92, c. 1, lett. a) - oggetto del predetto controllo è l’applicazione, ad opera delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano suddetto, e non di ogni possibile norma prevenzionale, in relazione alla cui violazione scatta, semmai, l’intervento del coordinatore ex art. 92, c. 1, lett. e), anch’esso, peraltro, soggetto ai limiti insiti nel ruolo rivestito da questa figura[106].

L’interpretazione qui sostenuta risulta altresì coerente rispetto a ciò che si è già avuto modo di evidenziare a proposito della funzione assegnata al PSC[107], essendosi ampiamente precisata la tipologia contenutistica che, anche in rapporto al POS, caratterizza il documento disciplinato dall’art. 100, norma da cui, per quanto appena detto, dipende quindi, in ultima analisi, la maggiore, o minore, estensione dell’area della responsabilità del CSE.

E proprio dall’esame di tale disposizione, nonché da quello dell’allegato XV cui la stessa rinvia, emerge come l’ambito prioritario d’intervento dei coordinatori riguardi, per l’appunto, i rischi aggiuntivi, rispetto a quelli propri delle singole fasi lavorative, ed interferenziali, originati dall’interazione tra le lavorazioni, nonché dall’intervento, simultaneo o successivo, di più esecutori[108], mentre, relativamente ai rischi cosiddetti intra-aziendali, il CSE deve limitarsi a svolgere funzioni di «osservatore»[109], fatta eccezione per il potere-dovere di intervento sospensivo di cui all’art. 92, c. 1, lett. f)[110].

D’altra parte, che il legislatore delegato abbia inteso creare non già un alter ego del datore di lavoro, ma una figura capace di muoversi sul differente piano del coordinamento dei vari soggetti e delle diverse fasi lavorative - in conformità alle indicazioni della direttiva n. 92/57/Cee, in ordine alla necessità di un rafforzamento di tale profilo fin dall’elaborazione del progetto ed altresì all’atto della realizzazione dell’opera -, lo conferma quanto disposto dall’art. 92, c. 1, lett. c) (già art. 5, c. 1, lett. c, d.lgs. n. 494/1996), norma penalmente sanzionata dall’art. 158, c. 2, lett. a) (ex art. 21, c. 2, lett. a, d.lgs. n. 494/1996) («organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività, nonché la loro reciproca informazione»), la quale introduce anche per il settore privato un sistema di coordinamento delle imprese operanti nel cantiere analogo a quello previsto per gli appalti pubblici fin dall’art. 18, c. 8, l. n. 55/1990[111], che però poneva gli obblighi corrispondenti a carico dell’affidatario dei lavori[112].

La centralità dell’azione di coordinamento del CSE è, del resto, ribadita anche dall’art. 92, c. 1, lett. d) (già art. 5, c. 1, lett. d, d.lgs. n. 494/1996), penalmente sanzionato dall’art. 158, c. 2, lett. b) (già art. 21, c. 2, lett. b, d.lgs. n. 494/1996), che, in relazione alle forme di consultazione e partecipazione dei lavoratori nella gestione della sicurezza nel cantiere, impone al CSE, mantenendo ferme le modifiche apportate nel 1999[113], di verificare «l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di assicurare il coordinamento tra i rappresentanti per la sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere»[114].

Sicché, occorre «non confondere i due piani» - ossia quello delle responsabilità datoriali e quello su cui è chiamato ad operare il coordinatore - «onde evitare che ogni violazione posta in essere dalle maestranze dell’impresa possa essere irragionevolmente interpretata quale indice della mancata corretta verifica dell’andamento del cantiere da parte del coordinatore per l’esecuzione»[115].

Da quanto detto, risulta altresì evidente, come precisato ad abundantiam dalla giurisprudenza (rectius: da certa giurisprudenza), che tra i doveri gravanti sui coordinatori - e qui, segnatamente, su quello in fase d’esecuzione - non può essere annoverato il controllo e la manutenzione degli impianti e dei dispositivi utilizzati dai dipendenti dell’impresa esecutrice dei lavori, obbligo, questo, non a caso posto in capo al datore di lavoro dall’art. 8, c. 1, lett. d), d.lgs. n. 494/1996, ieri, e dall’art. 95, c. 1, lett. d), d.lgs. n. 81/2008, oggi[116].


7. (segue) Coordinamento del CSE e ruolo dell’affidatario dei lavori

Una più corretta delimitazione della sfera di responsabilità del CSE ex art. 92, c. 1, lett. a) potrebbe forse essere favorita anche dal nuovo art. 97, c. 1, d.lgs. n. 81/2008, secondo il quale «il datore di lavoro dell’impresa affidataria vigila sulla sicurezza dei lavori affidati e sull’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento», sebbene occorra la massima cautela nel valutare l’impatto di tale precetto sotto il profilo qui considerato, dovendosi rilevare il carattere non sostitutivo di detta azione di vigilanza in rapporto all’analogo obbligo gravante sul coordinatore.

Diversamente opinando, invero, si configurerebbe un abbassamento del grado di tutela precedentemente garantito, in violazione dell’art. 1, c. 3, l. n. 123/2007, oltre che un mancato rispetto della normativa comunitaria, che individua per l’appunto nella figura del CSE il soggetto qualificato professionalmente per lo svolgimento dei compiti di cui trattasi[117].

In ogni caso, e più in generale, vale la pena di aprire una parentesi, spendendo qualche parola su di una norma (i. e.: l’art. 97) assolutamente inedita rispetto all’impianto del previgente d.lgs. n. 494/1996, la cui ratio è chiaramente quella di perseguire - nell’ottica di un innalzamento dei livelli di sicurezza in cantiere - una maggiore responsabilizzazione dell’impresa affidataria dei lavori, ossia quella, ai sensi dell’art. 89, c. 1, lett. i), d.lgs. n. 81/2008, «titolare del contratto di appalto con il committente che, nell’esecuzione dell’opera appaltata, può avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi»[118], facendola destinataria di una serie di obblighi collocabili per lo più (ma, lo si è appena visto, non solo) su di un piano di coordinamento dell’attività delle imprese esecutrici.
Lo afferma espressamente il c. 3, lett. a), a proposito del dovere di coordinare gli interventi di cui agli artt. 95 e 96 d.lgs. n. 81/2008[119], e lo presuppone implicitamente la successiva lett. b), essendo la verifica, ivi prevista, circa la congruenza dei POS delle imprese esecutrici, in rapporto a quello redatto dall’affidatario medesimo, verosimilmente finalizzata a migliorare la compatibilità fra tali documenti (sarà, poi, compito del CSE, cui detti piani andranno trasmessi sempre a cura dell’impresa affidataria[120], accertare, a sua volta, l’idoneità dei POS, «assicurandone» la coerenza rispetto al PSC, in adempimento - questa volta sì - di un’obbligazione di risultato[121]); infine, lo conferma l’art. 97, c. 2, che estende al datore di lavoro dell’impresa de qua gli obblighi derivanti dall’art. 26 d.lgs. n. 81/2008[122].
Il legislatore, dunque, sembrerebbe aver «finalmente compreso e formalmente chiarito che il CSE non deve sostituirsi in toto alle attività di coordinamento operativo che gravano sul datore di lavoro dell’impresa affidataria nei confronti dei suoi subappaltatori…
Quindi, si è di fronte a due tipi di coordinamento; il primo, di tipo macro-organizzativo, deve essere effettuato dal CSE controllando che quanto previsto nel PSC sia operativamente attuato dall’appaltatore e dai suoi subappaltatori; il secondo, di tipo operativo, deve essere effettuato dal datore di lavoro dell’impresa affidataria adottando le specifiche misure di coordinamento contenute nel PSC ed imponendo ai propri subappaltatori le regole in questo previste…»[123].

Trattasi, pertanto, di due forme di coordinamento distinte e parallele, non già sostitutive l’una dell’altra, per i motivi testé evidenziati a proposito dell’analogo rapporto intercorrente tra le prerogative in tema di vigilanza attribuite al CSE e quelle riconosciute all’affidatario dei lavori, e perché i compiti assegnati a quest’ultimo in materia di coordinamento non possono che concernere i cd. «rischi d’impresa»[124], come si evince dal richiamo agli artt. 95 e 96, mentre l’attività del CSE - si è cercato ampiamente di argomentarlo - è destinata ad esplicarsi nei confronti dei rischi interferenziali di cantiere, oltre a riguardare gli interventi di tutti i vari soggetti operanti, ivi compreso l’affidatario medesimo, stante la formulazione generalissima dell’art. 92, c. 1, lett. c), d.lgs. n. 81/2008, che, come ricordato, nell’imporre al coordinatore l’organizzazione di un sistema di cooperazione, coordinamento ed informazione reciproca, si riferisce ai «datori di lavoro» tout court[125].


8. Gli altri obblighi del CSE: il dovere di adeguamento del PSC e del fascicolo tecnico e la verifica sull’idoneità dei POS. Le competenze progettuali

In base all’art. 92, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008, penalmente sanzionato dall’art. 158, c. 2, lett. a) (ex art. 21, c. 2, lett. a, d.lgs. n. 494/1996), il CSE «verifica l’idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 100, assicurandone la coerenza con quest’ultimo, adegua il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 100 e il fascicolo di cui all’articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza» (v. già l’art. 5, c. 1, lett. b, d.lgs. n. 494/1996).

Com’è evidente, tale previsione introduce una nozione dinamica di PSC e di fascicolo tecnico, che il CSE è tenuto ad adeguare ai mutamenti verificatisi in corso d’opera e determinati dall’evoluzione dei lavori o dall’emersione di elementi inizialmente non considerati[126], con conseguente esclusione di ogni subordinazione della figura in questione rispetto al CSP e relativa assunzione, da parte della stessa, delle responsabilità connesse alle scelte progettuali effettuate in tema di prevenzione[127].

Le competenze del CSE in materia di progettazione sono del resto chiamate in causa anche dall’art. 92, c. 2, d.lgs. n. 81/2008 (v. già art. 5, c. 1-bis, d.lgs. n. 494/1996) che, come ricordato, convalidando le novità recate sul punto dalla novella del 1999, assegna a tale figura il compito - sanzionato penalmente dall’art. 158, c. 2, lett. a) (v. già art. 21, c. 2, lett. a, d.lgs. n. 494/1996) - di redigere il PSC ed il fascicolo tecnico, qualora, «dopo l’affidamento dei lavori a un’unica impresa, l’esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese», scattando anche in questa ipotesi, in virtù di quanto sancito dall’art. 90, c. 5, l’obbligo della sua nomina, inizialmente non previsto a causa dell’esclusione del cantiere dal campo d’applicazione dell’art. 90, c. 3, per l’affidamento dei lavori ad una sola impresa[128].

Peraltro, l’iniziativa di apportare variazioni ai documenti redatti in fase di progettazione può essere assunta non solo direttamente dal coordinatore, ma anche dalle imprese esecutrici, cui è attribuito un potere di proposta in merito, come si evince chiaramente dallo stesso art. 92, c. 1, lett. b), che mantiene le innovazioni introdotte in tal senso dal d.lgs. n. 528/1999 in analogia a quanto già statuito dall’art. 31, c. 2-bis, l. n. 109/1994 (v. ora l’art. 131, c. 4, d.lgs. n. 163/2006).

La disposizione, tuttavia, non specifica se le proposte avanzate dall’esecutore dei lavori possano essere altresì di tipo modificativo, oltre che integrativo, come consentito dalla disciplina in tema di appalti pubblici[129], mentre è esplicitamente affermata la loro finalità migliorativa, sicché sembra non possano ammettersi interventi che garantiscano un livello di sicurezza solo equivalente rispetto a quello già assicurato dal PSC.

Sempre le imprese (ma questa volta quelle aggiudicatarie) possono poi incidere sulla determinazione dei contenuti di quest’ultimo avvalendosi dell’art. 100, c. 5, d.lgs. n. 81/2008 (v. già art. 12, c. 5, d.lgs. n. 494/1996), che, ancora in analogia alla normativa in materia di appalti pubblici[130], consente a chi si aggiudica i lavori[131] di presentare al CSE proposte d’integrazione del PSC, le quali, nonostante il silenzio del legislatore in proposito, pare debbano riguardare - anche alla luce di quanto poc’anzi osservato[132] - solo i fattori di rischio aggiuntivi ed interferenziali, restando il datore di lavoro direttamente responsabile per il rispetto della disciplina prevenzionale relativamente ai rischi d’impresa[133].

In ogni caso, le eventuali integrazioni non possono giustificare modifiche dei prezzi pattuiti, il che fa dubitare fortemente della reale efficacia di una norma che invece potrebbe contribuire a colmare lacune od a correggere possibili imprecisioni, pur dovendo comunque fare i conti con i suoi limiti intrinseci, visto che per l’aggiudicatario il ricorso alla previsione in questione costituisce pur sempre una facoltà, e non un obbligo, e considerato che la concreta operatività del meccanismo de quo dipende dall’instaurarsi di un clima di collaborazione fra appaltatori e CSE, il quale resta del tutto libero di dare seguito, o meno, alle proposte pervenutegli[134].

Infine, convalidando una delle novità più rilevanti introdotte dal d.lgs. n. 528/1999, l’art. 92, c. 1, lett. b), assegna al coordinatore anche il compito di verificare l’idoneità dei POS redatti dai datori di lavoro delle imprese esecutrici, assicurandone la loro coerenza con il piano del committente[135], evidentemente per garantirne la concreta idoneità rispetto alle finalità di prevenzione ed evitare che gli stessi si risolvano nella pedissequa riproposizione delle leggi in materia di sicurezza nel settore edile, come spesso avvenuto nella prassi[136].

In quest’ottica, rientra altresì l’obbligo di verificare l’adeguamento, da parte delle imprese esecutrici, dei propri POS in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche apportate al piano di cui all’art. 100.

Conseguente rispetto a queste previsioni è, poi, l’art. 101, c. 3, d.lgs. n. 81/2008, che riprende - ma solo parzialmente - il contenuto dell’art. 13, c. 3, d.lgs. n. 494/1996, adattandolo alla novità costituita dalla disposizione di cui all’art. 97, c. 3, lett. b).

Quest’ultima norma, infatti, come ricordato, impone al datore di lavoro dell’impresa affidataria di «verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l’esecuzione»[137].

Si comprende, pertanto, perché il successivo art. 101, c. 3, non ponga più, in capo a ciascuna impresa esecutrice, un obbligo di trasmissione diretta del POS al CSE, stabilendosi piuttosto che «prima dell’inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all’impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l’esecuzione»[138].


9. (segue) La vigilanza su imprese, lavoratori autonomi e committente

L’art. 92, c. 1, lett. e), d.lgs. n. 81/2008 (già art. 5, c. 1, lett. e, d.lgs. n. 494/1996), non innovando rispetto alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 528/1999, conferma gli obblighi, penalmente sanzionati (v. l’art. 158, c. 2, lett. a, già art. 21, c. 2, lett. a, d.lgs. n. 494/1996), imposti al CSE in caso d’inadempienza, da parte di imprese e lavoratori autonomi, alle prescrizioni del PSC ed alle disposizioni di cui agli artt. 94, 95 e 96 del medesimo decreto.

La norma in questione è espressamente fatta salva anche dall’art. 14, c. 1, d.lgs. n. 81/2008, che, com’è noto, conferisce agli organismi di vigilanza ivi individuati il potere di adottare, alle condizioni indicate, provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale, sebbene il richiamo, ad opera della specifica clausola di salvaguardia, all’art. 92, c. 1, lett. e), risulti in verità poco comprensibile nella misura in cui è solo nell’ipotesi configurata dalla successiva lett. f) che, come si vedrà[139], al CSE è direttamente riconosciuto un potere-dovere di intervento sospensivo delle singole lavorazioni[140].

In ogni caso, venendo all’esame della sequenza degli atti da compiersi in ottemperanza alla disposizione in parola, la stessa prevede in primo luogo la segnalazione ai soggetti interessati, tramite contestazione scritta, delle inosservanze testé ricordate, in modo che costoro, una volta al corrente della situazione, siano in grado, volendolo, di interloquire con il coordinatore sul merito della questione[141].

In proposito, al fine di circoscrivere, anche in questo caso, la responsabilità del CSE al ruolo che gli è proprio, è stata condivisibilmente esclusa - sebbene con riferimento al precedente quadro normativo, ma tali rilievi mantengono a tutt’oggi la loro validità - la possibilità d’individuare a carico del coordinatore medesimo un obbligo di ricercare attivamente eventuali infrazioni, indagandone la sussistenza nel cantiere, essendogli invece impedito, più limitatamente, di ignorare consapevolmente le violazioni che, oltre ad essere obiettivamente percepibili facendo uso dell’ordinaria diligenza professionale, emergano durante l’espletamento dei compiti strettamente inerenti alla sola attività di coordinamento, e dunque di gestione dei fattori di rischio aggiuntivi ed interferenziali[142].

In altri termini, il riferimento alle «inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95 e 96 e alle prescrizioni del piano di cui all’articolo 100» «non è affatto indicativo dell’estensione dell’obbligo a ricomprendere l’accertamento della violazione di qualsivoglia norma di sicurezza in capo alle imprese esecutrici, ma…solo (e si badi che non è comunque obbligo di poco conto, né quantitativamente né qualitativamente) di quelle che abbiano incidenza nel rapporto interferenziale tra le imprese operatrici»[143].

D’altra parte, la stessa direttiva n. 92/57/Cee è stata emanata non con lo scopo di aggiungere un ulteriore livello di controllo sui rischi propri delle imprese, ma per migliorare la ricerca prevenzionale in fase progettuale e la gestione dei rischi derivanti dalla presenza, nello stesso cantiere, di più imprese e lavoratori autonomi[144].

Sicché, sembra che anche nella definizione dei confini degli obblighi, e delle connesse responsabilità, del CSE (e qui, segnatamente, di quelli individuati dall’art. 92, c. 1, lett. e), non possa non operare il principio, d’ordine generale, sancito dall’art. 26, c. 3, ultimo periodo, d.lgs. n. 81/2008 - e prima ancora dall’art. 7, c. 3, ultimo periodo, d.lgs. n. 626/1994[145] - il quale, intervenendo «in una situazione organizzativa assimilabile a quella da cui muove la designazione dei coordinatori»[146], circoscrive l’obbligo di cooperazione e coordinamento gravante sul datore di lavoro committente entro il limite segnato dai «rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi», in rapporto ai quali l’imposizione di detto obbligo è per l’appunto esclusa. Nondimeno, è chiaro che, allorquando un rischio proprio di un’impresa si tramuti, nella realtà di cantiere, in rischio interferenziale, sarà questo secondo profilo a chiamare nuovamente in causa il CSE, autorizzandolo anche ad insinuarsi nel modello tecnico, organizzativo e procedurale della singola impresa per poter garantire la gestione efficiente della situazione[147].

Successivamente, il coordinatore dovrà procedere ad informare il committente ed il responsabile dei lavori[148] dello stato in cui versano i soggetti inadempienti, proponendo contestualmente l’adozione di misure - quali «la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto» - di gravità diversa a seconda, presumibilmente, del tipo d’infrazione commessa.

Peraltro, pare logico ritenere - sebbene la norma esplicitamente non lo dica, ma sembri comunque presupporlo - che solo allorché gli interessati non abbiano provveduto a regolarizzare, nei modi e nei tempi indicati dal CSE, le anomalie riscontrate e formalmente segnalate, questi sia obbligato all’informativa-proposta, la quale dovrebbe poi ragionevolmente assumere la forma scritta ed essere adeguatamente motivata, così da porre i destinatari della stessa nella condizione di decidere con piena cognizione di causa[149].

Infine, qualora non venga dato seguito alla comunicazione inviata, il CSE è tenuto a segnalare l’inadempienza direttamente all’Azienda sanitaria locale ed alla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti, ed a farlo celermente, visto che, secondo la giurisprudenza, un ingiustificato ritardo equivarrebbe in ogni caso alla condotta di omessa comunicazione: invero, sarebbe «la stessa ratio della disposizione ricordata» a richiedere «che le comunicazioni ivi previste siano compiute il più presto possibile, trattandosi di prescrizioni imposte per assicurare la sicurezza e la prevenzione degli infortuni nei cantieri»[150].

È, comunque, riconosciuta al committente (o al responsabile dei lavori[151]) la possibilità di non adottare alcun provvedimento fornendo «idonea motivazione» della propria scelta, secondo un’opzione tutto sommato condivisibile, perché «se il committente fosse stato obbligato a dar corso alla segnalazione-proposta del coordinatore, è in capo a costui che si reggerebbe, nei fatti, la sorte del cantiere, il che costituisce un’ipotesi inaccettabile»[152].

In tal modo, vengono confermate per intero le modifiche introdotte dalla riforma del 1999, che certo aveva contribuito a sciogliere i dubbi che si ponevano in caso d’inerzia del committente non giustificata dall’assenza dei presupposti che originariamente avrebbero consentito l’intervento del CSE[153] (il quale, quindi, a meno di rassegnare le dimissioni, sarebbe stato costretto a svolgere il proprio incarico in un cantiere non a norma di legge[154]), ma, nel fare ciò, aveva suscitato molte perplessità, ancora oggi pienamente legittime. Invero, al di là dell’accostamento fra provvedimenti di preciso significato giuridico, come la risoluzione del contratto - che ha di fatto esteso al settore privato quanto previsto, fin dalla versione originaria dell’art. 31, c. 2, l. n. 109/1994 (ora art. 131, c. 3, d.lgs. n. 163/2006), per l’ipotesi di gravi o ripetute violazioni dei piani di sicurezza da parte dell’appaltatore di opere pubbliche[155] - e misure di più incerta valenza, quali la sospensione dei lavori e l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi[156], restano i dubbi sulle delicate attribuzioni riconosciute in materia al CSE[157].

Da un lato, infatti, il coordinatore, che pure non ha lo status di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, è stato di fatto trasformato «in longa manus della pubblica amministrazione nella realtà privatistica del cantiere»[158]; dall’altro, non si è considerato il rapporto fiduciario che lo lega al committente (o al responsabile dei lavori), ossia alla persona che egli è chiamato, se del caso, a denunciare, ma che è anche quella che gli ha conferito l’incarico e gli salderà il compenso per l’attività prestata[159].

Sicché, se possono apprezzarsi gli obiettivi di tutela perseguiti dal legislatore, non altrettanto pare possa dirsi per il meccanismo concretamente predisposto per il loro raggiungimento, la cui reale efficienza potrebbe risultare seriamente compromessa dalla fondata eventualità di accordi illeciti fra le parti in causa, formalmente coperti dal giudizio d’idoneità che il CSE è chiamato ad esprimere sulla motivazione del rifiuto a dar corso alla segnalazione-proposta e che sembra prestarsi ad ogni tipo di arbitrio (ivi compreso, all’estremo opposto, quello rappresentato da possibili denunce «per ripicca»); laddove sarebbe stato se non altro più efficace imporre al coordinatore di comunicare direttamente all’ente di vigilanza il nominativo dei soggetti inadempienti (imprese e lavoratori autonomi), qualora costoro non avessero provveduto a sanare le irregolarità riscontrate[160].


10. (segue) Il potere-dovere di intervento sospensivo

Come poc’anzi accennato, l’art. 92, c. 1, lett. f), d.lgs. n. 81/2008 (già art. 5, c. 1, lett. f, d.lgs. n. 494/1996[161]), norma penalmente sanzionata dall’art. 158, c. 2, lett. a) (v. già art. 21, c. 2, lett. a, d.lgs. n. 494/1996), attribuisce al CSE il potere, avente chiaramente finalità cautelare, di sospendere le singole lavorazioni in presenza di un pericolo grave ed imminente[162], che la formulazione della disposizione - come risultante dalle modifiche apportate dalla novella del 1999 e mantenute dal legislatore del 2008 - richiede sia anche «direttamente riscontrato».

L’obbligatorietà della condotta - il cui contenuto, com’è evidente, assume connotati direttamente operativi, e non semplicemente propositivi, stante l’esigenza di far fronte con rapidità alla situazione determinatasi[163] - è, quindi, circoscritta ai casi in cui il coordinatore abbia personalmente verificato l’esistenza di una fattispecie tale da integrare gli estremi richiesti dalla norma.

Di qui la rilevanza della questione - del resto presupposta dal complessivo statuto delineato, relativamente a questa figura, dall’art. 92 d.lgs. n. 81/2008, e prima ancora dall’art. 5 d.lgs. n. 494/1996 - concernente la necessità di una presenza fisica assidua, anche se non per forza ininterrotta, del CSE nell’area del cantiere[164].

In merito a tale problematica, che non interessa chiaramente solo il coordinatore in fase d’esecuzione, ma chiunque sia gravato del dovere di presenza costante sul luogo di lavoro, la Cassazione, richiamandosi ai principi di ragionevolezza ed esigibilità della condotta riassunti nel brocardo latino ad impossibilia nemo tenetur, ha recentemente e condivisibilmente affermato che «tale obbligo va inteso nel senso che i soggetti tenuti debbono assicurare, più che la presenza fisica che non è in sé necessariamente idonea a garantire la sicurezza dei lavoratori, la «gestione» oculata dei luoghi di lavoro mediante l’aver posto in essere tutte le misure imposte normativamente (informazione, formazione, attrezzature idonee e presidi di sicurezza), nonché ogni altra misura idonea, per comune regola di prudenza e di diligenza, a garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro»[165].

«Il dato di sintesi giuridicamente rilevante è dunque che il destinatario dell’obbligo predisponga preventivamente moduli organizzativi adeguati, e si assicuri poi che sul luogo di lavoro sia presente, in sua assenza, un soggetto in grado di garantire efficacemente il rispetto delle norme di sicurezza e di salute», a conferma del fatto che la questione deve essere posta non già in termini di mera presenza fisica, ma di «efficace gestione delle aree di rischio professionale»[166].

L’art. 92, c. 1, lett. f), parrebbe presupporre altresì la necessità, pure non espressamente dichiarata, che il coordinatore individui le misure da adottare al fine di rimuovere la situazione di pericolo, alle quali le imprese dovranno uniformarsi.

Queste, peraltro, non potranno riprendere di propria iniziativa le lavorazioni sospese, una volta ottemperato alle prescrizioni del CSE, atteso che la norma, mantenendo la formulazione introdotta dal d.lgs. n. 528/1999, impone - in maniera più rigorosa rispetto all’originaria versione dell’art. 5, c. 1, lett. e), d.lgs. n. 494/1996, che richiedeva, in proposito, la comunicazione scritta[167] degli adeguamenti effettuati - una verifica diretta circa l’effettiva cessazione dello stato di pericolo.

Pertanto, poiché, pur in mancanza di un’esplicita previsione in tal senso, detto controllo sembra verosimilmente posto sempre a carico del coordinatore, risulta intuitiva la gravosità dell’impegno che si esige da tale figura, «in termini di quantità (il compito di controllore diventa anche quello di…ricontrollore) e soprattutto di qualità…(al coordinatore si chiede una competenza almeno pari a quella di un tecnico di vigilanza in materia prevenzionale)»[168].


11. La vigilanza sull’operato dei coordinatori: l’art. 93, c. 2

Merita infine ricordare che, secondo l’art. 93, c. 2, d.lgs. n. 81/2008 - norma non più sanzionata penalmente[169] - «la designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifica dell’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 91, comma 1, e 92, comma 1, lettere a), b), c) e d)»[170].

Al pari del vecchio art. 6, c. 2, d.lgs. n. 494/1996, la disposizione pare configurare una forma di responsabilità per culpa in vigilando[171], cui potrebbe ritenersi collegata anche una culpa in eligendo, dal momento che la nomina dei coordinatori sembrerebbe costituire, pur nei limiti del rispetto dei requisiti di cui all’art. 98 d.lgs. n. 81/2008[172], un atto rimesso alla discrezionalità di chi la effettua[173], ferma restando la necessità, in ogni caso, di riempire di contenuto tali concetti, secondo i normali parametri cui si fa ricorso in materia di colpa[174]. Se, sotto questo profilo, non si registrano differenze rispetto alla normativa previgente, l’art. 93, c. 2, si segnala tuttavia per due novità di rilievo.

La prima concerne l’estensione dell’ambito di responsabilità, che il d.lgs. n. 528/1999 aveva circoscritto alle ipotesi di verifica dell’osservanza degli obblighi di cui agli artt. 4, c. 1, e 5, c. 1, lett. a), d.lgs. n. 494/1996, così determinando, rispetto alla situazione pregressa, un ridimensionamento dei doveri gravanti sull’area della committenza[175].

L’attuale formulazione appare caratterizzata da un parziale ritorno al passato, quando il riferimento era ai menzionati artt. 4 e 5 complessivamente considerati.
Invero, potrà ora configurarsi un’ipotesi di responsabilità in caso di mancato controllo dell’adempimento non solo - come dopo la novella del 1999 - del dovere di redazione del PSC e del fascicolo tecnico (art. 91, c. 1), e di verifica della corretta applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano disciplinato dall’art. 100 (art. 92, c. 1, lett. a), ma anche degli obblighi di cui alle lett. b), c) e d) dello stesso art. 92[176].

Peraltro, circa il rispetto della prima delle norme ricordate (i. e.: l’art. 91, c. 1), fin dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 494/1996 ci si era interrogati sui limiti dell’indagine, se cioè essa dovesse spingersi sino ad un accertamento nel merito, sotto il profilo qualitativo, dei contenuti del PSC, ovvero se non si trattasse di un’attività più circoscritta, concernente la verifica dell’esistenza del documento e gli aspetti di manifesta inidoneità del medesimo[177].

In proposito, vale rammentare che in quest’ultimo senso si erano pronunciate le citate Linee guida per l’applicazione del d.P.R. n. 222/2003 e lo stesso dicasi relativamente al fascicolo tecnico, essendo anche in questo caso prevalsa l’opinione che il controllo dovesse riguardare soltanto la sua materiale redazione[178].

La seconda, e più significativa, novità attiene al soggetto responsabile, non più individuato - come faceva il d.lgs. n. 528/1999, nell’ottica di chiamare a rispondere chi in concreto avesse effettuato la nomina dei coordinatori[179] - alternativamente nel committente o nel responsabile dei lavori, menzionando l’art. 93, c. 2, solo quest’ultimo, che, dunque, si trova gravato di una posizione di garanzia autonoma e distinta rispetto a quella del committente[180].

V’è da chiedersi se, al di là dell’intuitivo effetto di un alleggerimento delle responsabilità direttamente incombenti sul committente medesimo, detta modifica rivesta ulteriori significati, visto che la concreta operatività della norma è subordinata, in ultima analisi, alla necessaria presenza di un responsabile dei lavori, trattandosi altrimenti di un obbligo (quello di vigilanza sull’operato dei coordinatori) privo di titolare.

In proposito, si potrebbe ritenere che l’innovazione sia in qualche modo collegata alla nuova definizione di tale soggetto fornita dall’art. 89, c. 1, lett. c), la quale, rispolverando la versione originaria del d.lgs. n. 494/1996, sceglie di abbandonare la formula con cui il legislatore del 1999 aveva chiaramente identificato quella del responsabile dei lavori come figura meramente eventuale[181], con conseguenti dubbi sulla volontà del d.lgs. n. 81/2008 di considerarla, invece, presenza necessitata nel cantiere[182].

Tuttavia, tale, presunto, obbligo di nomina non trova in seguito alcuna enunciazione esplicita; anzi, le disposizioni successive continuano ad imputare i doveri prescritti alternativamente a carico dei due soggetti, e lo stesso dicasi per le sanzioni di cui all’art. 157.

Sicché, sembra, tutto sommato, che il solo appiglio normativo del mutamento di definizione sia in realtà troppo debole per affermare il carattere obbligatorio della designazione, anche perché, ancor prima dell’intervento chiarificatore - oltre ogni ragionevole dubbio - del d.lgs. n. 528/1999, già in via interpretativa si era comunque giunti a riconoscere la natura del tutto discrezionale della stessa, pur in presenza della medesima espressione («soggetto incaricato dal committente») ora utilizzata dall’art. 89, c. 1, lett. c), d.lgs. n. 81/2008[183].
Se così è, tuttavia, davvero sfugge la ratio della modifica apportata al vecchio art. 6, c. 2, d.lgs. n. 494/1996, visto che l’unico risultato prodotto è quello di aver partorito un altro «rompicapo» normativo.

Da un lato, infatti, va segnalata l’evidente incoerenza fra le disposizioni che fondano il potere di nomina dei coordinatori, alternativamente attribuito al committente o al responsabile dei lavori (art. 90, c. 3 e 4), ed il citato art. 93, c. 2, il quale sembra dare per certo che quest’ultimo sia sempre presente e sia sicuramente deputato a designare in concreto il CSP ed il CSE, laddove, invece, il c. 1 della stessa norma, ribadendo l’esonero del committente dalle responsabilità connesse all’adempimento degli obblighi limitatamente all’incarico conferito a tale soggetto, conferma - in insanabile contraddizione con il comma successivo - il carattere facoltativo della delega, dal cui contenuto e dalla cui estensione dipende, poi, la maggiore, o minore, ampiezza dell’area d’esenzione.
Dall’altro lato, presupposta - perché così pare si debba sostenere - la discrezionalità della designazione, non resta che giungere alla paradossale conclusione, stando a quanto sancito dall’art. 93, c. 2, che, qualora il committente decida di non nominare alcun responsabile dei lavori, scegliendo così di non attivare la posizione di garanzia di cui quest’ultimo è gravato, nessuno sarebbe obbligato a vigilare sull’operato dei coordinatori[184], con evidente regressione del livello di tutela precedentemente garantito. Risulta, quindi, difficile pensare che il legislatore possa esimersi dall’intervenire anche su questo punto.


12. Considerazioni conclusive

L’analisi, fin qui condotta, delle disposizioni a vario titolo rilevanti nello studio del ruolo assegnato dal d.lgs. n. 81/2008 ai coordinatori in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione e la realizzazione dell’opera induce inevitabilmente a qualche breve considerazione conclusiva.

In proposito, non possono che ribadirsi in questa sede le perplessità, già ampiamente evidenziate nel corso del presente lavoro, in ordine ad alcuni profili centrali della nuova normativa - in primis quello concernente la definizione del campo d’applicazione dell’obbligo di nomina dei coordinatori[185] - che, presumibilmente per l’eccessiva fretta con cui è stata portata a compimento l’attuazione della delega, anche a causa dell’accelerazione impressa all’iter legislativo dallo scioglimento anticipato delle Camere[186], non sono stati oggetto di adeguata ponderazione da parte del legislatore delegato, ed in relazione ai quali sembra, pertanto, imprescindibile un deciso intervento correttivo, attesa la grave difficoltà di porre rimedio in via ermeneutica alle incongruenze riscontrate, oltre tutto in una materia presidiata da sanzioni penali.

Di segno diverso risulta, invece, la valutazione del nuovo ruolo riconosciuto all’impresa affidataria, il quale, se interpretato - conformemente, del resto, ai principi posti dalla direttiva n. 92/57/Cee - nel senso di non esautorare il CSE dei compiti che istituzionalmente gli sono demandati, ma di rafforzarne parallelamente l’azione, tanto sul piano della vigilanza che del coordinamento, potrebbe risultare funzionale ad una migliore governance della sicurezza nei cantieri[187].

È andata, invece, delusa l’aspettativa per un intervento che, alla luce delle problematiche emerse in dodici anni di applicazione del d.lgs. n. 494/1996, facesse chiarezza sul punto forse più controverso della pregressa normativa, come dimostra l’ampia elaborazione giurisprudenziale in precedenza richiamata, ossia quello concernente i profili di responsabilità connessi alla funzione propria dei coordinatori, ed in particolare del CSE, stanti i compiti più squisitamente operativi al medesimo assegnati.

Peraltro, la delusione lascia il posto alla consapevolezza della necessità, anche nel nuovo quadro legislativo, di un’interpretazione rigorosa - più volte invocata nel corso di questo contributo[188] e che qui si ribadisce - degli obblighi gravanti su tali soggetti a misura del ruolo loro proprio, quale discende dalla considerazione del complessivo sistema di prevenzione predisposto dal legislatore relativamente ai cantieri temporanei o mobili [189], al fine altresì di porre un argine alle non condivisibili derive giurisprudenziali in tema di responsabilità imputate alle figure in questione.


[1] P. Pascucci, Dopo la legge n. 123 del 2007. Prime osservazioni sul Titolo I del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in Quaderni di Olympus, 2008, n. 1, p. 14, anche in W.P. C.S.D.L.E. «Massimo D’Antona», 2008, n. 73, cui si rinvia per l’indicazione dei provvedimenti normativi pregressi confluiti nel menzionato Titolo IV.
[2] Il Capo II (artt. 105-156) è invece dedicato alle «Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota», mentre il Capo III (artt. 157-160) concerne le disposizioni sanzionatorie, che verranno considerate solo funzionalmente al discorso condotto in questa sede.
[3] Ora espressamente abrogato dall’art. 304, c. 1, lett. a), d.lgs. n. 81/2008.
[4] Per un’analisi di tale direttiva cfr. F. Bacchini, Coordinamento del d.lgs. n. 494/1996 con la disciplina previgente e successiva in materia di sicurezza sul lavoro, in Ig. sic. lav., 2001, pp. 251 ss.; per uno studio comparato sull’attuazione che della stessa è stata data nei vari ordinamenti v. M. Rossi - F. Binocoli, Esperienze europee di attuazione della direttiva 92/57/Cee - I cantieri temporanei o mobili negli appalti privati, ivi, 2004, n. 8, Inserto.
[5] A sua volta identificato dall’art. 89, c. 1, lett. e), che non modifica la definizione pregressa, nel «soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell’esecuzione dei compiti di cui all’articolo 91».
[6] Così le Linee guida per l’applicazione del d.P.R. 3 luglio 2003, n. 222 (Regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, in attuazione dell’art. 31, c. 1, l. n. 109/1994, e successive modificazioni, e dell’art. 22, c. 1, d.lgs. n. 528/1999, di modifica del d.lgs. n. 494/1996), predisposte dal Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro e della Commissione salute e dal Gruppo di lavoro «Sicurezza Appalti pubblici» di ITACA, approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome in data 1° marzo 2006.
[7] V. J. Tschöll, Cantieri temporanei e mobili: la nuova disciplina, in Guida lav., 2008, n. 25, p. 14, che di ciò dà una valutazione negativa.
[8] Su tale regolamento cfr., per tutti, F. Bacchini, D.P.R. n. 222/2003: riflessioni sulla disciplina dei cantieri temporanei e mobili, in Ig. sic. lav., 2004, pp. 21 ss.; G. Semeraro, Il regolamento sui PSC: la stima dei costi della sicurezza, ibidem, pp. 273 ss.; P. Soprani, Il regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri, ivi, 2003, pp. 557 ss.; attualmente, peraltro, lo stesso dovrebbe ritenersi implicitamente abrogato, in considerazione del fatto che la medesima materia ivi disciplinata è ora interamente regolata dal menzionato allegato XV al d.lgs. n. 81/2008, nel quale sono sostanzialmente transitati i contenuti del d.P.R. in questione: v. F. Bacchini, Disposizioni transitorie e finali del «Testo Unico Sicurezza», ivi, 2008, p. 560.
[9] Per una considerazione anche degli aspetti critici della cd. «formula di coincidenza» v. infra, nota 84.
[10] In tal modo, sono stati accolti gli emendamenti proposti dalla Conferenza Stato-Regioni e dal Senato nei pareri espressi, rispettivamente il 12 ed il 20 marzo, sul citato schema di decreto legislativo del 6 marzo.
[11] V., infatti, quanto si dirà infra, nel testo.
[12] Cass. pen. 7 luglio 2003, n. 28774, in Ig. sic. lav. 2003, p. 547, con nota di R. Guariniello.
[13] V. anche R. Guariniello, Nota a Cass. pen. 7 luglio 2003, n. 28774 e 19 maggio 2003, n. 21995, in Ig. sic. lav., 2003, pp. 547-548; L. Masini, Il ruolo del coordinatore per l’esecuzione nel sistema prevenzionale dei cantieri temporanei o mobili, in Mass. giur. lav., 2005, p. 215; V. Pasquarella, Ruolo e funzioni dei coordinatori per la sicurezza nei cantieri temporanei o mobili: criticità e discrasie tra normativa e giurisprudenza, in Lav. giur., 2005, p. 1015; P. Soprani, Nozione di impresa e lavoro autonomo, in Ig. sic. lav., 1998, pp. 9 ss.; nello stesso senso si vedano pure nota Min. Lav. 22 febbraio 2001, n. 418 e determ. Aut. Vig. Lav. Pubbl. 29 marzo 2001, n. 11; si pronunciano, invece, a favore dell’inclusione, nel concetto d’impresa, anche della nozione di lavoratore autonomo, antecedentemente al d.lgs. n. 81/2008, A. Culotta - M. Di Lecce - G. Costagliola, Prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, 1998, Milano, pp. 213 ss. e, successivamente, L. Poniz, Il sistema di coordinamento nei cantieri, in Ig. sic. lav., 2008, p. 387, che pure riconosce trattarsi di un’interpretazione estensiva assai vicina ai limiti, invalicabili, di quella analogica, essendo gli obblighi previsti dall’art. 90, c. 3, d.lgs. n. 81/2008 penalmente sanzionati; peraltro, a scanso d’equivoci, il parere del Senato citato alla nota 10 reputava «necessario inserire una nozione di impresa che consenta di escludere dall’ambito di applicazione della relativa disciplina i lavoratori autonomi ed alcune categorie di artigiani»; il legislatore delegato non ha però ritenuto di dover seguire l’indicazione.
[14] L. Masini, op. loc. cit.
[15] V. già, con riguardo al d.lgs. n. 494/1996, le norme ricordate da A. Trupiano, Cantieri: nozione di impresa e «lavoratori autonomi», in Ig. sic. lav., 2001, pp. 289-290.
[16] V. L. Poniz, op. loc. cit.; A. Culotta - M. Di Lecce - G. Costagliola, op. cit., p. 214.
[17] V. supra, nota 10; indicazioni in proposito non si rinvengono nemmeno nel parere espresso dalla Camera il 18 marzo 2008 sul medesimo schema di decreto legislativo.
[18] Ulteriori interventi soggetti a permesso di costruire possono essere individuati dalla normativa regionale: v. art. 10, c. 2 e 3.
[19] In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante DIA anche gli interventi di cui all’art. 22, c. 3.
[20] V., infatti, quanto si dirà infra, nel testo.
[21] Non a caso, si è osservato che una delle ragioni della formulazione dell’art. 90, c. 3, d.lgs. n. 81/2008 sarebbe proprio da ricercarsi nel tentativo di rispondere alla procedura d’infrazione avviata dall’UE contro l’Italia per violazione dell’art. 3, par. 1, direttiva n. 92/57/Cee, visto che, come accennato nel testo, il previgente art. 3, c. 3, d.lgs. n. 494/1996 limitava solo ad alcune ipotesi la nomina del CSP: così A. Bisignano, Statuto funzionale del committente, in Ig. sic. lav., 2008, p. 398; in argomento, v., amplius, nel testo.
[22] Per vero, all’epoca dell’emanazione del d.lgs. n. 81/2008 la presa di posizione della Corte non era ancora nota, sebbene il legislatore fosse a conoscenza del ricorso proposto dalla Commissione il 13 dicembre 2006 (v. anche supra, nota precedente), nel quale l’interpretazione di cui si dirà nel testo era chiaramente enunciata.
[23] V. Corte Giust. 28 luglio 2008, causa C-504/06, in http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62006J0504:IT:HTML, la quale precisa che gli Stati membri possono derogare solo all’obbligo di redigere, prima dell’apertura del cantiere, un piano di sicurezza e di salute (art. 3, par. 2), e non già a quello di designare i coordinatori (art. 3, par. 1). In tal senso, non è stata accolta l’argomentazione della Repubblica italiana, secondo cui, poiché la versione italiana della direttiva n. 92/57/Cee ricorre, nel predetto art. 3, par. 2, al termine «comma», che, secondo l’uso corrente nel nostro ordinamento giuridico, è utilizzato per designare un paragrafo e non un periodo o capoverso («Il committente o il responsabile dei lavori controlla che sia redatto, prima dell’apertura del cantiere, un piano di sicurezza e di salute conformemente all’articolo 5, lettera b). Previa consultazione delle parti sociali, gli Stati membri possono derogare al primo comma, salvo nel caso in cui si tratti dei lavori che comportano rischi particolari quali sono enumerati all’allegato II oppure dei lavori per i quali è richiesta una notifica preliminare in applicazione del paragrafo 3 del presente articolo»), la possibilità di deroga sarebbe stata da riferire non già all’obbligo previsto dall’art. 3, par. 2, ma a quello individuato nel precedente par. 1; quest’ultima, d’altra parte, era l’interpretazione invalsa in Italia: v., per tutti, A. Bisignano, op. loc. cit.; sulla decisione della Corte v. altresì infra, nel testo.
[24] Nello stesso senso anche G. Rapuano, Le novità in tema di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, in L. Zoppoli - P. Pascucci - G. Natullo (a cura di), Le nuove regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori, 2008, Milano, p. 551, in corso di pubblicazione.
[25] V. infra, §§ 3 e 4.
[26] Cfr. infra, § 8.
[27] Per quest’ultima soluzione si pronunciano C. Catanoso, Cantieri temporanei e mobili (Titolo IV, artt. 88-160), in M. Tiraboschi (a cura di), Il Testo unico della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, 2008, Milano, p. 630 e A. Bisignano, op. cit., p. 400, peraltro molto critico nei confronti dell’opzione legislativa, giudicata in contrasto con i più elementari principi di ragionevolezza ed uguaglianza: v., sul punto, anche infra, nel testo.
[28] V. pure, ma con riguardo all’art. 3, c. 4-bis, d.lgs. n. 494/1996, nota Min. Lav. 22 febbraio 2001, n. 418.
[29] V. anche A. Bisignano, op. cit., p. 398; C. Catanoso, op. loc. cit.; G. Rapuano, op. loc. cit.
[30] La verità è che il meccanismo di cui all’art. 92, c. 2, era stato escogitato dal legislatore del 1999 (v. l’art. 5, c. 1-bis, d.lgs. n. 494/1996, aggiunto dall’art. 5, c. 1, lett. b, d.lgs. n. 528/1999) proprio per «coprire» il caso in cui, pur non essendo il committente tenuto a designare i coordinatori a causa dell’iniziale affidamento dei lavori ad un solo aggiudicatario, il presupposto della pluralità d’imprese si fosse realizzato durante l’esecuzione dell’opera, non riguardando invece la norma l’ipotesi in cui detto presupposto fosse presente fin da subito, stante già la previsione generale dell’obbligo di nominare direttamente, con riguardo a questa fattispecie, il CSP.
[31] V. supra, nel testo e nota 23; non a caso, nella stessa sentenza, all’obiezione della Repubblica italiana secondo la quale l’obbligo di nominare sistematicamente un coordinatore anche per i cantieri di entità ridotta comporterebbe l’imposizione di vincoli burocratici e determinerebbe spese supplementari, la Corte risponde che, «come emerge dal preambolo della direttiva n. 92/57, lungi dal costituire una semplice formalità amministrativa, la designazione di un siffatto coordinatore è necessaria per assicurare la sicurezza e la salute dei lavoratori in un settore che li espone a rischi particolarmente elevati e deve, pertanto, essere considerata come un obbligo fondamentale alla luce dell’obiettivo, perseguito da detta direttiva, di combattere l’aumento del numero di infortuni sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili».
[32] A tale soluzione perviene anche G. Rapuano, op. cit., p. 550.
[33] In proposito, si consideri anche la ratio del meccanismo di cui all’art. 92, c. 2, su cui v. supra, nota 30.
[34] V. anche A. Bisignano, op. cit., pp. 399-400 e P. Soprani, Salute e sicurezza nei cantieri: il nuovo Testo Unico, in Ig. sic. lav., 2008, p. 381.
[35] Cfr. supra, nel testo e note 21, 23 e 31.
[36] Così, condivisibilmente, L. Poniz, op. cit., p. 387.
[37] Cfr., in proposito, pure l’art. 90, c. 9, lett. c), d.lgs. n. 81/2008, giusta il quale l’obbligo del committente, o del responsabile dei lavori, di trasmettere all’amministrazione competente il nominativo delle imprese esecutrici, unitamente alla documentazione di cui alle lett. a) e b) del medesimo art. 90, c. 9, «sussiste anche in caso…di lavori realizzati direttamente con proprio personale dipendente senza ricorso all’appalto…»: sul punto v., criticamente, A. Bisignano, op. cit., pp. 401-402 e P. Soprani, Salute e sicurezza nei cantieri, cit., p. 382.
[38] V. circ. Min. Lav. 5 marzo 1998, n. 30, che - relativamente alla fattispecie di cui trattasi - aveva infatti escluso l’applicazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 494/1996.
[39] Invero, l’art. 2, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 494/1996 - nella versione vigente al momento dell’emanazione della circolare ministeriale citata alla nota precedente, e confermata sul punto dall’art. 89, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008 - individuava il committente nel «soggetto per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione».
[40] V. anche, per un accenno, P. Soprani, Salute e sicurezza nei cantieri, cit., p. 382; in argomento v. pure L. Poniz, op. cit., pp. 387-388.
[41] In proposito, le scelte sanzionatorie effettuate dal legislatore del 2008 prevedono un consistente aumento della pena pecuniaria, mentre quella alternativa dell’arresto è rimasta invariata.
[42] In precedenza, la legge 29 maggio 1989, n. 205 l’aveva già previsto per le imprese esecutrici di lavori per i campionati mondiali di calcio di Italia ‘90; in argomento, cfr. G. Porreca, Evoluzione della sicurezza nel lavoro in edilizia, in Ig. sic. lav., 1998, pp. 567-568; R. Dubini, Il piano di sicurezza nei cantieri, in Dir. prat. lav., 1996, p. 3063; per una ricostruzione del quadro normativo in materia di prevenzione nei cantieri di lavoro cfr. anche G. Cola - G. Zgagliardich, La sicurezza nei cantieri pubblici e privati, 1998, Torino, pp. 17 ss.
[43] Sui problemi di coordinamento con la disciplina dettata dal d.lgs. n. 494/1996 per lungo tempo posti dalla preesistenza di una normativa ad hoc per il settore degli appalti pubblici, con particolare riguardo alla sopravvivenza del citato art. 18, c. 8, ci si permette di rinviare a C. Lazzari, Obblighi e poteri dei coordinatori in materia di sicurezza e di salute nel d.lgs. n. 494/1996 e successive modificazioni: profili giuslavoristici, in www.uniurb.it/olympus, sez. Opinioni e ricerche, § 1, ed ivi per ulteriore bibliografia sul tema.
[44] Per un riepilogo dei principi affermati dalla giurisprudenza cfr. L. Masini, Infortuni sul lavoro nei cantieri edili e responsabilità del committente o dei suoi ausiliari, in Mass. giur. lav., 2002, pp. 408 ss.
[45] B. Deidda, La vigilanza nella costruzione delle grandi opere. Ruolo e compiti dell’Organo di vigilanza alla luce delle recenti normative, anche di contrasto del lavoro nero, in www.uniurb.it/olympus, sez. Opinioni e ricerche, § 3; sulla novità rappresentata dal marcato coinvolgimento della committenza v., da ultimo, D. Ceglie, Cantieri temporanei e mobili: obblighi, procedure e responsabilità, in M. Rusciano - G. Natullo (a cura di), Ambiente e sicurezza del lavoro, 2007, Torino, pp. 555 ss.
[46] Cass. pen. 19 maggio 2003, n. 21995, in Ig. sic. lav. 2003, p. 547, con nota di R. Guariniello; Cass. pen. 7 luglio 2003, n. 28774, cit.; negli stessi termini anche A. Culotta - M. Di Lecce - G. Costagliola, op. cit., p. 216; peraltro, è chiaro che la peculiare centralità acquisita dalla figura del committente non esclude la «perdurante esistenza degli obblighi di sicurezza che gravano sull’appaltatore nella fase di realizzazione delle opere»: così Cass. pen. 11 aprile 2008, n. 15247, in Ig. sic. lav. 2008, p. 433 e Cass. pen. 30 giugno 2008, n. 26121, ibidem, p. 571, entrambe con nota di R. Guariniello.
[47] Sulla quale cfr., per tutti, F. Bacchini, Le prescrizioni minime di sicurezza e di salute nei cantieri temporanei e mobili, in Lav. giur., 2000, pp. 205 ss.; M. Lai, Le novità sulla sicurezza nei cantieri, in Dir. prat. lav., 2000, pp. 443 ss.; S. Margiotta, Decreto cantieri-bis. Il testo coordinato e commentato del nuovo d.lgs. n. 494/1996, in Ig. sic. lav., 2000, n. 5, Inserto; A. Moccia, La «direttiva cantieri» e il «coordinatore» per l’esecuzione dei lavori, ivi, 2001, pp. 191 ss.; P. Pennesi - D. Santirocco - E. Primerano, Sicurezza e appalti nei cantieri edili, 2000, Torino; G. Semeraro, Guida alla sicurezza nei cantieri, 2000, Roma; P. Soprani, Sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, 2001, Milano, pp. 277 ss.; T. Vettor, Sicurezza nei cantieri. Confronto fra vecchie e nuove disposizioni, in Ig. sic. lav., 2000, n. 3, Inserto
[48] Cfr., in proposito, M. Lanotte, La nuova disciplina della sicurezza sul lavoro nei cantieri temporanei e mobili, in Mass. giur. lav., 1997, p. 767.
[49] Sulla situazione antecedente la riforma del 1999 v. M. Lanotte, op. cit., p. 766; W. Saresella, La direttiva cantieri in Italia, in Riv. crit. dir. lav., 1997, p. 469; F. Stolfa - M. Martinelli, Sicurezza nei cantieri: ambito di applicazione, in Ig. sic. lav., 1997, p. 356.
[50] La formulazione attuale dell’art. 91 mantiene, dunque, le modifiche introdotte nel 1999 con l’eliminazione del riferimento alla fase di «progettazione esecutiva» per indicare il momento in cui procedere alla stesura del piano in oggetto, riferimento chiaramente mutuato dalla disciplina prevista per gli appalti pubblici (v. F. Focareta, La sicurezza del lavoro nei cantieri dopo il d.lgs. n. 494/1996, in Lav. giur., 1996, p. 989; M. Lanotte, op. loc. ult. cit.), essendo detta fase tipica delle procedure seguite in questo settore (v. l’art. 16, c. 1, l. n. 109/1994, ed ora, dopo l’abrogazione di tale normativa ad opera dell’art. 256, c. 1, d.lgs. n. 163/2006, l’art. 93, c. 1, dello stesso decreto).
[51] Cfr. anche P. Soprani, La nuova legge sugli appalti pubblici. Riflessi sul d.lgs. n. 494/96, in Ig. sic. lav., 1999, n. 3, Inserto, p. XXIII; peraltro, tale principio continua ad essere affermato dal punto 4.1.4. dell’allegato XV al d.lgs. n. 81/2008, che ripropone quanto già sancito dall’art. 7, c. 4, d.P.R. n. 222/2003.
[52] V. già P. Soprani, I costi della sicurezza: profili di responsabilità dei soggetti coinvolti, in Ig. sic. lav., 2006, p. 396.
[53] Così determ. Aut. Vig. Contr. Pubbl. 26 luglio 2006, n. 4; v. pure P. Soprani, Divieto di ribasso d’asta per la definizione contrattuale dei costi della sicurezza, in Ig. sic. lav., 2006, p. 595.
[54] V., ad esempio, il punto 2.2., che si discosta in alcune parti dall’art. 3 d.P.R. n. 222/2003, avendo inglobato anche alcuni dei contenuti indicati nelle lettere da a) a t) del vecchio art. 12, c. 1, d.lgs. n. 494/1996.
[55] Quindi ai soggetti obbligati non era impedito (e non lo è ancora oggi, visto che la dizione è riproposta nella rubrica dell’allegato XV) «fare di più»: P. Soprani, Il regolamento sui contenuti minimi, cit., p. 559.
[56] V. C. Catanoso, op. cit., pp. 635-636.
[57] Su tale norma e sull’interpretazione che della stessa è stata fornita da determ. Aut. Vig. Contr. Pubbl. 26 luglio 2006, n. 4 e dalle Linee guida per l’applicazione del d.P.R. n. 222/2003 (v. supra, nota 6), v., per tutti, M. Giovannetti, La stima dei costi nel regolamento sui PSC, in Ig sic. lav., 2006, pp. 656 ss.; G. Semeraro, I (sotto) costi della sicurezza nei cantieri, ibidem, pp. 598 ss.; Id., Un’opportunità mancata per fare chiarezza a 360 gradi sui piani di sicurezza, ibidem, n. 7, Inserto, pp. XVIII ss.; Id., Il regolamento sui PSC, cit., pp. 273 ss.
[58] Sul punto v. P. Soprani, I costi della sicurezza, cit., pp. 396-397, il quale osservava, con riguardo alla pregressa normativa, che, qualora si fosse configurata una vera e propria carenza d’analisi, avrebbe trovato automaticamente applicazione l’art. 21, c. 1, d.lgs. n. 494/1996 (ora art. 158, c. 1, d.lgs. n. 81/2008), mentre, in caso di sottoquotazione dei costi, l’analisi non corretta, pur non rilevando di per sé sul piano penale, avrebbe potuto, in presenza di eventuali infortuni, chiamare in causa tanto il concetto di colpa generica che di colpa specifica cd. «programmatica», comportando responsabilità ex artt. 589 o 590 c.p.
[59] V. F. Bacchini, D.P.R. n. 222/2003, cit., p. 28; per un caso di riconosciuta violazione dell’art. 4, c. 1, lett. a), d.lgs. n. 494/1996 a causa della redazione di un PSC incompleto e generico, privo, tra l’altro, della stima dei costi, v. Cass. pen. 26 maggio 2008, n. 21002, in Dir. prat. lav. 2008, p. 1518, con nota di R. Guariniello.
[60] Così G. De Falco, Il regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili - Profili giuridici ed implicazioni di carattere penale, in Cass. pen., 2004, p. 2636, pur se con riferimento al d.P.R. n. 222/2003.
[61] Del resto, già la giurisprudenza aveva affermato che la responsabilità del datore di lavoro dell’impresa appaltatrice, in relazione alla (omessa) redazione del POS, non poteva essere esclusa per il fatto che lo stesso avesse, a sua volta, subappaltato l’esecuzione dell’opera ad altro soggetto, il quale aveva perciò assunto in concreto il ruolo di impresa esecutrice: v. Cass. pen. 10 maggio 2006, n. 15927, in Dir. prat. lav. 2006, p. 1754, con nota di R. Guariniello; peraltro, merita ricordare che, ai sensi dell’art. 306, c. 2, d.lgs. n. 81/2008, come novellato dal decreto legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, nella legge 2 agosto 2008, n. 129, «le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 28, nonché le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatorie, previste dal presente decreto, diventano efficaci a decorrere dal 1° gennaio 2009; fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti»; sicché, sembra che il rinvio dell’operatività valga anche per il combinato disposto degli artt. 89, c. 1, lett. h), e 96, c. 1, lett. g), e per la relativa sanzione di cui all’art. 159, c. 1, lett. a): v. D. Venturi, Il diritto transitorio, le abrogazioni e la messa a regime del Testo Unico (Titolo XIII, artt. 304-306), in M. Tiraboschi (a cura di), op. cit., p. 75; in ogni caso, detto obbligo era già posto, come ricordato, dall’art. 9, c. 1, lett. c)-bis, d.lgs. n. 494/1996, che continua ad applicarsi nel periodo transitorio; inoltre, sebbene quest’ultima previsione non risultasse sanzionata in modo espresso, considerando che il POS poteva essere assimilato al documento di valutazione dei rischi di cui al vecchio art. 4 d.lgs. n. 626/1994 (cfr., in proposito, il previgente art. 2, c. 1, lett. f-ter, d.lgs. n. 494/1996), si era giunti a ritenere che la sua omessa redazione fosse comunque punibile ai sensi dell’art. 89 d.lgs. n. 626/1994 (M. Lai, op. cit., p. 447), conclusione, questa, confermata da circ. Min. Lav. 8 gennaio 2001, n. 2, nonché da Cass. pen. 25 gennaio 2007, n. 2848, in Ig. sic. lav. 2007, p. 159, con nota di R. Guariniello; v. anche Cass. pen. 10 maggio 2006, n. 15927, cit.
[62] V. T. Ivrea 14 settembre 2005, in Giur. piem., 2005, p. 515, con nota di L. Fiore.
[63] V. Cass. pen. 10 maggio 2006, n. 15927, cit.
[64] F. Bacchini, D.P.R. n. 222/2003, cit., p. 23.
[65] La redazione del fascicolo non è comunque obbligatoria, come già previsto in precedenza, nel caso di lavori di manutenzione ordinaria, ora individuati dall’art. 3, c. 1, lett. a), d.P.R. n. 380/2001; peraltro, con riferimento al settore degli appalti pubblici, potrebbe emergere una sovrapposizione fra l’art. 91, c. 1, lett. b), e l’art. 124, c. 4, lett. b), d.P.R. n. 554/1999, non abrogato dall’art. 256, c. 1, d.lgs. n. 163/2006, in virtù del quale il direttore dei lavori è tenuto a «curare la costante verifica di validità del programma di manutenzione, dei manuali d’uso e dei manuali di manutenzione, modificandone e aggiornandone i contenuti a lavori ultimati», a meno di non voler «interpretare l’obbligo come necessario apporto del direttore dei lavori a favore dell’operato dello stesso coordinatore per la progettazione»: così V. Pasquarella, op. cit., p. 1031.
[66] Ossia quelle «incorporate nell’opera o a servizio della stessa, per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori incaricati di eseguire i lavori successivi sull’opera».
[67] Per tali intendendosi «le altre misure preventive e protettive la cui adozione è richiesta ai datori di lavoro delle imprese esecutrici ed ai lavoratori autonomi incaricati di eseguire i lavori successivi sull’opera».
[68] Ovvero «le informazioni utili al reperimento dei documenti tecnici dell’opera che risultano di particolare utilità ai fini della sicurezza, per ogni intervento successivo sull’opera, siano essi elaborati progettuali, indagini specifiche o semplici informazioni».
[69] La versione originaria del d.lgs. n. 494/1996 prevedeva, invece, come mera possibilità l’individuazione dei contenuti in parola tramite decreto ministeriale.
[70] Rispondeva negativamente A. Bisignano, Il fascicolo tecnico e i profili di responsabilità, in Ig. sic. lav., 2006, p. 647.
[71] Cfr. già A. Bisignano, op. ult. cit., p. 648, ma in relazione al d.lgs. n. 494/1996; v. altresì supra, nota 65.
[72] Peraltro, convalidando sul punto le modifiche recate dalla novella del 1999, non è più richiesto che tale valutazione sia effettuata «attentamente» e «ogni qual volta ciò risulti necessario».
[73] A tal fine, si prevede che l’organo di vigilanza comunichi l’inadempienza all’amministrazione concedente (evidentemente il titolo abilitativo); da notare come proprio questa disposizione consenta di sanzionare in qualche modo l’omessa trasmissione della notifica preliminare agli organi competenti, nonostante la mancata riproposizione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 20, c. 1, lett. c), d.lgs. n. 494/1996, purché, chiaramente, sia ravvisabile un titolo abilitativo a costruire.
[74] Casi che ora risentono evidentemente delle modifiche derivanti dall’art. 90, c. 3 e 11: v. supra, § 2.
[75] Anche in questo caso il nominativo deve essere comunicato ad imprese esecutrici e lavoratori autonomi, ed indicato nel cartello di cantiere: v. art. 90, c. 7 (già art. 3, c. 6, d.lgs. n. 494/19969), nonché supra, § 2.
[76] Cass. pen. 26 maggio 2004, n. 24010, in Dir. prat. lav. 2004, p. 1932, con nota di R. Guariniello; v. anche Cass. pen. 10 luglio 2008, n. 28525, ivi 2008, p. 1870, con nota di R. Guariniello.
[77] Sull’impossibilità di nominare quale CSE (o CSP) anche una persona giuridica, nonostante l’art. 2, lett. e) e f), direttiva n. 92/57/Cee, v. V. Pasquarella, op. cit., p. 1016.
[78] Cfr. F. Focareta, op. cit., p. 990; M. Lanotte, op. cit., pp. 768-769; Linee guida sull’applicazione del d.lgs. n. 494/1996, a cura del Coordinamento delle Regioni e delle Province Autonome, approvate dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province Autonome in data 8 ottobre 1997; l’impossibilità di una coincidenza fra controllato e controllante risultava avvalorata anche dalla considerazione dell’evoluzione della normativa in tema di appalti pubblici, caratterizzata dalla volontà di trasferire dalle imprese esecutrici all’area della committenza le principali funzioni di vigilanza sulla sicurezza in cantiere: in proposito, ci si permette di rinviare a C. Lazzari, op. cit., § 3; peraltro, per un caso d’impropria coincidenza delle figure di coordinatore ed appaltatore, che però la Cassazione non avverte il bisogno, nella fattispecie, di rilevare, v. Cass. pen. 21 ottobre 2005, n. 38860, in Ig. sic. lav. 2006, p. 182, con nota di R. Guariniello.
[79] M. Lai, op. cit., p. 445; V. Pasquarella, op. cit., p. 1020; v. pure B. Deidda, op. cit., § 7.
[80] Da ciò L. Poniz, op. cit., p. 385, deduce il carattere non esaustivo dell’elencazione di cui all’art. 89, c. 1, lett. f), con conseguente possibilità - considerata la ratio della norma - di ritenere vietata ogni altra relazione professionale e/o d’interesse tra titolare dell’impresa esecutrice e CSE.
[81] P. Albi, Sub art. 2 d.lgs. n. 494/1996, in M. Grandi - G. Pera (a cura di), Commentario breve alle leggi sul lavoro, 2005, Padova, p. 1454.
[82] Tale norma riconosce, infatti, al committente od al responsabile dei lavori, se in possesso dei requisiti di cui all’art. 98 d.lgs. n. 81/2008 (sul quale v. infra, nota 88), la facoltà di svolgere le funzioni sia di CSP che di CSE; v. pure l’art. 90, c. 8 (già art. 3, c. 7, d.lgs. n. 494/1996), che consente agli stessi soggetti di sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente qualora dotati dei predetti requisiti, i coordinatori.
[83] Cfr. V. Pasquarella, op. cit., p. 1020; v., tuttavia, P. Soprani, Appalti pubblici: l’affidamento dell’incarico di responsabile dei lavori al general contractor, in Ig. sic. lav., 2007, p. 608, il quale, sebbene con riferimento al precedente contesto normativo e pur riconoscendo l’illogicità dell’esito, ritiene che, dal punto di vista giuridico, l’applicazione del principio interpretativo ubi dixit, voluit; ubi non, noluit, consentirebbe di considerare praticabile l’ipotesi, in assenza di un espresso divieto in tal senso.
[84] V., in proposito, P. Soprani, Salute e sicurezza nei cantieri, cit., pp. 381-382, per il quale essa produrrebbe, tra l’altro, un «abbassamento sistemico del livello di tutela sotto il profilo dell’assenza della culpa in eligendo da parte del committente»; secondo A. Bisignano, Statuto funzionale, cit., pp. 397-398, inoltre, la disposizione limiterebbe fortemente la libertà di quest’ultimo, con il rischio di impedirgli di adempiere correttamente ed in pieno al proprio ruolo, anche in considerazione dei problemi derivanti dall’assenza di un obbligo normativo, in capo al progettista od al direttore dei lavori, ad accettare la nomina.
[85] P. Soprani, ISL risponde, in Ig. sic. lav., 2006, p. 570.
[86] Parla in questo caso di «singolare coincidenza nella figura del controllore, anche delle funzioni del controllato» Cass. pen. 25 gennaio 2007, n. 2604, in Ig. sic. lav. 2007, p. 339, con nota di R. Guariniello.
[87] Sul quale v. infra, § 9.
[88] In proposito, rispetto al previgente art. 10 d.lgs. n. 494/1996, oltre all’adeguamento dei titoli di studio richiesti alla nuova determinazione delle classi di laurea operata con i decreti ministeriali richiamati all’art. 98, c. 1, va rilevata la definizione, da parte dell’allegato XIV al d.lgs. n. 81/2008, dei contenuti, delle modalità e della durata dei corsi che i coordinatori sono tenuti a frequentare, con verifica dell’apprendimento finale (tale inciso è stato aggiunto in accoglimento di un emendamento contenuto nel parere espresso il 12 marzo 2008 dalla Conferenza Stato-Regioni: v. supra, nota 10). Detto allegato arricchisce di molto le scarne disposizioni del precedente allegato V al d.lgs. n. 494/1996, prevedendo l’articolazione dei corsi medesimi in una parte teorica, a sua volta strutturata in moduli, ed una pratica, e stabilendo altresì un obbligo di aggiornamento a cadenza quinquennale della durata complessiva di 40 ore. L’attestato di frequenza, a differenza di quanto statuito dal vecchio art. 10, c. 4, è richiesto anche per i dipendenti in servizio presso pubbliche amministrazioni che esplicano nell’ambito delle stesse le funzioni di coordinatore, mentre si introduce una nuova ipotesi di esonero a favore di chi abbia conseguito la laurea magistrale in Ingegneria della sicurezza.
[89] V. già R. Cosio, La sicurezza nei cantieri mobili, in Dir. prat. lav., 1997, p. 584; A. Culotta - M. Di Lecce - G. Costagliola, op. cit., p. 231; M. Giudici, Sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, in Ig. sic. lav., 1997, n. 1, Inserto, p. VI; W. Saresella, op. cit., p. 467; P. Soprani, Le interpretazioni del «decreto cantieri», in Ig. sic. lav., 1998, p. 102.
[90] V. pure F. Cervetti Spriano, Sicurezza e responsabilità nei cantieri, 1999, Milano, p. 51; P. Soprani, op. loc. ult. cit.
[91] Sulle quali v. infra, §§ 9 e 10.
[92] Si veda, in proposito, il nuovo art. 158, c. 2, d.lgs. n. 81/2008.
[93] Sui quali v. infra, nel testo; in argomento v. anche P. Soprani, Salute e sicurezza nei cantieri, cit., p. 382, per il quale «il legislatore delegato avrebbe potuto - anzi dovuto, considerate le palesi difficoltà di orientamento interpretativo da parte della stessa giurisprudenza di legittimità - chiarire una volta per tutte che l’azione e la posizione di garanzia dei coordinatori (in particolare del CSE) non investe (se si eccettua il potere-dovere di sospensione cautelare) i rischi intra-aziendali specifici propri dell’attività delle imprese esecutrici o dei singoli lavoratori autonomi (al pari di quanto è da sempre esplicitato ex lege in tema di appalti “interni”)»; v. pure L. Poniz, op. cit., p. 383, secondo cui, ancor più a monte, già la legge delega n. 123/2007 «non si è affatto posta il problema di una precisazione dei presupposti dell’intervento organizzativo del committente e delle figure sua promanazione, meglio ancorandoli (al) “rischio interferenziale”».
[94] L. Poniz, op. cit., p. 388.
[95] In proposito, v. C. Lazzari, op. cit., §§ 4 e ss.
[96] Così anche M. Giudici, I coordinatori per la progettazione e l’esecuzione dei lavori, in Dir. prat. lav., 1996, p. 2987, con riferimento alla versione originaria del d.lgs. n. 494/1996.
[97] V. pure C. Catanoso, op. cit., p. 632; relativamente al pregresso quadro normativo, v. altresì F. Bacchini, Le prescrizioni minime, cit., p. 209; L. Masini, Il ruolo del coordinatore, cit., p. 218; V. Pasquarella, op. cit., p. 1020; l’originario «assicurare» è, invece, mantenuto, con riguardo agli appalti di opere pubbliche, nell’art. 127, c. 2, lett. a) e f), d.P.R. n. 554/1999, non abrogato dall’art. 256, c. 1, d.lgs. n. 163/2006; peraltro, onde evitare un’inammissibile, e verosimilmente incostituzionale, disparità di trattamento con il settore privato, sembra fondata la proposta (cfr. F. Bacchini, La sicurezza sul lavoro nell’appalto pubblico, in Ig. sic. lav., 2001, n. 4, Inserto, pp. XIV-XV, pur se con riferimento al d.lgs. n. 494/1996) di considerare gli obblighi sanciti in tale norma sostituiti ex lege da quelli posti dalla specifica disciplina in tema di sicurezza nei cantieri; in generale, del resto, pare doversi affermare la prevalenza di quest’ultima - in quanto recante prescrizioni di rango legislativo ed attuative di una normativa comunitaria - tutte le volte in cui il d.P.R. n. 554/1999 disponga in modo non conforme ad essa.
[98] Cfr. A. Moccia, op. cit., p. 193.
[99] V. infra, § 7; v. anche L. Masini, op. loc. ult. cit.
[100] V., in proposito, Trib. Castiglione delle Stiviere 24 maggio 2002, confermato da Cass. pen. 22 novembre 2004, n. 45054, quest’ultima in Mass. giur. lav. 2005, p. 222, per il quale «la necessità di redigere un piano per la sicurezza trova il proprio completamento e la sua stessa ragion d’essere nella conseguente necessità di un rigoroso e continuo controllo in fase di esecuzione dei lavori in ordine all’esatto adempimento delle prescrizioni ivi contenute, il cui onere compete proprio al coordinatore della sicurezza».
[101] B. Deidda, op. cit., § 8; sul dibattito interpretativo in ordine al significato da attribuire al verbo «verificare» cfr., per tutti, T. Vettor, op. cit., p. XI, ed autori ivi citati.
[102] Così Cass. pen. 12 ottobre 2004, n. 39869, in Dir. prat. lav. 2004, p. 2934, con nota di R. Guariniello, la quale continua affermando che «il mancato assolvimento da parte del coordinatore del compito primario su di lui incombente di garantire la sicurezza del cantiere ha determinato le violazioni riscontrate a carico della ditta esecutrice»; su tale sentenza cfr. anche le considerazioni critiche di B. Deidda, op. cit., § 9; L. Masini, Il ruolo del coordinatore, cit., pp. 216 ss.; L. Poniz, op. cit., pp. 388-389; v. pure Cass. pen. 23 settembre 2005, n. 34160, ivi 2006, p. 244, con nota di R. Guariniello, secondo cui «in definitiva, ciò che rileva è che venga garantita, e verificata, dal coordinatore l’applicazione delle misure di prevenzione e sicurezza di cui al relativo piano», sicché «ove l’imputato avesse controllato che il montaggio avveniva a regola d’arte rispettando le istruzioni della casa costruttrice, certamente il ponteggio non avrebbe ceduto …..»; si ipotizza così «per il coordinatore l’onere di entrare nell’ambito organizzativo dell’impresa esecutrice vigilando, con il libretto di istruzioni alla mano, tutte le fasi di montaggio del ponteggio. È evidente che non può essere questo il contenuto dell’obbligo di verifica di cui all’art. 5, c. 1, lett. a)»: in questi termini, condivisibilmente anche nel nuovo quadro normativo, B. Deidda, op. cit., § 9; anche Cass. pen. 21 gennaio 2008, n. 3011, in Ig. sic. lav. 2008, p. 225, con nota di R. Guariniello, ritiene che, nel caso esaminato, il CSE abbia violato l’art. 5, c. 1, lett. a), d.lgs. n. 494/1996 «non assicurando….quanto contenuto nel piano di sicurezza».
[103] A. Bisignano, Dieci anni nel diritto vivente per il d.lgs. n. 494/1996, in Ig. sic. lav., 2006, p. 390; a questo filone pare debba ricondursi anche Cass. pen. 21 giugno 2006, n. 21485, in Dir. prat. lav. 2006, p. 1880, con nota di R. Guariniello, sulla quale v., criticamente, B. Deidda, op. cit., § 9, che sembra considerare il CSE titolare di un’autonoma posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori; più recentemente, di posizione di garanzia del CSE parlano espressamente Cass. pen. 10 luglio 2008, n. 28525, cit., e Cass. pen. 15 maggio 2008, n. 19492, in Ig. sic. lav. 2008, p. 499, con nota di R. Guariniello, per la quale detta posizione sarebbe costituita anche rispetto ai terzi che - causa l’inadempimento delle cautele imposte al CSE - riportino danni alla persona.
[104] In questi termini L. Masini, Il ruolo del coordinatore, cit., p. 219; e ciò anche in virtù del fatto che datori di lavoro e lavoratori autonomi sono già tenuti ad attuare quanto previsto nel PSC, stante l’autonomo obbligo, penalmente sanzionato, di cui all’art. 100, c. 3, d.lgs. n. 81/2008 (ex art. 12, c. 3, d.lgs. n. 494/1996).
[105] Si veda la citata determ. Aut. Vig. Contr. Pubb. n. 4/2006.
[106] V., in proposito, infra, sub § 9.
[107] V. supra, sub § 3.
[108] Si veda, a titolo esemplificativo, il punto 2.1.2., lett. c), dell’allegato XV, che - relativamente al contenuto del PSC - opportunamente aggiunge, in confronto al precedente art. 2, c. 2, lett. c), d.P.R. n. 222/2003, un espresso riferimento anche «ai rischi aggiuntivi rispetto a quelli specifici propri dell’attività delle singole imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi»; in proposito, v. pure il punto 2.2.3. del medesimo allegato.
[109] Così P. Soprani, Divieto di ribasso d’asta, cit., p. 596, con riguardo al d.lgs. n. 494/1996; v. anche L. Masini, Il ruolo del coordinatore, cit., pp. 219 ss. e, in relazione al d.lgs. n. 81/2008, L. Poniz, op. cit., p. 389.
[110] Sul quale v. infra, § 10.
[111] Del resto, la giurisprudenza più attenta aveva già riconosciuto la necessità di un coordinamento fra le varie imprese appaltatrici coinvolte nella realizzazione dell’opera, o quella di una sorta di autocoordinamento dei singoli datori di lavoro volto a garantire i propri dipendenti dai pericoli derivanti dalle attività altrui: v. P. Roja, Appalti, subappalti e doveri di coordinamento nel d.lgs. n. 494/1996, in Ig. sic. lav., 1999, p. 395.
[112] V. ora l’art. 118, c. 7, d.lgs. n. 163/2006; ritiene, peraltro, incongruente l’attribuzione di funzioni di coordinamento a soggetti diversi dal CSE anche nei cantieri ove sia prevista tale figura, istituzionalmente deputata a svolgere i compiti in questione, P. Soprani, Nuovo Codice degli appalti e sicurezza del lavoro, in Ig. sic. lav., 2006, n. 9, Inserto, p. IX, che infatti considera tali disposizioni refusi di testo relativi proprio al citato art. 18, c. 8; tuttavia, sulla scelta, operata dal d.lgs. n. 81/2008, di riconoscere dette funzioni anche al datore di lavoro dell’impresa affidataria v. infra, § 7.
[113] Antecedentemente, infatti, il modello di sicurezza partecipata di cui trattasi era previsto solo per i cantieri la cui entità complessiva presunta fosse superiore a 30.000 uomini/giorni, ossia quelli per i quali era richiesta anche la redazione del piano generale di sicurezza, poi eliminato dalla novella del 1999.
[114] In proposito, il verbo «verificare» pare debba intendersi come obbligo di trovare una conferma concreta alle disposizioni in tema di coordinamento tra i rappresentanti per la sicurezza contenute negli accordi fra le parti sociali: F. Cervetti Spriano, op. cit., p. 52; sul rapporto tra questa previsione e quella di cui all’art. 102 d.lgs. n. 81/2008, ci si permette di rinviare a C. Lazzari, op. cit., § 5, pur se relativamente alla disciplina pregressa.
[115] L. Masini, Il ruolo del coordinatore, cit., p. 221.
[116] V. Cass. pen. 7 luglio 2003, n. 28774, cit.; peraltro, secondo Cass. pen. 11 aprile 2008, n. 15268, in Ig. sic. lav. 2008, p. 434, con nota di R. Guariniello, se è vero, come affermava l’imputato in qualità di CSP e CSE, che, ai sensi dell’art. 8 d.lgs. n. 494/1996, l’esecuzione dei dispositivi di sicurezza in cantiere è compito dei datori di lavoro delle imprese esecutrici, «in una fase delicata, relativa alla posa in opera di una scala, spettava al coordinatore il controllo del procedere dei lavori, quantomeno nel prevedere concreti dispositivi che impedissero l’accesso al luogo pericoloso»; v. pure Cass. pen. 4 luglio 2008, n. 27442, in Dir. prat. lav. 2008, p. 1872, con nota di R. Guariniello, che giudica «riduttiva» la tesi del ricorrente, giusta la quale non può esigersi dal CSE l’obbligo di vigilare quotidianamente sulle singole attività eseguite dai dipendenti dell’impresa appaltatrice, o quello di controllare l’idoneità e l’efficienza dei dispositivi di sicurezza individuali ed il loro corretto uso quotidiano da parte degli operai, essendo stata questa figura introdotta per ridurre od eliminare i rischi interferenziali dovuti alla presenza, nel medesimo cantiere, di più realtà aziendali.
[117] Insiste sul punto P. Soprani, TU sicurezza: statuto dell’impresa e del lavoro autonomo, in Ig. sic. lav., 2008, p. 393.
[118] Peraltro, secondo P. Soprani, Salute e sicurezza nei cantieri, cit., p. 382, tale definizione si mostrerebbe insoddisfacente, perché non idonea a comprendere l’ipotesi della cd. «impresa intermediatrice», non direttamente coinvolta nell’esecuzione dei lavori affidati; pertanto, ad avviso dell’A., l’impresa affidataria acquisterebbe rilievo, ai fini della tutela delle condizioni di lavoro, solo in quanto anche esecutrice: v. Id., TU sicurezza, cit., pp. 391-392; tuttavia, secondo L. Poniz, op. cit., p. 386, l’innovazione, derivante dalla combinazione dell’art. 89, c. 1, lett. i), con gli obblighi di cui all’art. 97, risiederebbe proprio «nella circostanza che questi ultimi stanno in capo al titolare dell’impresa affidataria per il solo fatto di essere questa titolare del contratto di appalto, a prescindere, dunque, dalla concreta operatività come impresa appaltatrice principale. Perché, se così fosse soltanto, e cioè operasse direttamente, anche avvalendosi di sub-appaltatori e lavoratori autonomi…», non si registrerebbero sostanziali novità operative rispetto ai principi di cui ai d.lgs. nn. 494/1996 e 626/1994, «laddove, invece, la novità esiste, ed assume rilievo, in relazione al fatto che lo schema organizzativo tracciato dal (nuovo) art. 97 sembra dover operare in relazione ad ogni rapporto di appalto e subappalto…».
[119] Al riguardo, in ordine al riferimento all’art. 95, merita ricordare che gli obblighi sanciti da tale norma gravano sui datori di lavoro delle imprese esecutrici «ciascuno per la parte di competenza», sicché appare più che opportuna la previsione di un’attività di coordinamento quale quella qui considerata. Circa il rinvio all’art. 96, va rilevato che gli obblighi ivi statuiti sono ora direttamente riferibili anche ai datori di lavoro delle imprese affidatarie, ai quali è altresì imposto il dovere di coordinamento ex art. 97, c. 3, lett. a).
[120] V. art. 101, c. 3, d.lgs. n. 81/2008.
[121] V. già supra, § 6; in argomento v. anche infra, § 8; la «verifica di congruenza» demandata all’affidatario dei lavori sembrerebbe invece oggetto, più limitatamente, di un’obbligazione di mezzi; sul rapporto fra detta verifica e quella «di idoneità», di competenza del CSE, v. P. Soprani, TU sicurezza, cit., p. 394, per il quale «mentre la prima esprime concettualmente il modo di svolgimento logico-razionale della catena del subappalto, la seconda pone in evidenza la “relazione di coerenza” che deve sussistere tra il PSC e ciascun POS».
[122] È comunque fatta salva la previsione di cui all’art. 96, c. 2, del medesimo decreto, concernente l’esonero, alle condizioni ivi indicate, dall’adempimento degli obblighi posti dall’art. 26, c. 1, lett. b), e c. 3, relativi, rispettivamente, alle informazioni sui rischi ambientali e sulle misure di prevenzione e di emergenza, ed alla redazione del Duvri in materia di rischi interferenziali.
[123] C. Catanoso, op. cit., p. 635.
[124] V. P. Soprani, TU sicurezza, cit., p. 393.
[125] V. supra, § 6.
[126] Per un caso di omesso adeguamento del PSC a seguito di modifiche intervenute successivamente rispetto all’iniziale programmazione dei lavori v. Cass. pen. 26 maggio 2004, n. 24010, cit.; v. anche Cass. pen. 2 febbraio 2005, n. 3447, in Ig. sic. lav. 2005, p. 231, con nota di R. Guariniello.
[127] F. Cervetti Spriano, op. cit., p. 51.
[128] V. supra, § 2, cui si rinvia anche per l’analisi del rapporto fra l’art. 92, c. 2, e l’art. 90, c. 11.
[129] L’art. 131, c. 4, d.lgs. n. 163/2006 riconosce la facoltà di presentare proposte di modificazioni o integrazioni sia per adeguare i contenuti del PSC alle tecnologie proprie dell’impresa che per garantire il rispetto delle norme prevenzionali eventualmente disattese nel piano stesso. Quest’ultima precisazione, il cui ambito d’operatività è da ritenersi ancora una volta limitato al profilo della sicurezza cd. extra-aziendale, essendo le imprese già tenute a rispettare la disciplina di prevenzione concernente il rischio cd. intra-aziendale (v. anche P. Soprani, La nuova legge, cit., p. XXIV), ha peraltro indotto certa dottrina a paventare il pericolo di una deresponsabilizzazione del CSP, magari tentato di non adempiere correttamente ai propri obblighi confidando nell’intervento delle imprese esecutrici (A. Ferruti, La sicurezza sul lavoro negli appalti pubblici dopo la legge Merloni ter, in Dir. rel. ind., 1999, p. 374, nota 16, pur se con riguardo all’art. 31, c. 2-bis, l. n. 109/1994).
[130] V. prima l’art. 31, c. 1-bis, lett. a), l. n. 109/1994, ed oggi l’art. 131, c. 2, lett. a), d.lgs. n. 163/2006.
[131] Ossia l’impresa appaltatrice: v. Cass. pen. 10 maggio 2006, n. 15927, cit.; peraltro, sarebbe stato formalmente più corretto modificare l’art. 100, c. 5, sostituendo il riferimento all’«impresa che si aggiudica i lavori» con quello all’«impresa affidataria», stante la nuova definizione che della stessa è data dall’art. 89, c. 1, lett. i), sulla quale v. supra, sub § 7.
[132] V. supra, specie sub § 6.
[133] V. già A. Culotta - M. Di Lecce - G. Costagliola, op. cit., p. 236; M. Lai, op. cit., p. 446.
[134] In argomento v., con riguardo alla disciplina previgente, F. Focareta, op. cit., p. 990; G. Marchianò, Le figure professionali dalla «Direttiva cantieri: D.L. 494/96», in Dir. econ., 1998, p. 77; G. Porreca, Sicurezza nei cantieri: una proposta di modifica, in Ig. sic. lav., 1998, pp. 56-57.
[135] V. già supra, § 7.
[136] Cfr. G. Lusardi, Coordinatori per l’esecuzione, occhio ai controlli in cantiere, in Amb. sic. lav., 2005, n. 10, p. 12, seppure con riferimento al piano di cui all’art. 18, c. 8, l. n. 55/1990.
[137] V. supra, § 7, ed ivi per l’analisi del rapporto tra l’art. 97, c. 3, lett. b), e l’art. 92, c. 1, lett. b).
[138] Il comma prosegue precisando che «i lavori hanno inizio dopo l’esito positivo delle suddette verifiche che sono effettuate tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni dall’avvenuta ricezione».
[139] V. infra, § 10.
[140] V. pure P. Soprani, Il decreto Bersani sui cantieri edili e la sicurezza sul lavoro, in Ig. sic. lav., 2006, p. 638; Id., Cantieri edili: tutela della salute e contrasto al lavoro nero, in Dir. prat. lav., 2007, p. 337, sebbene con riferimento al rapporto fra l’art. 5, c. 1, lett. e), d.lgs. n. 494/1996 e l’art. 36 bis, c. 1, l. n. 248/2006.
[141] V. P. Soprani, L’obbligo di segnalazione e di comunicazione del coordinatore per l’esecuzione, in Ig. sic. lav., 2005, p. 566.
[142] P. Soprani, Divieto di ribasso d’asta, cit., p. 596.
[143] L. Poniz, op. cit., p. 390.
[144] Così, condivisibilmente, C. Catanoso, op. cit., p. 633.
[145] Ma v. già l’art. 5, c. 2, d.P.R. n. 547/1955.
[146] L. Poniz, op. loc. ult. cit.
[147] Così P. Soprani, op. loc. ult. cit.
[148] L’originaria disgiuntiva è stata infatti sostituita dalla congiunzione «e» a seguito dell’accoglimento, da parte dell’Esecutivo, dell’emendamento proposto in tal senso dalla Conferenza Stato-Regioni nel parere, formulato in data 12 marzo 2008, sul decreto legislativo approvato in via preliminare dal Governo il 6 marzo.
[149] V. anche P. Soprani, L’obbligo di segnalazione, cit., p. 566.
[150] Cass. pen. 21 gennaio 2005, n. 722, in Ig. sic. lav. 2005, pp. 563 ss., con commento di P. Soprani, L’obbligo di segnalazione, cit., il quale criticamente osserva (p. 568) che «il meccanismo della segnalazione-proposta non ha la funzione di fronteggiare le situazioni di pericolo grave e imminente per la sicurezza e la salute dei lavoratori, giacché a tale finalità è specificamente deputata la previsione della successiva lett. f)….; cosicché è improprio e giuridicamente errato ritenere - come argomentano i giudici di legittimità - che “quanto prima si comunica, tanto più si tutela”. Invero l’art. 5, lett. e) non prevede l’intervento obbligatorio da parte degli organi di vigilanza, né tantomeno fissa i tempi di tale ipotetico intervento»; l’osservazione, testualmente riferita al precedente art. 5, c. 1, lett. e), d.lgs. n. 494/1996, risulta ancora oggi condivisibile.
[151] In proposito, merita ricordare che, in virtù dell’art. 93, c. 1, secondo periodo, d.lgs. n. 81/2008, «il conferimento dell’incarico al responsabile dei lavori non esonera il committente dalle responsabilità connesse alla verifica degli adempimenti degli obblighi» di cui, tra l’altro, all’art. 92, c. 1, lett. e).
[152] P. Soprani, L’obbligo di segnalazione, cit., pp. 566-567.
[153] Invero, l’art. 5, c. 1, lett. e), d.lgs. n. 494/1996, nella versione antecedente alla novella del 1999, subordinava detto intervento alla presenza di «gravi inosservanze», per tali intendendosi, nell’attesa dell’emanazione dell’apposito decreto, la «reiterata violazione di norme punite con la sanzione dell’arresto fino a sei mesi»; sui problemi ermeneutici nati con riguardo a questa disposizione ci si permette di rinviare a C. Lazzari, op. cit., § 7, ed ivi per ulteriori riferimenti bibliografici.
[154] Peraltro, in via interpretativa si era comunque tentato di affermare una responsabilità del committente a titolo di colpa, qualora fosse stata data prova del nesso causale fra l’omessa adozione del provvedimento proposto e l’infortunio subìto dal lavoratore: v. F. Cervetti Spriano, op. cit., p. 53.
[155] Sembrerebbe così essere stata introdotta una clausola legale di risoluzione idonea a permettere al committente di rivolgersi immediatamente al giudice ed ottenere lo scioglimento del contratto invocando una causa diversa dall’inadempimento del medesimo: cfr. già A. Brignone, Sicurezza nei cantieri: il ruolo della committenza, in Dir. prat. lav., 1996, p. 3137; M. Giudici, Sicurezza nei cantieri, cit., p. XIII.
[156] L. Angiello, La sicurezza nei cantieri temporanei o mobili: alcune osservazioni, in Resp. civ. prev., 1997, p. 1275; in proposito, mentre la sospensione dei lavori pare costituire un provvedimento di natura provvisoria, riguardante sia l’opera nel suo complesso, che una parte dei lavori (in assenza di interferenze di rischio con altre attività), l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi, invece, non determina la chiusura di tutto o parte del cantiere, ma solo l’esclusione dei soggetti inadempienti: F. Cervetti Spriano, op. cit., p. 53.
[157] Peraltro, per un tentativo di confutazione di tali dubbi, v., con riferimento alla situazione normativa precedente, V. Pasquarella, op. cit., p. 1025.
[158] P. Soprani, L’obbligo di segnalazione, cit., p. 567; v. anche C. Catanoso, op. cit., p. 634; A. Moccia, op. cit., p. 193.
[159] A. Bisignano, Dieci anni nel diritto vivente, cit., p. 392.
[160] Così C. Catanoso, op. loc. ult. cit.
[161] Per un’applicazione di tale norma v. Cass. pen. 26 maggio 2004, n. 24010, cit.
[162] I requisiti della gravità e dell’imminenza debbono entrambi sussistere ed essere percepiti come tali, benché da ciò derivi inevitabilmente un certo margine di discrezionalità che potrebbe esporre il coordinatore alla richiesta di eventuali danni da parte di imprese esecutrici, lavoratori autonomi e committente (v. V. Pasquarella, op. cit., p. 1026), o alle conseguenze di una diversa valutazione dei predetti parametri ad opera dei giudici (v. Cass. pen. 18 maggio 2007, n. 19389, in Ig. sic. lav. 2007, p. 469, con nota di R. Guariniello).
[163] V. anche P. Soprani, Datore di lavoro e coordinatore per l’esecuzione: una questione più di gestione che di presenza, in Ig. sic. lav., 2005, p. 201.
[164] In argomento v. L. Masini, Il ruolo del coordinatore, cit., p. 218; P. Soprani, op. ult. cit.; sul tema v. pure le menzionate Linee guida per l’applicazione del d.P.R. n. 222/2003 (v. supra, nota 6), le quali, pur ritenendo arbitraria ogni quantificazione, suggeriscono «che il numero minimo di visite che il CSE dovrà effettuare in cantiere sia…correlato almeno al numero di fasi critiche risultanti dal cronoprogramma dei lavori».
[165] Cass. pen. 19 maggio 2005, n. 1238, in Ig. sic. lav. 2005, p. 197, con commento di P. Soprani, Datore di lavoro e coordinatore, cit., il quale sottolinea il carattere innovativo di tale orientamento (p. 202).
[166] P. Soprani, Datore di lavoro e coordinatore, cit., rispettivamente p. 202 e p. 199.
[167] Da ritenersi necessaria ad substantiam: F. Cervetti Spriano, op. cit., p. 54.
[168] A. Moccia, op. cit., p. 194.
[169] Critico su tale depenalizzazione P. Soprani, Salute e sicurezza nei cantieri, cit., p. 381.
[170] Il legislatore non ha, invece, ritenuto necessario precisare (come, al contrario, l’art. 7, par. 2, direttiva n. 92/57/Cee) che la nomina del CSP e del CSE non incide sulla configurabilità di eventuali responsabilità in capo ai datori di lavoro, essendo consolidato principio dell’ordinamento la distinzione fra questi ultimi, già tenuti, come più volte evidenziato, al rispetto della normativa prevenzionale, ed i soggetti che controllano la sicurezza in cantiere per conto del committente, quali i coordinatori di cui trattasi: v. F. Cervetti Spriano, op. cit., p. 61.
[171] V. pure V. Pasquarella, op. cit., p. 1028, sebbene con riferimento al pregresso quadro normativo.
[172] Sui quali v. supra, nota 88.
[173] V. P. Soprani, Le interpretazioni, cit., p. 106; v. anche G. De Falco, Il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e la sicurezza nei cantieri, in Cass. pen., 1997, p. 2935; contra G. Caserta - R. Cosio - A. Leonardi, Sicurezza nei cantieri temporanei o mobili. Evoluzione e applicazione della normativa, in Ig. sic. lav., 1998, n. 1, Inserto, p. XIII; V. Pasquarella, op. loc. ult. cit.
[174] In generale, sembra dunque doversi escludere una responsabilità per la specifica attività professionale del coordinatore, od in presenza di un fatto occasionale non conosciuto, né conoscibile (W. Saresella, op. cit., p. 468), o, ancora, in caso di nomina di persona non in possesso dell’abilitazione richiesta, quando l’errore non sia frutto della colpa del designante, ma dell’attività dolosa del soggetto prescelto (F. Cervetti Spriano, op. cit., p. 90). La conclusione pare invece diversa qualora, in caso d’inerzia od inefficienze riscontrate, non si sia provveduto immediatamente a rimuovere il soggetto inidoneo, con contestuale sostituzione del medesimo.
[175] A. Moccia, op. loc. ult. cit.; in proposito, tuttavia, v. Cass. pen. 20 febbraio 2008, n. 7714, in Dir. prat. lav. 2008, p. 1056, con nota di R. Guariniello, secondo la quale, con il menzionato art. 6, c. 2, «il legislatore del 1999 ha ritenuto opportuno non solo delineare in termini più specifici gli obblighi dei committenti e dei responsabili dei lavori, ma anche ampliarne il contenuto statuendo che essi sono tenuti a svolgere una funzione di super-controllo» sui coordinatori.
[176] Sui quali v. supra, sub §§ 6 e 8.
[177] P. Soprani, Un contributo alla progettazione in sicurezza?, in Ig. sic. lav., 2006, n. 6, Inserto, p. XIII.
[178] A. Bisignano, Il fascicolo tecnico, cit., p. 647.
[179] Cfr. M. Lai, op. cit., p. 447; e ciò in conformità all’art. 7, par. 1, direttiva n. 92/57/Cee, che parrebbe prospettare una responsabilità alternativa fra le due figure (i. e.: committente o responsabile dei lavori): cfr. F. Cervetti Spriano, op. cit., p. 59; la versione originaria dell’art. 6, c. 2, d.lgs. n. 494/1996, antecedentemente alla novella del 1999, prevedeva, invece, una responsabilità cumulativa di entrambi i soggetti.
[180] V. anche A. Bisignano, Statuto funzionale, cit., p. 403.
[181] Infatti - lo si è già osservato (v. supra, sub § 5) - la norma definisce il responsabile dei lavori come il «soggetto incaricato, dal committente, della progettazione o del controllo dell’esecuzione dell’opera…», laddove il legislatore del 1999 parlava di «soggetto che può essere incaricato…».
[182] Argomenti in tal senso potrebbero forse trarsi anche dall’attuale formulazione del punto 2.1.2, lett. b), dell’allegato XV al d.lgs. n. 81/2008, a proposito degli elementi da indicare nel PSC, nella quale, a differenza della disposizione di cui all’art. 2, c. 2, lett. b), d.P.R. n. 222/2003 («…indicazione dei nominativi dell’eventuale responsabile dei lavori…»), non compare più l’aggettivo «eventuale»; pongono il problema dell’obbligatorietà della nomina del responsabile dei lavori M. Masi - A. Andreani (a cura di), Sicurezza nei cantieri, in Guida dir.-Le guide operative, 2008, maggio, p. 63; si pronunciano espressamente per la sua facoltatività A. Bisignano, Statuto funzionale, cit., p. 397, p. 403; C. Catanoso, op. cit., p. 630; L. Poniz, op. cit., p. 384; contra la circolare di Confindustria del maggio 2008 Testo Unico delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Prima illustrazione del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in Bollettino Adapt, 2008, n. 21; sembra propendere per il carattere necessitato della medesima anche G. Rapuano, op. cit., p. 545, benché l’A. riconosca l’impossibilità di addivenire ad un’interpretazione certa dell’obbligo di designazione.
[183] V. circ. Min. Lav. 18 marzo 1997, n. 41; A. Culotta - M. Di Lecce - G. Costagliola, op. cit., p. 221.
[184] V. anche A. Bisignano, Statuto funzionale, cit., p. 403.
[185] V. supra, § 2.
[186] V. P. Pascucci, op. cit., p. 10, p. 16; non a caso, si è anche dibattuto «sull’opportunità di adottare provvedimenti così delicati a Camere oramai sciolte»: così M. Tiraboschi, La tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro alla prova del «Testo Unico», in Id. (a cura di), op. cit., p. 9.
[187] In questi termini, condivisibilmente, P. Soprani, TU sicurezza, cit., p. 396; sul tema v. anche supra, § 7.
[188] V. supra, specie sub §§ 6 e 9.
[189] Condivide l’assunto L. Poniz, op. cit., p. 390.