SENATO DELLA REPUBBLICA
XVII LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

 

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro


Seduta n. 6, martedì 11 novembre 2014

 

Audizione del presidente dell'ANMIL


Presidenza della presidente FABBRI

Interviene il presidente dell'ANMIL, dottor Franco Bettoni, accompagnato dall'amministratore delegato ANMIL Sicurezza, dottoressa Maria Giovannone.

SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI

PRESIDENTE
Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso il resoconto stenografico nonché, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo. Poiché non vi sono obiezioni, resta così stabilito.

PROCEDURE INFORMATIVE
Audizione del presidente dell'ANMIL, Franco Bettoni

PRESIDENTE
L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'ANMIL, dottor Franco Bettoni, che è accompagnato dall'amministratore delegato ANMIL Sicurezza, dottoressa Maria Giovannone.
Ho avuto il piacere e l'onore di conoscere il dottor Bettoni in occasione della recente Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, celebrata a Firenze.
Ricordo che la Commissione sta procedendo ad un ciclo di audizioni, nell’ambito del quale, per altro, ha già avuto modo di ascoltare il Ministro del lavoro, i rappresentanti dell'INAIL e quelli della vostra Associazione.
Visto che abbiamo costituito anche alcuni gruppi di lavoro dedicati al tema della sicurezza, in questi giorni stiamo organizzando - come concordato in sede di Ufficio di Presidenza - l’audizione del Ministro della salute e dei rappresentanti delle parti sociali per far sì che, da gennaio prossimo, si possa iniziare un lavoro propositivo, oltre che mirato a conoscere e a ragionare sui casi di incidenti mortali che si sono purtroppo verificati in questi mesi e sui quali abbiamo chiesto informative alle prefetture e alle autorità competenti.
Do quindi la parola al dottor Bettoni.

BETTONI
Presidente, ringrazio la Commissione per aver voluto audire la nostra Associazione, che da 71 anni si occupa di vittime di incidenti sul lavoro. Chi vi parla è una persona che ha avuto personalmente un incidente, come tante migliaia di lavoratori, per non parlare poi delle tante persone che hanno perso dei propri cari e dei figli sul lavoro. Tutto quello che diciamo, quindi, non lo abbiamo letto sui libri, ma lo abbiamo provato dentro e fuori di noi, perché anche le nostre famiglie ne hanno subito le conseguenze.
L'ANMIL è un'associazione nata nel 1943, che si occupa delle vittime di incidenti sul lavoro, di diritti e tutela dagli incidenti sul lavoro, delle malattie professionali e dei familiari delle vittime.
L'Associazione è presente su tutto il territorio nazionale, con 500 sedi fra quelle regionali, sottosezioni, delegazioni e fiduciariati. Purtroppo - è il caso di dirlo - conta più di 400.000 soci e rappresenta una categoria composta da 800.000 titolari di rendita INAIL, che non è da confondere con la pensione in quanto è il risarcimento di un danno subito.
L'Associazione ha 300 dipendenti, oltre a 5.000 volontari e 180 consulenti professionisti principalmente legali, medico-legali e psicologi. Offriamo una serie di servizi ai nostri iscritti: oltre all'attività assistenziale, promuoviamo iniziative tese a migliorare la legislazione in materia di infortuni sul lavoro e di reinserimento lavorativo, offrendo alla categoria numerosi servizi di sostegno. Siamo particolarmente impegnati nella diffusione della cultura della sicurezza e della prevenzione dei rischi sul posto di lavoro, realizzando importanti progetti finalizzati a sviluppare campagne di informazione o percorsi di formazione rivolti soprattutto ai futuri lavoratori e ai futuri imprenditori, ai giovani, alle nuove generazioni, anche grazie alla collaborazione di partner autorevoli come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Dipartimento per le pari opportunità e l'INAIL.
In questo contesto, negli ultimi anni abbiamo dedicato una particolare attenzione all'attuazione del Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, un testo di legge che abbiamo profondamente condiviso, poiché volto a garantire un cambio di passo culturale molto importante per noi che lavoriamo quotidianamente a contatto con le problematiche di vita, di cura, di inserimento dei lavoratori infortunati e delle loro famiglie.
Abbiamo fatto ciò attraverso i nostri servizi, le nostre iniziative di studio, di ricerca scientifica, di proposta normativa e di dialogo istituzionale, ma anche con campagne culturali di più ampio respiro, portando in giro per l'Italia - specie nelle scuole - la testimonianza degli infortunati e invalidi del lavoro, che sono per noi un patrimonio di vissuto personale, che può contribuire alla diffusione della cultura della sicurezza fin dai primi anni di scuola.
Oggi, a sei anni dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2008, la nostra Associazione, grazie anche alle sue continue attività di studio e di ricerca scientifica e di confronto continuo con tutti gli attori interessati, sta facendo un bilancio, dal punto di vista formale e sostanziale, sull'efficacia del testo normativo, al fine di individuare i limiti e le prospettive di possibile integrazione, riordino e razionalizzazione. Questa operazione ci pare ancor più necessaria alla luce dello scenario delineato dal disegno di legge n. 1428, ora all'esame della Camera come Atto Camera
2660, seconda parte del cosiddetto Jobs Act, dedicato alle deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.
Ebbene, anche le deleghe contenute nel citato disegno di legge, se ben costruite e attuate, possono rappresentare, a nostro avviso, un'opportunità per l'innalzamento del livello di efficacia delle tutele per i lavoratori, che ancora sconta forti limiti dal punto di vista sostanziale, specie in tempo di crisi e di recessione economica, a fronte di un quadro normativo evoluto e completo dal punto di vista formale. Ciò, sempre che le semplificazioni da esso contemplate non confliggano con l'obiettivo primario di completare l'attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008.
Agli obiettivi di semplificazione e razionalizzazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro il Jobs Act, al momento, non affianca l’obiettivo di completamento del relativo quadro normativo, operazione che pare, a nostro avviso, fondamentale.

GIOVANNONE
Presidente, vi sono ancora alcuni passi significativi da compiere. In altri termini, se il decreto n. 81 è un testo sicuramente completo da un punto di vista formale, nel nostro intervento abbiamo sottolineato, però, come vi siano ancora molte norme di tale decreto che devono essere completamente attuate. Peraltro, almeno per una ventina di questi provvedimenti erano già scaduti i termini di attuazione previsti dal decreto. Tanto meno possiamo dire che il cosiddetto decreto del fare abbia dato una spinta sostanziale alle aspettative di completamento da una parte e di semplificazione normativa dall'altra.
A nostro parere, dunque, vi è ancora molto da lavorare. Bisogna intervenire, da un lato, sulla semplificazione e sulla razionalizzazione, dall'altro, sull'attuazione di queste norme ancora sospese e che peraltro - come vedremo in alcuni punti di proposta che abbiamo segnalato nell'intervento - vertono su tematiche anche di grande rilievo. A nostro avviso, meriterebbero di essere portati avanti i lavori che sono fermi su alcune tematiche molto rilevanti. Il nostro auspicio è che tra i criteri e i principi di delega si possa prevedere qualcosa anche su questo punto.

BETTONI
Presidente, verrò ora ad alcune proposte dell'ANMIL in materia di sicurezza sul lavoro.
Alla luce di queste brevi considerazioni, riteniamo che gli obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure in materia di igiene e sicurezza sul lavoro possano rappresentare una grande occasione nella misura in cui esse possano essere gestite in modo utile, senza nulla togliere alle tutele dei lavoratori e sempre che si realizzino attraverso norme immediatamente operative, che non rinviino, a loro volta, per la loro concreta attuazione, a ulteriori provvedimenti attuativi.
D'altra parte, però, è di fondamentale importanza che il legislatore, oltre a dare corso alle deleghe, tenga anche conto dell’urgente necessità di portare a compimento l'attuazione del decreto n. 81, ancora sospesa e arenata su tematiche di grande rilievo, di cui mi limiterò a rappresentarne solo alcune, data la brevità del tempo a disposizione.
Questo complesso di norme inattuate produce effetti negativi: in primis l'assenza di tutela per i lavoratori e parallelamente la profonda incertezza nella gestione della prevenzione da parte dei datori di lavoro. È necessario pertanto contribuire (ove possibile, anche attraverso dei principi e dei criteri direttivi da inserire nelle deleghe previste nel Jobs Act), con maggiore impegno e in tempi brevi, all'adozione dei provvedimenti mancanti e all'effettiva attuazione di quelli già adottati; ciò, anche alla luce degli obiettivi assegnati dall'Unione europea nel Piano sicurezza europeo
2014-2020.
Più in particolare, proprio nell'ottica della buona semplificazione e del completamento del quadro normativo in materia, riteniamo, ad esempio, che la formazione per la sicurezza possa svolgere un ruolo ancor più cruciale, ruolo che - sebbene opportunamente riformulato dagli accordi Stato-Regioni del 2011 - ancora sconta il limite degli eccessivi formalismi burocratici, a scapito dell'effettiva capacità di modificare positivamente e in modo sicuro i comportamenti delle persone. Spesso, infatti, la formazione è concepita dai datori di lavoro come un mero costo da contenere il più possibile ed vissuta dai lavoratori come un adempimento formale di cui si acquisisce poco nell'immediato e si conserva ancor meno col passar del tempo.
Il problema non è solo legato al numero di ore e agli specifici contenuti - ancora insufficienti per alcuni settori o tipologie di rischio - o alla professionalità dei soggetti erogatori dei percorsi formativi, ma riguarda anche le metodologie didattiche impiegate.
Già da alcuni anni, in via sperimentale, la nostra Associazione si è avvalsa infatti del supporto di testimonial della sicurezza. Si tratta di infortunati e invalidi del lavoro che, opportunamente formati, sono in grado di raccontare l'esperienza del loro infortunio o della loro malattia professionale trasmettendo all'uditorio un impatto emozionale così forte da incidere in modo concreto e positivo sulla sicurezza dei comportamenti nel breve e nel lungo periodo.
Personalmente, ho subito l'infortunio a 14 anni. A 20, 25 anni ho iniziato a parlarne ai ragazzi nelle scuole e oggi, che ho molti più anni, mi capita di incontrare quegli stessi ragazzi che ancora ricordano la mia storia, che è analoga a quella di tanti ragazzi e ragazze (ricordo che la percentuale di infortuni fra le donne è in aumento) che, come me, sono stati vittime di incidenti. Racconto con emozione (la stessa che sto provando anche ora) ciò che è capitato durante e dopo l'incidente, situazione comune a molte famiglie, e ciò fa riflettere.
Ricordo l'esperienza legata all'università di Teramo dove degli esperti parlavano del decreto legislativo n. 626 del 1994 davanti a più di 1.200 persone fra il brusio generale. Quando sono intervenuto per portare la mia testimonianza e quella di una ragazza infortunata sul lavoro è sceso il silenzio per 20 minuti fra quei ragazzi che si sono messi nella condizione in cui ero io a 15 anni e la ragazza a 16 anni, che si è infortunata subendo, dalla mattina alla sera, uno stravolgimento della sua vita. Credo che questo sia il valore delle testimonianze. Scusatemi per l'emozione.
A nostro avviso, questo dovrebbe essere un imprescindibile segmento integrativo, non di certo sostitutivo, delle metodologie didattiche tradizionali previste per legge, in virtù del quale i percorsi obbligatori potrebbero essere arricchiti con un numero di ore dedicate all'ascolto frontale del racconto di un infortunato o di un invalido del lavoro.
In questa ottica e alla luce dei numerosi progetti portati avanti in tutta Italia con il supporto dei nostri testimonial, siamo altresì convinti della necessità di dare maggior vigore all'attuazione dell'articolo 11, comma 1, lettera c) del Testo unico di salute e sicurezza sul lavoro che prevede l'integrazione, nei percorsi e nei programmi scolastici di vario grado, degli elementi fondamentali di salute e sicurezza sul lavoro. Noi facciamo questo da anni con progetti come SILOS e Icaro (giusto per citarne alcuni), poiché partiamo dalla convinzione che la sicurezza non costituisca un tema sociale tra i tanti, ma rappresenti un elemento fondante di qualsiasi percorso formativo di un futuro lavoratore e quindi un contenuto essenziale dell'apprendimento scolastico.
L'aspetto strategico della riflessione alla base dei nostri progetti è che la sicurezza non costituisca un ambito d'attività esclusivo di specialisti tecnici e normativi, ma un saper essere, un'abilità trasversale. In questo senso la sicurezza non necessita di essere concepita come specifica materia di studio, ma come percorso in grado di contaminare tutte le materie curricolari in un'ottica interdisciplinare. Fare questo, dunque, non significa sottrarre spazio e tempo alle lezioni e allo studio individuale, ma rafforzare i contenuti delle singole materie attraverso il tema della sicurezza a 360 gradi.

GIOVANNONE
Presidente, ci sono altri punti e altre disposizioni del decreto legislativo n. 81 che ancora risultano sospese. Un esempio riguarda il cosiddetto sistema di qualificazione delle imprese dei lavoratori autonomi, previsto nell'articolo 27 dello stesso decreto. Si tratta di una disposizione molto importante e innovativa volta ad innalzare, anche dal punto di vista sostanziale, i livelli di sicurezza perché guarda al possesso da parte delle imprese di standard non solo formali, ma anche sostanziali e organizzativi. Siamo rammaricati per il fatto che, al di là del decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 2011 sugli ambienti confinati, tale disposizione sia rimasta lettera morta.
Non può essere neppure dimenticato il grande lavoro che ha svolto la commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro nel corso dei suoi due anni di attività e che è culminato nella redazione di un testo ben articolato e dettagliato per l'individuazione dei settori e dei criteri di qualificazione delle imprese (fra questi anche il settore edilizio). Purtroppo, al riguardo non ci sono novità, ancorché si tratti di un tema a cui l'Associazione tiene molto.
In materia poi di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro, nell'ambito dell'articolo 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008, riteniamo che - oltre ai rischi particolari espressamente contemplati riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari (tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro) - si possa dare un contributo al rafforzamento delle tutele prevedendo un ampliamento della lista dei rischi particolari da valutare sul posto di lavoro. Oggi ci sono rischi nuovi e crescenti. Fra questi abbiamo individuato anche i cosiddetti rischi di security aziendale che derivano da attività criminose di terzi che possono ledere gli stessi lavoratori, come in caso di rapina.
Visto inoltre che nel Jobs act si fa riferimento, almeno in linea di principio, alla razionalizzazione dell'attività di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro della persona, riteniamo che, in tema di valutazione dei rischi, sia necessaria una previsione specificamente dedicata alla tutela della salute e della sicurezza e all’organizzazione del lavoro delle persone disabili in generale che, nel momento in cui rientrano nel luogo di lavoro, sono esposte a rischi particolari perché sicuramente più vulnerabili.
Vi è poi una tematica molto importante di cui abbiamo parlato nella fiera sulla sicurezza a Bologna e che è quella relativa all'utilizzo di alcool e stupefacenti nei luoghi di lavoro. Il decreto legislativo n. 81, all'articolo 41, prevede la ridefinizione, entro un certo termine, della materia con il coinvolgimento del Ministero della salute. Anche questo tema è rimasto sospeso, nonostante sia un fenomeno complesso, di difficile gestione e dilagante per lavoratori e datori di lavoro.
Infine, come emerge dai dati del rapporto INAIL dello scorso anno e di quello in corso, vi è il tema delle nuove malattie professionali che, come sappiamo, sono in aumento. Fra queste, in particolare, emergono nuove patologie legate ai disturbi muscolo-scheletrici e malattie a carico dell'apparato osseo articolare e muscolare. Su tale materia un anno fa abbiamo condotto una ricerca empirica in collaborazione con l'Università di Milano e riteniamo che nell'ambito del decreto legislativo n. 81, in particolare al Titolo VI relativo alla movimentazione della mole di carichi, si possa prevedere qualche intervento. Questi sono solo alcuni spunti su cui riflettere. Passo quindi nuovamente la parola al presidente dell'Associazione, dottor Bettoni.

BETTONI
Presidente, questi sono alcuni spunti che l'ANMIL ritiene possano ispirare il legislatore nel prosieguo della sua attività di regolamentazione del lavoro. Di conseguenza, anche la strategica articolazione delle deleghe nel Jobs act, alla luce di quanto sopra esposto, può essere una grande opportunità per completare quello che precedenti Governi hanno iniziato in tema di sicurezza, lavoro e disabilità.
Inoltre, come Associazione, ci tengo a far presente che siamo assolutamente disponibili a dialogare con le istituzioni e, in particolare, a fornire alla Commissione tutto il nostro contributo per supportarla nell'individuazione degli elementi necessari per il completamento e il miglioramento della normativa vigente, anche al fine di consentire una sua più efficace traduzione in termini operativi. Speriamo ciò sia d'aiuto.
Chi vi parla lo fa a nome di vittime di incidenti. Abbiamo bisogno che su alcune cose che chiediamo da anni sia posta attenzione da parte vostra per aiutarci. Noi facciamo quello che possiamo. Siamo in giro tutto il giorno e ci impegniamo, ma al centro della questione ci sono persone e famiglie. Pensate a questo e aiutateci.

PRESIDENTE
Ringrazio il dottor Bettoni e la dottoressa Giovannone anche per la loro empatia. Penso sempre che nel lavoro non razionalizzare ciò che viene detto e slegarlo dall'impatto emozionale determini un decremento in termini di efficacia. Tra l'altro, ognuno di noi ha una vita precedente, un lavoro precedente. Nel mio piccolo, ho lavorato nel mondo delle imprese e anche molto con le scuole riportando testimonianze dirette. Dobbiamo pensare, infatti, a una nuova generazione di lavoratori (imprenditori e lavoratori dipendenti) che abbia una consapevolezza profonda.
Prima di lasciare la parola ai commissari per le domande, vorrei fare una riflessione, proprio perché il tema della formazione è dirimente rispetto alla cultura e al tasso di civiltà del nostro Paese. In un passaggio del suo intervento, la dottoressa Giovannone ha ricordato che la Conferenza Stato- Regioni ha visto siglare un accordo sulla formazione. Se non ricordo male però - se non è così può correggermi - tre Regioni non hanno siglato questo accordo. Pongo questa domanda perché con gli uffici della Commissione stiamo predisponendo una lettera di sollecito ai presidenti delle tre Regioni; ovviamente, qualora non vi fosse risposta, riterrei importante audire i presidenti delle Regioni interessate e gli assessori competenti.

FUCKSIA
Presidente, ringrazio anch’io moltissimo il presidente Bettoni e la dottoressa Giovannone. Sicuramente, l'importanza della testimonianza vale più di 10.000 libri. Ricordo alcune lezioni avendo partecipato a questi progetti di formazione. L'attenzione e il coinvolgimento dei ragazzi sulla materia, l'interesse per storie veramente accadute, anche grazie ai bellissimi video da voi realizzati, valgono più di tante lezioni vuote, astratte, spesso noiose e anche decontestualizzate.
Secondo me, la scuola è veramente l'obiettivo primo per la formazione. Si dovrebbe arrivare al riconoscimento di un diploma per i ragazzi formati nella sicurezza perché fare lezioni dettagliate, nelle fabbriche e nelle aziende, spesso rappresenta un aggravio ingiusto per l'impresa che non è un'università, non è una scuola; deve formare al rischio specifico ma non deve fornire quelle nozioni fondamentali che la scuola invece dovrebbe dare, perché su questo fronte dovremmo essere tutti preparati. Analogamente, è imbarazzante, alcune volte, fare dei corsi a ingegneri formati.
Forse l'accordo tra Stato e Regioni ha previsto tante ore di formazione ma non ha guardato alla qualità della formazione. Sarebbe carino interrogare, fare una verifica sulla formazione. La questione non riguarda le ore ma la qualità e la cultura ,che va acquisita nel tempo. In questo senso, voi avete svolto sempre un ottimo lavoro, anche perché, purtroppo, portate dati relativi a episodi che non sono andati come dovevano.
Ho apprezzato molto anche il riferimento al DPR n. 177 del 2011, agli ambienti confinati e al problema del lavoro autonomo e del lavoro solitario. Ricordo uno studio dell'ISPES che riportava che, su 30 incidenti,
43 morti riguardavano queste situazioni particolari. È inutile imporre obblighi alle aziende, anche piccole, senza poi considerare tutti i lavoratori autonomi che, sul luogo di lavoro, non hanno obbligo di formazione, di visita o di valutazione. Quella è una fetta di lavoratori ad alto rischio, ad alta vulnerabilità.
Per il resto, nel decreto legislativo n. 81 si dice di valutare tutti i rischi. Quindi, la decisione sta al buon valutatore, a chi fa la valutazione, perché ogni azienda presenta dei rischi specifici e la legge impone di prevenire quei rischi e non certo di copiare i comportamenti di aziende che ne presentano altri. In questo voi dovete aiutarci, perché valutazione di rischi significa valutazione per mansione di ogni lavoratore di una azienda specifica, e non mero trasferimento di carte. È necessario passare dalle carte sulla sicurezza alla sicurezza vera.
Anche lo stress lavoro-correlato implica rischi verso terzi, comprendendo nel dettaglio anche le rapine, senza dover con ciò normare, perché altrimenti ci perderemmo in cavilli e ci sfuggirebbe l'essenza del problema. Le malattie muscolo-scheletriche sono inserite in tabella ed è recente l'aggiornamento delle malattie professionali; anche in questo caso, però, vi sono molte criticità ed elementi da correggere.
Il percorso dell'invalido è un percorso particolare. L'idoneità al lavoro comprende l'idoneità della persona con tutte le sue vulnerabilità: anche quelle legate all'età che aumenta. Una persona di una certa età è più vulnerabile, una persona con invalidità lo è ancora di più. Secondo me, l'input deve essere quello di creare un ambiente di lavoro a misura di chi è debole, di chi è invalido, in base a un approccio di tipo ergonomico che creerà un ambiente adatto e sicuro anche per chi non ha limitazioni.
In conclusione, la mia non è una domanda ma un invito a collaborare e un apprezzamento per il lavoro importante che svolgete.

D'ADDA
Presidente, ringrazio l'ANMIL per la sua presenza, anche perché ha dato sicuramente qualcosa in più: oltre a una esposizione materiale, anche un contributo spirituale.
A chi, come me, proviene da una provincia ex ricca (perché definire oggi le province del Nord ricche sarebbe una presa in giro), è capitato anche di avere amici morti sul luogo di lavoro, oltre ad avere vissuto delle tragedie; in questi casi le famiglie vengono devastate.
Fatta questa premessa, vorrei porre alcune domande. Innanzi tutto vorrei sapere se disponete ora (in caso contrario, potete trasmetterli successivamente alla Presidenza) di dati aggiornati sulle morti e sulle invalidità dai quali si evinca un calo o un aumento degli incidenti dipendente dalla crisi e dalla mancanza di lavoro, ovvero se si sta procedendo in termini strutturali in una direzione positiva.
Sono molto d'accordo con chi insiste sulla prevenzione nelle scuole; farò ora un’osservazione che, magari, sembra deviare leggermente rispetto all’argomento in discussione. La prevenzione è un atto dovuto ai cittadini, che riguarda loro stessi ma anche l'ambiente circostante, perché fa parte di una educazione della comunità, oltre che di una educazione civica, affinché le persone siano salvaguardate nel mondo del lavoro. È evidente, però, che nelle scuole possiamo fare una prevenzione generica. La prevenzione vera avviene quando un lavoratore, rispetto a se stesso e al tipo di lavoro che svolge, sa cosa fare. Fare il ricercatore universitario di filosofia - com’è il mio caso - non equivale a recarsi sui cantieri in edilizia. Il tipo di prevenzione che deve imparare chi lavora nei cantieri, purtroppo, è molto diversa da quella che devo imparare io. Bisogna, dunque, calarsi nelle condizioni concrete di vita e, rispetto a tali condizioni, esistono lavori obiettivamente più a rischio per quanto riguarda non solo la possibilità di perdere la vita, ma anche patologie gravi che si contraggono per incidenti occorsi sul luogo di lavoro.
Uno degli elementi fondamentali, che torna come una sorta di fantasma e sul quale immagino interverrà il senatore Barozzino, è la legge Fornero. Non mi riferisco solo all'innalzamento dell'età lavorativa a 67 anni, ma a un innalzamento progressivo della speranza di vita essendo tale legge legata ai dati ISTAT. Poiché la durata di rilevazione della vita aumenterà progressivamente, mi chiedo quale sarà il rischio quando avremo 70 anni. Un professore di filosofia può cadere dalla sedia o inciampare sui gradini. Vi riporto invece l'esempio di una persona molto intelligente (a mio avviso, molto più di alcuni professori di filosofia e di me) che a 55 anni saliva e scendeva da una struttura per sistemare la facciata del mio palazzo, che faceva già fatica a 50 anni e si chiedeva cosa sarebbe accaduto 10 anni dopo. Questo problema si pone e continuerebbe ad esistere anche se diminuisse la burocrazia. Da questo punto di vista, pertanto, sarebbe opportuno sollecitare il Governo.
L'altro problema fondamentale è il pericolo legato alla grandissima evasione presente nel nostro Paese e per recuperare questo settore completamente scoperto sono necessarie le risorse da destinare ai controlli.
Un punto su cui siete molto avanti, lo dico sulla scorta di altre audizioni svolte in Commissione lavoro, ad esempio in merito al cosiddetto Jobs act, è lo sguardo di genere che avete cominciato a dare rispetto alle problematiche che trattate, con particolare riferimento sia alle donne che oggi sono inserite nel mondo del lavoro, sia alle donne casalinghe, perché sappiamo che in casa avvengono moltissimi incidenti domestici che purtroppo causano anche dei danni rilevanti e spesso permanenti.
Ho posto, quindi, una serie di problemi che possono essere approfonditi e preludere anche ad un successivo incontro e ad un dibattito, in modo da focalizzare bene anche queste tematiche. Questa Commissione, tra l'altro, si interfaccia, pur con qualche difficoltà, che però grazie all'ottimo lavoro della Presidente viene superata, con la Commissione lavoro, proprio per produrre qualcosa di più di una tensione morale, come quella che in questo momento ci ha colti e per individuare nel Testo unico quelle normative che non sono state portate avanti e che pure possono essere utili, per recepire le vostre note e per poterle integrare nel lavoro parlamentare che ci compete.
In questo senso, non posso che associarmi alla Presidente nel dire che sarebbe bene sollecitare quelle tre Regioni che ancora non hanno aderito e capire su quali basi fondano il ragionamento su un tema che è di attualità e di importanza fondamentali.
Certamente è meglio lavorare stando attenti a quello che si fa che non lavorare, ma è anche vero che c'è sempre il rischio che, a causa della crisi, si abbia una minore percezione di quello che accade nel territorio rispetto a questa tematica e che quindi si abbiano situazioni in cui, venendo meno l'artigianato e la piccola impresa, non si riescono ad avere i dati concreti, perché si danno delle situazioni particolari.
In questo primo incontro ho posto una serie di problemi che possono preludere a una continuazione del dibattito e metterci in condizione di fare qualcosa.
Desidero, in conclusione, ringraziarvi per l'importante lavoro che svolgete.

FASIOLO
Signora Presidente, desidero associarmi agli altri colleghi nell'evidenziare come sia stato toccato un nodo centrale ed importante: quello della necessità di favorire l'approccio ad una vera cultura della sicurezza nell'ambito della scuola. Anche come ex dirigente scolastico, devo dire che questi corsi vengono svolti anche seriamente, ma cambiare la cultura sulla materia è molto difficile e questa formazione deve essere rivolta non soltanto agli studenti, ma evidentemente anche ai docenti e al personale, dove vige ancora un atteggiamento poco attento all'aspetto della sicurezza sui posti di lavoro.
Devo dire che questa è anche un'opportunità per trasferire quanto avete sottolineato all'interno della proposta sulla nuova scuola, che darà molte più possibilità agli studenti di entrare nelle aziende: si parla di 200 ore all'anno, per un triennio, negli istituti tecnici e negli istituti professionali. Questo significa instaurare un rapporto molto più intenso con le aziende e anche una più approfondita competenza, non soltanto per quanto riguarda le regole del decreto n. 81 ma, come si diceva poc'anzi, su situazioni concrete e pratiche, perché fare formazione sulla sicurezza non significa soltanto leggere e far studiare una norma, ma praticarla in situazioni concrete.
Una grossa opportunità, quindi, sarà quella offerta dal piano «Buona scuola», che prevede peraltro anche un intervento molto più semplificato del mondo associativo all'interno delle istituzioni scolastiche e questo è un altro aspetto positivo. Da un lato, quindi, vi sarà una presenza più forte e continuativa degli studenti nel mondo del lavoro; dall'altro, il mondo associativo e il mondo del lavoro saranno molto più presenti, all'interno della scuola, per implementare il tempo scuola anche in ambito pomeridiano. Vi lancio questo suggerimento per dirvi che sarà anche opportuno che voi entriate in questo nuovo contesto, quando il disegno riformatore sarà attuato, per farne parte attiva.

BAROZZINO
La ringrazio, signora Presidente. Desidero intanto esprimere il massimo rispetto per il lavoro dell'ANMIL e, per quanto mi riguarda, ancora di più per la passione dimostrata, che le assicuro, dottor Bettoni, che è l'aspetto, almeno dal mio punto di vista, che prediligo. Ho sempre pensato, senza mancare di rispetto a nessuno, che chi vive personalmente alcune realtà forse ha qualcosa in più da dare.
Lei ci ha chiesto aiuto e sono convinto che ne serva tanto. Temo però che sarà un po' difficile, non per quanto ci riguarda, perché la nostra disponibilità sarà totale, ma per tutto ciò che purtroppo sta succedendo nel mondo del lavoro.
Avendo lavorato molti anni in fabbrica, ho sempre pensato che sicurezza e diritti dei lavoratori non possano procedere su due binari diversi, ma sullo stesso binario, altrimenti il treno deraglia. Proprio per la mia esperienza di vita vissuta, nessuno cambierà questa mia convinzione. Temo che da questo punto di vista partiamo con un grosso handicap, perché in un momento così disastrato per la nostra società sappiamo cosa può accadere ai lavoratori che si espongono - di questo stiamo parlando - facendo delle denunce. Lo stiamo vedendo in questi giorni, senza voler fare polemiche: lavoratori che segnalano alcune eventuali mancanze sul fronte della sicurezza sui luoghi di lavoro vengono licenziati e sono rappresentanti dei lavoratori e a volte RLS, cioè quelli con i quali le aziende dovrebbero più collaborare.
Come lei dice giustamente, un'azienda per la quale la sicurezza sul lavoro diventa un costo è un'azienda che non ha nessuna prospettiva o le sue prospettive sono diverse da quelle dello sviluppo sociale ed economico del nostro Paese. Per questo penso che il nostro lavoro sarà difficile, ma questo non mi scoraggia e le posso fin d'ora assicurare che da parte mia ci sarà tutta la collaborazione.
Sono però abituato a guardare ai fatti: il decreto n. 81 risale al 2008 e oggi, nel 2014, è non totalmente ma comunque molto diverso da com'è nato, è stato indebolito e ha subito diverse modifiche. Per fare un esempio su tutti, anche se questo non riguarda direttamente la vostra Associazione, ma può aiutare la discussione, il decreto n. 81 così com'era in origine prevedeva, qualora ad un lavoratore venisse riconosciuta la malattia professionale, l'obbligo per il datore di lavoro di reintegrarlo nel suo posto di lavoro.
Oggi, grazie all'aggiunta della formula magica: «ove possibile», della quale gli addetti ai lavori ben conoscono l'importanza, oltre al fatto che si stanno togliendo sempre più diritti, penso che da questo punto di vista sarà un po' difficile.
Penso che partire dall'informazione nella scuola sia la strategia giusta, ma il problema è che dobbiamo essere onesti con i nostri giovani e dire loro che quando andranno in fabbrica o in qualsiasi altro luogo di lavoro, troveranno una realtà diversa. Ho prestato molta attenzione ad un passaggio del suo intervento, che mi ha colpito, quando ha detto che anche i lavoratori a volte considerano utile la formazione, ma questo dipende totalmente dal datore di lavoro, che deve far capire la necessità della sicurezza sui luoghi di lavoro. Penso che questo sia fondamentale e se un datore di lavoro capisce questo, comprende anche il fatto che quello è un risparmio consistente per la propria azienda. Questo è il passaggio che a noi manca. Avendo maturato esperienze in tale ambito mi rendo conto che molto spesso i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) vengono visti quasi come un nemico dell'azienda. Ma non è così. A volte sono quelli che tengono di più all'azienda e tutti noi dobbiamo prendere un impegno per far passare queste che sono informazioni fondamentali per creare un posto di lavoro sereno. Quindi va benissimo parlarne nelle scuole, ma con l'idea di far capire qualcosa in più e non limitarsi semplicemente a illustrare cosa sono i posti di lavoro.
Per quanto concerne poi la riforma Fornero, sono stato anticipato dai precedenti interventi. Non voglio aggiungere altro, ma è chiaro che si allunga l'età pensionabile e faccio fatica a immaginare un lavoratore addetto alla catena di montaggio di 67-68 anni. Solo chi non ha vissuto quest’esperienza può immaginare di realizzare una legge di quel tipo che è assolutamente impraticabile.
Quanto alle malattie muscolo-scheletriche (argomento che a me sta molto a cuore), è necessaria un’informazione vera e, per quel che mi riguarda, io sono disposto a dare il mio contributo che può avere una certa validità essendo portatore di un’esperienza diretta. Oggi ci dicono che il lavoro non deve essere più fisso, sappiamo benissimo però che i disturbi muscolo- scheletriche non emergono dopo pochi mesi ma dopo anni. Nel caso, ad esempio, del lavoratore che dopo tre o quattro anni di lavoro non è ancora consapevole della patologia (può succedere) e, nel frattempo, ha cambiato posto di lavoro diventa quasi impossibile (già oggi è piuttosto difficile) addebitare delle colpe.
Di certo non dobbiamo scoraggiarci: dobbiamo affrontare la vita e dare la massima informazione partendo dal presupposto, però, che l'informazione deve essere fatta in un certo modo, altrimenti, non offriamo un giusto servizio a chi ne ha bisogno, soprattutto in questo momento.

FAVERO
Presidente, ringrazio gli auditi per avere accettato il nostro invito. Per noi è molto importante avere un quadro chiaro della situazione, peraltro fornito da un'Associazione che vive a stretto contatto con i propri associati e che opera sul territorio. L'elemento qualificante di ciò che voi fate sta proprio in questo, altrimenti di certe problematiche «scomode» non se ne parlerebbe mai.
Il vostro lavoro è capillare, siete dappertutto e promuovete almeno due iniziative l'anno. Una di queste è quella, già ricordata, sul «genere» in prossimità dell'8 marzo. Anche noi parlamentari abbiamo affrontato tale tema in sede non solo di Commissione di merito in occasione dell’esame di provvedimenti riguardanti il lavoro ma anche fuori. Ciò che fate, dunque, ci sembra in sintonia con il lavoro che stiamo svolgendo. Pertanto, vi ringrazio perche ci offrite dei momenti di riflessione che servono anche a noi.
Con riferimento alla scuola, essendo insegnante di scuola elementare, sottolineo l'importanza di iniziare a trattare queste tematiche già con i bambini. Ne abbiamo avuto una dimostrazione a suo tempo, con il decreto legislativo n. 626. Vi assicuro che i bambini si sanno organizzare in tempi rapidi, tanto che a volte danno loro delle dritte. Questo per dire quanto sia importante riproporre i temi più volte. Ma mi spingo oltre: a mio parere, al di là del decreto legislativo n. 626, sin dalla scuola dell'infanzia si potrebbe cominciare a dire ai bambini, attraverso i giochi, ciò che non si deve mai fare. A mio avviso, la cultura della prevenzione può iniziare anche attraverso la didattica perché il bambino, come il cucciolo, impara giocando. Questo mi pare molto importante. Lo facciamo già come gioco per la guida dei bambini, lo si può fare anche con i piccoli lavoretti di bricolage che si realizzano nelle nostre scuole, che sono ricche di stimoli. Questo potrebbe essere un altro suggerimento.
Ora però vorrei sottoporre alla vostra attenzione alcune difficoltà in cui ancora oggi si incorre. Sappiamo che l'approvazione di alcuni decreti attuativi potrebbe dare maggiore forza ad alcune leggi già approvate e che ulteriori provvedimenti presentati in materia sono ancora giacenti. Magari una presa di posizione della Commissione potrebbe essere utile a stimolare le sacche in cui questi benedetti decreti si sono arenati.
Un ulteriore tema che voglio sottoporre alla vostra attenzione riguarda le statistiche. L'INAIL, che insieme all'INPS rappresenta una fonte per noi preziosa per quanto riguarda le invalidità e gli incidenti, fornisce un quadro piuttosto esaustivo della situazione, anche se - come già ricordato - dall'analisi sfuggono i lavoratori autonomi, oltre a circa 2 milioni di dipendenti diversamente assicurati, come nel caso delle Forze armate, dei Vigili del fuoco, dei giornalisti e dei grandi professionisti. Due milioni di persone, quindi, sfuggono alle statistiche. In quanto rappresentanti della Commissione, pur concordando con le vostre proposte, forse potremmo dare degli stimoli in tal senso.
Mi preme poi fare un accenno al periodo che segue l'invalidità. Il senatore Barozzino ha giustamente svolto un appassionato intervento riferito alla fase lavorativa ma anche al reinserimento nel posto di lavoro dopo un incidente, momento questo che credo rappresenti davvero il punto dolens. Sappiamo che vi sono leggi che prevedono il reinserimento nel lavoro, ma sappiamo anche che spesso non ci sono le condizioni per poter ottemperare a tali previsioni. Occorrerebbero maggiori investimenti. Oltretutto, ravviso fra Regioni una difformità nell'erogazione dei servizi e nella capacità di rispondere in modo puntuale. Spesso le persone affette da disabilità che non permettono deambulazioni sono condannate a vivere una vita da carcerati, oltre a non poter svolgere il proprio lavoro. Indubbiamente, occorrono nuovi investimenti per la formazione e per la riqualificazione professionale ed è anche necessario sbloccare i fondi giacenti presso il Ministero dell'economia, che non sono stati ripartiti fra le Regioni. Dobbiamo avere la consapevolezza che ci sono misure pronte, ma che è necessario attivarle, probabilmente basterebbe dargli la stura. Questo potrebbe essere uno stimolo per tutti noi.

SILVESTRO
Presidente, al di là della presa di atto e delle considerazioni che la relazione dell'ANMIL ci ha indotto, vorrei invitare a una riflessione tutti i colleghi della Commissione. Ho lavorato 40 anni in ambito sanitario dove ho maturato una grande esperienza. L'ambito sanitario è un settore particolare. Si pensa che in quel settore tutto funzioni bene e che vi sia molta attenzione alla prevenzione, con una particolare sottolineatura sui fattori di rischio, che sono di tutti i generi (dagli incidenti per recarsi sul posto di lavoro, ai rischi biologici, alla ferita da taglio, alla movimentazione manuale). Possiamo assumere quella della sanità come una situazione emblematica. Tra l'altro, si lavora a turni, per un minimo di 12, se non 24, ore al giorno.
Un altro aspetto spesso non viene evidenziato, e me lo ha fatto venire in mente la collega Fasiolo. Dobbiamo ricordare che tutti gli studenti dei corsi di laurea delle professioni sanitarie fanno tirocinio professionalizzante. Pertanto, pur non essendo ancora professionisti, entrano nei luoghi di lavoro creando ulteriori elementi di criticità, a se stessi ma anche a coloro che li devono supervisionare.
Ribadisco l'attenzione a quanto lei diceva, ma con una sottolineatura per i colleghi, rivolta a quando si darà corso ai decreti attuativi e a tutto quanto è necessario per imprimere una svolta. Mi permetto di dire che ho l'impressione che tutti parliamo tanto ma che poi, nella realtà dei fatti e nella concretezza, i cambiamenti siano davvero molto pochi e lenti.
Nel settore sanitario si registra una diminuzione del 6 per cento degli incidenti; è un buon risultato. Tuttavia, se si legge con maggiore attenzione la relazione, si evince che gli incidenti sono calati del 6 per cento perché si è talmente ridotto il personale che lavora presso il Servizio sanitario nazionale che tale diminuzione era inevitabile.
Avevamo chiesto alla Presidente, che è stata molto disponibile e alla quale va per ciò il mio plauso, di ragionare prima su un quadro generale, che è quello che lei ha richiamato e che i colleghi, in base alle loro diverse esperienze, hanno evidenziato, ma di andare poi ad operare. Altrimenti, si rischia di ragionare su punti molto importanti, ma che devono rimanere inevitabilmente alti per poter comprendere tutte le diverse tipologie.
Il senatore Barozzino, ad esempio, faceva riferimento al lavoro per turni e alla catena di montaggio. Queste due tipologie di lavoro riguardano certamente chi lavora in fabbrica ma anche chi lavora in sanità perché la sala operatoria è una catena di montaggio pura. Nel contempo, pensando al lavoro per turni, che tipo di pause ha chi lavora a turno nelle fabbriche? Che ritmi circadiani utilizza?
Penso valga la pena svolgere delle riflessioni su alcune tematiche trasversali, coniugandole e approfondendole in relazione ad alcuni settori che presentano delle specificità. In questo modo, forse, potremmo, con il vostro aiuto, far sentire a tutti i lavoratori una nostra maggiore vicinanza al loro reale e specifico problema e quindi riuscire ad avvicinarli a quelli che sono i percorsi di prevenzione e di acculturazione in generale.

PRESIDENTE
Prima di dare la parola al presidente Bettoni, intendo ringraziarlo nuovamente. Interpreto l'intenzione di tutti i colleghi nel dire che questo è un primo momento di approfondimento e di collaborazione. Voi ci chiedete un aiuto, noi ve lo chiediamo nelle stesso identico modo, perché il risultato e l'obiettivo finale che contraddistinguono la volontà di tutti è fare in modo che il tema sicurezza sul lavoro non sia solo un fatto culturale, ma diventi un fatto specifico, ragionando di numeri veramente in decrescita.

GIOVANNONE
Presidente, in relazione alla valutazione dei rischi (quando facevamo menzione del problema dei rischi nuovi), condivido pienamente la posizione espressa dalla senatrice Fucksia nel suo intervento. La norma prevede che si debbano valutare tutti rischi, ma è anche vero che, da tanti settori interessati da alcune tipologie di rischio particolare, emerge il problema che quelle forme di rischio non vengono assolutamente prese in considerazione, anche in realtà produttive molto strutturate. Come ANMIL stiamo conducendo un progetto nell'ambito del quale colloquiamo anche con le aziende dei settori interessati da quella tipologia di rischio, che ci dicono che lo standard di valutazione dei rischi derivanti da attività criminose è, in maniera inaspettata, molto basso. Pertanto, una manifestazione più chiara del legislatore sul punto aiuterebbe a innalzare i livelli di tutela.
Altro elemento importante è la questione del disabile sul lavoro. Sì, l'idoneità e il giudizio di idoneità sono sicuramente un passaggio fondamentale. Su tale questione, che è prettamente giuslavoristica (in quanto relativa alla permanenza nella medesima mansione ovvero al cambio di mansione), a nostro avviso, è importante strutturare un posto di lavoro che, ove possibile, tenga conto, più specificatamente, dei rischi ai quali il disabile, come lavoratore più vulnerabile, va evidentemente incontro. Da questo punto di vista sussistono ancora dei problemi di valutazione del rischio particolare.
Rispetto alla questione relativa ai dati statistici interverrà il presidente Bettoni.
Quanto al tema della sanità, siamo consapevoli e siamo d'accordo sull'idea di lavorare per aree, concentrandoci sui settori di maggiore criticità o, comunque, analizzandoli uno ad uno. Sicuramente, da una parte c'è il tema di strategia globale, di sistema. Quindi, bisogna innanzi tutto arrivare all'attuazione del decreto legislativo n. 81 che, comunque, è la legge vigente con la quale necessariamente abbiamo a che fare. D'altra parte, bisogna lavorare per aree e questo già lo facciamo, anche con attività di studio e di ricerca scientifica. L'ANMIL finanzia, infatti, delle borse di ricerca e di dottorato universitario portando avanti, nel suo piccolo, attività di ricerca pura e concentrandoci molto per settori.
Ci siamo dedicati molto al tema del rischio psicosociale che sappiamo essere molto forte e sentito anche nel settore sanitario, allorquando parliamo di stress, di burnout e di altri fenomeni molto marcati, collegati alle modulazioni degli orari di lavoro. Mi permetto di dire che forse in quell'ambito un ruolo importante può essere svolto, oltre che dalla normativa, dalla contrattazione collettiva a livello aziendale e decentrata, con la strutturazione degli orari di lavoro. Il tema è veramente molto ampio.
Quanto alle patologie muscolo-scheletriche, vi è stato sì l'inserimento nella tabella di tali malattie, ma poi c’è il problema delle malattie che, pur esistendo già, cominciano ad emergere ora, dopo l'inserimento in tabella. D'altro canto, c'è anche il tema delle malattie che, non facendo raggiungere un livello di invalidità tale da percepire una prestazione adeguata, determinano l'uscita dall'idoneità del lavoratore e, dall'altra, una prestazione una tantum che non va a compensare un’eventuale perdita del lavoro.

BETTONI
Presidente, non intendo tediarvi più a lungo, dal momento che spero di poterci ancora incontrare in futuro. Come dicevo, c'è la massima disponibilità da parte nostra.
A me come presidente e a noi come Associazione interessano due questioni. La prima è la tutela delle vittime degli incidenti sul lavoro e delle loro famiglie; la seconda è la promozione della cultura della sicurezza per evitare che a qualcuno capiti ciò che capita a tante persone tutti i giorni. E ritengo se ne stia parlando.
Sui dati statistici sicuramente è stato condotto un grande sforzo, anche attraverso i richiami del Capo dello Stato. Come ringrazio voi, infatti, ringrazio sempre il Capo dello Stato per l'attenzione. In questi anni, se su questi temi non fosse intervenuto il Presidente della Repubblica, a parlarne saremmo stati noi. Noi, però, non siamo il Capo dello Stato e la stampa non ci dà retta; ci segue sul territorio e di questo la ringraziamo. Naturalmente non siamo dappertutto, ma i sabati e le domeniche e tutte le sere siamo in giro a fare un'attività che ci piace perché una volta che abbiamo superato l'aspetto psicologico tutti i nostri collaboratori e i nostri dirigenti lo fanno per passione, perché ci credono, ciascuno con il proprio grado di istruzione, molte volte nemmeno il diploma di scuola media, ma questo non ci interessa, perché ciò di cui andiamo a parlare è qualcosa che viviamo direttamente.
Siamo consapevoli che dobbiamo, insieme a voi e a tutte queste persone che ci sono vicine, fare di più in questi due campi: scuola e aziende. I dati statistici dicono che il fenomeno degli infortuni sul lavoro è in diminuzione e questo ci conforta; altrimenti, vorrebbe dire che gli sforzi che stiamo facendo sono vani. Non dobbiamo dimenticare però che c'è la crisi economica, quindi le ore lavorate sono di meno e questo ci fa riflettere.
Quanto alle malattie professionali, come sapete, ogni anno muoiono più di 1.400 persone a causa di malattie contratte nel passato (parlo di dati attuali). Noi viviamo e parliamo con le vedove e con i figli di queste persone. Se mi emoziono, è perché vivo direttamente queste situazioni, mi vengono in mente le storie che mi vengono raccontate e di fronte alle storie vissute quotidianamente è difficile non lasciarsi coinvolgere.
Noi ci siamo, quando vorrete un nostro contributo, la Presidente della Commissione non avrà che da chiamarci e vi daremo il nostro parere su queste situazioni che viviamo sul territorio, per ragionarne insieme. Importante è non fare di tutta l'erba un fascio, ma ragionare sui singoli settori che sappiamo essere quelli più a rischio e poi sul tema più generale dei controlli.
Vorrei aggiungere che concordo sull'opportunità di prevedere un'Agenzia unica ispettiva, perché un'azienda non può subire quattro ispezioni diverse. Chi esegue l'ispezione dovrebbe verificare tutti gli aspetti: i lavoratori in nero, il rispetto delle norme, il rispetto dell'obbligo di legge di assumere disabili. Una volta che si è recuperato l'aspetto psicologico legato all'infortunio (in questo caso mi riferisco anche alle altre categorie, ad esempio agli invalidi civili in seguito ad incidenti stradali), l'altro aspetto importante è quello lavorativo e le aziende devono rispettare l'obbligo al ricollocamento al lavoro. Ci dedichiamo a quel tema perché è quello che ci interessa ed è per quello che abbiamo creato una nostra agenzia del lavoro. Questo è l'unico modo per far recuperare una persona disabile o infortunata, che sia cieca o sorda, non facciamo la guerra tra di noi. Siamo tutti comunque disabili che hanno il diritto di lavorare e la legge va rispettata. C'è bisogno di fare tutti insieme un grande sforzo anche su questo tema, sul quale si potrebbe parlare per ore.
Noi ci siamo e se ci chiamerete la dottoressa Giovannone, io e altri colleghi ci saremo. Crediamo molto nel lavoro di sinergia, nell'aiutarsi a vicenda e nel lavoro che potremmo fare insieme a voi.

PRESIDENTE
Ringrazio il presidente Bettoni e la dottoressa Giovannone per il loro contributo e dichiaro così conclusa l'audizione.

COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE

PRESIDENTE
Comunico che, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del Regolamento interno, al dottor Domenico Della Porta è stato conferito l'incarico, a titolo gratuito, di collaboratore della Commissione infortuni, in base all'intesa raggiunta nell'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi del 28 ottobre 2014.


Fonte: senato.it