Cassazione Civile, Sez. Lav., 11 febbraio 2015, n. 2690 - Malattia professionale e nuova tecnopatia "asbestosi polmonare"
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere -
Dott. LORITO Matilde - Consigliere -
Dott. TRICOMI Irene - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 16159-2008 proposto da:
R.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II, presso lo studio del Dott. GREZ GIAN MARCO, rappresentato e difeso dall'avvocato STANZIOLA NADIA, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, ROMEO LUCIANA, giusta procura speciale notarile in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1296/2008 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 24/01/2008 R.G.N. 366/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2014 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
udito l'Avvocato OTTOLINI TERESA per delega ROMEO LUCIANA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Matera Marcello,che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
1. La Corte d'Appello di Genova, con la sentenza n.1296 del 2008, rigettava l'appello proposto da R.G. avverso la sentenza n. 912 emessa il 5 dicembre 2006 dal Tribunale della Spezia nei confronti dell'INAIL.
2. Il R., già titolare di rendita INAIL pari al 67 per cento per MP 11 dal 15 febbraio 1981, denunciava all'INAIL nuova tecnopatia "asbestosi polmonare" e adiva il Tribunale per sentir dichiarare l'obbligo dell'INAIL di riconoscere in capo ad esso ricorrente la MP asbestosi, o in rendita o come danno biologico, con la condanna dell'Istituto al pagamento della maggior somma percipienda rispetto a quelle in fruizione con gli interessi di legge.
3. Il Tribunale rigettava la domanda. La CTU disposta confermava l'esistenza della asbestosi alla data della denuncia, ma unificava l'asbestosi e la MP 11 in una unica rendita pari al 75 per cento con decorrenza dal 1 gennaio 2006.
4. La Corte d'Appello rigettava l'impugnazione atteso dai dati cimici disponibili - non risultavano contestate le conclusioni cui era giunto il CTU - emergeva che il ricorrente era stato da sempre affetto da entrambe le patologie professionali, con la conseguenza che la nuova domanda non poteva essere accolta e si procedeva alla rivalutazione del danno respiratorio complessivamente determinato dalle due patologie.
4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il R., prospettando due motivi di ricorso accompagnati dai prescritti quesiti di diritto.
5. Resiste l'INAIL con controricorso, assistito da memoria depositata in prossimità dell'udienza.
Diritto
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione dell'art. 194 c.p.c. nell'attività istruttoria svolta dal consulente nominato dal giudice nella causa di primo grado.
Ad avviso del ricorrente il giudice di appello avrebbe dovuto rinnovare la CTU, rispetto alla quale proponeva censure che non venivano prese in considerazione dalla Corte d'Appello, che aveva concluso nel senso che il quadro clinico di esso ricorrente era ascrivibile a MP 11 ed asbestosi con maggior peso attribuibile a quest'ultima.
1.1. Il motivo non è fondato e deve esser rigettato.
In primo luogo si rileva che la affermazione della Corte d'Appello circa la mancata contestazione della CTU è censurata in modo generico, non riportando il ricorrente, anche ai fini della valutazione della rilevanza delle stesse, le osservazioni che sarebbero state tempestivamente proposte in merito.
Va quindi osservato come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare che la consulenza tecnica d'ufficio è mezzo istruttorio, e non una prova vera e propria, ed è, quindi, sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell'ausiliario giudiziario e la motivazione dell'eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice.
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 6, secondo periodo, per non avere il magistrato del lavoro valutato che la MP 11 è stata costituita prima dell'entrata in vigore della suddetta legge.
Detta norma prevede: "quando per le conseguenze degli infortuni o delle malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 l'assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del testo unico, il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze. In tale caso, l'assicurato continuerà a percepire l'eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data sopra indicata". Tale previsione veniva disattesa dai giudici di merito, che avrebbero dovuto costituire nuova rendita per MP asbestosi ignorando tanquam non esset la vecchia rendita per MP11, come si evincerebbe anche dal primo periodo del citato art. 13, comma 6, che stabilisce: "il grado di menomazione dell'integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale, quando risulti aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 e non indennizzati in rendita, deve essere rapportato non all'integrità psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni, il rapporto è espresso da una frazione in cui il denominatore indica il grado d'integrità psicofisica preesistente e il numeratore la differenza tra questa ed il grado d'integrità psicofisica residuato dopo l'infortunio o la malattia professionale".
2.1. Il motivo non è fondato e deve esser rigettato.
Quanto affermato dal ricorrente in diritto trova riscontro nella giurisprudenza di questa Corte che ha avuto modo di affermare: in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, ove alcuni infortuni o malattie si siano verificati prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2000 ed altri si siano verificati successivamente, ai sensi dell'art. 13, comma 6 prima parte di detto decreto, i postumi relativi non si cumulano ai fini della liquidazione di un'unica prestazione previdenziale, restando del tutto autonomi e separati i due regimi di tutela precedente e successivo alle nuove disposizioni; tale esclusione della cumulabilità dei postumi relativi a eventi ricadenti nei diversi regimi normativi opera sia nel caso di eventi già indennizzati in capitale e non in rendita, sia di eventi dai quali siano derivate inabilità inferiori al grado richiesto per la liquidazione delle prestazioni a carico dell'INAIL (Cass., n. 8761 del 2010, n. 21452 del 2007).
Tale principio non può, tuttavia, trovare applicazione nel caso di specie, ove, come posto in luce dalla Corte d'Appello, la CTU, che non ha costituito oggetto di specifica contestazione, rilevava un errore diagnostico commesso in precedenza e riconsiderava la situazione clinica respiratoria via via riscontrata nel tempo come conseguenza non già della sola MP11 bensì dell'associazione di questa con l'asbestosi sin dal 1981.
3. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
4. Non può trovare applicazione, ratione temporis, l'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alla novella apportata dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, art. 1. Le spese di giudizio sono compensate tra le parti in ragione delle problematiche interpretative postesi, in sede giurisprudenziale, in relazione alle disposizioni richiamate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 dicembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2015