Cassazione Penale, Sez. 4, 30 gennaio 2015, n. 4619 - Bocca di lupo non protetta e infortunio


 

"Non è invocabile il principio di affidamento nel comportamento altrui, con conseguente esclusione di responsabilità, da parte di chi sia già in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso determinate condotte, dovendosi escludere che la condotta altrui si configuri come fatto eccezionale sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l'evento".


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
Dott. ZOSO Liana Mar - rel. Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
P.G. N. IL (OMISSIS);
F.F. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 341/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del 05/07/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ZOSO LIANA MARIA TERESA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. BALDI Fulvio, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione.
Udito il difensore di P.G. Avv. CAPOLUNGO Umberto, che si riporta ai motivi di ricorso.

Fatto


1. La corte d'appello di Milano, con sentenza pronunciata il 5 luglio 2013, riformava parzialmente la sentenza in data 28 maggio 2012 con cui il tribunale di Monza aveva condannato P.G. e M.M. alla pena di mesi tre di reclusione nonchè F. F. alla pena di mesi due di reclusione per il reato di cui all'art. 590 c.p., commi 2 e 3, per aver cagionato a N. M., dipendente della Unum società cooperativa a responsabilità limitata, lesioni personali consistite in fratture costali multiple, pneumotorace, rottura della milza, ematoma della loggia renale destra e frattura del femore destro da cui derivava una malattia di durata superiore a 40 giorni.

Gli imputati erano stati, altresì, condannati al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separato giudizio ed era stata disposta una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 60.000.

Le lesioni erano state procurate dal fatto che il lavoratore era precipitato dall'altezza di circa 6/7 m attraverso l'apertura lunga circa 15 m e larga 1,2 m situata sulla pavimentazione del cantiere e non adeguatamente coperta con tavole da ponte stabilmente fissate.

Secondo l'imputazione il fatto era accaduto a S.S.G. il (OMISSIS) all'interno di un cantiere denominato (OMISSIS) facente parte di una più vasta area cantieristica per l'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria da parte della società Centro E., di cui il P. era legale rappresentante, mentre F.F. rivestiva la qualità di responsabile del cantiere per conto della società stessa ed il M. quella di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione.

La corte d'appello di Milano assolveva M.M. dal reato ascrittogli e confermava la sentenza del tribunale di Monza emessa nei confronti degli altri imputati.

2.Avverso la sentenza della corte d'appello proponevano ricorso per cassazione P.G. e F.F. a mezzo dei rispettivi difensori.

2.1. P.G. deduceva inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e delle norme antinfortunistiche in quanto l'infortunio occorso al N. era avvenuto non nel cantiere denominato Lotto D Residenza Mediapolis ma al di fuori di questo ed in altro cantiere confinante. Il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 109, prevedeva che il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, doveva essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire l'accesso agli estranei alle lavorazioni. Ciò posto, il N. prestava attività lavorativa in un'area gestita in via esclusiva dalla HCG S.r.l. senza alcuna ingerenza o interferenza da parte della Centro E. S.r.l. di cui il P. era legale rappresentante. Ne conseguiva che la delimitazione dell'area di cantiere individuata come Lotto D Residenza Mediapolis in cui il N. operava nella veste di gruista era una obbligazione che gravava sulla società che aveva in carico l'autonoma gestione dell'area medesima, vale a dire la HCG S.r.l., la quale, nel concedere in subappalto i lavori alla cooperativa Unum, datrice di lavoro del N., aveva espressamente assunto l'onere relativo alla recinzione dell'area di cantiere nonchè di tutte le incombenze con le proprietà confinanti, comprese le eventuali opere di presidio ai fabbricati o ad altri manufatti posti nelle vicinanze dell'area di lavoro. Dunque, posto che la HCG S.r.l. aveva in gestione autonoma ed esclusiva il cantiere Lotto D Residenza Mediapolis, l'aver omesso di predisporre la recinzione del cantiere stesso era ad essa esclusivamente imputabile in quanto, se la recinzione vi fosse stata, l'operaio, mentre manovrava a distanza la gru e si spostava sul terreno, non la avrebbe superata cadendo nella bocca di lupo esistente nel cantiere limitrofo. Se HCG avesse ripristinato le recinzioni che precedentemente erano state rimosse, così delimitando doverosamente la propria area di cantiere, il N. avrebbe potuto continuare a movimentare la gru senza mai sconfinare in area non direttamente gestita dall'appaltatrice. Inoltre andava considerato che il P. aveva conferito la delega al coordinatore della fase di progettazione ed esecuzione del complesso ex area (OMISSIS) al geometra M. ed, in presenza di una delega piena e mai revocata, non poteva ritenersi la responsabilità di Giuseppe P. per il fatto che le protezioni nei luoghi con rischio di caduta non erano state costantemente mantenute in stato di efficienza dall'impresa appaltatrice in quanto ciò avrebbe richiesto una presenza pressochè continua sui diversi luoghi di lavoro che l'imputato, in ragione della molteplicità dei cantieri e delle cariche nelle diverse società, non poteva curare mentre ciò era senz'altro possibile al titolare del cantiere, al coordinatore geometra M., al capo cantiere della cooperativa Unum geometra B. e al capo cantiere della Centro E. geometra F..

2.2. F.F. svolgeva due motivi di ricorso.

Con il primo motivo deduceva inosservanza di norme processuali in relazione all'art. 161 c.p.p., comma 4. Sosteneva il ricorrente che il decreto di citazione per il giudizio di appello era stato notificato, per l'imputato e per il difensore, a norma dell'art. 161 c.p.p., comma 4, in data 23 maggio 2013 presso lo studio del difensore d'ufficio avvocato Omissis sul presupposto che la notifica all'imputato presso il domicilio dichiarato non fosse stata possibile.

Sennonchè la notifica era stata effettuata prima di aver accertato la presupposta impossibilità di effettuarla presso il domicilio dichiarato dal ricorrente in (OMISSIS), presso la sede della società Centro E. S.r.l.. Invero la notificazione presso il domicilio dichiarato era stata tentata in data 28 maggio 2013 e dalla relazione si evinceva che il destinatario non figurava al sito indicato. Dunque l'impossibilità della notificazione presso il domicilio dichiarato era stata accertata successivamente alla notificazione effettuata presso il difensore d'ufficio in data 23 maggio 2013.

Con il secondo motivo deduceva contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione poichè la corte d'appello aveva ritenuto che presupposto dell'evento lesivo nei confronti della persona offesa fosse stata l'assenza di inchiodatura delle tavole di legno che avrebbero dovuto proteggere la bocca di lupo nella quale era precipitato l'infortunato ed aveva affermato che il F. non aveva curato la posa delle assi di legno protettivo con apposita inchiodatura delle medesime da effettuarsi quotidianamente prima dell'incidente. Sennonchè tale circostanza era smentita dalle affermazioni dei testi A.V.M. e B.M. i quali avevano riferito, il primo, che le tavole erano tutte inchiodate perchè egli si era raccomandato con il F. e "quando gli chiedeva una cosa per la sicurezza lui lo faceva subito" ed, il secondo, che aveva sempre visto le tavole per bene appoggiate.

Diritto

3.Rileva la Corte che il relazione al reato ascritto agli imputati, commesso il 22 aprile 2006, è maturato il termine di prescrizione. A questo punto il problema che si pone è se il giudizio civile e quello penale si debbano scindere al punto tale che, pur risultando in ipotesi dall'approfondimento a fini civilistici l'innocenza, si debba pronunciare declaratoria di improcedibilità per la causa estintiva o ritenere la pregiudizialità interna invertita, per cui l'approfondimento civilistico influisce sulla decisione penale imponendo la assoluzione con una formula di merito se risulti la innocenza. La questione è già stata affrontata dalla corte di legittimità (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273; Sez. 6^, n. 1748 del 17/1/2006, Bisci, n.m. ) nel senso che all'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, a meno che il giudice, per la presenza della parte civile, non sia chiamato a pronunciarsi sulla azione civile e, quindi, non sia legato ai canoni di economia processuale che impongono la declaratoria della causa di proscioglimento quando la prova della innocenza non risulti ictu oculi. Ne deriva che nel giudizio di appello il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, quando il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, oppure ritenga infondata nel merito l'impugnazione del P.M. proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 2.

Nel giudizio di legittimità, invece, la questione si pone in termini diversi perchè, essendo precluso il giudizio di merito in caso di insufficienza o contraddittorietà della motivazione ed imponendosi, qualora tali vizi siano ritenuti sussistenti, il giudizio di rinvio, prevale il principio, ispirato a ragioni di economia processuale, per cui occorre dichiarare l'estinzione del reato ed esaminare i motivi di ricorso ai soli fini civilistici, a meno che l'imputato non dichiari espressamente di voler rinunciare alla prescrizione.

La sentenza impugnata va, perciò, annullata ai fini penali per essere il reato contestato estinto per prescrizione ed i motivi di ricorso vanno esaminati ai soli fini civili.

4. In ordine al ricorso proposto da P.G., si osserva che esso è infondato. Invero egli assume che la causa dell'infortunio occorso al N. sarebbe ascrivibile alla HCG S.r.l., la quale aveva in gestione autonoma ed esclusiva il cantiere Lotto D Residenza Mediapolis all'interno del quale operava l'infortunato, in quanto non aveva approntato la recinzione del cantiere per modo che egli, nel manovrare a distanza la gru e spostandosi nell'area del cantiere, aveva inavvertitamente travalicato il confine del cantiere stesso precipitando nella bocca di lupo che si trovava nell'area confinante.

Sennonchè dalla sentenza impugnata emerge che la bocca di lupo, che era risultata non adeguatamente protetta da tavole inchiodate, si trovava nel cantiere in cui operava la Centro E. s.r.l. di cui il P. era legale rappresentante il quale avrebbe dovuto approntare idonei mezzi di protezione onde prevenire la caduta di terzi e ciò determina per ciò solo la responsabilità del P. medesimo per il fatto accaduto, non rilevando il fatto che altri avesse omesso di delimitare il proprio cantiere onde evitare lo sconfinamento degli operai. Invero non è invocabile il principio di affidamento nel comportamento altrui, con conseguente esclusione di responsabilità, da parte di chi sia già in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso determinate condotte, dovendosi escludere che la condotta altrui si configuri come fatto eccezionale sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l'evento (cfr. Sez. 4^, n. 35827 del 27/06/, Zanon e altri, Rv. 258124 ).

Infondata è, poi, la doglianza concernente il fatto che la corte territoriale non avrebbe adeguatamente considerato la circostanza che egli aveva conferito a terzi del controllo del cantiere, tenuto conto del fatto che la corte ha dato conto della deposizione del teste L.L., il quale ha riferito della costante presenza del P. nel cantiere, il quale disponeva personalmente le mansioni giornaliere degli operai in un contesto laddove l'intera area cantieristica costituiva un tutt'uno non essendoci barriere fisiche o segnalazioni dirette a differenziare un lotto di cantiere da un altro.

5. Il primo motivo di ricorso proposto da F.F. è inammissibile per difetto di specificità, avendo il ricorrente omesso di indicare il concreto pregiudizio derivato all'effettivo esercizio del diritto di difesa. E va considerato che, in ogni caso, la nullità, derivante dalla esecuzione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello presso il difensore di ufficio in assenza della previa verifica dell'impossibilità di effettuare la notifica presso il domicilio eletto dall'imputato, deve ritenersi sanata quando, come nel caso di specie, risulti provato che non ha impedito all'imputato di conoscere l'esistenza dell'atto e di esercitare il diritto di difesa (Sez. 6^, n. 28971 del 21/05/2013, Fanciullo, Rv. 255629).

Il secondo motivo di ricorso è infondato in quanto la corte territoriale ha dato conto della inverosimiglianza, oltre che della genericità, delle deposizioni dei testi A. e B., tenuto conto anche della deposizione del teste M. della ASL (OMISSIS), il quale aveva constatato che, pur a distanza di giorni, le tavole a protezione del cavedio non erano adeguatamente fissate. Dal rigetto dei ricorsi ai fini civili deriva la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2015.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2015