Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 30 gennaio 2015, n. 4599 - Infortunio mortale durante le operazioni di manutenzione e calibratura dei cilindri


 

 

 

 

Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE Relatore: ESPOSITO LUCIA Data Udienza: 10/07/2014



Fatto


l. La Corte d'Appello di Brescia con sentenza del 16/11/2012, ha confermato la sentenza del giudice di primo grado che aveva giudicato C.M. responsabile per il reato di cui all'art. 589 e. 1 e 2 c.p., commesso con violazione delle norme antinfortunistiche.
2.Al C.M., nella sua qualità di institore della ditta Trafilerie G. s.p.a., delegato per gli aspetti della sicurezza, era contestato di aver cagionato l'evento, costituito dalla morte del lavoratore G.S., per non aver adottato misure, usato attrezzature e disposto opere provvisionali nelle operazioni di rimontaggio di un pistone idraulico all'interno di un cilindro, tali da consentire l'effettuazione dei predetti lavori in condizioni di sicurezza. In particolare, veniva contestato all'imputato di non aver adottato una procedura capace di limitare i rischi o ulteriori sistemi prevenzionali e di non aver attuato misure tecniche ed organizzative adeguate a ridurre al minimo i rischi, di non aver adeguatamente formato i dipendenti sull'utilizzo dei martinetti idraulici, di non aver adeguatamente cooperato all'attuazione delle misure di prevenzione.
3.In fatto l'istruttoria aveva consentito di accertare che il 24/11/2007 era in corso la fase finale di un'attività di manutenzione straordinaria di una pressa orizzontale da 4500 tonnellate, la quale si presentava come un impianto di notevoli dimensioni caratterizzato da un organo lavoratore di considerevole diametro e peso, costituito da un manufatto cilindrico del peso di circa 20 tonnellate che, in fase di funzionamento della pressa, si muove in senso orizzontale e scorre all'interno di un cilindro cavo rivestito all'interno da una guaina metallica indicata come "bronzine". Dopo essere stato sottoposto a un'attività di levigatura e ricalibratura presso una ditta specializzata il cilindro doveva essere ricollocato nella sua sede originaria (all'interno del cilindro cavo della pressa). L'operazione era effettuata mediante carro ponte, spingendo il pistone all'interno del cilindro cavo. Poiché l'operazione si presentava di una certa difficoltà, i lavoratori, cosparso d'olio il pistone sì da ridurne l'attrito, avevano iniziato a spingerlo all'interno del cilindro. Mentre la prima parte dell'operazione si era svolta agevolmente, quasi solo con l'ausilio del carro ponte, l'inserimento del pistone era divenuto a un certo punto difficoltoso. Così la squadra di lavoratori impegnata nello svolgimento dell'operazione, sotto la direzione del responsabile del reparto manutenzione Co., aveva optato per l'utilizzo di una serie di martinetti idraulici posizionati fra due tubolari, uno in fila all'altro. L'azione dei martinetti avrebbe dovuto esercitare una spinta sui tubolari in modo da esercitare la necessaria pressione sulla testa del pistone facendolo entrare completamente nel cilindro. Per realizzare una spinta efficace erano stati posizionati due o tre martinetti in fila, uno di seguito all'altro. Era accaduto, però, che, a un certo punto, non scorrendo più il pistone all'interno del cilindro ed essendo impedita l'azione di spinta dei martinetti, uno di questi era schizzato via dalla fila e aveva colpito alla testa il lavoratore G.S., che si trovava a distanza di circa 3-5 metri dallo stesso. La pressione esercitata sui martinetti fra loro posti in precaria posizione di equilibrio, incrementata dall'improvviso blocco di avanzamento del pistone, aveva determinato il disallineamento dei martinetti e il lancio improvviso e violento di uno di essi sotto l'effetto della pressione idraulica esercitata dall'elettropompa.
4.Accertavano i giudici del merito che il verificarsi dell'evento andava ricondotto alla scelta del martinetto quale mezzo di spinta del pistone e alla pratica, assolutamente anomala, di posizionare tre martinetti uno di seguito all'altro. Tale sistema doveva ritenersi assai pericoloso, ancor più se si consideri l'anomala scelta di farli poggiare su due tubolari in relazione ai quali non era stata valutata l'attitudine a reggere determinate pressioni. In definitiva il verificarsi dell'infortunio era fatto risalire alla mancata valutazione dei rischi dell'operazione e alla scelta di strumenti non idonei in rapporto alle operazioni da svolgere. Alla scelta della procedura da utilizzare, rimessa alla valutazione del responsabile del reparto manutenzione, non aveva partecipato il C.M.. Ritenevano, tuttavia, i giudici del merito che l'imputato, nominato institore dello stabilimento con delega alla sicurezza, avesse assunto un ruolo di garanzia nei confronti del G.S. e fosse da ritenere responsabile dell'evento. Il G.S. era dipendente della ditta S. svolgente presso lo stabilimento G. attività di manutenzione in regime di appalto. Per quanto risultato dall'istruttoria, il personale Simil non operava in completa autonomia ma piuttosto congiuntamente ai dipendenti G. e sotto la supervisione del Consoli, responsabile del reparto manutenzione G.. Ritenevano i giudici che in tale quadro di sostanziale utilizzo congiunto da parte della G. di prestazioni di mano d'opera dei dipendenti Simil non era possibile invocare l'esonero da responsabilità del soggetto appaltante, poiché spettava alla ditta che stava gestendo l'operazione di manutenzione assicurare che le attività fossero svolte in condizioni di sicurezza. Rilevavano, inoltre, che il C.M., alla stregua della delega di poteri che il C.d.A. gli aveva conferito, aveva assunto tutti i poteri propri del datore di lavoro e che la delega di cui era menzione nella stessa certificazione rilasciata dalla Camera di Commercio lo individuava come l'effettivo datore di lavoro dello stabilimento, conferendogli conseguenti poteri di spesa. Nella qualità di institore il ricorrente aveva redatto relazione sulla valutazione dei rischi, individuando le misure integrative di prevenzione e il programma di attuazione delle misure stesse, senza compiere alcuna valutazione sull'operazione effettuata il giorno dell'infortunio, pur essendo stata la stessa ripetuta più volte. Pertanto la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni da parte dell'imputato era evidente, poiché, in qualità di institore delegato alla sicurezza, egli avrebbe dovuto valutare il rischio e prevederlo espressamente nel documento all'epoca redatto e, in ogni caso, avrebbe dovuto valutare i rischi dell'operazione e non disinteressarsene lasciando tutte le determinazioni al Consoli che non aveva alcuna delega in materia di sicurezza. In tale quadro spettava all'imputato svolgere le indagini relative alla valutazione dei rischi attinenti alle operazioni di manutenzione, non rilevando al riguardo la circostanza che al momento del fatto egli non fosse nello stabilimento, poiché la manutenzione e ricalibratura dei cilindri era operazione svolta con una certa frequenza, che avrebbe dovuto e potuto essere compiuta solo previa valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro; l'eventuale mancata conoscenza da parte dell'imputato del fenomeno dei martinetti che saltavano segnalerebbe, in ogni caso, la carente attività d'informazione e valutazione dei rischi svolta dall'imputato all'interno dell'ambiente di lavoro. Osservavano, inoltre, i giudici che i manuali di istruzioni dei martinetti indicano spesso tra gli accessori basi di appoggio e catenelle idonee a meglio stabilizzare tale tipo di strumento, evidenziando in tal modo il problema della stabilità e che dalle deposizioni testimoniali era risultato che il fenomeno del martinetto che veniva proiettato improvvisamente era conosciuto in azienda.
5.Con ricorso per cassazione C.M.deduceva, con unico motivo, mancanza a manifesta illogicità della motivazione. Osservava che vi era stata totale adesione alla soluzione adottata dal primo giudice, senza che fosse stata fornita adeguata risposta ai motivi d'appello. Rilevava, che, in particolare, non erano state esaminate le doglianze difensive sul punto relativo alla mancata previsione della complessa operazione di manutenzione nel documento di valutazione dei rischi, in considerazione del fatto che si tratta di operazione estemporanea difficilmente standardizzabile che è impensabile possa essere prevista e contemplata preventivamente in una realtà aziendale di elevate dimensioni con centinaia di macchine presenti nello stabilimento. Critica, altresì, il punto motivazionale in cui si afferma che non sono stati valutati i rischi specifici dell'operazione di manutenzione, che sarebbe stata rimessa dal ricorrente al C., responsabile della manutenzione, privo di delega in materia di sicurezza. Tale giudizio sarebbe contrastante con alcune risultanze dibattimentali e non avrebbe tenuto conto che il Consoli era persona di grande esperienza e capacità, che meglio di qualsiasi altro avrebbe potuto progettare e mettere a punto interventi manutentivi anche complessi pressi i vari macchinari.

Diritto


l. Il ricorso è infondato e va rigettato.
2.Va rilevato, in primo luogo, che lo stesso si rivela generico quanto alle indicazioni concernenti la presunta omessa valutazione delle censure svolte con l'appello, non indicate specificamente ad esclusione della doglianza attinente alla mancata considerazione dell'operazione di manutenzione nel documento di valutazione dei rischi. Tale ultima censura, tuttavia, pone una questione priva del carattere della decisività, poiché, anche ad accantonare il suddetto profilo di responsabilità, resta, con tutto il rilievo che i giudici del merito gli attribuiscono, l'addebito mosso al ricorrente attinente più propriamente alla inadeguata valutazione di elementi desumibili dai dati di esperienza, dal momento che in motivazione si sottolinea che l'operazione di manutenzione e calibratura dei cilindri era stata effettuata più volte e che non erano state adottate tutte le misure in concreto necessarie (predisposizione di misure tecnico organizzative e di opere provvisionali, oltre che adeguata formazione dei dipendenti) atte a consentire l'effettuazione dell'operazione in sicurezza. Il quadro delineato integra congrua motivazione a sostegno del giudizio di responsabilità. Allo stesso modo resta privo di rilevanza l'argomento difensivo sviluppato in ricorso concernente la delega di fatto conferita al responsabile del reparto manutenzione G., C.G.. Correttamente, infatti, la Corte territoriale ha ritenuto tale delega non idonea a esonerare il titolare della posizione di garanzia, in conformità al principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in forza del quale il principio del cumulo delle responsabilità in capo ai rappresentanti della componente datoriale non trova applicazione solo nel caso di esistenza di una delega della posizione di garanzia esplicita conferita per iscritto o in una delega implicita, quest'ultima ravvisabile nell'incarico conferito, esclusivamente nel caso di ripartizione di funzioni imposta dalla complessità dell'organizzazione aziendale, dipendente dalle dimensioni dell'impresa, nella specie neppure allegata (Sez. 4, Sentenza n. 16465 del 29/02/2008 Rv. 239537).

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma l'8/7/2014