Cassazione Penale, Sez. 4, 24 aprile 2015, n. 17163 - Uso di una bombola di azoto secco e infortunio: mancanza di formazione. L'aver fatto una "cavolata" non denota un comportamento abnorme tale da interrompere il nesso causale


 


"E' dimostrato alla stregua delle prove sopraindicate che la vittima si trovava ad operare in una situazione di completa ignoranza in ordine alle modalità di corretto funzionamento della bombola ed ai rischi connessi ad un suo uso improprio che, nella specie, si concretizzava nell'assenza della valvola di riduzione della pressione. In tale situazione non risulta di speciale importanza determinare se si fosse al primo giorno di lavoro o se il lavoratore avesse già in precedenza operato per conto del ricorrente. E' invece decisivo che lo stesso datore di lavoro ha completamente omesso di fornire la doverosa formazione ed informazione che costituisce fondamentale dovere datoriale e adempimento di grande rilievo al fine di assicurare la sicurezza delle lavorazioni, inducendo la conoscenza delle esatte procedure e dei rischi connessi alla loro violazione."
"D'altra parte la contingenza nella quale si è verificato l'incidente era propria, tipica della lavorazione in corso sicché il comportamento del lavoratore non può essere ritenuto esorbitante e tale da determinare l'interruzione del nesso causale."




 

Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO Data Udienza: 08/04/2015

 

FattoDiritto


1. A seguito di impugnazioni dell'imputato e della parte civile, la Corte d'appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma recante l'affermazione di responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine al reato di lesioni colpose commesso con violazione della norma normativa sulla sicurezza del lavoro il 13 luglio 2007 in danno di M.M.; e la condanna ai risarcimento del danno nei confronti delle parti civili.
Secondo l'ipotesi accusatoria fatta propria dai giudici di merito l'imputato, nella veste di datore di lavoro, ometteva di verificare in modo adeguato la formazione del dipendente M.M. e di informarlo degli specifici rischi connessi alla sua mansione, con la conseguenza che il lavoratore, nel corso dell'utilizzazione di una bombola di azoto secco, ometteva di aprire la valvola a valle del manometro determinando l'esplosione dell'apparato con conseguenti lesioni personali gravi.
2. Ricorre per cassazione l'imputato deducendo diversi motivi.
2.1 Il dispositivo, che reca conferma della prima sentenza si pone in insanabile contrasto con la parte motiva nella quale si rinviene una sostanziale riforma della prima sentenza in ordine alla responsabilità dell'imputato, che viene ritenuto unico colpevole, con conseguente completo esonero da responsabilità della parte offesa, Si chiede quale unico strumento utile l'annullamento della sentenza.
2.2 Il fatto addebitato è sanzionato dall'articolo 55 del d. lgs. n. 81 del 2008 che ha modificato gli articoli 21 e 22 del d. lgs. n. 626 del 1994. Tale norma speciale prevale su quella di cui all'articolo 590 cod. pen. Essa sanziona tutte le condotte afferenti alla formazione ed alla informazione dei lavoratore; e va letta in coordinamento con gli articoli 18, 36 e 37 del richiamato testo unico.
2.3 Violazione di legge per la mancata assunzione di una prova decisiva. Si assume che non sono state mai completamente chiarite le ragioni della causazione del sinistro ed è stata richiesta perizia per comprendere se la improvvisa fuoriuscita di gas sia stata determinata dall'apertura del rubinetto o dal suo difettoso funzionamento. Tale richiesta è stata disattesa essendone stata ritenuta la irrilevanza ai fini della decisione alla luce degli approfondimenti istruttori. Tuttavia tale valutazione si basa sulla manipolazione dei portato delle dichiarazioni dei testi e della parte civile. È stata travisata e trascurata la diversità delle mansioni cui i diversi lavoratori presenti erano adibiti. La vittima, in particolare, era al primo giorno di lavoro ed aveva il compito di mero ausiliario del collega; ed era stato incaricato di mettere sotto traccia i tubi dei condizionatori. Inoltre la bombola era nuova ed avrebbe dovuto essere utilizzata solo alcuni giorni dopo. In tale situazione l'approfondimento istruttorio richiesto appariva irrinunciabile.
2.4 Le argomentazioni sopra esposte sono state utilizzate anche per dedurre vizio motivazionale. Si assume che è stata trascurata la circostanza che la bombola era stata collocata in una stanza separata dell'appartamento in ristrutturazione ed avrebbe dovuto essere utilizzata solo al termine delle lavorazioni per verificare la tenuta dell'impianto di condizionamento. La vittima stava lavorando su un ponteggio ed immotìvatamente si è recata nella stanza ove si trovava la bombola in questione. Inoltre si trattava del primo giorno di lavoro. Al riguardo è stata travisata la deposizione del teste L. il quale ha semplicemente riferito di conoscere il M.M. da tempo ma ha aggiunto che quello era il primo giorno di lavoro. I giudici di merito hanno confuso tali due distinti aspetti. Altrettanto erroneamente si è ritenuto che l'uso della bombola di azoto non costituiva attività estranea alle mansioni affidate ai due lavoratori. Infatti il detto L. ha chiarito di essere l'unico operaio preposto all'utilizzo della bombola mentre la vittima svolgeva il ruolo di mero aiutante; ed ha escluso che il collega avesse incombenze che afferissero all'apparato in questione. Ha pure escluso che al momento del sinistro il detto collega stesse utilizzando la bombola per pulire tubi, operazione che viene compiuta solo al termine della realizzazione dell'impianto.
In tale situazione, si assume, non incombeva al datore di lavoro di informare il dipendente sulla pericolosità e sulle condizioni d'uso della bombola, poiché tale congegno esorbitava completamente dalle mansioni attribuite. Lo stesso lavoratore, del resto, ha ammesso di aver fatto una cavolata. Erroneamente la Corte d'appello ha escluso che tale ammissione determini interruzione del nesso causale. Ai contrario si è in presenza di comportamento eccezionale ed imprevedibile e come tale interruttivo. Infine, la Corte di merito ha incongruamente escluso la rilevanza della responsabilità del lavoratore nell'infortunio, non essendo costui informato dei rischi, trascurandone la già indicata condotta abnorme e quindi la sua corresponsabilità nella produzione dell'evento.
3. Il reato è estinto per prescrizione essendo decorso il termine massimo di sette anni e sei mesi dalla data della sua commissione (13 luglio 2007). La sentenza va dunque annullata senza rinvio per ciò che attiene alle statuizione penali. Infatti, come sarà meglio esposto nel prosieguo, non si configura una situazione di evidenza della prova che consenta l'adozione di pronunzia pienamente liberatoria nel merito.
3.1 Per ciò che attiene alle statuizione civili il ricorso è infondato. La sentenza impugnata, nel suo nucleo, pone in luce un dato che viene ritenuto di decisivo rilievo. Le concordi deposizioni della vittima e del compagno di lavoro L., confermate dal teste C., danno conto con certezza che sul luogo dell'infortunio fu rinvenuta la bombola unitamente ad un dado ed un manometro. Il dado ed il manometro erano distaccati perché sganciati dalla bombola. Ciò prova che il riduttore di pressione che avrebbe dovuto garantire la sicurezza del contenitore non era presente.
In ogni caso, anche a voler prescindere da qualunque accertamento in ordine all'uso della bombola da parte del M.M. per l'esecuzione di alcune fasi delle lavorazioni su incarico del datore di lavoro, appare dirimente, secondo il giudice d'appello, che costui non abbia fornito informazioni e formazione in ordine ai rischi connessi all'utilizzazione della bombola e comunque non abbia imposto il divieto assoluto di utilizzare tale strumento di lavoro. L'imputato avrebbe dovuto in ogni caso vigilare direttamente o mediante delega al fine di garantire l'applicazione delle norme di sicurezza. In proposito la difesa è assolutamente vaga non essendo stata fornita alcuna prova in ordine all'adempimento degli indicati doveri di formazione ed informazione.
Prendendo in esame l'appello dalla parte civile la pronunzia afferma di non condividere il giudizio del primo giudice che ha affermato la concorrente responsabilità del lavoratore ma non ha indicato in quale misura essa abbia inciso sulla causazione delle lesioni.
La Corte di merito considera che l'imputato è venuto meno all'obbligo di fornire strumenti idonei ed adeguati allo svolgimento in sicurezza dell'attività lavorativa nonché a quelli afferenti alla informazione in ordine ai rischi tanto più in considerazione dell'assenza dell'indicato riduttore pressione. In tale situazione non si ritiene di poter ravvisare una condotta colposa del lavoratore, idonea a determinare l'interruzione del nesso causale o a limitare la responsabilità del datore di lavoro. Né tale apprezzamento può essere influenzato dal l'affermazione del lavoratore di aver fatto una cazzata, riferita dall'imputato e dalla sua segretaria.
3.2. Tale apprezzamento è immune da censure. L'impugnazione è in larga misura incentrata su circostanze e valutazioni che non vulnerano il già indicato nucleo decisorio della pronunzia impugnata. E' infatti dimostrato alla stregua delle prove sopraindicate che la vittima si trovava ad operare in una situazione di completa ignoranza in ordine alle modalità di corretto funzionamento della bombola ed ai rischi connessi ad un suo uso improprio che, nella specie, si concretizzava nell'assenza della valvola di riduzione della pressione. In tale situazione non risulta di speciale importanza determinare se si fosse al primo giorno di lavoro o se il lavoratore avesse già in precedenza operato per conto del ricorrente. E' invece decisivo che lo stesso datore di lavoro ha completamente omesso di fornire la doverosa formazione ed informazione che costituisce fondamentale dovere datoriale e adempimento di grande rilievo al fine di assicurare la sicurezza delle lavorazioni, inducendo la conoscenza delle esatte procedure e dei rischi connessi alla loro violazione. Del resto correttamente è stata contestata violazione degli articoli 21 e 22 del decreto legislativa 626 del 1994 in relazione all'obbligo di formazione ed informazione.
D'altra parte la contingenza nella quale si è verificato l'incidente era propria, tipica della lavorazione in corso sicché il comportamento del lavoratore non può essere ritenuto esorbitante e tale da determinare l'interruzione del nesso causale.
Tale stato delle cose rende pienamente razionale la decisione della Corte d'appello di non dar corso ad ulteriori approfondimenti istruttori.
D'altra parte è quasi superfluo aggiungere che la violazione delle norme contravvenzionali sulla sicurezza del lavoro non fa certamente venir meno gli illeciti lesivi che ne derivano.
3.2 Per ciò che attiene al concorso di colpa della vittima la prima sentenza ritiene provato che fu il L. a manovrare la bombola senza apporvi il riduttore, ma fu il M.M. ad utilizzarla in quelle condizioni di pericolo così da provocare l'esplosione. Si ritiene che vi fu quindi anche condotta imperita della vittima, ma "senza che questi avesse ricevuto adeguata formazione specifica ed informazione dei rischi connessi all'uso del detto apparecchio". Nel prosieguo della motivazione si è quindi fatto riferimento ad una non determinata aliquota di colpa da porre a carico del M.M.. Occorre tuttavia notare che tale valutazione non trova alcun riscontro nel dispositivo della prima sentenza che, come è noto, costituisce lo statuto decisorio del giudizio. Ne consegue che, a fronte di tale dispositivo, quello espresso dalla Corte d'appello, confermativo della prima decisione, non reca alcuna sostanziale innovazione decisoria. In breve, la divergenza di valutazione espressa in motivazione dalla Corte d'appello non ha recato alcun pregiudizio quanto al contenuto decisorio delle diverse pronunzie
Conclusivamente la sentenza deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali perché il reato estinto per prescrizione. Il ricorso deve essere rigettato quanto alle statuizione civili. Ne discende la condanna alla rifusione delle spese di parte civile che appare congruo liquidare in euro 2.500 oltre accessori come per legge.

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agii effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso ai fini civili e condanna il ricorrente a rimborsare alla parte civile costituita le spese sostenute per questo giudizio che liquida in complessivi € 2.500,00 oltre accessori come per legge.

Roma 8 aprile 2015