SENATO DELLA REPUBBLICA
XVII LEGISLATURA
Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro



Seduta n. 9, martedì 9 dicembre 2014


Audizione dell'Associazione Familiari e Vittime dell'Amianto (AFEVA)


Presidenza della presidente FABBRI

Intervengono Nicola Pondrano e Bruno Pesce, rispettivamente vice presidente e coordinatore dell'Associazione familiari e vittime dell'Amianto (AFeVA).

SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI

PRESIDENTE
Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso il Resoconto stenografico nonché, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo. Poiché non vi sono obiezioni, così resta stabilito.

PROCEDURE INFORMATIVE
Audizione dell'Associazione familiari e vittime dell’amianto (AFeVA)

PRESIDENTE
L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Associazione familiari e vittime dell'amianto (AFeVA), qui rappresentata da Nicola Pondrano e Bruno Pesce, rispettivamente vice presidente e coordinatore della Associazione medesima.
Ringrazio anzitutto i nostri auditi per la disponibilità a partecipare ai nostri lavori.
L'odierna audizione si inserisce nel novero di una serie di audizioni, tra cui quella del sostituto procuratore presso il Tribunale di Torino, dottor Raffaele Guariniello, svolta la settimana scorsa sul tema dell'amianto. L'audizione, che è stata segretata, è risultata di grande interesse ed ha riguardato anche gli sviluppi riferiti alla vicenda della Eternit, di cui tutti abbiamo letto.
Siamo oggi interessati a capire come la nostra Commissione possa collaborare all'attività della vostra Associazione, ciò al fine di fornire risposte ad un problema così delicato, stante la ancora massiccia presenza di amianto nel nostro Paese, sia nell'ambito dell'edilizia pubblica, ad esempio nelle scuole, sia in quella privata. Occorre quindi ragionare insieme su come attivarci per contribuire reciprocamente alla individuazione di una soluzione e quindi per dare risposta, non solo alle vittime dell'amianto, ma anche, in prospettiva, a tutti i lavoratori del nostro Paese.
Ciò premesso, lascio ora la parola a Bruno Pesce, coordinatore dell'Associazione familiari e vittime dell'amianto.

PESCE
Signor Presidente, anzitutto ringrazio lei ed i componenti della Commissione.
In effetti, non molti giorni fa abbiamo subito una fortissima delusione quando la prima sezione della Corte di cassazione ha dichiarato prescritto il reato di disastro ambientale e doloso nella sua permanenza. Come sapete, il reato è stato prescritto in quanto è stata considerata la decorrenza della prescrizione - ricordo che la richiesta di annullamento della sentenza per prescrizione è stata avanzata dallo stesso procuratore generale - a partire dalla chiusura dello stabilimento, avvenuta nel 1986. Noi saremmo stati ben lieti se, con la chiusura dello stabilimento, si fosse verificata anche la sparizione dell'amianto, del mesotelioma e delle altre malattie amianto-correlate; purtroppo non è stato così dal momento che subiamo tuttora gli effetti e le cause del disastro.
Secondo questo principio una bomba a orologeria fatta scoppiare in una piazza, in un palazzo, in più piazze o in più palazzi, viene ad essere in qualche modo legale, purché l'esplosione avvenga un minuto dopo la decorrenza dei termini di prescrizione. Sarebbe così del tutto impossibile perseguire un terrorista che facesse scoppiare una bomba a distanza nel tempo, in modo tale da preservarsi da un reato di questo tipo.
Purtroppo, però, torno a ribadire che le cause e gli effetti del disastro sono ancora in corso. Quindi, dichiarare prescritto un reato di questo tipo è un problema di dottrina giudiziaria, che forse poteva anche avere luogo un centinaio di anni fa, quando l'amianto si conosceva, ma non in modo approfondito come oggi.
Ciò detto, credo che quello a cui teniamo di più è conoscere le intenzioni dello Stato di fronte a situazioni di questo genere. Questa situazione - peraltro non l'unica - in questo modo e considerata l'ingiustizia che è andata ad aggiungersi a quella già subita nel corso di molti decenni durante i quali si sono registrate migliaia di vittime - questi sono infatti i numeri di cui stiamo parlando - è diventata eclatante.
Siamo quindi interessati a sapere se lo Stato intenda o meno attrezzarsi per garantire giustizia anche alle vittime dei reati, oltre che i diritti a chi quei reati li ha commessi. Sembra banale, ma se ci si riflette, ci si accorge che le cose stanno proprio così. Non credo, infatti, che una situazione di questo genere, che provoca ferite enormi in qualunque cittadino e, ancora di più in chi sta tuttora subendo gli effetti del reato, sia degna di ulteriori approfondimenti.
Abbiamo assistito ad una circostanza, tragicamente beffarda, considerato che a Casale la media è di un mesotelioma la settimana (questi numeri si hanno solo a Casale, in Italia il dato è di oltre 1.500 l'anno) e che dopo la sentenza, nel giro di otto giorni, abbiamo registrato cinque decessi per mesotelioma, tra cui quello di una ragazza di 28 anni. Sembra proprio una tragica beffa! La giustizia è stata negata per garantire il diritto a chi ha commesso il reato - riconosciuto dal procuratore - (vi ha fatto riferimento persino il legale dell'imputato).
A nostro avviso lo Stato - il primo ministro Renzi ce lo ha garantito - d'ora in avanti rispetto a situazioni di questo tipo dovrà costituirsi parte civile, cosa che non è avvenuta in questo processo. Oltre che per le morti, ci sono altri 1.000 motivi per tale iniziativa da parte dello Stato, non fosse altro che per le spese ingenti che ricadono sull'Erario a causa delle migliaia e migliaia di ammalati e delle enormi quantità di risorse necessarie per la bonifica.
Occorrerebbe poi - ci siamo rivolti in tal senso al Consiglio superiore della magistratura - un'azione di sensibilizzazione e di aggiornamento dell'apparato giudiziario in ordine all'attuale significato di «disastro». Nel codice esiste qualche richiamo, non specifico e labile, a questa fattispecie ma quando è stato formulato non si sapevano prevedere disastri di questo tipo; c'era però l'asserzione secondo cui si rende necessario seguire la dinamica delle situazioni e gli sviluppi negli anni e nei decenni.
Occorrerebbero altresì delle norme tali da impedire interpretazioni, quali quella effettuata in questo caso dalla Corte di cassazione, che la ha portata a dichiarare prescritti reati di questo tipo. Deve essere eliminata la possibilità "vergognosa" - se mi è concesso il termine - di negare la giustizia alle vittime per garantire il diritto all'imputato, quando un'interpretazione diversa sarebbe stata possibile. Occorre impedire, con dei provvedimenti, che si possa spaziare, più o meno allegramente, nell'ambito di interpretazioni di questo tipo, anche perché ciò è veramente umiliante.
C'è poi un'altra questione che emerge e che la "vertenza amianto" (così come noi la definiamo) ha messo in luce, ormai da molti anni, così come anche altre situazioni che hanno visto il verificarsi di disastri nel nostro Paese. Mi riferisco alla possibilità per lo Stato di attrezzarsi per garantire giustizia alle vittime, anche per quanto riguarda i dovuti risarcimenti, se non attraverso l'Avvocatura dello Stato, mediante una sorta di servizio legale messo in atto dallo Stato. Nell'ambito degli incontri svolti presso la Camera dei deputati, la Presidente della Commissione giustizia ci è parsa possibilista circa l'ipotesi di una messa a punto di una sorta di servizio che possa operare a fianco delle vittime; le vittime, infatti, da sole non riescono a mettere in campo tutte le iniziative occorrenti per ottenere, non dico dei favori, ma per lo meno i propri diritti, in quanto vittime..
Faccio solo un piccolo esempio: i beni dell'imputato svizzero Schmidheiny, che si è costruito una fortuna con l'amianto, sono tutti all'estero, per cui, anche a fronte sia del diritto civile che garantisce il risarcimento una volta sancita la colpa con una sentenza, è come se ci dicesse: venite a prenderveli i soldi, se ne siete capaci! Lo Stato può tollerare un atteggiamento di questo tipo invece di garantire, come accade in altri Paesi, un servizio legale che, in base alla legislazione in essi vigente, consente alle vittime di dare luogo a delle azioni anche di carattere legale o, addirittura, delle procure civili? Negli altri Paesi, lo Stato non abbandona a se stessa la vittima che ha subito un reato così pesante. Noi con la nostra Associazione, se pur da soli, facciamo tanto, ma non credo che riusciremo ad arrivare fino in fondo, ovvero a dare luogo anche alle giuste e necessarie azioni di risarcimento. Non ce la facciamo a girare per il mondo e quindi siamo scoperti anche rispetto a queste iniziative
C'è poi un aspetto che affronterà più approfonditamente il vice presidente Pondrano e a cui di seguito accenno brevemente. Ricordo che facciamo parte del Fondo nazionale per le vittime dell'amianto presso l'INAIL - che non so se faccia ancora riferimento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - e che al riguardo esiste il problema, di carattere generale, dello sblocco del Piano nazionale amianto, definito nell'ambito della Conferenza governativa sulle patologie asbesto-correlate di Venezia (novembre 2012), convocata dall'allora ministro Renato Balduzzi.
Un ulteriore grosso problema, cui prima accennava la presidente Fabbri, riguarda le bonifiche. Il relativo piano dovrebbe essere surrogato con altre iniziative per fare in modo che Governo, Regioni ed enti locali recuperino anche risorse adeguate per realizzare interventi veramente accelerati e controllati di bonifica, con al centro informazioni, censimenti e soprattutto servizi pubblici che, in base a piani di bonifica territoriali, garantiscano la raccolta e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto. Tutto questo rappresenterebbe una sponda, un aiuto per i cittadini a fronte di un rischio diffusissimo. Anche a Roma il cittadino che nel proprio cortile ha una canna fumaria di amianto e non sa come fare per affrontare il problema, generalmente non riceve risposte adeguate in termini di segnalazione del rischio da amianto. Questa è spesso la situazione in tutte le città e i paesi.
Da anni abbiamo servizi pubblici di raccolta dell'amianto che dovrebbero offrire aiuto ai cittadini, così come abbiamo discariche pubbliche che abbiamo voluto, pur tuttavia, come è noto, oltre il 70 per cento dei materiali contenenti amianto vengono smaltiti in Germania, il che non è da Paese normale, ma è tipico di un Paese che ha una febbre da cavallo e che non sa più che cosa fa. Tant'è che tutti i giorni partono tir carichi di amianto da smaltire in Germania. Ripeto, non abbiamo piani di bonifica che contemplino strutture pubbliche di raccolta e di smaltimento dell'amianto. Da questo punto vista ci si sente abbandonati, e ad eccezione di qualche Regione che sta andando avanti, cercando di recuperare, su questo fronte si è ancora molto indietro.
L'ultimo punto che intendo affrontare è quello della sanità e nello specifico della ricerca sul mesotelioma. Tra le varie patologie questa è la più subdola e, ormai, la più diffusa; talvolta per contrarla non è necessaria un'esposizione massiccia, ma è sufficiente anche quella ambientale, che è normalmente meno massiccia. Basti pensare che a Casale Monferrato dei 50 casi di mesotelioma all'anno registrati circa l'80 per cento riguarda cittadini che non hanno mai messo piede nello stabilimento dell'Eternit.
Il disastro ambientale, dichiarato prescritto, in realtà è ancora in corso e riguarda l'inquinamento e l'esposizione ambientale e non più quella all'interno della fabbrica, anche perché quelli che lavoravano all'interno della fabbrica sono già morti quasi tutti e adesso stanno morendo a centinaia i cittadini che non vi hanno mai messo piede. Questo disastro dichiarato prescritto sta tuttora producendo una strage tra la popolazione!
C'è quindi anche un problema sanitario e finalmente si è costituita in Italia una rete di centri di eccellenza per la ricerca sul mesotelioma. Per quanto ci riguarda, essendo riusciti a riadattare la nostra sanità territoriale con gli ospedali di Casale Monferrato e Alessandria (unico centro non universitario), siamo entrati a far parte di questa rete di centri di eccellenza coordinata dall'università di Torino e dal professor Scagliotti. Questa rete ormai esiste, si tratta quindi di garantire i necessari supporti e coordinamenti e di estendere in tutto il territorio nazionale la messa a punto di percorsi che seguano le vittime di mesotelioma in particolare, ma anche i loro familiari, dalla diagnosi, alla cura, all'assistenza.
Grazie al collegamento e alla sinergia tra i centri che fanno ricerca e propongono nuovi protocolli - l'Italia è stata incaricata due anni fa dall'Europa di coordinare questa rete a livello europeo, ma queste iniziative rischiano talvolta di essere abbandonate - si tenta di dare risposte più efficaci nella cura di questi terribili tumori che, a volte, si manifestano anche dopo decenni dall'avvenuta esposizione. Questo è un altro dei punti che ci sta a cuore, tant'è che il titolo della nostra vertenza è per l'appunto: giustizia, bonifica e ricerca.
La nostra Associazione, nel suo piccolo, è impegnata da 35 anni in questa battaglia. Siamo nati prima come sindacato e abbiamo poi ottenuto convergenze con gli enti locali. Di recente abbiamo ricevuto questo colpo da parte della Cassazione, con la prescrizione del reato, ma ricominceremo a lottare, come del resto avrete appreso anche dalle parole pronunciate in questa sede qualche giorno fa dal dottor Guariniello.

PONDRANO
Ad eccezione di alcuni punti, non ritornerò sui problemi già affrontati dal coordinatore Pesce.
Domani la nostra vicenda finalmente - a distanza di due anni - - sarà oggetto della riunione della Conferenza Stato-Regioni e ci consta che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali lo scorso 3 ottobre abbia consegnato la relazione tecnica inerente queste problematiche. Non faccio commenti, se non per segnalare che all'interno di questa nota tecnica si fa riferimento a modifiche di ampliamento del Fondo nazionale per le vittime dell'amianto di cui sono presidente e che è stato istituito con la legge n. 244 del 2007 per poi rimanere dormiente per quattro anni. Ci è voluto il decreto interministeriale n. 30 del 2011 per attivarlo e la nomina del consiglio d'amministrazione è avvenuta nel 2012, il che sta a significare che qualcosa non ha funzionato. È importante cogliere questo aspetto, considerato che si sono determinate delle economie dovute alle contribuzioni dello Stato e delle imprese, ma di fatto il Fondo ha cominciato a funzionare nel marzo 2012.
Il problema non riguarda solo Casale Monferrato ma tutto il Paese e, quindi, prima di farvi il riassunto della situazione, vorrei fornirvi un po' di dati. Segnalo in primo luogo che quello che sin da subito contestammo del Piano nazionale amianto furono i numeri che parlavano di 34.000 siti contaminati in Italia, di cui 14.000 nelle Marche e 13 in Piemonte, dato quest'ultimo che balzò immediatamente ai nostri occhi che in Piemonte siamo nati; è chiaro quindi che qualcosa non collimava e che quel censimento era mal fatto soprattutto se si pensa che «Il Sole 24 Ore» della settimana scorsa parla di oltre 500.000 siti contaminati in Italia.
In Piemonte, attraverso un sistema di rilevazione dall'alto, sono stati individuati, potenzialmente, 89.000 siti contaminati. Si tratta di numeri impressionanti, che ci devono veramente far riflettere e rispetto ai quali siamo chiamati ad individuare delle priorità e, sotto il profilo della prevenzione, sono portato a dire che la priorità assoluta per un Paese come il nostro, stanti i dati in nostro possesso, è costituita dalle scuole e in genere dagli edifici pubblici. Quindi, una priorità esiste e, ripeto, è rappresentata dalle scuole, ed è un'emergenza sul piano sociale e sanitario.
Altra considerazione. Il presidente Renzi ha dichiarato che lo Stato è pronto a costituirsi parte civile e ha lamentato il fatto che fino ad oggi questo non sia avvenuto. Inoltre, la stampa, compresa quella odierna parla al riguardo di 258 rinvii a giudizio per omicidio, dolo eventuale e - addirittura - omicidio volontario. Ebbene, vorremmo al nostro fianco un ufficio giuridico dello Stato che ci supportasse nella nostra azione che non deve essere un'avventura. Forti della nostra esperienza e delle amarezze che abbiamo dovuto ingoiare in questi giorni, riteniamo che varrebbe la pena attrezzarsi un po' meglio.
Detto questo, vorrei tornare alla questione del Fondo per le vittime dell'amianto, rispetto alla quale in questi ultimi due anni ci siamo spesi molto, vivendo anche momenti di confronto, a cominciare da quello con l'allora ministro Fornero, che aveva recepito alcune delle nostre istanze. Se infatti andiamo a vedere gli atti riferiti al Piano nazionale amianto, rileveremo in essi una timida intenzione di iniziare ad allargare la platea di questo Fondo a quanti hanno contratto patologie nell'ambito familiare delle vittime. Questo non era certo quello che avremmo voluto considerato che il Fondo nasce nel 2007 con un finanziamento molto limitato, ovvero 30 milioni di euro a carico dello Stato e 10 milioni di euro a carico delle imprese. Questa somma, peraltro, valeva solo per gli anni 2008, 2009 e 2010, dal momento che dal 2011 in poi il contributo a carico dello Stato ha subito una riduzione, diventando di 22 milioni di euro che corrispondono poi alle somme che stiamo erogando per prestazioni aggiuntive. La platea dei destinatari in Italia è composta da circa 17.000 persone, di cui circa 6.000 sono le persone viventi che hanno contratto patologie amianto-correlate (asbestosi polmonare, cancro al polmone, mesotelioma polmonare). Poi questa platea di cittadini che è quasi una città che cresce, stranamente, si modifica nei numeri in virtù del fatto che l'età media di sopravvivenza di un ammalato di mesotelioma è pari a 10,2 mesi. Da quale categoria di persone è rappresentato allora questo incremento? Da quella dei vedovi o delle vedove, ovvero dei titolari di rendite ai superstiti.
Uno studio di consulenza tecnica attuariale commissionato all'INAIL segnala che, nel 2022, questo numero potrà essere pari a 26.000, rispetto ai 16.700 di oggi. Ciò sembra incredibile se si pensa che l'amianto è stato bandito nel 1992. Ciò vuol dire che gli strumenti diagnostici si sono affinati, laddove prima eravamo di fronte a un pianeta totalmente inesplorato. Sono stati individuate più di 1.000 lavorazioni - dalle tessiture, all'industria dell'auto, alla chimica e via dicendo - dove si manipolava e si utilizzava l'amianto. Quindi stiamo parlando di numeri che stanno diventando importanti; anzi, già lo sono.
A fronte di questo rilevante dato numerico, l'elemento che intendo sottolineare è che al riguardo si sta consumando uno strappo.
In riferimento ai cancerogeni professionali e alla luce della più volte citata sentenza, ho elaborato in forma scritta delle riflessioni che consegnerò agli atti della Commissione, in cui si evidenzia la necessità di una revisione profonda del sistema indennitario (in qualche modo analoga a quella che auspichiamo per il sistema giudiziario rispetto al tema delle prescrizioni). In questo caso siamo di fronte allo stesso problema, dal momento che il nostro ordinamento assicurativo non può mettere sullo stesso piano un amputato di un arto (che certo ha una pessima qualità di vita, ma una discreta aspettativa di vita) ed un ammalato affetto da mesotelioma pleurico (che ha una pessima qualità di vita e zero aspettative di vita), eppure a entrambi viene erogata la medesima somma. Ci rendiamo conto dell'assurdità di questo sistema? Ciò che eroghiamo è quindi una prestazione aggiuntiva che viene garantita solo ai lavoratori colpiti da forme cancerogene da amianto. Nel merito ci sarebbe da disquisire anche dal punto di vista costituzionale, perché un ammalato di cancro alla vescica nell'ambito del lavoro svolto in agricoltura o nel settore della chimica potrebbe legittimamente chiedersi per quale ragione non gli venga erogata una prestazione aggiuntiva, e questa è la prima considerazione che mi sembrava importante fare. Quando parlo di revisione, mi riferisco quindi ad una azione che vada nella direzione di una modifica sostanziale da parte dell'INAIL.
Se si analizzano i dati del Registro nazionale mesoteliomi (ReNaM) e andiamo a disaggregarli, riscontreremo che in Italia muoiono più di 1.500 persone all'anno a causa dell'amianto (sto parlando solo di mesoteliomi): dei quali 692 (pari a circa il 46,6 per cento) vengono riconosciuti dall'INAIL come decessi dovuti ad una esposizione professionale. Ripeto: il 46,6 per cento sul totale dei 1.500 casi. Il dato relativo al Piemonte è invece molto diverso, non tanto per ciò che concerne il lavoratore direttamente esposto, quanto per quanto riguarda i familiari dei lavoratori deceduti, e i cittadini vittime di esposizione ambientale. Il dato relativo ai familiari dei lavoratori deceduti è pari al 4,4 per cento mentre quello riferito alle vittime di esposizione ambientale è pari al 4,6 per cento. Rispetto a quanto sottolineato dal collega prima intervenuto, verrebbe da chiedersi se ci sia qualcosa che non quadra. Ad esempio, se prendiamo i dati di Casale Monferrato o del Piemonte, la somma dei decessi per esposizione familiare e quelli per esposizione ambientale è già pari al 25 per cento. Ciò vuol dire che per esposizione ambientale si muore solo a Casale Monferrato e questo perché in quell'area si trova la più grande fabbrica d'amianto d'Europa dismessa e abbandonata, ma non chiusa e questo è un elemento da tenere in considerazione. Si tratta infatti di una fabbrica di 90.000 metri quadrati abbandonata a se stessa, possiamo quindi immaginare la enorme dispersione di fibre d'amianto ed è lì che si consuma il dramma. Personalmente lo considero quasi un martirio, perché quando muoiono padri di famiglia di 35-40 anni siamo veramente di fronte ad una strage di persone, di civili, a fronte della quale non vi è alcuna previsione giuridica, assicurativa o economica. Pertanto se al dato già citato del 46,6 per cento relativo alle vittime professionali da amianto riconosciute, sommiamo quello riferito ai familiari dei lavoratori deceduti e ai decessi per esposizione ambientale, pari al 10 per cento, raggiungiamo un platea di 850 persone su 1.500. Anzitutto occorre premettere che oggi i familiari dei lavoratori deceduti e le vittime da esposizione ambientale non vedono il riconoscimento dei loro diritti. C'è poi un altro limbo (altre 650 persone) costituito da coloro che non sono stati in grado di dimostrare il nesso eziologico con la lavorazione cui attendevano magari nell'ambito di fabbriche o aziende che sono state chiuse o che sono fallite. Stiamo parlando di patologie che hanno un periodo di latenza di 40, 45, 50 anni. Siamo quindi di fronte ad un paese veramente spaccato a metà dal momento che circa la metà di queste persone, compresi i familiari dei lavoratori deceduti e i cittadini vittime di esposizione ambientale non fruiscono di alcun riconoscimento.
Quanto al Fondo, come già segnalato, nel periodo tra l'attivazione della contribuzione da parte dello Stato e delle aziende e la nostra nomina che risale al marzo del 2012, si sono determinate delle economie di un certo rilievo pari a 30,8 milioni, perché le liquidazioni degli anni antecedenti sono state fatte in misura forfettaria (20 per cento il primo anno, 20 per cento il secondo anno, 15 per cento il terzo). Su queste economie abbiamo lavorato rischiando di essere, non dico deferiti alla Corte dei conti, in ogni caso tirando il freno a mano. Abbiamo considerato che dal momento che vi era una legislazione in movimento fosse importante non buttare via queste risorse, ma destinarle, per cui nel caso fosse mutato lo scenario e il legislatore avesse fatto proprie le nostre considerazioni, avremmo potuto estendere questi benefici agli altri soggetti utilizzando appunto queste risorse.
Non ce l'abbiamo però fatta e il 13 dicembre dell'anno scorso, dal momento che non c'era un escamotage migliore, siamo stati costretti a spalmare queste risorse nei successivi dieci anni, anche se devo segnalare che tali risorse non sono state ancora utilizzate.
Se consultiamo gli atti della Conferenza governativa sulle patologie asbesto-correlate, leggeremo che, secondo l'allora ministro Fornero, vi erano spazi per la valutazione dell'implementazione dei fondi disponibili attingendo dagli avanzi di gestione del fondo per un importo di almeno 10 milioni di euro. Sapendo che c'erano delle economie, si cominciavano a riconoscere almeno i diritti dei familiari. Noi oggi parliamo di estendere tale riconoscimento ai cittadini vittime di esposizione ambientale, ma in realtà tale riconoscimento dovrebbe ricomprendere tutti. In questo caso non si pongono problemi con il Ministero dell'economia e delle finanze (dalla nota del Ministero si evince che non ci sono oneri aggiuntivi).
C'è un principio che per essere sancito dal punto di vista giuridico necessita di un intervento legislativo perché un conto è risarcire un lavoratore - e in tal caso rientriamo in ambito assicurativo così come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965 - altro è parlare - come dichiara oggi il Ministero nella sua relazione - di una prestazione assistenziale in favore dei familiari (circa 75 in tutta Italia).
Se però ci si richiama ad un concetto assistenziale si impone allora una riforma profonda del sistema e dello stesso Fondo. In Francia c'è il Fonds d'indemnisation des victimes de l'amiante (FIVA), un fondo alimentato con 360 milioni di euro, che però opera nell'ambito della securité générale e del sistema previdenziale. Da questo punto di vista, sostenere che l'INAIL debba erogare prestazioni assistenziali mi fa pensare che ci sia qualcosa che non quadra.
Questo è il quadro di riferimento sul quale noi vorremo ci fosse un pronunciamento. So che al riguardo sono state presentate delle proposte emendative. Per quanto ci riguarda abbiamo provato a fare dei calcoli prendendo a riferimento il minimo tabellare di un lavoratore dell'industria, considerato che a un lavoratore o a un familiare non si può erogare una prestazione aggiuntiva di 1.500 euro annui - le prestazioni aggiuntive sono di questa consistenza - ma una prestazione che in riferimento al minimo tabellare, dovrebbe aggirarsi intorno ai 16.000 euro.

PESCE
In senso perequativo rispetto alle vittime professionali.

PONDRANO
Sono piccole somme rispetto a quelle a disposizione e che sono tuttora inutilizzate.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per la loro esposizione e lascio la parola ai colleghi che intendono intervenire e ai quali chiedo uno sforzo di sintesi.

BORIOLI
Signor Presidente, ringrazio i nostri ospiti, che ho il piacere di conoscere da molti anni.
Raccogliendo l'invito della Presidente, torno brevemente su un punto specifico tra quelli da voi individuati. Siccome la legge di stabilità sta viaggiando con i tempi che conosciamo, approfittando un po' impropriamente dell'audizione, colgo l'opportunità per verificare se a parere dei nostri auditi gli emendamenti su cui stiamo lavorando, il cui termine di presentazione è previsto entro le ore 18,00di oggi, vadano nel senso da loro auspicato.
Vorrei poi porre una domanda specifica. Oggi mi pare che l'accessibilità al Fondo per le vittime dell'amianto istituito presso l'INAIL, di cui Nicola Pondrano è il presidente, sia limitata alle persone che hanno contratto le patologie in questione per ragioni professionali. Fermo restando il fatto che c'è tutta una platea molto ampia, difficile da ricondurre ad alcune delle tipologie di cui voi avete parlato, volevo capire se sia utile continuare a lavorare alla definizione di un emendamento che estenda l'accessibilità al Fondo ai familiari delle vittime e ai cittadini vittime di esposizione ambientale, attingendo dalle risorse non utilizzate, ma già appostate e messe in sicurezza, come il dottor Pondrano prima sottolineava. Trattandosi di risorse di cui si dispone già e non ponendosi l'esigenza di reperirne di nuove - questo è un tema che si porrà in futuro - mi interessava capire se l'estendere l'accessibilità al Fondo da parte di esposti ambientali e familiari, così come vengono definiti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell'ambito dell'istruttoria tenutasi presso ANCI per riattivare i meccanismi del Piano nazionale amianto, risulti in questa fase, se non risolutivo, utile.

PESCE
Sarebbe comunque un accesso limitato, ma utile.
Come è noto, quando si menziona la possibilità di estendere l'accesso a familiari e ad esposti ambientali si intende fare riferimento ai soggetti già riconosciuti come tali. Come infatti ha spiegato prima il presidente Pondrano, purtroppo il 50 per cento dei casi di mesotelioma che si manifestano ogni anno non viene riconosciuto né nell'ambito delle categorie delle vittime professionali, dei familiari o degli esposti ambientali, fermo restando che queste persone muoiono lo stesso per mesotelioma dovuto all'esposizione ad amianto.
Al riguardo è facilissimo incorrere nell'errore di immaginare che qualora il riconoscimento venga esteso agli esposti ambientali allora il riconoscimento diventi totale.
Da questo punto di vista rappresenterebbe già un inizio ampliare la platea di queste persone. Per quanto mi riguarda faccio parte del consiglio d'amministrazione del Fondo proprio per rispetto verso le istituzioni. Ci hanno chiamato a far parte del Fondo per gestirlo sul piano amministrativo - non possiamo decidere alcunché - e, ripeto, vi partecipiamo per rispetto nei riguardi delle istituzioni. Se ci fossimo basati solo su una questione di principio, avremmo dovuto rifiutare tale partecipazione considerato che la nostra richiesta di istituzione del Fondo riguardava innanzitutto le vittime non riconosciute dall'INAIL per le quali non è previsto alcun risarcimento, nonostante queste famiglie insieme all'affetto più caro, perdano anche l'unica fonte di reddito: ci sono vedove con bambini ancora in età scolare che l'INAIL ovviamente non riconosce e che si trovano a non avere più una lira. Non sono certo situazioni piacevoli. Capite bene, pertanto, che per noi che quello menzionato costituisce comunque un passo avanti, che tuttavia produrrà ancora frustrazione per la maggioranza della platea nazionale delle vittime che si vedrà ancora una volta escludere da un diritto.
Ciononostante, per rispetto delle istituzioni, continuiamo dall'interno e in occasioni come queste a cercare di allargare il varco al fine di ampliare la platea degli aventi diritto.
E' questa la sola spiegazione della nostra scelta, diversamente mi sentirei in colpa. Ripeto, solo sulla base di questa motivazione, se verrà accolto (magari questo non accadrà) condivideremo un emendamento di questo tipo.

D'ADDA
In primo luogo, ringrazio i nostri ospiti per la loro presenza. Immagino anche che ci rincontreremo a breve, visto che la Commissione lavoro ha istituito un comitato ristretto che ha in programma una vostra audizione proprio in ordine alle problematiche dell'amianto.
Quanto al tema concreto dei diversi emendamenti che sono stati presentati al disegno di legge di stabilità, ovviamente ci auguriamo che, in qualche modo, essi vadano a buon fine, tenuto conto anche che, con riferimento ai primi due articoli del provvedimento, anche il Governo sembrerebbe procedere nella direzione in essi indicata.
Il comitato ristretto della Commissione lavoro, cui facevo riferimento, e che richiederà la vostra audizione, sta lavorando alla definizione di provvedimenti specifici, presentati dai diversi Gruppi, che riguardano per l'appunto i decessi dovuti al contatto con l'amianto, i familiari dei lavoratori deceduti, i soggetti che hanno contratto patologie determinate dall'esposizione ambientale, nonché la questione della bonifica (nel merito ho trovato molto interessante il vostro riferimento alla ricerca).
In questo senso, sarà innanzitutto importante valutare che cosa sarà accolto nell'ambito dell'esame del disegno di legge di stabilità. Ricordo tuttavia che quei disegni di legge sono ormai incardinati, vengono esaminati in Commissione in sede referente e, quindi, non sono destinati ad essere abbandonati nel dimenticatoio una volta discussi, ma andranno avanti. Credo pertanto sarebbe opportuno lavorare anche insieme a voi su tutti gli aspetti che avete evidenziato; penso, ad esempio, a quella fascia di lavoratori non riconosciuti dall'INAIL che, di fatto, vengono colpiti dalla stessa patologia, in forma diretta o indiretta, ma che non vengono assolutamente riconosciuti e, quindi, rimangono nel limbo degli inesistenti.
Mi domando, pertanto, se per quanto riguarda problematiche come il riconoscimento, inteso in senso generale, delle diverse categorie, la bonifica ed, eventualmente, la ricerca - di cui vanno valutati anche alcuni aspetti specifici - non riteniate opportuno addivenire ad un quadro generale e, quindi, alla definizione di un disegno di legge complessivo che raccolga tutte le istanze, così da evitare il rischio di interventi che potrebbero confliggere l'uno con l'altro, sovrapporsi o finire per non avere l'impatto e l'incisività auspicati. La domanda in sintesi è se anche voi ritenete che un disegno legislativo, pur se corposo, sia quello che poi, alla fine, potrebbe veder ricompresi tutti gli aspetti.
Al di là degli emendamenti al disegno di legge di stabilità, che - non preoccupatevi - voteremo tutti a prescindere, credo, però, che definire un quadro generale della materia renda possibile ricomprendere con più efficacia tutte le problematiche che ci avete sottoposto.

COLLINA
Mi riaggancio a quanto è stato appena detto in riferimento al provvedimento, allo stato all'esame del Senato, in cui si configura il reato di disastro ambientale, e che istituisce una fattispecie che occorre valutare più nel dettaglio al fine di circoscrivere con precisione il suddetto reato.
Credo che proprio nell'ambito di tale provvedimento potrebbe essere inserita la possibilità - segnalata dai nostri ospiti - che nei casi di reato di disastro ambientale lo Stato si affianchi ai danneggiati per sostenerli. A mio avviso, tutte le volte che viene rilevato questo capo di imputazione, sarebbe bene che lo Stato entrasse in campo a sostegno dei cittadini.
Fatta questa premessa, su cui magari in seguito si potrà lavorare, consentitemi un'ultima considerazione. I nostri ospiti hanno sottolineato come in Italia non vi siano discariche per l'amianto. A tal proposito, in base alle mie esperienze, anche personali, posso dire che tutte le volte che si è provato a realizzare una discarica per l'amianto, è successo il finimondo e si formati una infinità di comitati!
Non c'è la possibilità di gestire, dal punto di vista scientifico, questo tipo di discorso. L'amianto si estrae dalla terra e se si rimette sotto terra viene automaticamente inertizzato e isolato. Si tratta quindi di fare dei buchi dove seppellire questi materiali.

PESCE
Oppure metterli dove questi buchi ci sono già.

COLLINA
In Italia non si riesce a condurre operazioni di questo genere e quando si dice di volerle attuare si scatenano sollevazioni che però non colgono le questioni reali. Questa è per lo meno la mia esperienza, dei tentativi in tale direzione sono stati fatti, ma oggi l'amianto viene trasportato tutto in Germania.

FAVERO
Ringrazio anzitutto per questo incontro, desiderato e voluto, che si inserisce in un percorso che ha visto già l'audizione di rappresentanti dell'INAIL e, poi, del procuratore Guariniello. Oggi si configura quindi un'altra tappa del percorso che stiamo portando avanti.
Anche io faccio parte della Commissione lavoro e, come ha ricordato la collega D'Adda, avremo a breve ancora il piacere di incontrarvi anche ai fini del lavoro che stiamo svolgendo per l'esame dei disegni di legge alla nostra attenzione, rispetto ai quali vi è la massima disponibilità a raccogliere anche vostre indicazioni, ai fini della presentazione di eventuali emendamenti migliorativi del testo.
Sono relatrice del disegno di legge di stabilità per la parte relativa al lavoro e alla previdenza. All'articolo 1, commi 86 e 89, si parla proprio dei trattamenti pensionistici per i lavoratori esposti all'amianto. Stiamo ricevendo i vari emendamenti al testo, il quale contiene alcune disposizioni che vanno già a migliorare la normativa vigente.
In riferimento a quanto appena segnalato dal senatore Collina, richiamo il tema della bonifica collegato alla prevenzione. Le agevolazioni messe in campo per la sostituzione dei tetti di amianto con pannelli fotovoltaici hanno dato degli esiti veramente positivi, almeno nei miei territori di provenienza (sono biellese e quella è un'area ricca di capannoni ed industrie). Credo che anche questo aspetto dovrà essere messo in campo, perché, indubbiamente, vi sono chilometri quadrati di questi materiali che molto spesso sfuggono all'attenzione magari perché parte di siti dismessi e, quindi, maggiormente pericolosi.
Per quanto riguarda le scuole, bisogna dire che in questo ambito i Comuni hanno fatto tantissimo, ancor prima che fossero previste delle agevolazioni. Parlo del mio Comune - quello di Biella - in cui ero assessore all'edilizia scolastica e dove avevamo già provveduto alla sostituzione di tutti i tetti delle scuole, a partire dagli asili nido, secondo il principio della pericolosità nel contatto. Infatti, l'esposizione per i bimbi piccoli è veramente devastante, e può determinare l'insorgenza di effetti patologici anche a distanza di 30 o 40 anni dall'esposizione e quindi, la lotta va condotta proprio nel senso di tutelare maggiormente i soggetti che corrono dei rischi.
Per quanto riguarda invece i familiari delle vittime e i danni ambientali, per quanto possa servire esprimo tutta la mia solidarietà rispetto al vostro impegno.
Credo che dovremmo unificare i nostri sforzi perché sono convinta che è nella frammentazione e in questi rivoli di competenze che si nasconda il rischio di vanificare gli sforzi di tutti noi, ivi compreso lo Stato che in questo caso deve essere materno. Tutti gli sforzi devono portarci ad ottenere giustizia per quanto è avvenuto, partendo dal presupposto che un problema c'è e dovrà essere sottolineato in sede di Conferenza Stato- Regioni. Non è possibile, infatti, che anche in questo campo ogni Regione faccia un po' quello che crede, tant'è che ognuno viaggia alla sua velocità, e si hanno risultati e monitoraggi differenziati; sia in campo sanitario che in quello ambientale, infatti, i monitoraggi effettuati dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) e da altri soggetti non danno gli stessi risultati. Credo che quello dell'omogeneità delle procedure debba invece essere un tema cui rivolgere tutta la nostra attenzione, considerato che è nelle pieghe della disomogeneità che c'è l'inghippo, la possibilità di nascondere e quindi anche il rischio della prescrizione, L'opacità e la frammentazione portano, ahimè, gravi danni tanto quanto le cattive leggi.

PELINO
Da nove anni sono in Parlamento e ricordo di aver sentito parlare di amianto già in Commissione lavoro alla Camera, dove affrontammo tantissime volte questo grande problema. Oggi osservo che, come sempre accade nel nostro Paese, si profila una sorta d'impegno solo al cospetto di gravi perdite umane. A titolo di esempio faccio un riferimento, che non è legato ai danni che procura e procurerà l'amianto, ma al dissesto idrogeologico, visto che anche in questo caso ci si sta muovendo solo dopo i disastri verificatisi.
Quanto poi ai terremoti - vengo dall'Abruzzo - non si può fare prevenzione, ma ci può essere prevenzione nelle costruzioni. L'Italia è un Paese che non cura le cause, ma eventualmente interviene sugli effetti. Quando si tratta, come in questo caso, di lesioni gravissime sia all'uomo che all'ambiente, probabilmente bisognerebbe concentrarsi molto di più su questo argomento e soprattutto restringere i tempi. Occorre infatti considerare i grossi problemi ambientali legati alle bonifiche - da quanto riferitoci sono 600.000 i siti da bonificare - e questo significa che avendo il mesotelioma - che da quanto mi è sembrato di capire sia collegato esclusivamente all'esposizione all'amianto - una latenza di 40 o 50 anni, siamo chiamati a tutelare non solo i soggetti attualmente ammalati, ma in prospettiva anche quei poveracci che da qui a 40 anni saranno colpiti da tale patologia!

PESCE
Dai 15 anni in su.

PELINO
Il mio è un po' un grido di dolore. Facendo una fotografia del nostro Paese ci si accorge infatti che ci sono grandi problematiche che andrebbero affrontate con maggior impegno e serietà stanti i disastri che hanno già determinato e la necessità di prevenire il determinarsi di altri.
Quanto alla possibile presentazione di emendamenti, sappiamo che si tratta un po' di palliativi, laddove essendo noi in possesso dello strumento legislativo dovremmo impegnarci a definire leggi ad hoc. Sono state approvate leggi sull'amianto e sul riconoscimento di anni di pensione anticipata per i lavoratori di questo settore, ma è sul problema all'origine che bisogna intervenire, ma noi purtroppo siamo il Paese che, quando riesce, cura gli effetti.
Mi associo alle considerazioni svolte dai nostri ospiti. Forse, in tal senso, bisognerebbe concentrarci per dare una vera scossa, all'attuale Governo e a quelli che verranno. Occorre intervenire in maniera molto più drastica, anche perché chi non è colpito da questi tragici eventi non può conoscere il dramma che le famiglie vivono allo stato e in prospettiva nel rischio dell'insorgenza di malattie.

SERAFINI
Esprimo la mia stima nei confronti dei nostri ospiti per il lavoro molto sensibile e delicato che svolgono e che immagino porti via molto tempo. Di fatto voi sostituite anche la politica e per questo vi ringrazio.
Volevo evidenziare che pochi giorni fa nell'ambito di una nota trasmissione televisiva sono state mostrate le immagini di un capannone enorme, posto di fronte ad una stazione dei vigili del fuoco, stracolmo di amianto che è ormai in quella sede da parecchi anni.
Anche sulla base dei dati forniti dai nostri auditi si può senz'altro dire che si tratta di un problema drammatico che, peraltro, ho avuto modo di seguire anche in passato in virtù del mio ruolo di dirigente sindacale. Questo, ripeto, è un problema drammatico che non ha colore politico e che riguarda tutti i cittadini. Il nostro per alcuni versi è un Paese meraviglioso, ma ha i suoi lati tragici. Non si riesce a trovare una soluzione solo attraverso i comitati, credo invece che la politica oggi sia chiamata ad elaborare una legge sull'amianto al fine di affrontare questa tematica in maniera drastica. Quando nel Paese si verificano dei cataclismi si varano leggi speciali, per quanto riguarda il problema dell'amianto esiste già una legge, ma credo che esso vada affrontato in maniera più radicale. Al riguardo ho mille idee in testa da proporre e sulle quali mi piacerebbe confrontarmi, e questo credo valga anche per i nostri ospiti e a maggior ragione visto che sono più a contatto con questa triste realtà. Una realtà fatta di casi umani tragici, di famiglie distrutte. Se mi è concessa l'espressione, c'è un indotto di questa tragedia che non è costituito solo dalla morte del singolo, ma anche dalle famiglie delle vittime, dai parenti e dai territori. È una situazione veramente drammatica. Non si possono varare leggi per poi emendarle e sovrapporle. Il problema al nostro esame va affrontato consapevoli della sua drammaticità; esso non è un problema di destra o di sinistra, ma del Paese e non ha colore politico. Dovremmo quindi avere la sensibilità di affrontarlo una volta per tutte. Io ho mille idee e nessuna, ma credo che con il vostro apporto e quello di altri esperti e dei colleghi del Senato e della Camera si possa arrivare in maniera drastica ad affrontare il problema. Faccio solo un esempio: perché non tassiamo il gioco del lotto dello 0,1 per cento per avere i fondi da impegnare su questo tema? Nel gioco del lotto ogni anno non vengono riscossi dei milioni. Dove vanno a finire questi soldi? Personalmente non lo so, ma credo che potrebbero essere utilizzati per trovare una soluzione a questo problema. In casi come quello di Casale Monferrato bisogna recarsi sul luogo e affrontare tutte le questioni in maniera drastica e non una tantum, a tal fine utilizzando esperti, medicine, tecnici e tutto quello che può servire.

PRESIDENTE
Probabilmente chiederemo nuovamente ai nostri ospiti la loro collaborazione perché il tema è stringente, urgente, delicato, trasversale ed è presente nelle coscienze di ognuno di noi, indipendentemente da quale sia il nostro pensiero, e riguarda le nostre città, i nostri giovani e i ragazzi che vanno a scuola.
Apprendere che l'amianto è ancora presente nelle nostre scuole è terribile. Da una parte, si vuole pensare e parlare di nuove generazioni e, dall'altra, purtroppo, in alcune realtà mandiamo ancora i nostri ragazzi in scuole piene di amianto!
Quindi, in tal senso raccogliamo e raccolgo l'appello dei colleghi. Il tentativo che questa Commissione deve fare è quello di dare un contributo affinché - come ricordato dal vice presidente Serafini - si addivenga alla soluzione di un problema che ci portiamo dietro ormai da troppi anni.
Do la parola al dottor Pondrano e, a seguire, al dottor Pesce, cui confermo la nostra totale e piena disponibilità a collaborare.

PONDRANO
Anche noi vi ringraziamo per la sensibilità che state dimostrando.
Tengo a sottolineare e siamo orgogliosi di dire che abbiamo assunto il nostro incarico nell'ambito del Fondo per le vittime dell'amianto, senza oneri a carico dello Stato; svolgiamo quindi a titolo gratuito una funzione di governo e di controllo del fondo medesimo e le spese - addirittura le spese vive- sono a nostro carico. Credo che questo sia uno dei pochi casi, in questo Paese, in cui ciò avviene. Tengo ad evidenzialo perché siamo proprio onorati che le cose siano andate in questo modo.
Quanto alla possibilità di fare riferimento ad un quadro normativo generale, farei molta attenzione. Se si ci si pone nell'ambito di un'emergenza sanitaria - quella al nostro esame è infatti un'emergenza anche sanitaria e sociale - allora abbiamo un quadro di riferimento che non dobbiamo perdere di vista. Diversamente rischiamo di legiferare più degli Stati Uniti d'America, come spesso ci viene rimproverato. Il Piano nazionale amianto c'è già, ma purtroppo è rimasto fermo due anni nell'attesa di ottenere i pareri da parte dei tre Ministeri competenti. Ripeto, due anni, il che è uno scandalo! Per domani è prevista la convocazione della Conferenza Stato-Regioni dalla quale credo si debba ripartire.
Ho letto alcune notizie relative agli emendamenti che sarebbero stati presentati in questi giorni. Non entro nel merito, però rilevo il rischio enorme di impantanarsi su questioni che risultano pesanti per il Paese in questo momento.
Ho verificato i conti dell'INPS in materia di amianto e al riguardo vorrei sottoporvi un elemento di riflessione: il costo annuo per le maggiorazioni sulle pensioni, solo per il Fondo lavoratori dipendenti (poi ci sono gli altri 16 Fondi) è di 1.303 milioni di euro. Questo costo sociale è stato ed è vissuto tutto a carico dello Stato. In Francia sono intervenuti dopo (non so se peggio o meglio), ma hanno ottenuto una quota di partecipazione da parte di coloro che questa strage l'hanno causata e lo dico con tutto il rispetto per le imprese che hanno lavorato l'amianto. In Italia tutti gli oneri sono a carico dello Stato e si tratta di somme incredibili. È questo un elemento di cui tenere conto se si dovessero toccare anche gli aspetti previdenziali. Nel merito aggiungo che mi è capitato di leggere di tutto un po'.

PESCE
È stata segnalata l'ipotesi di dare vita ad una sorta di provvedimento complessivo, che raccolga le istanze che riguardano la giustizia, la prevenzione (ovvero la bonifica) e la sanità (ovvero cura e ricerca).
Credo che dobbiamo sapere - e voi lo sapete - e prendere atto del fatto che, dopo il varo della legge n. 257 del 1992, c'è stato sostanzialmente un abbandono della problematica; dopo tre anni di lotta da noi iniziata a partire dal 1989, c'è stato giustamente e per fortuna il coinvolgimento delle tre Confederazioni sindacali e si è instaurato un rapporto virtuoso con il Parlamento, in particolare negli anni 1991, 1992 e 1993, per addivenire poi alla applicazione delle norme in materia di benefici previdenziali. Noi abbiamo sempre rincorso le istituzioni, anche nei momenti più difficili, perché sapevamo e sappiamo che senza le istituzioni non andiamo da nessuna parte, e questo vale anche quando esse ci fanno impazzire per le contraddizioni spaventose che provocano. A chi del resto dovremmo rivolgerci se non alle istituzioni?
Come dicevo, dopo la legge del 1993 si è assistito ad un abbandono del tema ed a una rincorsa tra chi considerava il taglio dei benefici previdenziali, e chi invece coglieva solo l'aspetto dei benefici previdenziali. In certi casi sono state concesse pensioni a iosa e in altri ne è stata negata l'erogazione a favore dei cittadini vittime di esposizione ambientale. Si è quindi molto pasticciato.
Quanto al resto, in particolare per ciò che riguarda gli aspetti della giustizia, della la sanità e della bonifica, si è assistito ad azioni di buona volontà da parte di qualche Regione. Prima è stato citato il caso del Comune di Biella, che però non è il solo, ce ne sono stati parecchi. A Casale Monferrato abbiamo cominciato ad intervenire in questo ambito dieci anni prima dell'entrata in vigore della legge. Tuttavia, torno a ribadire che dopo un certo periodo non si è avuta più una strategia e una volontà politica. La stessa Conferenza nazionale sull'amianto non è stata convocata, se non da un Governo cosiddetto anomalo, mi riferisco al Governo Monti, di cui faceva parte un Ministro - il ministro Balduzzi - che era nostro vicino di casa e sapeva quindi che cosa è l'amianto. Il ministro Balduzzi si è dato infatti un gran da fare per convocare la Conferenza nazionale di Venezia, laddove in tutti gli anni precedenti, sostanzialmente, non c'era stata più la volontà di affrontare questo problema. Ecco perché, anche adesso, si pone di fronte a noi il problema di cogliere l'occasione e l'opportunità per tentare di giocare una carta e, magari, recuperare un pezzo di queste problematiche (mi richiamo alla presentazione di alcuni emendamenti cui è stato fatto cenno). A nostro avviso sarebbe però necessario un intervento più organico che cogliesse l'insieme di queste esigenze, perché l'amianto è un problema che va trattato in termini organici, altrimenti si rischia di lasciare scoperti dei versanti molto importanti.
Concludo soffermandomi sul tema delle bonifiche. Il senatore Collina ha parlato delle discariche. Noi stiamo lottando per avere una discarica pubblica, ma nell'ambito di un piano di bonifica territoriale che chiarisca ai cittadini quali sono i servizi prestati e, quali, oltre agli incentivi nazionali, i servizi locali messi a disposizione. Ciò al fine di far comprendere al cittadino la situazione. Certo che se si lascia all'ecomafia la gestione dei rifiuti, è ovvio che i cittadini non comprendono le necessità e non gli rimane che dissentire.
In conclusione, ringrazio i commissari, e auspico di incontrarvi nuovamente a breve.

PRESIDENTE
Ringrazio gli auditi per il loro contributo e dichiaro conclusa l'audizione odierna.


Testi non rivisti dagli oratori.
Fonte: senato.it