Cassazione Penale, Sez. 4, 12 giugno 2015, n. 24825 - Infortunio mortale durante i lavori di pulizia ad una finestra


Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA Data Udienza: 21/05/2015



Fatto


l. La corte d'appello dell'Aquila, con sentenza in data 17 ottobre 2013, confermava la sentenza del tribunale di Teramo del 20 ottobre 2009 con cui M.R., in qualità di titolare della delega in materia di sicurezza sul lavoro per il centro in Italia della società Team Service soc. coop. a r. l., era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione, concesse le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, per il reato di cui agli articoli 113 e 589, commi 1 e 2, cod. pen., commesso in Teramo il 24 gennaio 2004, per aver cagionato per colpa, consistita a in imprudenza, negligenza, imperizia ed inosservanza delle norme di legge in materia antinfortunistica, la morte del dipendente C.D. il quale, nell'eseguire lavori di pulizia ad una finestra, era scivolato decedendo sul posto.
2. Avverso la sentenza della corte d'appello proponeva ricorso per cassazione M.R., a mezzo del suo difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la corte d'appello aveva omesso di esaminare lo specifico motivo dedotto dall'appellante secondo cui la circostanza di aver risarcito il danno in favore della parte civile costituita avrebbe dovuto condurre al giudizio di prevalenza, e non di mera equivalenza, delle attenuanti generiche rispetto all'aggravante contestata. Da ciò sarebbe derivato che, dovendosi applicare la disciplina sulla prescrizione in vigore prima dell'entrata in vigore della legge numero 251/2005, il reato avrebbe dovuto ritenersi prescritto.

Diritto


Osserva la corte che il motivo di ricorso è infondato. Invero la corte di legittimità ha affermato che le attenuanti generiche previste dall'art. 62-bis cod. pen. sono state introdotte con la funzione di mitigare la rigidità dell'originario sistema di calcolo della pena nell'ipotesi di concorso di circostanze di specie diversa e tale funzione, ridotta a seguito della modifica del giudizio di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di esplicarsi efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la fissazione del minimo edittale, allorché questi intenda determinare la pena al di sotto di tale limite, con la conseguenza che, ove questa situazione non ricorra, perché il giudice valuta la pena da applicare al di sopra del limite, il diniego della prevalenza delle generiche diviene solo elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della sanzione e non può, quindi, dar luogo né a violazione di legge, né al corrispondente difetto di motivazione (Sez. 3, n. 44883 del 18/07/2014 - dep. 28/10/2014, Cavicchi, Rv. 260627; Sez. 3, n. 369 del 25/01/2000 - dep. 05/06/2000, Rigamonti E, Rv. 216572 ).
Nel caso che occupa la corte territoriale ha esaustivamente motivato la decisione in punto di conferma della statuizione sulla pena effettuata dal tribunale, avendo ritenuto che la gravità del fatto, connotato da un complesso composito di omissioni da parte del soggetto esercente le funzioni del datore di lavoro, giustificava pienamente l'irrogazione di pena superiore al minimo edittale.
Ne consegue che, essendo preciso e motivato intendimento dei giudici di merito pervenire alla conferma della pena irrogata nella misura di un anno di reclusione, non sussisteva l'obbligo di motivare in ordine alle ragioni, addotte dall'appellante, onde pervenire al giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche.
Il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 21.5.2015.