Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 07 luglio 2015, n. 13982 - Danno connesso all'aggravamento delle condizioni di salute: come si liquida?


Presidente Stile – Relatore De Marinis

Fatto



Con sentenza del 3 novembre 2011, la Corte d'Appello di Firenze, in riforma della decisione di rigetto resa dal Tribunale di Arezzo accoglieva la domanda proposta da A. e M.C., quali eredi di Ma.C., deceduto in corso di causa, nei confronti dei Comune di Montemignaio avente ad oggetto il risarcimento del danno connesso all'aggravamento delle condizioni di salute del dante causa derivato dall'adibizione di questi, dipendente dal predetto Ente con qualifica di operaio, ad attività lavorative incompatibili con la patologia da cui era affetto, ben nota all'Ente datore, con condanna di quest'ultimo alla liquidazione del predetto danno nell'importo di euro 1.500,00, oltre interessi dalla data di accertamento del danno e rivalutazione monetaria. La decisione della Corte territoriale discende dall'essersi questa conformata all'esito della CTU, di cui aveva disposto la rinnovazione in appello, relativamente alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra l'aggravamento della patologia sofferta dal C. e l'impiego del medesimo in mansioni per cui era stato dichiarato inidoneo e alla rilevata percentuale di invalidità e dall'aver la Corte medesima determinato il risarcimento dovuto in via equitativa assumendo a parametro le tabelle relative alla liquidazione del danno biologico di lieve entità conseguente a incidenti stradali.
Per la cassazione di tale decisione ricorrono gli eredi C., affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il Comune di Montemignaio Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto



I due motivi di impugnazione avanzati dai ricorrenti sono unitariamente volti a censurare la statuizione della Corte territoriale in ordine alla determinazione, operata in via equitativa dalla Corte medesima, dell'importo del risarcimento per il danno non patrimoniale spettante a fronte dell' accertata responsabilità dell'Ente datore per l'aggravamento delle condizioni di salute del dante causa dei ricorrenti, conseguente all'impiego del medesimo in mansioni certificate dalle competenti autorità sanitarie come incompatibili rispetto alla patologia sofferta. Entrambi i motivi, infatti, investono la statuizione nel suo complesso sotto il profilo della conformità a diritto e della congruità della motivazione. Invero, con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1126, 2043, 2056, 2059 c.c., dell'art. 139 d.lgs. 7.9.2005, n. 209 e degli artt. 2, 3, 4, 32 e 35 Cost., i ricorrenti lamentano l'erroneità del pronunciamento sul punto della Corte territoriale, in primo luogo, per aver assunto a riferimento per la liquidazione del danno non patrimoniale le tabelle relative al risarcimento dei danni biologici di lieve entità conseguenti ad incidenti stradali predisposte ai sensi dell'art. 139 d.lgs. n. 209/2005 e non le tabelle predisposte dal Tribunale di Milano generalmente applicate ai fini della valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., come viceversa si imponeva, atteso che la misura percentuale minima del 2% dell'invalidità derivata dall'accertato aggravamento non rilevava di per sé come danno "micro permanente", ma andava cumulata con la percentuale, pari al 10%, già sussistente in relazione all'originaria patologia; in secondo luogo, per aver determinato il danno in un importo manifestamente simbolico, senza "tener conto dell'effettiva consistenza del danno arrecato alla salute del dante causa dei ricorrenti", né "individuando quali ripercussioni negative sul valore persona si fossero effettivamente verificate", né "provvedendo alla loro integrale riparazione"; infine, per aver omesso di considerare nella determinazione unitaria del danno non patrimoniale l'incidenza delle componenti del danno morale e del danno esistenziale.
Con il secondo motivo, nel denunciare il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, i ricorrenti lamentano il non aver la Corte territoriale dato conto, con riferimento a ciascuno degli elementi concorrenti nella valutazione cui era chiamata ai fini della liquidazione in via equitativa del danno non patrimoniale complessivamente patito dall'interessato, dei criteri seguiti. In sostanza, secondo i ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe dovuto determinare il danno non patrimoniale unitariamente spettante assumendo a riferimento, relativamente alla componente del danno biologico, tabelle che, considerata la più rilevante entità complessiva dell'invalidità da cui l'interessato era stato colpito, attribuivano un maggior valore al singolo punto percentuale, maggiorando poi la somma risultante con un ulteriore importo a titolo di danno morale ed esistenziale, anziché riconoscere in via automatica la somma risultante, per la sola componente del danno biologico, dalle tabelle riferite al quel tipo di danno e di lieve entità causato da incidenti stradali, per di più "in moneta rivalutata ad oggi" (vedi penultimo capoverso a p. 30 del ricorso).
Entrambi i motivi, che, per quanto detto, è qui opportuno trattare congiuntamente, meritano accoglimento sulla base, ma altresì nei limiti, dell'orientamento accolto da questa Corte con la sentenza n. 12408 del 7.6.2011, pronunziata tenendo conto della più generale posizione in tema di liquidazione del danno non patrimoniale espressa con le decisioni di questa stessa Corte a sezioni unite nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008. A questa stregua deve ritenersi precluso il ricorso in via analogica al criterio di liquidazione del danno non patrimoniale da micro permanente derivante dalla circolazione di veicoli a motore e natanti, ovvero mediante il rinvio al decreto annualmente emanato dal Ministro delle attività produttive, ed, al contrario, congruo il riferimento ai valori inclusi nella tabella elaborata, ai fini della liquidazione del danno alla persona, dal Tribunale di Milano, per essere stati assunti come valore "equo" in grado di garantire la parità di trattamento in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l'entità; e ciò anche in considerazione della revisione della tabella medesima alla luce dei principi enunciati dalla sezioni unite del 2008, con particolare riguardo alla inclusione nel danno biologico "di ogni conseguenza fisica e psichica per sua natura intrinseca" c i consegue la configurabilità di una inammissibile duplicazione del risarcimento Na congiunta attribuzione del danno biologico e dei danno morale inteso come turbamento dell'animo e dolore intimo, giustificandosi esclusivamente da parte del giudice un'adeguata personalizzazione del risarcimento al fine di indennizzare le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, revisione che ne ha determinato il significativo mutamento di denominazione da "Tabella per la liquidazione del danno biologico" a "Tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione dell'integrità psicofisica", ora aggiornata in riferimento alle variazioni del costo della vita accertate dall'ISTAT nel periodo 1.1.2009/1.1.2011.
La mancata assunzione della tabella milanese a parametro attestante la conformità della valutazione equitativa del danno alle disposizioni dell'ari. 1226 e 2056 c.c., integra il vizio di violazione di legge che, sempre in adesione al dictum della citata sentenza, ben può essere fatto valere in questa sede in quanto la questione è stata specificamente posta nel giudizio di merito.
Il ricorso va dunque accolto nei termini sopra indicati e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Bologna che provvederà alla liquidazione del danno non patrimoniale conseguente alle lesione dell'integrità psicofisica del dante causa dei ricorrenti accertato come riferibile alla condotta illecita della Società sulla base dei valori tabellari elaborati dal Tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto, nonché all'attribuzione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.



La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Bologna.