Cassazione Civile, Sez. Lav., 09 luglio 2015, n. 14318 - Infortunio sul lavoro e rendita per inabilità


 

Presidente: ROSELLI FEDERICO Relatore: ROSELLI FEDERICO Data pubblicazione: 09/07/2015


Fatto


Con sentenza del 22 giugno 2013 la Corte d'appello di Roma riformava la decisione di primo grado con cui il Tribunale di Frosinone, escluso che la domanda fosse preclusa da regiudicata, aveva condannato l'Inail a pagare ad A.M. la somma di 23.777,15 euro a titolo di rendita per inabilità temporanea assoluta da infortunio sul lavoro, maturata nel periodo 9 agosto-2 aprile 1998.
La Corte, rilevato come l'Inail avesse contestato la durata dell'inabilità permanente già nell'atto di costituzione nel giudizio di primo grado, osservava che il consulente tecnico nominato d'ufficio nel giudizio d'appello aveva riconosciuto l'inabilità ma ne aveva limitato la durata, sulla base di certificazioni mediche provenienti dallo stesso Inail, a sessantasette giorni.
Di diverse natura e genesi era una malattia che aveva cagionato l'assenza dal lavoro del A.M. fino al 2 aprile 1998 ed infatti l'Inail aveva trasmesso la documentazione all'Inps per eventuale indennizzo a titolo diverso dall'infortunio sul lavoro.
In conclusione la Corte condannava l'Istituto appellante a pagare 2179,51 euro al lavoratore assicurato.
Questi ricorre per cassazione e l'Istituto resiste con controricorso.

Diritto

Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., per non avere la Corte d'appello pronunciato sulle sue eccezioni d'inammissibilità e improponibilità dell'impugnazione dell'Inail nonché sulla richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica medica. Il motivo è inammissibile per inosservanza dell'art.366 n.3 cod. proc. civ., ossia per omessa specificazione delle dette eccezioni e del contenuto della richiesta di nuova c.t.u.
Col secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art.347 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sulla sua eccezione di non autenticità della copia della sentenza di primo grado, da lui impugnata.
Il motivo è inammissibile per difetto d'interesse ossia per omesso adempimento, da parte del ricorrente, dell'onere di provare l'asserita difformità fra la copia della sentenza su cui si sono pronunciati i giudici d'appello e sentenza autentica, sì da far risultare un'effettiva lesione del suo diritto di difesa.
Col terzo motivo il ricorrente prospetta la violazione dell'art.437 cod proc. civ. per irrituale produzione di documenti da parte dell'appellante.
Il motivo è infondato giacché la Corte d'appello ha fondato la sua decisione non già su prove chieste dalle parti ma su una consulenza tecnica medica ritualmente disposta d'ufficio e poi confrontata con quella di primo grado.
Sono così infondate anche le doglianze di convincimento giudiziale formato su "documenti estranei al presente giudizio".
Col quarto motivo il ricorrente lamenta ancora violazione dell'art.437 cod. proc. civ. ma in realtà si duole che la Corte d'appello abbia negato fede ai documenti di provenienza Inail, che attestavano la protrazione dello stato d'inabilità fino al 20 aprile 1998, così violando anche gli artt. 2699 e 2700 cod. civ.
Anche questo motivo è privo di fondamento poiché la Corte di merito non ha negato né la provenienza dei documenti da pubblico ufficiale né i fatti ivi attestati (cfr. art.2700 cod. civ.) ma ha solo corretto il giudizio tecnico che da quei fatti o attestazioni aveva tratto il consulente di primo grado.
Inammissibili per genericità o per estraneità a questo controllo di legittimità, in quanto intese ad ottenere nuove ed impossibili valutazioni di merito, sono le osservazioni del ricorrente circa la connessione causale tra il periodo di assenza giustificata dal lavoro nel periodo successivo ai sessantasette giorni dall'infortunio (assenza giustificata non negata dalla Corte d'appello) e l'infortunio del 1996, oppure circa asserite non contestazioni dei fatti da parte dell'Inail.
Non fondato è altresì il quinto motivo, che ripete in parte le censure del quarto sotto il profilo dell'omissione di motivazione.
Sulle spese non si deve provvedere ai sensi dell'art. 152 disp. att. Cod. proc. civ., testo originario.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma il 16 aprile 2015.