Cassazione Civile, Sez. 3, 14 luglio 2015, n. 14647 - Caduta dall'albero o morte per infarto?


 

Presidente: SPIRITO ANGELO Relatore: SCRIMA ANTONIETTA Data pubblicazione: 14/07/2015


Fatto

 

Con atto di citazione notificato il 10 dicembre 2001, C.L., B.B. e B.L., convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Padova, la Zurigo Compagnia Assicurazioni S.A. per sentirla condannare al pagamento a favore degli stessi della somma di L. 100.000.000 a titolo d'indennizzo da assicurazione sulla vita stipulata dal B.O., rispettivamente marito e padre degli attori, deceduto il 15 gennaio 2000, a seguito di un infortunio sul lavoro, essendo caduto da un albero del quale stava tagliando i rami. Si costituiva la convenuta contestando ogni pretesa di controparte ed eccependo che la morte del B.O. era avvenuta per causa naturale (infarto) e non traumatica, e quindi risultava escluso qualsiasi tipo di indennizzo in virtù della polizza stipulata.
Il Tribunale di Padova, con sentenza del 18 agosto 2005, condannava la Zurigo Assicurazione S.A. al pagamento, in favore degli attori, della somma di € 51,645,69, con interessi legali dalla data del decesso del B.O., e delle spese del giudizio.
Avverso tale decisione la Zurigo Assicurazioni S.A. proponeva gravame, del quale, nel costituirsi, chiedevano il rigetto gli eredi del defunto.
La Corte di Appello di Venezia, con sentenza depositata in data 4 ottobre 2011, in riforma totale della sentenza impugnata, rigettava la domanda e compensava per un terzo le spese del doppio grado che poneva, per i residui due terzi, a carico degli appellati.
Avverso la sentenza della Corte di merito C.L., B.B. e B.L. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Ha resistito con controricorso Zurich Insurance Public Limited Company - Rappresentanza Generale per l'Italia già Zurich Insurance Ireland, società cessionaria del ramo d'azienda relativo al portafoglio assicurativo di Zurich Insurance Compania S.A. - Rappresentanza Generale per l'Italia.
La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

 

1. Con il primo motivo si lamenta "contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360, 1 co. n. 5), c.p.c, — causa del decesso del sig. B.O.". Premesso che, secondo la loro tesi, la morte del B.O. sarebbe direttamente attribuibile all'infortunio in cui il predetto sarebbe incorso mentre scendeva dall'albero, una volta terminata la potatura, avendo l'improvvisa caduta a terra innescato uno scompenso dell'equilibrio psico-fisico, provocando l'arresto circolatorio che avrebbe determinato il decesso del B.O., e che, invece, ad avviso della compagnia assicuratrice il decesso in questione sarebbe attribuibile unicamente a cause naturali, ovvero ad una pregressa patologia (ipertensione arteriosa) che avrebbe provocato un infarto miocardico acuto e conseguente arresto cardiocircolatorio, i ricorrenti deducono la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in quanto il Giudice di secondo grado avrebbe dapprima escluso il verificarsi dell'evento infarto, poiché non provato, e, in seguito, avrebbe riproposto la questione inerente al rapporto caduta e infarto. Ad avviso dei ricorrenti la Corte di Appello, escludendo la verificazione dell'evento infarto perché non provato, non potrebbe logicamente utilizzare tale evento quale parametro di valutazione e ricostruzione della fattispecie; inoltre, non si comprenderebbe se la predetta Corte abbia ritenuto verificato o meno l'evento infarto né si comprenderebbe il criterio logico utilizzato dal Giudice del secondo grado nell'asserire l'inoperatività della clausola assicurativa in assenza della prova dell'infarto stesso.
2. Il secondo motivo è così rubricato: "insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, I co. n. 5) c.p.c. — causa del decesso del sig. B.O. — anche in virtù alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, I co. n. 3), c.p.c. —art. 115, II co., c.p.c".
I ricorrenti lamentano l'insufficienza della motivazione in ordine alla ritenuta non sussistenza del nesso causale fra la caduta e il conseguente decesso del B.O..
La Corte territoriale, affermando che "notoriamente l'infarto - essendo determinato da un fattore emotivo che crea la crisi ipertensiva, la quale produce ischemia di vaste dimensioni e quindi la morte improvvisa - non avviene immediatamente, ma interviene all'esito di un processo che provoca la necrosi di parti del cuore, il decorso di soli trenta minuti circa tra la caduta dall'albero e la constatatone del decesso fa dubitare che l'infarto possa essere stato prodotto dallo spavento provocato nel predetto dall'improvvisa caduta da quell'altezza", avrebbe, ad avviso dei ricorrenti, fatto riferimento ad una massima di esperienza che a fatica potrebbe qualificarsi tale, comunque apodittica ed infondata, contraria a qualsiasi testo di dottrina medica e ciò in violazione e falsa applicazione dell'art. 115, secondo comma, c.p.c.
3. Con il terzo motivo si deduce "insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360,1 co. n. 5), c.p.c. — nesso di causa tra caduta e decesso del sig. B.O. — anche in virtù alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360,1 co. n. 3), c.p.c. - art. 2697 cc. ed artt. 115-116 c.p.c". Si lamenta l'insufficiente motivazione della sentenza con riferimento alla ritenuta insussistenza del nesso di causalità tra la caduta e la morte del B.O.. Si sostiene che i ricorrenti, alla luce della documentazione prodotta in corso di causa, avrebbero assolto l'onere probatorio posto a carico degli stessi ed avrebbero tempestivamente richiesto al Tribunale di disporre la c.t.u. medico legale al fine di accertare le cause della morte di B.O., ritenuta superflua dal primo Giudice, mentre la Corte di merito si sarebbe limitata ad esprimere la sua contraria valutazione senza motivare al riguardo, limitandosi a far riferimento alla mancanza di analisi autoptica sul corpo del B.O..
3.1. I primi tre motivi, che essendo strettamente connessi ben possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
3.2. Si osserva al riguardo che, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di cassazione, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia nel regime precedente alla modifica introdotta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio deddendi venga a trovarsi priva di base (Cass., sez. un., 24 ottobre 2013, n. 24092). È stato pure da questa Corte affermato che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex artt. 360, 1° co. n, 5, c.p.c. si configura solamente quando dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilcvabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione, non consistendo nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merito. La sua deduzione con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (Cass. 16 gennaio 2007, n. 828). In particolare poi, il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorché, dalla lettura della sentenza, non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice (Cass., sez. un., 22 dicembre 2010, n. 25984).
3.3. Nella specie non sussistono le lamentate violazioni di legge.
Inoltre, la Corte di merito ha congruamente e logicamente motivato la sua decisione, facendo peraltro specifico riferimento alle risultanze processuali e rendendo assolutamente chiara la sua volontà, mentre le censure sollevate dai ricorrenti tendono, sostanzialmente, ad una rivalutazione del merito della causa, non consentita in questa sede.
4. Con il quarto motivo si deduce "violazione e falsa applicazione di legge — artt. 184 — 187 - 345 c.p.c. — in merito al mancato esperimento di c.tu. medico-legale sul cadavere del sig. B.O.".

Premesso che la c.t.u. era stata chiesta in primo grado ma il Tribunale aveva ritenuto superfluo disporre la stessa, i ricorrenti lamentano che la Corte di Appello, nel valutare indispensabile la c.t.u. per il raggiungimento della prova del nesso di causalità tra caduta e decesso, abbia tuttavia ritenuto l'impossibilità di esperire tale prova in quanto non più attuabile per il decorso del tempo in base ad mera valutazione della predetta Corte non comprovata.
4.1. Il motivo è infondato.
4.2. Per quanto attiene alla non ammissione della c.t.u. in secondo grado, la giurisprudenza ha più volte affermato che la decisione del giudice di merito che ne esclude l'ammissione non è sindacabile in sede di legittimità, posto che compete allo stesso giudice l'apprezzamento delle circostanze che consentano di escludere che il relativo espletamento possa condurre ai risultati perseguiti dalla parte istante, sulla quale incombe pertanto l'onere di offrire gli elementi di valutazione (Cass. 2 dicembre 2005, n. 26264; Cass. 26 settembre 2006, n. 21205).
Si osserva, inoltre, che questa Corte ha pure affermato che il principio secondo cui il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, va contemperato con l'altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata su una questione tecnica rilevante per la definizione della causa; ne consegue che, quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere, mentre se la soluzione scelta non risulti adeguatamente motivata, è sindacabile in sede di legittimità sotto l'anzidetto profilo (Cass. 3 gennaio 2011, n. 72). Nel caso all'esame, risulta congruamente e logicamente motivata la decisione della Corte territoriale di non ammettere la chiesta c.t.u., neppure censurata a tale riguardo, ne sussiste la violazione delle norme citate nel motivo di ricorso in esame.
5. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
6. Tenuto conto della particolarità della vicenda e delle questioni esaminate, vanno compensate per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 marzo 2015.