Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 24 agosto 2015, n. 17115 - Infarto del miocardio acuto inferiore qualificato come infortunio sul lavoro e questioni assicurative


 


Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: TRIA LUCIA
Data pubblicazione: 24/08/2015

 

Fatto


1.- La sentenza attualmente impugnata conferma la sentenza del Tribunale di Perugia n. 311/2011 - di accoglimento della domanda di G.R. di condanna della ex datrice di lavoro K. INTERNATIONAL s.p.a. al pagamento, in proprio favore, ai sensi dell'art. 12 del CCNL 1995 per i Dirigenti Industria, di una somma di denaro pari a sei annualità retributive, oltre accessori di legge a decorrere dal 4 ottobre 1995, data in cui il ricorrente ha contratto un infarto del miocardio acuto inferiore qualificato come infortunio sul lavoro - e condanna la società K. INTERNATIONAL alla rifusione delle spese di lite in favore del G.R. nonché in favore sia di ACE EUROPEAN LIMITED Rappresentanza generale per l'Italia (prima C. Insurance Company of Europe s.a.) sia di ALLEANZA - TORO s.p.a. e, per essa, della mandataria GBS -GENERALI BUSINESS SOLUTION s.c.p.a.
La Corte d'appello di Perugia, per quel che qui interessa, precisa che:
a) l'art. 12 CCNL 1995 Dirigenti aziende industriali stabilisce che il datore di lavoro, a protezione del dirigente in caso di riduzione o perdita della capacità lavorativa, è tenuto, fra l'altro, a stipulare, nell'interesse del dirigente, una polizza che assicuri, in caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, in aggiunta al normale trattamento di liquidazione, una somma pari a sei annualità della retribuzione di fatto, nell'ipotesi di invalidità permanente causata dai predetti eventi e che non consenta la prosecuzione del rapporto;
b) in base a tale norma la K. INTERNATIONAL ha stipulato, per quanto rileva in questa sede, due contratti assicurativi con le due Compagnie chiamate in causa nel presente giudizio;
c) in primo grado è stato accertato che il G.R., a causa di un infarto del miocardio venne a trovarsi nelle condizioni per ottenere la protezione garantita dalla suddetta norma contrattuale e il relativo capo della sentenza del Tribunale non è stato impugnato;
d) invece, è tuttora in contestazione l'affermazione del primo giudice secondo cui non ricorrerebbero le condizioni per l'applicazione della tutela assicurativa delle suindicate Compagnie assicurative, ma sul punto la sentenza di primo grado non merita alcuna riforma e, pertanto, il secondo motivo di appello va respinto;
e) per quel che concerne l'interpretazione delle clausole n. 4 e n. 5 dell'accordo conciliativo raggiunto in sede sindacale il 21 maggio 1996, va precisato - correggendosi la motivazione sul punto del primo giudice — che tali due clausole devono essere lette insieme, nel senso che, nel comune intendimento delle parti, l'eccezione alla rinuncia contenuta nella clausola n. 5 riguardava quanto era già coperto dalle polizze assicurative cha la K. INTERNATIONAL aveva l'obbligo contrattuale di accendere, in base ai contratti assicurativi che la stessa società datrice di lavoro - nella clausola n. 4 - aveva confermato di avere stipulato, in conformità con il CCNL;
f) del resto, limitare l'eccezione alla rinuncia al solo oggetto effettivo delle polizze, senza includervi anche l'oggetto delle polizze medesime quale avrebbe dovuto essere secondo il CCNL equivarrebbe a togliere, per questo aspetto, ogni valore alla dichiarazione datoriale di avvenuta stipulazione dei contratti assicurativi conformemente alle prescrizioni del CCNL;
g) ne consegue, pur in un contesto transattivo ad ampio spettro, l'interpretazione delle suddette clausole maggiormente coerente con il loro contenuto letterale e sistematico porta a
concludere che il G.R., con l'intesa conciliativa in oggetto, non abbia rinunciato ai diritti nascenti dalla contrattazione collettiva con riferimento alla protezione dalle conseguenze di eventi infortunistici ed abbia, in particolare, inteso fare salve le questioni sorte in seguito all'infarto che lo aveva colpito, questioni che al momento della conclusione dell'accordo transattivo erano ancora aperte;
h) ciò porta al rigetto del primo motivo di appello, con conseguente assorbimento dell'appello incidentale condizionato proposto dal G.R..
2.- Il ricorso di K. INTERNATIONAL s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi; resistono, con separati controricorsi, G.R., ALLEANZA - TORO s.p.a. nonché ACE EUROPEAN LIMITED Rappresentanza generale per l'Italia.
Tutte le suddette parti - tranne la società ACE EUROPEAN LIMITED - depositano anche memorie ex art. 378 cod. proc. civ.

Diritto


I - Profili preliminari
1.- Preliminarmente si dà atto della mancata notificazione a G.R. del controricorso della società ACE EUROPEAN LIMITED Rappresentanza generale per l'Italia.
Tale atto, pertanto, non è qualificabile - nei confronti del G.R. - come controricorso, senza che si producano altre conseguenze visto che la suindicata società si è astenuta dal depositare memorie ex art, 378 cod. proc. civ. (arg. ex Cass. 15 dicembre 2014, n. 25735;).
I - Sintesi dei motivi di ricorso
2.- Il ricorso è articolato in tre motivi.
2.1.- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell'art. 1362 cod. civ.
Si sostiene che la Corte d'appello sarebbe partita da una erronea interpretazione della clausola n. 4 del verbale di conciliazione in data 21 maggio 1996, non avendo considerato che: 1) fu lo stesso G.R., in veste di Direttore generale della società, a stipulare, nell'interesse della K. INTERNATIONAL, le polizze assicurative con la due Compagnie chiamate in causa; 2) egli, pertanto, quando in sede di accordo sindacale aveva riconosciuto la conformità delle suddette polizze a quelle "contrattualmente previste", era perfettamente consapevole del contenuto delle polizze stesse.
2.2.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ.
Si afferma che, se la Corte territoriale avesse interpretato la suddetta clausola n. 4 nel suo testo integrale non avrebbe potuto - in sede di interpretazione sistematica — ritenere che la rinuncia del G.R. ad ogni pretesa risarcitoria "al di fuori di quanto già coperto dalle polizze assicurative", contenuta nella clausola n. 5 del verbale di conciliazione, fosse da intendere come riferita all'oggetto delle polizze assicurative come avrebbe dovuto essere secondo il CCNL e non quale effettivamente era.
2.3- Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., sotto ulteriore profilo.
Si sostiene che la Corte perugina avrebbe violato i canoni legali di ermeneutica contrattuale posti dalle norme suindicate - "sotto il particolare profilo di motivazione illogica e contraddittoria nell'applicazione di essi" - perché, in modo contraddittorio, dopo avere ritenuto che l'atto di rinuncia del G.R. si sia riferito ad ogni possibile diritto derivante dalle fonti ivi elencate, comprendenti anche il CCNL, ha poi escluso che vi fosse stata rinuncia ai diritti nascenti dal CCNL in ordine alle conseguenze economiche di eventi infortunistici, in contrasto con la efficacia "tombale" che le parti intendevano conferire alla transazione in oggetto, quale risulta dal'ultima parte della clausola n. 5.
II - Esame delle censure
3.- I tre motivi di ricorso - da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione -sono inammissibili, per le ragioni di seguito esposte.
4.- Tutte le censure si risolvono nella contestazione della interpretazione che la Corte d'appello ha dato delle clausole n. 4 e n. 5 del verbale di conciliazione in data 21 maggio 1996, sulla cui base ha ritenuto - correggendo, sul punto, la motivazione del primo giudice — che le suddette due clausole andassero lette insieme, nel senso che, nel comune intendimento delle parti, l'eccezione alla rinuncia contenuta nella clausola n. 5 riguardava quanto era già coperto dalle polizze assicurative cha la K. INTERNATIONAL aveva l'obbligo contrattuale di accendere, in base ai contratti assicurativi che la stessa società datrice di lavoro - nella clausola n. 4 - aveva confermato di avere stipulato, in conformità con il CCNL.
La Corte d'appello, a supporto di tale assunto, ha anche precisato - in modo congruo e logico - che limitare l'eccezione alla rinuncia al solo oggetto effettivo delle polizze, senza includervi anche l'oggetto delle polizze medesime quale avrebbe dovuto essere secondo il CCNL significherebbe togliere, per questo aspetto, ogni valore alla dichiarazione datoriale di avvenuta stipulazione dei contratti assicurativi conformemente alle prescrizioni del CCNL.
Per tutte le indicate ragioni, la Corte perugina - facendo buon uso dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. e dandone giustificazione con esauriente motivazione - è pervenuta ' alla conclusione secondo cui l'interpretazione delle suddette clausole maggiormente coerente con il loro contenuto letterale e sistematico, pur in un contesto transattivo ad ampio spettro, porta a ritenere che il G.R., con l'intesa conciliativa in argomento, non abbia rinunciato ai diritti nascenti dalla contrattazione collettiva con riferimento alla protezione dalle conseguenze di eventi infortunistici ed abbia, in particolare, inteso fare salve le questioni sorte in seguito all'infarto che lo aveva colpito, questioni che al momento della conclusione dell'accordo transattivo erano ancora aperte.
5.- La suddetta interpretazione - che costituisce un accertamento fatto - essendo basata su motivazione rispettosa delle regole sull'interpretazione dei contratti, non è censurabile in questa sede.
Costituisce, infatti, principio assolutamente indiscusso che l'interpretazione del contratto e degli altri negozi unilaterali, la quale consiste nell'accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, la cui valutazione è denunciabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche.
Pertanto non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale, operata dal giudice del merito, che si traduca - come accade nella specie - esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli elementi di fatto già esaminati (ex plurimis: Cass. 27 marzo 2007, n. 7500; Cass. 22 marzo 2001, n. 4085; Cass. 26 maggio 1999, n. 5103).
Tanto più che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l'altra (Cass. 20 novembre 2009, n. 24539; Cass. 17 marzo 2014, n. 6125).
Comunque, va sottolineato che la Corte perugina ha basato la sua interpretazione su un principio ermeneutico di carattere generale rappresentato dalla necessità di interpretare le diverse clausole di un atto negoziale non in modo parcellizzato - secondo l'impostazione seguita anche dall'attuale ricorrente - ma in modo complessivo, cioè le une per mezzo delle altre, onde far emergere la comune volontà delle parti, integrando il criterio letterale con quello logico-sistematico e teleologico, in applicazione corretta dei generali canoni ermeneutici.
IlI - Conclusioni
6.- In sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo - seguono la soccombenza verificatasi nei confronti di G.R., mentre vanno compensate - in ragione delle rispettive posizioni processuali nel presente giudizio di cassazione - tra la ricorrente e le altre parti costituite, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di G.R., delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge. Compensa le spese tra la ricorrente e le altre parti costituite.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.