Cassazione Penale, Sez. 4, 16 settembre 2015, n. 37594 - Scontro tra carrelli in ferrovia: responsabilità


 

 

Presidente: ZECCA GAETANINO Relatore: DOVERE SALVATORE Data Udienza: 05/06/2015


Fatto


1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Palmi, sezione distaccata di Cinquefrondi, con la quale R.F. e P.T. sono stati giudicati responsabili della morte di F.G. e delle lesioni personali patite da G.G. e condannati il primo alla pena di anni due mesi sei di reclusione ed il secondo alla pena di anni uno mesi sei di reclusione, previo riconoscimento ad entrambi delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti ed unificazione dei reati ex articolo 81, comma 1 cod. pen., nonché condannati al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.
La ricostruzione dei fatti risulta pacifica all'esito dei giudizi di merito fuorché per una circostanza della quale si dirà appresso.
L'8 marzo 2005 era stata disposta dalle ore 12:25 alle 15:00 un’interruzione del servizio nella tratta ferroviaria Mileto-Rosarno per consentire alla squadra guidata dal R.F. di eseguire controlli all'armamento; attraverso una serie di comunicazioni telefoniche questi aveva concordato con il P.T. che della medesima interruzione fruisse anche la squadra coordinata da quest'ultimo per effettuare dei lavori di controllo e di manutenzione della linea di contatto. I due avevano stabilito che le due squadre, l'una proveniente da Rosarno l'altra da Mileto, non dovessero oltrepassare il chilometro 311, identificato con apposita segnaletica.
Intorno alle ore 12:50 era però accaduto che il carrello Keller 301 condotto dal P.T., disattendendo l’accordo, superasse la chilometrica 311 andando a collidere all'altezza della chilometro 310+250 con quello - modello Mermec 380 G - condotto dal R.F.. Accortisi dell'imminente collisione il Ro., il G.G. ed il F.G., trasportati sul carrello del P.T., si gettavano dal mezzo in corsa; il F.G. impattava con la testa contro un pozzetto di raccolta delle acque piovane nella cunetta posta sul lato monte del binario, riportando un trauma cranico che ne cagionava la morte. Il G.G. e il Ro. riportavano lesioni personali.
Il sinistro è stato attribuito al P.T. per non aver questi osservato l'accordo preso con il R.F., superando il chilometro 311, e per aver mantenuto una velocità superiore a quella che avrebbe dovuto tenere nell'occasione, secondo quanto previsto dall'articolo 10, comma 3 e dall'articolo 5 delle istruzioni che disciplinano la circolazione dei carrelli. Al R.F. si è ascritto di aver tenuto una velocità superiore a quella consentita dalle norme testé menzionate.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato R.F. a mezzo del difensore di fiducia, avv. Omissis.
3.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 41, 589 e 590 cod. pen. nonché vizio motivazionale.
Rileva il ricorrente che la Corte di Appello ha fatto cattivo governo del principio di affidamento nell'altrui condotta osservante; nella specie, il R.F. ha regolato la propria condotta facendo affidamento sul corretto comportamento degli occupanti il carrello Keller.
Censura, inoltre, l'affermazione di una velocità eccessiva asserendo che risulterebbe una velocità media di 32 k/h e non di 70 k/h.
2.2. Con un secondo motivo lamenta che la Corte di Appello abbia negato il giudizio di prevalenza delle concesse attenuanti generiche in ragione delle conseguenze della condotta, mentre avrebbe dovuto fare riferimento ai connotati della condotta medesima. In relazione alla pena inflitta, poi, l'esponente asserisce che la Corte di Appello avrebbe dovuto ritenerla eccessiva in ragione della personalità dell'imputato e del suo minor grado della colpa.
3. Ha proposto ricorso per cassazione anche P.T., a mezzo il difensore avv. Omissis.
3.1. Con un primo motivo enuncia di lamentare la violazione degli artt. 507, 517, 519 e 522 cod. proc. pen. Nell'esposizione censura che la motivazione asserisca l'efficienza causale delle condotte trasgressive attribuite al P.T. senza il supporto di una valutazione di un esperto di settore, opinando che ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen. il giudice ha il dovere di ricorrere al proprio potere di disporre l’acquisizione, anche di ufficio, di nuovi mezzi di prova qualora ciò sia indispensabile per rendere decisione e di motivare in ordine al mancato esercizio di tale potere-dovere.
3.2. Con un secondo motivo deduce violazione dell'art. 132 cod. pen., censurando la pena inflitta all'imputato come eccessiva e sproporzionata; inoltre non si è tenuto conto delle circostanze attenuanti generiche ancorché queste siano risultate prevalenti rispetto alle contestate aggravanti.
3.3. Il terzo motivo lamenta la violazione degli articoli 132 e 163 cod. pen. la pena inflitta all'imputato rientra nel limite per il quale è possibile la sospensione dell'esecuzione della pena.

Diritto


4. Il ricorso del R.F. è infondato, nei termini di seguito precisati.
4.1. Il rilievo svolto dal ricorrente richiede una preliminare opera di chiarificazione.
La giurisprudenza di legittimità al riguardo della applicabilità del principio di affidamento nell'ambito della responsabilità per colpa (rectius: della responsabilità per reati colposi di evento) appare allo stato ancora divisa.
Intanto, in merito alla estensione del riconoscimento che a tale principio può tributarsi. Più frequentemente affermata l'operatività nell'ambito della responsabilità medica (per quanto con infrequenti esiti di deresponsabilizzazione), questa é certamente controversa nella materia della circolazione stradale, ove si registra l'affermazione che costituisce di per sè condotta negligente l'aver riposto fiducia nel fatto che gli altri utenti della strada si attengano alla prescrizioni del legislatore, poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per far fronte a situazioni di pericolo, determinate anche da comportamenti irresponsabili altrui, se prevedibili (Sez. 4, n. 32202 del 15/07/2010 - dep. 20/08/2010, Filippi, Rv. 248354). Ciò nonostante, un diverso orientamento é incarnato dal principio per il quale occorre valutare, ai fini della sussistenza della colpa, se, nelle condizioni date, l'agente dovesse e potesse concretamente prevedere le altrui condotte irregolari (Sez. 4, n. 46741 del 08/10/2009 - dep. 04/12/2009, P.C. in proc. Minunno, Rv. 245663); principio al quale sembrano fare eco alcune recenti decisioni - che però fanno registrare una differente formulazione - per le quali il principio dell'affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell'opposto principio, secondo cui l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità (Sez. 4, n. 8090 del 15/11/2013 - dep. 20/02/2014, P.M. in proc. Saporito, Rv. 259277; Sez. 4, n. 12260 del 09/01/2015 - dep. 24/03/2015, Moccia e altro, Rv. 263010). La applicabilità del principio di affidamento é invece tendenzialmente esclusa nel settore della sicurezza del lavoro, nel quale la giurisprudenza prevalente adotta addirittura una diversa chiave di lettura del problema sotteso al principio in questione, optando per lo schema di soluzione offerto dall'art. 41 cpv. cod. pen. (si veda la messe di decisioni in tema di comportamento del lavoratore vittima di infortunio, inosservante di regole cautelari).
Ma anche quanto ai presupposti applicativi del principio di affidamento - con il pencolamento tra la tesi della non invocabilità del medesimo da chi sia incorso nella violazione dell'obbligo di diligenza e quella che assume la violazione come premessa della operatività dell'affidamento - e alla identificazione del punto di incidenza di quello nella struttura del reato (tra impostazioni 'causaliste': Sez. 4, n. 692 del 14/11/2013 - dep. 10/01/2014, Russo e altro, Rv. 258127, e opzioni in favore della collocazione nell'ambito della 'colpa': Sez. 4, n. 46741 del 08/10/2009 - dep. 04/12/2009, P.C. in proc. Minunno, Rv. 245663) deve registrarsi l'esistenza di un panorama giurisprudenziale alquanto variegato.
E tuttavia, é indubitabile che le pronunce maggiormente inclini a dare ingresso a tale principio nel percorso di verifica della imputazione giuridica del fatto al suo autore 'naturalistico' (e quindi ponendo da parte la tesi, nel caso che occupa tranchant, secondo la quale il principio di affidamento non può essere invocato da chi abbia trasgredito agli obblighi cautelari impostigli) trovino un elemento di condivisione nella incompatibilità (già logica) dell'affidamento con la prevedibilità da parte dell'affidato della inosservanza altrui della regola di diligenza. Detto altrimenti, l'affidamento nell'altrui comportamento osservante non ha ragione di sussistere già più in fatto, dinanzi alla prevedibilità della trasgressione da parte dal soggetto la cui condotta é interferente con la propria.
4.2. Calando queste necessariamente brevi premesse nel caso che occupa viene immediatamente in evidenza il dato cruciale. Replicando alle osservazioni della difesa incentrate sull'affidamento del R.F. nell'osservanza da parte del P.T. dell'accordo di limitare il raggio di azione al chilometro 311, la Corte di Appello ha ritenuto, anche sulla scorta di quanto versato nel processo dall'esperto esaminato, che le norme riferibili al caso (quelle indicate nell'imputazione) - le quali impongono, nel caso di interruzioni, di tenere velocità particolarmente ridotte - sono dettate proprio per la prevedibilità di errori, di negligenze, di imprudenze provocatrici di scontri tra mezzi viaggianti su un medesimo binario e che tanto esclude l'operatività del principio di affidamento. In tal modo, pur senza farne esplicito cenno e attraverso l'interposto richiamo alle norme violate, la Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione dell'orientamento più 'aperto' al principio di affidamento, quello espresso con la decisione Sez. 4, n. 46741 del 08/10/2009 - dep. 04/12/2009, P.C. in proc. Minunno, Rv. 245663, già dianzi menzionata. La consapevolezza del R.F. della presenza del carrello condotto dal P.T. sul medesimo binario rendeva concretamente prevedibile l'eventualità di errori di manovra da parte di questi. Si é, con ogni evidenza, in un caso ben diverso da quello in cui l'automobilista conduce il proprio veicolo lungo una pubblica strada, facendo affidamento sul diligente e prudente comportamento di altri anonimi utenti.
4.3. I motivi concernenti il trattamento sanzionatorio sono manifestamente infondati.
Il giudizio di bilanciamento tra le concorrenti circostanze eterogenee utilizza gli indici di cui all'art. 133 cod. pen., tra i quali rientra la gravità del danno cagionato alla persona offesa. E' quindi del tutto destituito di fondamento che la Corte di Appello avrebbe dovuto fare riferimento esclusivamente ai connotati della condotta. Quanto all'entità della pena, l'esponente non formula una censura alla motivazione esposta dalla Corte distrettuale ma oppone alla valutazione da questa operata una differente; formula quindi una censura di merito che non può trovare accoglienza in questa sede.
4.4. In conclusione, il ricorso proposto nell'interesse del R.F. va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
5. Il ricorso proposto nell’interesse del P.T. è inammissibile.
5.1. In primo luogo va osservato che si tratta di doglianze già portate all’attenzione della Corte di appello e che questa ha motivatamente respinto. Quanto alla richiesta di esercizio del potere di integrazione probatoria, l’appellante aveva eccepito la violazione dell’articolo 507 cod. proc. pen. per non essere stata disposta la perizia richiesta sia per accertare la posizione del corpo del F.G. in relazione alla posizione del carrello - approfondimento ritenuto necessario ai fini dell'accertamento della volontarietà o meno dell'abbandono del carrello da parte della vittima -, sia per accertare la valenza impeditiva di un eventuale comportamento conforme. La Corte di appello, a pagina 15, ha dato conto delle motivazioni per le quali doveva ritenersi che tanto il G.G. che il F.G. avessero deciso di gettarsi dal carrello volontariamente. Quanto al giudizio controfattuale, esso è stato affrontato dalla Corte distrettuale facendo riferimento a quanto riferito dall'ingegner A.C., dirigente delle Ferrovie dello Stato che ebbe a presiedere la commissione d'indagine sull'incidente, anche grazie al quale è stata determinata la velocità dei carrelli e la possibilità di scongiurare il sinistro qualora fosse stata rispettata la velocità imposta dalle norme che nell'occasione dovevano trovare osservanza.
Il motivo articolato dal ricorrente omette del tutto di confrontarsi con le considerazioni svolte dal Collegio territoriale sul tema della adeguatezza dei materiali disponibili, lamentando inoltre la mancata acquisizione della "valutazione" di un esperto del settore, che all'inverso è entrata a far parte del compendio probatorio ed utilizza tata dalla Corte distrettuale.
5.2. Quanto al secondo motivo, l’esponente incorre in errore, posto che già nel giudizio di primo grado il bilanciamento tra le concorrenti circostanze eterogenee ha avuto qual esito una valutazione di equivalenza delle stesse; la Corte di Appello ha ribadito tale valutazione, evidenziando l'elevato grado della colpa degli imputati, ai quali era possibile con assoluta facilità tenere la condotta doverosa.
Nel suo ulteriore svolgimento il motivo è del tutto aspecifico.
5.3. Erronea é poi l’affermazione formulata con riferimento alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena; quella inflitta al P.T., di anni due mesi sei di reclusione non ammette la concessione del beneficio, non ricorrendo le condizioni previste dall'articolo 163, commi 2 e 3 cod. pen.
5.4. In conclusione il ricorso proposto nell'interesse del P.T. va dichiarato inammissibile e l'imputato va condannato al pagamento delle spese processuali ed altresì al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.

P.Q.M.


dichiara inammissibile il ricorso di P.T. e rigetta il ricorso di R.F. condannando entrambi al pagamento delle spese processuali e P.T. anche al pagamento di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5/6/2015.