INTERPELLO N.35/2007

Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA

Roma, 29 novembre 2007

All'

EPACA
Via XXIV Maggio, 43
00187 Roma

Prot. n° 25/I/0015925

 

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - Obbligo denuncia infortuni all’autorità di Pubblica Sicurezza da parte di datori di lavoro agricolo a tempo determinato e autonomo – individuazione del datore di lavoro obbligato.

 

Con un primo quesito l’EPACA chiede chiarimenti in merito al D.M. del 29 maggio 2001 che, recependo la delibera del C.d.A. INAIL n. 239 del 19 aprile 2001, ha stabilito le modalità operative per le denunce d’infortunio in agricoltura di cui agli artt. 238 e 239 del D.P.R. n. 1124/1965, poste dall’art. 25 del D.Lgs. n. 38/2000 a carico dei datori di lavoro per gli operai agricoli e, a carico del titolare del nucleo di appartenenza dell’infortunato, per i lavoratori agricoli autonomi.

In particolare, l’art. 3 della citata delibera dispone che “il datore di lavoro agricolo deve (...) dare notizia all’autorità di Pubblica Sicurezza di ogni infortunio sul lavoro che abbia per conseguenza la morte o l’inabilità al lavoro per più di tre giorni”. Secondo l’EPACA l’art. 3 contrasta con l’art. 239 del D.P.R. n. 1124/1965, che sancisce l’obbligo di denuncia all’autorità di Pubblica Sicurezza nei soli “casi di infortunio seguiti da morte o da lesioni tali da doversene prevedere la morte o un’inabilità assoluta al lavoro superiore ai trenta giorni”. Infatti, estendendo l’obbligo di denuncia degli infortuni agricoli all’autorità di Pubblica Sicurezza a tutti gli infortuni che comportino un’inabilità superiore a tre giorni, si introdurrebbe un obbligo nuovo e ulteriore, non previsto dal dettato normativo.

In proposito, acquisiti i pareri della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e dell’INAIL, si rappresenta quanto segue.

Al fine di superare in via interpretativa la prospettata antinomia, è opportuno muovere da un’analisi d’insieme delle disposizioni in questione e in special modo della ratio sottesa all’art. 25 del D.Lgs. n. 38/2000. Tale modifica è stata introdotta al chiaro fine di omogeneizzare la disciplina del settore agricolo e del settore industriale, completando così il processo già avviato dalla L. n. 54/1982, con la quale è stato esteso al datore di lavoro agricolo l’art. 54 del D.P.R. n. 1124/1965, che nel settore industria, pone l’obbligo di denuncia in capo al datore di lavoro e non al medico. La lettera della legge è tuttavia circoscritta ai soli rapporti di lavoro subordinato e lascia all’art. 239 del D.P.R. n. 1124/1965 la disciplina residuale della denuncia infortuni all’autorità di Pubblica Sicurezza nei restanti casi.

L’obiettivo dell’art. 25 del D.Lgs. n. 38/2000 è dunque, come rilevato anche dalla circolare INAIL n. 137/2000, quello di ricomporre questa ingiustificata frattura, armonizzando il regime di denuncia degli infortuni e responsabilizzando direttamente il datore di lavoro quale soggetto tenuto alla denuncia, che assume così una più immediata percezione delle cause e circostanze dell’evento. Proprio muovendo dalla ratio dell’art. 25 il combinato delle descritte disposizioni e lo stesso regolamento di attuazione di cui al D.M. del 29 maggio 2001 devono essere letti nel senso che garantisca uniformità applicativa non solo nei due settori, agricolo e industriale, ma anche, nell’ambito del primo settore, tra le due categorie di soggetti i cui infortuni debbono essere obbligatoriamente comunicati all’autorità di Pubblica Sicurezza: lavoratori agricoli a tempo indeterminato, da un lato e lavoratori agricoli a tempo determinato e autonomi dall’altro.

Ciò considerato si ritiene che l’art. 25 del D.Lgs. n. 38/2000 abbia inteso estendere ai datori di lavoro agricolo, per gli operai a tempo determinato e, al titolare del nucleo di appartenenza dell’infortunato, per i lavoratori agricoli autonomi, le medesime modalità operative per la denuncia già applicabili con la L. n. 54/1982 ai datori di lavoro agricolo per i lavoratori a tempo indeterminato. Pertanto sussiste l’obbligo di denuncia all’Autorità di Pubblica Sicurezza, in caso di infortunio che abbia per conseguenza la morte o l’inabilità al lavoro per più di tre giorni, in capo ai datori di lavoro agricolo anche per i lavoratori a tempo determinato e al titolare del nucleo di appartenenza dell’infortunato, per i lavoratori agricoli autonomi. Diversamente infatti, eventi infortunistici della medesima gravità risulterebbero ingiustificatamente soggetti ad obblighi differenti solo, ad esempio, in ragione della natura a termine o meno del rapporto di lavoro.

Una tale chiave d’interpretazione della normativa in esame appare altresì aderente a quanto tendenzialmente formulato dalla UE nella Raccomandazione 2003/134/Ce del 18 febbraio 2003, concernente il “miglioramento della protezione della salute e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi”, ove al punto 8) del testo si fa specifico richiamo ai “settori ad alto rischio” tra i quali viene incluso quello agricolo, comprendente un elevato numero di lavoratori autonomi.

Con un secondo quesito l’interpellante chiede ulteriori chiarimenti in merito all’identificazione del datore di lavoro obbligato ai sensi del combinato disposto degli artt. 239 D.P.R. n. 1124/1965 e 25 del D.Lgs. n. 38/2000, in particolare in caso di infortunio verificatosi a carico del titolare del nucleo, facente parte di un’impresa costituita in forma societaria.

In proposito si conferma per analogia la lettura già fornita da questo Ministero con lettera circolare n. VII/2/276/B/13 del 23 aprile 1998 relativamente all’obbligo del titolare di azienda artigiana di denunciare all’autorità di Pubblica Sicurezza l’infortunio occorso. Tale obbligo grava sul datore di lavoro, ovvero sulla società, non rilevando che l’infortunio sia occorso ai soci contitolari della stessa. Solo nel caso di lavoratore agricolo autonomo, ove questi si trovi nell’impossibilità di provvedere alla prescritta denuncia di infortunio, interviene in funzione sostitutiva l’obbligo di darne notizia gravante sul sanitario che per primo ne abbia constatato le conseguenze, come peraltro precisato dall’art. 3 comma 6 della delibera INAIL n. 239/2001.

Con un terzo quesito l’interpellante chiede se le sanzioni per omessa o ritardata denuncia di infortunio all’autorità di Pubblica Sicurezza vengano meno nel caso in cui lo stesso sia successivamente ritenuto dall’INAIL non indennizzabile. Secondo l’EPACA il dubbio sorgerebbe in quanto la delibera INAIL n. 239/2001 prevede l’obbligo, conformemente al dettato dell’art. 53 D.P.R. n. 1124/1965, “indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza degli estremi di legge per l’indennizzabilità”, mentre per la comunicazione all’autorità di Pubblica Sicurezza non esplicita la medesima precisazione.

In proposito merita sottolineare che la disciplina della modalità di denuncia dell’infortunio contenuta nella delibera INAIL riprende puntualmente il contenuto degli obblighi di cui all’art. 238 e 239 del D.P.R. n. 1124/1965. Solo nel primo caso è parsa al legislatore necessaria la precisazione relativa alla indennizzabilità dell’infortunio, introdotta in ragione della specifica competenza del soggetto destinatario della comunicazione stessa, che decide appunto in merito alla titolarità dell’indennizzo. Nessuna conseguenza sul piano sanzionatorio può pertanto discendere dalla mancanza di precisazioni relative all’indennizzabilità con riguardo all’obbligo di denuncia all’autorità di Pubblica Sicurezza. Tale obbligo sussiste e le relative violazioni sono sanzionate a prescindere dal successivo riconoscimento dell’indennizzabilità, trattandosi evidentemente di comunicazione avente fine del tutto diverso da quella inviata all’INAIL.

IL DIRETTORE GENERALE
(f.to Mario Notaro)