Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 1, 03 settembre 2015, n. 35929 - Thyssenkrupp. Richiesta di remissione


 

Fatto


1. In data 11.2.2015, E.H., P.G. e PU.Ma., imputati nel procedimento penale n. 20/14 R.G. e con riferimento al giudizio di rinvio da celebrarsi il giorno 26.2.2015 davanti alla Corte di Assise di Appello di Torino, depositavano, con numerosi allegati, istanza di rimessione del processo ad altro Giudice, designato ai sensi dell'art. 11 c.p.p..

Premettevano gli istanti che il procedimento a loro carico, sin dai primi momenti, aveva suscitato intensa commozione e grande clamore, anche mediatico, ed era stato celebrato in un clima di straordinaria pressione ed emotività che sollecitava, da più ambiti (opinionisti, mondo politico-istituzionale, sindacale ed ecclesiastico), sanzioni esemplari.

Nel ripercorrere la cronologia del processo, veniva, tra l'altro, ricordato:

- che, in occasione di ogni udienza del giudizio di primo grado, di fronte al Palazzo di Giustizia si erano svolte manifestazioni con esposizione di striscioni e bandiere reclamanti condanne severe e distribuzione di volantini dal contenuto diffamatorio e intimidatorio nei confronti degli imputati e dei loro difensori;

- che, nel corso del dibattimento, il Presidente era dovuto ripetutamente intervenire per richiamare il pubblico presente a comportamenti consoni a un'aula di giustizia per far cessare le frequenti interruzioni e intemperanze;

- che gli imputati, proprio al fine di evitare un ulteriore surriscaldamento del clima, avevano presenziato unicamente alle udienze dedicate ai loro interrogatori;

- che la sentenza di condanna di primo grado fu accolta in un clima caotico, con un entusiasmo che contagiò il foltissimo pubblico presente in aula;

- che anche il giudizio di appello si era svolto in un clima di sproporzionata tensione, concludendosi con una inconsueta, violenta contestazione al momento della lettura del dispositivo di sentenza, con il quale il Collegio giudicante aveva riqualificato i fatti originariamente contestati e ridotto le pene agli imputati;

- che, per lo scompiglio scatenatosi in aula, i Giudici e gli avvocati difensori erano stato scortati fuori dall'aula dalle Forze di Polizia, attraverso un'uscita secondaria;

- che anche il giudizio di cassazione aveva suscitato commenti e polemiche;

- che, in attesa del giudizio di rinvio, finalizzato alla rideterminazione delle pene, i contestatori avevano indirizzato ai difensori degli imputati lettere anonime dal contenuto intimidatorio, mentre proseguiva la campagna di stampa "giustizialista" e incalzavano le aspettative di condanne severe.

Ciò premesso in fatto, gli istanti illustravano brevemente la fisionomia dell'istituto della rimessione, evidenziando la natura eccezionale dell'istituto e la conseguente interpretazione restrittiva delle relative norme, nonchè focalizzando il significato del pregiudizio della libera determinazione dei giudici e del legittimo sospetto e, infine, sottolineando la crucialità del tema della "grave situazione locale", determinante la necessità del trasferimento del processo, come chiarito dalla giurisprudenza.

Si attagliava ai parametri normativi e giurisprudenziali enunciati il caso di specie, caratterizzato dall'esistenza di un'attuale grave situazione locale di turbativa allo svolgimento del processo, situazione che, per la sua abnormità e consistenza, legittimava ampiamente l'accoglimento della richiesta di rimessione del processo.

Tale situazione era indotta da un'astiosa e prolungata campagna di stampa, accompagnata dalla pretesa di condanna esemplari da parte dei familiari delle vittime, che travalicava i limiti del legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica: la proposizione di versioni distorte, tendenziose, dilatate e scandalistiche mirava a tenere in continuo allarme l'opinione pubblica, a ingenerare un clima di tensione e di prevenzione e ad influire sull'animo dei Giudici, in particolare dei Giudici popolari.

Pur essendo comprensibile che importanti casi giudiziari stimolino l'attenzione mediatica, tuttavia, l'ossessiva e sproporzionata tensione che connotava la vicenda in esame aveva, oggi, superato ogni limite consentito, determinando nella realtà locale torinese, un risultato così grave da trasformare un tragico fatto processuale in una spasmodica e contagiosa aspettativa di condanne esemplari.

Tale obiettiva grave situazione locale non era altrimenti eliminabile se non con il trasferimento del processo ad altra sede.

Istanze sostanzialmente sovrapponibili presentavano S. R. e C.C..

Ha depositato memoria datata 23.2.2015 la parte civile MEDICINA DEMOCRATICA-Movimento di Lotta per la Salute O.N.L.U.S..

Lo scritto, dopo aver rilevato che nessun motivo di pressione poteva ormai riconnettersi alla gravità delle imputazioni elevate, alla luce della intervenuta soluzione della questione giuridica sottesa alle imputazioni stesse, focalizza l'attenzione sulla linea restrittiva adottata dalla giurisprudenza nel negare la rilevanza delle campagne di stampa ai fini della rimessione del processo stante il valore costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero, inidonea in linea di principio a dar luogo a fattori patologici rispetto all'imparziale esercizio della giurisdizione.

Sottolinea la parte civile, richiamando pertinenti arresti giurisprudenziali, che, ai fini della sussistenza delle condizioni di cui all'art. 45 c.p.p., la libera espressione del pensiero a proposito di vicende socialmente rilevanti, costituisce dato ineliminabile nell'assetto democratico della società, per cui da essa, quando non trasmodi in attacchi diretti e insistiti, non possono sorgere pericoli effettivi per la capacità di determinazione del giudice.

Si nega, in memoria, il presupposto della "grave situazione locale", osservandosi che, aderendo alla logica proposta dagli imputati, ogniqualvolta ci si trovi dinanzi a gravi tragedie umane che investono una collettività determinata - nella specie, la morte di sette operai presso lo stabilimento (OMISSIS), di notevole rilevanza per la specifica attività industriale nel territorio - sarebbe precluso o addirittura impossibile un sereno svolgimento davanti al giudice naturale in quel contesto di processi concernenti fatti e persone che abbiano attinenza con quell'attività:

conclusione aberrante, che condurrebbe ad uno stravolgimento della legge processuale predeterminata nonchè dei principi costituzionalmente garantiti.

Contestato il carattere di attualità della grave situazione locale ravvisato dagli imputati nelle potenzialità lato sensu inibitorie o risolutrici del processo penale, caricato dal tessuto sociale di aspettative repressive e, quindi, di un valore simbolico, il difensore di parte civile deduce che la presente vicenda, per la stessa rilevanza attribuitale a livello nazionale, anche dagli organi di informazione, ben può essere assimilata a quella relativa al noto processo "(OMISSIS)", il che giustifica l'estensione al caso torinese del principio affermato per l'analoga vicenda dalla Corte di legittimità nella recente decisione (Sez. 1, n. 52976 del 19.12.2014), secondo il quale la dimensione nazionale delle campagne di stampa e di televisione riservate alla vicenda processuale incide su uno dei fondamentali presupposti dell'istituto della rimessione, ossia la gravità della situazione locale, essendo indubbio che lo spazio attribuito anche dagli organi di informazione e dalle radiotelevisioni locali alle notizie sul processo costituisce il riflesso della più generale rilevanza attribuita a livello nazionale. Va, dunque, condivisa la conclusione cui è approdata la Suprema Corte, nel senso che anche l'ipotetico spostamento del processo in altra sede non eliminerebbe l'eccezionale clamore mediatico nazionale nè l'interesse dell'opinione pubblica da esso alimentato, sicchè ogni ufficio giudiziario verrebbe a trovarsi in una situazione di potenziale condizionamento.

Con memoria depositata il 10.4.2015 il difensore degli imputati E., P. e PU. ribadisce l'attuale persistenza di una grave situazione locale, segnalando che il 26.2.2015, in occasione della prima udienza del giudizio di rinvio, sono stati distribuiti, di fronte al Palazzo di Giustizia, dei volantini, in cui, paventando il rischio di una "revisione al ribasso delle pene" e del "sopraggiungere della prescrizione", si indicava quale unico rimedio alle "farse dei tribunali borghesi" la "giustizia proletaria" con il "fucile in spalla agli operai".

Analogo slogan campeggiava su uno striscione affisso dinanzi al Palazzo di Giustizia.

Lo stesso episodio viene evidenziato nella memoria sottoscritta dai difensori del C..


Diritto


1. Le richieste vanno dichiarate inammissibili per le ragioni che seguono.

2. Nel dettare le regole sulla competenza, il legislatore tiene conto, in via prioritaria, dei principi costituzionali in tema di naturalità, precostituzione legale e imparzialità del giudice (art. 25 Cost., comma 1 e art. 111 Cost.).

In tale cornice, la rimessione è un istituto volto a correggere o ad eliminare situazioni processuali patologiche ("gravi motivi di ordine pubblico" e, soprattutto, "legittimo sospetto") che riguardano non già il singolo giudice persona fisica, ma l'ufficio giudiziario nel suo complesso e impongono, proprio a tutela dell'imparzialità del giudice, uno spostamento del processo allorquando si delineino peculiari situazioni perturbative del fisiologico rapporto tra l'ufficio medesimo e l'ambiente circostante.

Il trasferimento del processo dalla sua sede naturale, sia pure come extrema ratio, deve essere disposto quando il clima esterno è idoneo ad incidere sul sereno svolgimento del processo, ponendo a rischio la correttezza della decisione.

Nella rimessione vengono, quindi, in gioco due principi: quello d'imparzialità del giudice e quello del giudice naturale.

L'imparzialità, garantita attraverso la soggezione del giudice soltanto alla legge, è un principio informatore del sistema, una qualifica connaturata all'essere giudice.

La Legge Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, nel novellare l'art. 111 Cost., ha riaffermato il valore irrinunciabile della terzietà e imparzialità del giudice - intesa come neutralità rispetto al risultato - quale precondizione di un giusto processo, in assenza della quale tutte le altre regole e garanzie processuali perderebbero di concreto significato (Corte Cost. sentenza 1 ottobre 1997, n. 306).

Nella rimessione, tra il principio d'imparzialità e quello di naturalità del giudice prevale il primo, pur essendo incontestabile che il principio del giudice naturale impone la tassatività e la determinatezza delle ipotesi di rimessione per evitare ogni manipolazione - attraverso il mutamento del giudice - sull'esito del processo.

Si può, quindi, affermare che l'istituto della rimessione implica una deroga alla competenza territoriale, imposta dalla necessità di garantire un sereno svolgimento del processo, costituente, a sua volta, la precondizione per assicurare, almeno in astratto, l'affidabilità del suo esito.

3. Così inquadrato, l'istituto della rimessione ha natura eccezionale, attesa la sua natura derogatoria rispetto al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, a sua volta finalizzato ad assicurare non solo la prevedibilità del giudice, ma anche la non manipolabilità a posteriori della competenza (Sez. 1^, n. 1952 del 10 marzo 1997; Sez. 1^, n. 4462 del 20 settembre 1995; Sez. 1^, n. 740 del 7 febbraio 1995).

L'eccezionalità si coglie tenendo conto del fatto che, in tanto con la rimessione si deroga alla competenza territoriale e, quindi, al principio del giudice naturale precostituito per legge, in quanto vi siano motivi ("gravi motivi di ordine pubblico, o "gravi situazioni locali") per sospettare il giudice di non essere imparziale: la non imparzialità (o il sospetto della non imparzialità) del giudice non può che essere eccezionale.

La natura eccezionale dell'istituto della rimessione è stata, altresì, messa in luce, anche nella vigenza del codice di rito abrogato, dalla giurisprudenza e dalla dottrina sotto un altro profilo, laddove è stato evidenziato che il giudice non imparziale o sospetto di non esserlo non è il giudice (o non è soltanto il giudice) del processo, ma è, per definizione, l'organo giudicante nel suo complesso e che i fattori inquinanti l'imparzialità debbono riverberarsi sull'intero ufficio giudiziario astrattamente considerato, non su singoli magistrati o su un singolo organo in cui si articoli l'ufficio giudiziario stesso (Sez. U., n. 13687 del 28 gennaio 2003, n. 13687; Sez. 1^, n. 1125 del 23 febbraio 1998; Sez. 1^, n. 5682 del 13 ottobre 1997; Sez. 1^, n. 1952 del 10 marzo 1997; Sez. 1^, n. 848 del 25 febbraio 1993).

Dal carattere eccezionale dell'istituto discende, come indefettibile corollario, l'interpretazione restrittiva delle norme che lo disciplinano e ciò proprio perchè le stesse incidono in maniera significativa sulle regole attributive della competenza inerenti alla precostituzione del giudice naturale (art. 25 Cost.).

L'evidente portata derogatoria assunta dall'istituto della rimessione di fronte al principio enunciato nell'art. 25 Cost., comma 1, postula, quindi, un approccio esegetico rigoroso, che impone di considerare tassative - e, dunque, soggette ad un criterio di stretta interpretazione - le fattispecie legittimanti il trasferimento del processo.

4. Nell'attuale versione normativa, la "gravità della situazione locale" rappresenta l'imprescindibile requisito condizionante l'intero meccanismo derogatorio ai criteri di competenza territoriale che acquisisce valore prioritario, lasciando fuori ciò che è avvenuto nell'ambito del processo.

Per "grave situazione locale" che può determinare la rimessione deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale e riguardante l'ambiente territoriale nel quale il processo si svolge, connotato da tale abnormità e consistenza da dover essere ritenuto idoneo ad incidere in modo oggettivo e rilevante sulla serenità funzionale del giudice e destinato a costituire un concreto pericolo (Sez. U., n. 13687 del 28 gennaio 2003) per la imparzialità del giudice - inteso come l'ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito - e fonte di possibile pregiudizio alla libertà delle persone che partecipano al processo, sicchè il turbamento non possa essere "altrimenti eliminabile" che tramite un provvedimento radicale, quale il trasferimento del processo.

In tal senso, i comportamenti del giudice ed i provvedimenti da questo assunti rilevano solo in quanto dipendano dalla situazione esterna ed assumano valore sintomatico di una mancanza di imparzialità dell'intero ufficio giudiziario.

L'art. 45 c.p.p., così come modificato dalla L. 7 novembre 2002, n. 248, art. 1, attribuisce rilievo alle situazioni locali sotto tre profili alternativi; pregiudizio per la libera determinazione delle persone che partecipano al processo; pregiudizio per la sicurezza o l'incolumità pubblica; motivi di legittimo sospetto.

Il pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo consiste nel condizionamento che queste persone subiscono, in quanto soggetti passivi di vera e propria coartazione fisica o psichica che incide sulla loro libertà morale, imponendo una determinata scelta, quella della parzialità o della non serenità, precludendone altre di segno contrario.

Il legittimo sospetto è, invece, costituito dal ragionevole dubbio che la gravità di un'obiettiva situazione locale giustifichi la rappresentazione di un concreto pericolo di non imparzialità del giudice - inteso come l'ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito - e possa portare quest'ultimo a non essere, comunque, imparziale o sereno, dovendosi intendere (come già in precedenza chiarito) per imparzialità la neutralità del giudice rispetto all'esito del processo.

Va ulteriormente precisato che connotato del sospetto deve essere la "legittimità", così da ancorarne la ricorrenza solo in presenza di dati obiettivi e concreti che consentano di asserire il venir meno della imparzialità del giudice che, con la sua naturalità, assicura il "giudice giusto": i motivi di legittimo sospetto sono, pertanto, configurabili quando si è in presenza di una grave ed oggettiva situazione locale, idonea a giustificare la rappresentazione di un concreto pericolo di non imparzialità del giudice, inteso questo come l'ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito.

La nozione di "legittimo sospetto" è, quindi, più ampia rispetto alla formula "libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo", in quanto pone l'accento sull'effetto, cioè sul pericolo concreto che possano essere pregiudicate la imparzialità o la serenità, e non richiede che quell'effetto sia conseguenza della impossibilità per il giudice di essere imparziale per essere stato coartato fisicamente o psichicamente.

Oggetto di tutela non è un'imparzialità imposta da un prestigio meramente "formale" riferito alla magistratura, occorrendo, al contrario, assicurare un'imparzialità sostanziale che può essere messa in pericolo, quando la pressione dell'ambiente sui giudici appare, ad un osservatore esterno, idonea a comprometterne la serenità della decisione.

Mere patologie interne al processo, ove non iscritte in un quadro ambientale connotato dalla presenza di una grave situazione locale autonomamente accertata, non possono legittimare l'eccezionale rimedio della rimessione del processo.

5. Valutata alla stregua dei principi e dei criteri di rigorosa interpretazione esegetica sinora illustrati, la richiesta di rimessione è manifestamente fondata.

5.1. Non sussiste, innanzitutto, il presupposto della "grave situazione locale", che i richiedenti ancorano, pressochè esclusivamente, ad una "astiosa e prolungata campagna di stampa", accompagnata dalla pretesa di condanne esemplari da parte dei familiari delle vittime e di vari settori dell'opinione pubblica, capaci di ingenerare un clima di tensione e di prevenzione atto ad influire sull'animo dei giudici.

5.1.1. Quanto al primo profilo, è indiscutibile che l'eccezionale rilevanza mediatica attribuita alla vicenda della morte sul lavoro di alcuni operai della "(OMISSIS)" abbia assunto un rilievo nazionale.

Siffatta dimensione delle campagne di stampa e televisive riservate alla vicenda processuale incide su uno dei fondamentali presupposti dell'istituto della rimessione, ossia la "gravità della situazione locale", nel senso che lo spazio attribuito anche dagli organi di informazione e dalle radiotelevisioni locali alle notizie sul processo non costituisce altro che il riflesso della più generale rilevanza ad esso attribuita a livello nazionale.

Se così è, ed è indubbio che lo sia, anche l'ipotetico spostamento del processo in altre parti del territorio nazionale non eliminerebbe l'eccezionale clamore mediatico nazionale, nè l'interesse dell'opinione pubblica da esso alimentato, sicchè ogni ufficio giudiziario verrebbe a trovarsi in una situazione di potenziale condizionamento (Sez. U., n. 28 gennaio 2003, n. 13687).

Nè, d'altra parte, è in alcun modo comprovato che la massiccia campagna mediatica sviluppatasi su tutto il territorio nazionale abbia in alcun modo influito, menomandola, sul sereno ed imparziale esercizio delle funzione giudiziarie da parte dei magistrati di Torino e abbia condizionato le loro scelte processuali o il contenuto dei provvedimenti di loro rispettiva competenza.

Sarebbe sufficiente, al riguardo, accennare alla riqualificazione da dolosa a colposa della imputazione di omicidio e alla conseguente riduzione delle pene nei confronti degli imputati, da parte dei giudici d'appello, per escludere qualsiasi forma di condizionamento dei magistrati giudicanti.

5.1.2. Va, poi, rimarcato che la situazione "ambientale" idonea a configurare la tipica fattispecie di rimessione ad altra sede ai sensi dell'art. 45 c.p.p., deve essere, oltre che concreta, effettiva e non opinabile, anche di incontrovertibile attualità e tale da non essere superabile se non con il trasferimento del processo ad altro ufficio giudiziario (Sez. 1^, 7 ottobre 2014, n. 52976).

Nel caso in esame, gli accadimenti richiamati dai richiedenti a sostegno della loro domanda si riferiscono a prese di posizione assunte dalla stampa e da vari settori della cittadinanza in epoca antecedente e concomitante alla celebrazione del processo e, quindi, ormai temporalmente superati, atteso che resta da celebrare il giudizio di rinvio susseguente ad annullamento da parte di questa Corte della decisione di secondo grado, con oggetto circoscritto alla rideterminazione delle pene.

Sotto questo profilo e, tenendo soprattutto presente l'oggetto limitato del giudizio che dovrebbe essere trasferito altrove, non è fondato l'assunto dei richiedenti che ravvisano l'attualità della "grave situazione locale" nelle potenzialità lato sensu inibitorie o risolutrici del processo penale che è stato caricato dal tessuto sociale di aspettative repressive e, quindi, di un valore quasi simbolico.

E' evidente il vizio dell'argomentazione che, muovendo da indimostrate inferenze totalizzanti, valorizza una logica presuntiva e dubita dell'imparzialità di un intero ufficio giudiziario non sulla base di fatti verificabili, ma di mere congetture che, per quanto detto sopra, non hanno trovano riscontro in circostanze obiettive.

Non pertinenti, a tale proposito, appaiono i richiami effettuati dai richiedenti alle molteplici iniziative assunte dalla cittadinanza in ambito politico, ecclesiastico, sindacale e culturale, convergenti nell'alimentare un clima "giustizialista".

Ritenere che la libera espressione del pensiero e l'adozione delle iniziative consentite dall'ordinamento per esprimerle, per sensibilizzare i competenti organi nazionali e locali e per stimolare la coscienza critica dell'opinione pubblica su una vicenda di rilievo nazionale costituiscano, in quanto tali, altrettante forme di condizionamento oggettivo e rilevante dell'esercizio sereno ed imparziale della funzione giudiziaria, idonee a giustificare lo spostamento della celebrazione di un processo dalla sede naturale, significa prospettare una lettura dell'art. 45 c.p.p., inconciliabile con il quadro di riferimento costituzionale (artt. 21, 17 e 40 Cost.) e alterare il fisiologico rapporto dialettico, insito in ogni democrazia evoluta, tra collettività, istituzioni e funzione giudiziaria in un contesto socio-culturale sempre più connotato da esigenze di conoscenza e dall'accresciuta consapevolezza dei diritti del cittadino sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si sviluppa la sua personalità.

6. Le richieste vanno, in conclusione, dichiarate inammissibili e ciascun richiedente va condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000,00 (duemila) alla Cassa delle Ammende.

Per la natura dell'oggetto del giudizio in relazione al quale sono state proposte le richieste di rimessione (determinazione delle pene), non si procede alla liquidazione delle spese alla parte civile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili le richieste di rimessione e condanna ciascun richiedente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2,000,00 (duemila) alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2015.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2015