Categoria: Cassazione civile
Visite: 7166

Cassazione Civile, Sez. 3, 26 gennaio 2016, n. 1322 - Professoressa colpita dal pallone calciato da un alunno. Nessun risarcimento se c’è nesso tra evento lesivo e gioco


 

Fatto


1. Nel 1994, C.M. convenne in giudizio il Ministero della Pubblica Istruzione e la Allianz Ras S.p.a., quale responsabile civile in forza di una polizza assicurativa contro gli infortuni stipulata dal Ministero, per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni subiti in occasione di un incidente in cui era stata coinvolta, nel 1990, presso il Liceo Scientifico Statale di Cetrara.

Espose l'attrice che, nel corso dell'ora di educazione fisica, mentre la classe maschile, affidata al prof. S.A., era impegnata in una partita di pallavolo nel cortile della scuola, un alunno di quella classe si staccò dalla classe e calcio violentemente il pallone, colpendo al viso la stessa attrice, che stava tenendo la lezione di educazione fisica per la classe femminile nello stesso cortile, provocandole danni gravissimi sia di natura biologica che patrimoniale.

Si costituirono la Allianz Ras e il Ministero della Pubblica Istruzione: la prima eccepì l'incompetenza del giudice adito in virtù di una clausola compromissoria presente nel contratto di assicurazione, l'intervenuta prescrizione del diritto, essendo decorso l'anno previsto dall'art. 2952 c.c., e l'infondatezza del ricorso nel merito, non essendo ravvisabile alcuna culpa in violando degli insegnanti ai sensi dell'art. 2048 c.c., contestò altresì la quantificazione dei danni effettuata dall'attrice; il secondo eccepì il difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del giudice amministrativo e chiese il rigetto della domanda per assenza di cui culpa in vigilando, essendo l'incidente ascrivibile al caso fortuito.

Il Tribunale di Catanzaro - Sezione Stralcio, con la sentenza n. 283/2006, dichiarò il difetto di giurisdizione dell'A.G.O..

2. La decisione è stata riformata dalla Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza n. 1304 del 19 dicembre 2011, limitatamente alla questione di giurisdizione. Quanto al merito, la Corte ha rigettato la domanda della signora C., ritenendo che il contesto in cui si era verificato l'incidente e la repentinità del gesto portava ad escludere un'azione anche solo colposa da parte dell'allievo; che non era stato provata la circostanza, dedotta dall'appellante, che il ragazzo si fosse staccato dalla partita e avesse calciato il pallone; che poteva ritenersi raggiunta la prova liberatoria, in considerazione delle modalità dell'incidente e del gioco, svolto in un contesto del tutto usuale ed ordinato, alla presenza dell'insegnante.

3. Avverso tale decisione, propongono ricorso in Cassazione O., A., P. e T.A., eredi della signora C.M., sulla base di 4 motivi illustrati da memoria.

3.1. Resistono con controricorso Allianz S.p.a. illustrato da memoria e il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca.

Diritto

4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art 360 c.p.c., nn. 3 e 5, nonchè violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2043 e 2048 c.c. in ordine alla ritenuta inconfigurabilità della culpa in vigilando dell'insegnante di Educazione Fisica Maschile e, quindi, del Ministero convenuto".

4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, nonchè violazione e falsa applicazione di legge in relazione all'art. 2048 c.c. in ordine al ritenuto raggiungimento della prova liberatoria di non aver potuto impedire il fatto gravante sull'insegnante ed alla inconfigurabilità della colpa del danneggiante".

4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti deducono la "violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all'art. 115 c.p.c. Erroneità, contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla pretesa mancanza di prova in ordine alla circostanza che l'allievo si allontanava dal gruppo che giocava la partita ed al di fuori del gioco in corso calciava il pallone che colpiva al viso la prof.ssa C.".

4.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti deducono la "Erroneità, contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art 360 c.p.c., n. 5 in relazione alla pretesa sussistenza del caso fortuito".

5. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, atteso che, pur sotto diversi profili, prospettano ragioni di censura intimamente connessi fra loro.

Con tali motivi, i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe basata su una serie di errati presupposti:

a) l'aver ritenuto il calcio del pallone da parte dell'alunno sarebbe avvenuto all'interno di una fase di gioco della partita di pallavolo, inserendosi nel contesto della stessa partita e costituendo, quindi, un rischio insito nell'attività sportiva in corso;

b) l'aver escluso che l'azione dell'alunno avesse natura colposa e che fosse connotata da particolare durezza, ritenendola eccezionale, repentina ed imprevedibile, tale quindi da integrare gli estremi del caso fortuito;

c) l'aver quindi ritenuto raggiunta la prova liberatoria consistente nell'adempimento, da parte dell'insegnante della classe maschile, all'obbligo di sorveglianza e nell'impossibilità, per lo stesso insegnante, di impedire il fatto.

In realtà, tali assunti non sarebbero conformi alla dinamica dei fatti fornita dall'attrice, che, non essendo stata specificamente contestata da parte dei convenuti (i quali, anzi, l'avrebbero esplicitamente ammessa), non avrebbe dovuto essere oggetto di controllo probatorio da parte del giudice.

Al contrario, l'azione posta in essere dall'alunno sarebbe illecita, in quanto verificatasi al di fuori dell'esercitazione sportiva consentita e comunque seguito di un'azione (il calcio del pallone) non rientrante nelle regole del gioco della pallavolo e caratterizzata da una particolare durezza.

La violenza del calcio, oltre ad essere incontestata, risulterebbe evidente dalla gravità delle lesioni riportate dalla C., la quale veniva giudicata "non idonea alle proprie mansioni e permanentemente inabile a qualsiasi proficuo lavoro", e troverebbe riscontro anche nella denuncia di infortunio rivolta all'assicurazione redatta dal preside della scuola.

Inoltre, nè il Ministero nè la Ras avrebbero fornito la prova che l'evento fosse di natura tale da non poter essere evitato, nè di aver adottato in via preventiva tutte le misure organizzative idonee ad evitare lo stesso fatto.

Pertanto, la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto integrata la prova liberatoria di cui all'art. 2048 c.c..

Le doglianze sono infondate, anche se la motivazione va corretta.

Infatti, è vero che l'art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto l'onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente (Cass. civ. Sez. 3, 05/03/2009, n. 5356; Cass. civ. Sez. 2, 20-11-2008, n. 27596; Cass. Civ. n. 13079 del 21/05/2008; Cass. Civ. n. 5191 del 27/02/2008; Cass. Civ. n. 10031 del 25/05/2004).

Appare quindi sussistente il vizio di motivazione denunziato dai ricorrenti nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto che la signora C. non avesse fornito alcuna prova in ordine alla dinamica dei fatti come da lei ricostruita.

L'attrice infatti, sin dall'atto di citazione, aveva esposto che il pallone era stato lanciato, con un calcio, da un alunno che si era staccato dalla partita di pallavolo diretta dall'insegnante di educazione fisica della classe maschile.

I convenuti non hanno mai contestato specificamente tale dinamica, anzi, entrambi, in diversi momenti, l'hanno esplicitamente riconosciuta (cfr. verbale di udienza dinanzi al Tribunale del 4 ottobre 2005, comparsa di costituzione e risposta in appello del Ministero del 18 luglio 2008, p. 3).

Di conseguenza, deve ritenersi pacifico l'incidente si sia verificato a causa di un calcio al pallone sferrato da un alunno che si era allontanato dalla partita di pallavolo.

Va solo ulteriormente precisato che il pallone in questione, secondo quanto ricostruito dalla sentenza impugnata, e non contestato dagli odierni ricorrenti, era lo stesso pallone con cui si stava disputando la patita di pallavolo.

Ciò precisato, la sentenza impugnata deve essere confermata nella parte in cui esclude la responsabilità ex art. 2048 c.c. a carico dei convenuti.

Occorre infatti ricordare che la norma non configura un'ipotesi responsabilità oggettiva nè per gli allievi nè per i precettori, ma richiede che il danno sia conseguenza del fatto illecito di uno studente, ed ulteriormente richiede che la scuola non abbia predisposto le misure atte a consentire che l'insegnante sotto la cui guida il gioco si svolge sia stato in grado di evitare il fatto.

Condizioni di applicabilità della norma che si traducono in un fatto costitutivo, l'illecito, che va provato dal danneggiato, e in un fatto impeditivo, il non averlo potuto evitare, che va provato dalla scuola (Cass. civ. Sez. 3, 14/10/2003, n. 15321).

Nel caso, rileva il dato che l'azione dannosa si è consumata nel corso di una gara sportiva, sia pure connotata da prevalenti aspetti ginnici, anzichè agonistici.

Si può quindi fare riferimento ai principi elaborati in tema di responsabilità per i danni causati da un atleta ad altro atleta impegnato nel corso di una gara sportiva.

Al riguardo, si è affermato che il criterio per distinguere tra comportamento lecito e quello punibile va individuato nel collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo. Tale collegamento va senz'altro escluso se l'atto è compiuto allo scopo di ledere o con violenza incompatibile con le caratteristiche del gioco e, in tal caso, la condotta è sempre punibile anche se in ipotesi non avesse violato regole dell'attività sportiva svolta. Viceversa, la responsabilità non sussiste se, come nel caso in esame, le lesioni sono la conseguenza di un atto posto senza la volontà di ledete e se, pur in presenza di violazione delle regole di gioco, l'atto è a questo funzionalmente connesso (Cass. n. 12012/2002).

Ebbene, le sopra ricostruite modalità di verificazione del sinistro - calcio al pallone con cui si disputava la partita di pallavolo, presumibilmente per rimettere la palla in campo - depongono per la mancanza di una finalità di ledere in capo all'alunno e per l'esistenza di collegamento funzionale tra l'azione di questi e il gioco in atto, pur se con violazione delle regole del gioco stesso, che non ammette lanci con i piedi.

Quanto all'asserita violenza con cui il pallone sarebbe stato calciato dall'alunno, la Corte di Appello l'ha esclusa e trattandosi di una valutazione tipicamente di merito, come tale è preclusa al giudice della legittimità.

7. Sussistono giusti motivi per compensare le spese.


P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2016