Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 agosto 2009, n. 18246 - Neoplasia da asbestosi pleuro polmonare


 


Fatto


La Tirrenia di Navigazione spa chiede l'annullamento della sentenza con la quale la Corte d'Appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli, ha accolto, in parte, la domanda proposta dagli eredi di I.S., dipendente della società, deceduto il (OMISSIS) per neoplasia da asbestosi pleuro polmonare, condannandola a pagare agli eredi la somma complessiva di Euro 75.000,00, a titolo di risarcimento del danno.
Il ricorso per cassazione è articolato in tre motivi.
Con il primo motivo si denunzia la "violazione ed errata applicazione dell'art. 373 cod. nav., degli artt. 112 e 414 c.p.c., artt. 2043, 2946 e 2947 c.c.. In ogni caso errata e contraddittoria motivazione".
Il giudice avrebbe errato nel disattendere l'eccezione di prescrizione biennale ex art. 373 cod. nav., delle pretese azionate con il ricorso notificato il giorno 11 novembre 1997, in quanto dalla data di estinzione del rapporto di lavoro (30 dicembre 1981) sono trascorsi ben più di due anni.
Con il secondo motivo, dopo aver affermato la erroneità di alcune proposizione della sentenza, si critica la decisione per aver ritenuto provata la riferibilità della patologia da cui era affetto l' I. all'attività lavorativa da questi prestata in favore della Tirrenia. Si contestano specificamente varie affermazioni della decisione (par. 2^, sub. A), si denunzia la erronea applicazione dei principi regolanti l'onere della prova ex art. 2697 c.c., in relazione all'art. 2043 c.c.; si denunzia l'omessa, insufficiente e contraddittoria valutazione delle risultanze emerse dalla prova testimoniale, il cui esito sarebbe stato nel senso che la presenza di amianto negli ambienti di lavoro frequentati dall' I. era pressochè nulla.
Con il terzo motivo si censura la sentenza per aver affermato la sussistenza del nesso eziologico tra lavoro alle dipendenze della Tirrenia e patologia, in assenza di una ragionevole sicurezza in tal senso, basandola su di una formula dubitativa. Inoltre, nella seconda parte del motivo,si critica la decisione per aver ritenuto erroneamente sussistente un comportamento negligente da parte della società, precisando peraltro che il problema non è di verificare se la Tirrenia abbia o meno omesso l'adozione di rimedi protettivi, bensì se alla assenza di tali rimedi possa attribuirsi con un tasso elevatissimo di probabilità l'efficienza causale dell'evento, ovvero il notevole aumento del rischio.
Il D.F. ha depositato un controricorso, chiedendo il rigetto della impugnazione.
Con il medesimo atto ha inoltre proposto ricorso incidentale contro la sentenza nella parte in cui ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di interessi e rivalutazione monetaria, o in subordine, qualora debba ritenersi che la Corte abbia provveduto, con l'espressione "comprensivo di ogni accessorio", per insufficiente motivazione sul punto.
La società ha depositato controricorso a ricorso incidentale ed una memoria per l'udienza.

Diritto


Va anzitutto disposta la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c..
Il primo motivo è infondato. La tesi della società ricorrente è che il giudice avrebbe errato nel disattendere l'eccezione di prescrizione biennale ex art. 373 cod. nav., delle pretese azionate con il ricorso notificato il giorno 11 novembre 1997, "in quanto dalla data di estinzione del rapporto di lavoro (30 dicembre 1981) sono trascorsi ben più di due anni".
La Corte nella sentenza impugnata perviene ad escludere che sia maturata la prescrizione sulla base di due passaggi: il termine decorre dalla conoscenza della patologia; il termine breve ex art. 373 cod. nav., non si applica alla fattispecie. Questa seconda affermazione non è fondata. Il termine di cui all'art. 373 cod. nav., si applica anche ad una fattispecie del tipo di quella in esame (cfr. Cass. Sez. Lav., 1^ giugno 2006, n. 13053). La motivazione pertanto sul punto deve essere corretta. Mentre la prima affermazione, che di per sè vale ad escludere la prescrizione, è fondata. Infatti, con riferimento allo specifico contratto di arruolamento dei marittimi, questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto: "Il termine biennale di prescrizione dei diritti derivanti da contratto di arruolamento (di cui all'art. 373 cod. nav.) è sospeso in pendenza del rapporto di lavoro e prima dello sbarco o comunque, del rimpatrio- del lavoratore marittimo nel porto di arruolamento ed, in ogni caso, non decorre prima che il diritto possa essere fatto valere". La Corte ha inoltre aggiunto:
"l'onere di allegare e di provare il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale grava in ogni caso - secondo la giurisprudenza di questa Corte - sulla parte processuale che eccepisce la prescrizione" (Cass. 1^ giugno 2006, n. 13053, cit.).
Correttamente pertanto la Corte d'Appello ha individuato come dies a quo "il momento della conoscenza della patologia che rappresenta anche il momento della azionabilità della pretesa", momento che si identifica con la prima diagnosi della asbestosi pleuro - polmonare effettuata il 26 gennaio 1996. Pertanto non erano trascorsi due anni tra tale data e la notifica del ricorso (11 novembre 1997). Il secondo motivo, denunzia congiuntamente più vizi. Denunzia la erroneità di alcune affermazioni contenute nella sentenza; la violazione dei principi sull'onere della prova in materia di responsabilità civile extracontrattuale e un vizio di motivazione in ordine alle risultanze della prova testimoniale. Tutti i rilievi sono infondati. Quello relativo alla erroneità della affermazione della sentenza per cui "dall'82 il marittimo è stato impegnato unicamente in attività a favore della società appellate", fa perno su di un errore di scrittura ("sino al" si è trasformato in "dal") la cui evidenza è palese dalla lettura complessiva del documento e che non incide sull'iter logico della decisione. Gli altri rilievi critici non pongono questioni di diritto, ma si risolvono in una diversa lettura del quadro probatorio, che non è consentita in sede di giudizio di legittimità, in assenza di un vizio di motivazione. E tale vizio, proposto come ultimo profilo del medesimo motivo di ricorso, non sussiste perchè la motivazione è sicuramente completa, coerente e priva di contraddizioni.
Analoghe considerazioni valgono per il terzo motivo. Si censura la sentenza per aver ritenuto provato il nesso di causalità tra il lavoro svolto dall' I. e la neoplasia, in assenza di "ragionevole sicurezza" ed in forza di una "formula dubitativa".
In proposito deve ricordarsi che la sicurezza e certezza in materia è rarissima e che la giurisprudenza di questa Corte ritiene sussistente il rapporto di causalità in presenza di una probabilità qualificata. Il ragionamento svolto dalla Corte di Napoli da conto della sussistenza di tale tipo di nesso. La Corte espone adeguatamente le ragioni che portano a tale valutazione, enucleando con precisione i vari passaggi che legano l'attività lavorativa svolta dall' I. all'asbestosi e il nesso che lega poi l'evoluzione dell'asbestosi nella neoplasia. Con chiarezza e completezza sono state fornite spiegazioni tecniche in ordine ai tempi di evoluzione e manifestazione della patologia ed in ordine all'assenza di fatturi causali successivi idonei ad escludere il rapporto di causalità. Mentre non è determinante ai fini della decisione il dato relativo alla mancata fornitura al lavoratore delle mascherine, omissione ammessa dalla società ricorrente che esclude però la idoneità di tale strumento a filtrare l'amianto. In presenza di un qualificato rapporto di probabilità nel determinismo causale della malattia, la circostanza che siano stati forniti o meno strumenti di così ridotta incidenza protettiva a tutela della salute del lavoratore è elemento ininfluente ai fini della valutazione della responsabilità.
Il ricorso principale pertanto deve essere respinto.
Anche il ricorso incidentale è infondato. Non vi è omessa pronuncia in ordine alla domanda di condanna alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali, in quanto la Corte ha specificato che l'importo liquidato "è comprensivo di ogni accessorio" e quindi si è espressamente pronunciata sul punto. Nè vi è vizio di motivazione in ordine al meccanismo di quantificazione, che è stringatamente ma sufficientemente descritto.
Le spese del giudizio di cassazione devono essere poste a carico del ricorrente principale, considerato il diverso peso specifico dei due ricorsi.


P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 25,00, per spese, Euro 5.000,00, per onorari, oltre IVA, CPA e spese e generali e distrae all'avv.to Omissis, dichiaratosi anticipatario.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2009