Responsabilità dei proprietari di un un fabbricato in costruzione per lesioni personali colpose in danno di minore introdottosi nell'edificio con alcuni compagni di gioco- Sussiste.

L'addebito loro mosso si riferisce alla mancata adozione di cautele idonee ad impedire l'accesso a terzi nel fabbricato che, ospitando un cantiere edile, seppur in fase di stasi, era potenziale fonte di pericolo.

La Corte afferma che: "Nella consapevolezza che il significato dell'espressione "cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l'evento" è tuttora controverso, volendo accedere, come sembrano fare i ricorrenti, alla teoria c.d. della causalità umana (condivisa da larga parte della giurisprudenza) e, di riflesso, alla valutazione in ordine alla "eccezionalità" o meno di un certo fattore incidente sulla catena causale è agevole, nel caso in esame, escludere che il comportamento tenuto dalla persona offesa dal reato rappresentasse, nel senso e per gli effetti anzidetti, fattore "eccezionale, non dominabile in alcun modo dall'uomo".
 
Non era certo minima la probabilità del suo verificarsi.
 
"I giudici del merito - come si è accennato - non hanno negato che il comportamento del minore integrasse una "causa sopravvenuta" ex art. 41 c.p., ma giustamente hanno affermato che essa non aveva escluso il rapporto di causalità fra l'omissione addebitata agli imputati e l'evento lesivo."
 
 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giusepp - Presidente -
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -
Dott. BRICCHETTI Renato - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
difensore di: L.F., nato a (OMISSIS);
M.R., nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza pronunciata in data 28 settembre 2007 dalla Corte di appello di Messina;
- udita la relazione del Consigliere Dott. Renato BRICCHETTI;
- sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del S.
Procuratore Generale Dr.ssa DE SANDRO Anna Maria, che ha chiesto rigettarsi i ricorsi.

Fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Messina confermava la condanna di L.F. e M.R. per il reato di lesioni personali colpose gravi commesso in (OMISSIS) in danno del minore LA.Fr..
Il ragazzino si era introdotto, con alcuni compagni di gioco, all'interno di un fabbricato in costruzione di proprietà degli imputati e, nell'attraversare una passerella che collegava un terrapieno ad un balcone del primo piano, era caduto procurandosi fratture ad una gamba.
In relazione alla responsabilità degli imputati, ritenuta concorrente con quella del minore (valutata nella misura del 40 %), la Corte territoriale osservava :
- che il ragazzo era entrato nel fabbricato dalla porta, aperta, del piano terra;
- che non erano, dunque, state predisposte cautele idonee ad impedire l'ingresso nel fabbricato;
che esse erano oltremodo necessarie perchè il fabbricato era interessato da attività edilizia, che costituisce attività pericolosa, per sua natura (dovendo spesso essere svolta a certe altezze dal suolo o a certe profondità nel sottosuolo) o per la natura dei mezzi adoperati (macchine e materiali), anche "nella fase di stasi (che, nel caso di specie, si protraeva da alcuni anni);
- che, a dimostrazione della pericolosità di detta attività anche nelle fasi di interruzione della stessa era sufficiente rilevare che le aperture al primo piano, tra cui quella dove era caduto il minore, erano munite di provvisorie reti metalliche, ma erano prive di infissi e di ringhiere;
che gli imputati avevano, pertanto, violato sia le prescrizioni contenute nella concessione edilizia loro rilasciata, sia le contestate disposizioni dei regolamenti edilizi comunali;
- che l'omissione delle doverose cautele era stata causa dell'evento (che non si sarebbe verificato se il cantiere edile fosse stato, come prescritto, "adeguatamente recintato si da non consentire l'ingresso ad estranei");
- che non poteva essere posta in discussione, anche in considerazione del contenuto delle prescrizioni violate, la prevedibilità ed evitabilità dell'evento.
2. Avverso l'anzidetta sentenza, hanno proposto ricorso per Cassazione gli imputati, per mezzo del comune difensore, chiedendone l'annullamento.
Deducono:
- che, al momento dell'incidente, non era in corso alcun lavoro, sicchè non poteva affermarsi che gli imputati avessero violato le norme dei regolamenti edilizi comunali;
- che poteva semmai contestarsi agli imputati di non avere adottato misure idonee ad impedire l'accesso a terzi;
- che, peraltro, nel caso di specie, non poteva pretendersi che gli imputati adottassero accorgimenti "atti a fronteggiare evenienze infortunistiche assolutamente improbabili ed eccezionali rispetto alla comune esperienza";
- che "eccezionale ed imprevedibile" era da considerarsi la condotta tenuta dal minore, atteso che gli imputati "avevano provveduto a chiudere tutti gli infissi e le porte situate al piano terra" e che il minore, per entrare nel fabbricato, aveva dovuto percorrere un'impervia stradina e da lì "fare un balzo per arrivare al primo piano dell'edificio";
- che, in ogni caso, non è concepibile che il proprietario di un immobile adibito a deposito di materiale edile, all'interno del quale soggetti non autorizzati si introducano illecitamente, risponda penalmente per non aver impedito l'evento lesivo che gli stessi si siano prodotti.
 
Diritto

3. I ricorsi sono infondati.
Gli stessi imputati - come si è visto - non pongono in discussione la legittimità dell'addebito loro mosso, essenzialmente quello di non avere adottato cautele idonee ad impedire l'accesso a terzi nel fabbricato, che ospitando un cantiere edile, seppur in fase di stasi, era potenziale fonte di situazioni pericolose.
Riconoscono, in altre parole, la titolarità di una posizione di garanzia, ma concentrano le loro doglianze sulla prevedibilità e, di riflesso, sull'evitabilità dell'evento.
Il minore avrebbe tenuto una condotta di tale "eccezionalità" da poter essere considerata, a norma dell'art. 41 c.p., causa da sola sufficiente a determinare l'evento.
Sennonchè gli imputati argomentano detta affermazione muovendo da un dato di fatto (che il minore, per entrare nel fabbricato, avesse dovuto percorrere un'impervia stradina e da lì "fare un balzo per arrivare al primo piano dell'edificio") categoricamente smentito, nella sentenza impugnata, dalla Corte di appello che non soltanto ha affermato che LA. ed i suoi compagni erano entrati nel fabbricato da una porta del piano terra che era "praticamente aperta" (nel senso che la via di accesso era presidiata da "sottili e malferme tavole, insuscettibili di costituire una chiusura dell'area"), come dichiarato, oltre che dalla persona offesa dal reato, anche dai compagni di gioco G.F. e S. C., ma ha altresì precisato che, in ogni caso, anche il sentiero di campagna era, all'epoca dei fatti, agevolmente percorribile ed il muro, alto circa un metro, era facilmente superabile.
Nella consapevolezza che il significato dell'espressione "cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l'evento" è tuttora controverso, volendo accedere, come sembrano fare i ricorrenti, alla teoria c.d. della causalità umana (condivisa da larga parte della giurisprudenza) e, di riflesso, alla valutazione in ordine alla "eccezionalità" o meno di un certo fattore incidente sulla catena causale è agevole, nel caso in esame, escludere che il comportamento tenuto dalla persona offesa dal reato rappresentasse, nel senso e per gli effetti anzidetti, fattore "eccezionale, non dominabile in alcun modo dall'uomo".
Non era certo minima, trascurabile la probabilità del suo verificarsi dato che - come si è detto - l'accesso del primo piano del fabbricato era agevolmente raggiungibile e superabile (l'area non era, pertanto, adeguatamente protetta dal rischio di accesso indiscriminato).
I giudici del merito - come si è accennato - non hanno negato che il comportamento del minore integrasse una "causa sopravvenuta" ex art. 41 c.p., ma giustamente hanno affermato che essa non aveva escluso il rapporto di causalità fra l'omissione addebitata agli imputati e l'evento lesivo.
Vi è stata, quindi, da parte dei giudici del merito, puntuale osservanza dell'art. 41 c.p., comma 1, che si applica - è opportuno ricordarlo - anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consista nel fatto illecito altrui.
Correttamente, inoltre, la Corte ha affermato che, se gli imputati, responsabili del sito, avessero osservato la regola cautelare dinanzi indicata (adottare cautele per inibire la penetrazione di estranei in un'area pericolosa come un fabbricato - cantiere), l'evento non si sarebbe verificato.
In altre parole, osservando la regola cautelare, si sarebbe, di sicuro o con probabilità confinante con la certezza, evitato l'evento; l'adempimento della regola avrebbe, in altre parole, eliminato il pericolo.
Anche perchè, in ipotesi come quella in esame, il rispetto della regola cautelare è, invero, finalizzato ad evitare il rischio del verificarsi di un sotto-evento che può risultare prodromico riguardo a eventi ulteriori.
Dall'ingresso non impedito mediante l'uso di misure idonee possono, invero, derivare esiti lesivi rientranti nello scopo di protezione della norma e che avrebbero potuto essere evitati adottando gli accorgimenti idonei ad azzerare il rischio di realizzazione dell'evento intermedio.
4. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2008