Categoria: Giurisprudenza penale di merito
Visite: 4264

Tribunale La Spezia, Sez. Pen., 13 marzo 2013, n. 122 - Immagazzinamento del gas gpl e infortunio mortale


 

 

 

Fatto


Con decreto in data 13/12/2010 il Giudice dell'Udienza Preliminare presso il Tribunale della Spezia disponeva il rinvio a giudizio di G.A. quale imputato dei reati descritti in epigrafe (reato di cui all'art. 589 c.p.).
All'udienza, previa verifica della regolarità della notifica del decreto di citazione, alla presenza dell'imputato e delle parti civili già costituite (D.N., in proprio e quale madre della minore C.A., L.I. e C.A.) veniva dichiarato aperto il dibattimento e le parti avanzavano le rispettive richieste di prova.

Si procedeva poi all'istruttoria dibattimentale mediante escussione dei testimoni e consulenti tecnici indicati dal P.M., dalle parti civili e dalla difesa dell'imputato ed ammessi con ordinanza.
Risultava invece impossibile sentire P.Z., personalmente presente all'infortunio, in quanto, rivestendo la qualifica di Responsabile del Servizio Protezione e Prevenzione, lo stesso doveva ritenersi soggetto potenzialmente indagabile per il fatto per cui si procede (lo stesso perito C. aveva in fase di indagini preliminari segnalato l'opportunità di valutarne la responsabilità). P.Z. veniva pertanto sentito ex art. 210 c.p.p. e si avvaleva della facoltà di non rispondere.
Il Pubblico Ministero ed i difensori concludevano come da verbale.
All'esito questo Giudice pronunciava sentenza, in ordine ai reati ascritti, alla stregua delle risultanze processuali.
Dall'istruttoria sono infatti emerse le seguenti circostanze.

L'infortunio mortale è avvenuto presso l'impianto della società ** Gas srl, di cui l'imputato è legale rappresentante.
Lo stabilimento si occupa di immagazzinare il gas gpl in serbatoi per poi essere venduto in bombole (dopo essere stato imbottigliato) o caricato in cisterne per la consegna ai clienti.
L'infortunio si è verificato nel mentre si stavano compiendo operazioni nell'area deputata alle operazioni di travaso del GPL fra autocisterne e serbatoi dello stabilimento.
Risulta preliminare alla analisi della dinamica dell'infortunio la descrizione della operazione di travaso del GPL da un contenitore all'altro.
Deve però necessariamente premettersi che il GPL oggetto dell'attività di impresa è suscettibile di presentarsi in natura sia in forma liquida sia in forma gassosa e che il gpl è presente sia nelle autocisterne sia nei serbatoi dello stabilimento in parte in fase liquida ed in parte in fase gassosa: la fase liquida si depone nella parte inferiore del serbatoio mentre la fase gassosa si trova nella parte superiore del serbatoio. Per ragioni di sicurezza è necessario che la parte liquida non ecceda l'80% della capacità del serbatoio.
Le operazioni di travaso del gpl dai serbatoi dello stabilimento alle autocisterne e viceversa vengono gestite collegando i serbatoi e le autocisterne con due tubi (in uno deve passare il gas, nell'altro il liquido). Il tubo attraverso cui passa la fase gassosa pesca dalla parte superiore del serbatoio, ove si trova appunto il gas; il tubo attraverso cui passa la fase liquida pesca dalla parte inferiore del serbatoio, ove si trova appunto il liquido.
Sulla linea di trasferimento del gas è inserito un compressore.
L'operazione di trasferimento del gpl, per come realizzata nello stabilimento, avviene aspirando il gas presente nella parte superiore di uno dei due recipienti (quello da riempire) grazie alla pressione generata dal compressore.
Così facendo si genera all'interno dei due serbatoi oggetto dell'operazione una pressione differenziale, tale da spingere il liquido, mediante una seconda tubazione, da un recipiente all'altro.
Altrimenti detto, sulla linea gas è installato un compressore che ha il compito di aspirare la fase gassosa dal recipiente oggetto di riempimento spingendola all'interno del serbatoio oggetto di scarico.
In questo modo nei due recipienti si crea una differenza di pressione che spinge il liquido dal recipiente da scaricare a quello da riempire attraverso la linea del liquido.
La regola di sicurezza per cui nessun serbatoio deve essere riempito di liquido in misura eccedente l'80% della sua capienza trova la sua ragion d'essere nel fatto che nella linea gas non deve passare liquido, in quanto se giungesse del gpl liquido dentro il compressore (come risulta essere successo nel caso in esame) questo scoppierebbe, a causa della incomprimibilità dei liquidi e della esplosività del gpl stesso.
Nello stabilimento il controllo della circostanza che le autocisterne venissero riempite non oltre l'80% della loro capienza era rimesso ad un solo accorgimento, consistente nel fatto che, nel momento in cui nell'autocisterna si raggiunge la soglia dell'80% di gpl liquido, da una valvola "spillo" esce un piccolo getto di gpl liquido, contornato da vapore, e l'operatore può rendersi conto visivamente della situazione ed intervenire obbligatoriamente a fermare le operazioni di travaso.
È opinione concorde di tutti i periti e consulenti tecnici sentiti che si sia verificato uno scoppio del compressore e che tale evento si possa essere verificato solo a causa della presenza di gpl liquido nel tubo che doveva portare la fase gassosa al compressore.
Tale situazione si può essere verificata esclusivamente perché nell'ultima operazione di carico di una autocisterna antecedente all'evento mortale si superò la soglia di sicurezza del riempimento all'80% dell'autocisterna, che fu dunque riempita totalmente di liquido, al punto tale che tale liquido penetrò nel tubo deputato al trasferimento della parte gassosa, fino a giungere al compressore.
Risulta che l'ultima operazione di riempimento dell'autocisterna prima dell'evento per cui è processo sia stata compiuta il giorno precedente ad opera dello stesso deceduto.
Risulta ancora (si veda la deposizione del teste E. P.) che il giorno dell'evento alcuni operai dell'azienda, e precisamente lo stesso deceduto M.C., E.P. e P. Z. si erano accorti della presenza di liquido all'interno del compressore, in quanto dal compressore stesso trafilava del vapore. Gli operai procedevano di loro iniziativa ad una operazione in verità del tutto imprudente di svuotamento del compressore dal liquido e si ponevano poi il problema di come svuotare il tubo della fase gas che portava al compressore. In questa fase veniva avvicinata una autocisterna al punto di travaso e veniva messo in moto il compressore, che nel giro di pochissimi secondi scoppiava (deposizione E.P., pag. 25 trascrizione). La testata del compressore veniva lanciata in aria a parecchi metri di altezza, poi ricadendo al suolo. Il corpo valvole del compressore invece veniva proiettato in senso orizzontale contro il corpo di M. C. (pag. 10 relazione peritale ing. M. in atti), che veniva a sua volta spinto contro un palo di sostegno della struttura e riportava gravi lesioni (aveva una ferita alla testa, deposizione E.P., pag. 26 trascrizione udienza 18/07/2011), a seguito delle quali decedeva.
Nel corso di incidente probatorio veniva effettuata un'analisi metallografica del compressore. Emergeva che tale struttura, pur vecchia (il perito C. definisce la condizione complessiva del compressore piuttosto scadente, in linea con l'età dello stesso superiore ai 40 anni - pagina 47 della sua relazione), era tuttavia perfettamente in grado di svolgere regolarmente la propria funzione di carico e scarico delle autobotti (pagina 65 della relazione peritale), in quanto nello svolgimento di tali operazioni in condizioni normali entrano in gioco pressioni molto ridotte. Dall'analisi della superficie di frattura e delle caratteristiche meccaniche del materiale risultava che per causare il cedimento della struttura del compressore all'interno dello stesso si doveva essere sviluppata una pressione tale da trasferire sulla superficie una forza superiore alle 160 tonnellate. Riteneva il perito C. che, anche a voler applicare una riduzione prudenziale in considerazione della vetustà del materiale, le forze in gioco dovevano essere state superiori alle 100 tonnellate, pressione che si poteva essere generata all'interno del compressore solo per la presenza di gpl in fase liquida (pagina 48 relazione peritale C.), essendo invece del tutto incompatibile con la mera presenza di elementi di natura gassosa. Si aggiunga anche per completezza che non risulta che l'imputato fosse a conoscenza delle imprudenti operazioni che i suoi dipendenti stavano compiendo: così riferiva infatti il teste E. P. in udienza (pagina 26 e 27 della trascrizione fonografica dell' udienza 18 luglio 2011) anche se, a dire del vero, il Pubblico Ministero gli contestava che nell'immediatezza dei fatti aveva all'opposto dichiarato che l'imputato assisteva all'operazione di svuotamento del compressore, salvo poi negarlo quando veniva nuovamente sentito a sommarie informazioni testimoniali nel corso ulteriore delle indagini preliminari. I vari testi a difesa sentiti hanno escluso la presenza dell'imputato nel mentre venivano compite le imprudenti operazioni che hanno portato all'incidente.
A seguito di una integrazione di indagini della Asl, che verificava che in altri impianti che svolgevano attività simile veniva utilizzato un meccanismo di sicurezza denominato "barilotto trappola", il quale, interposto nella fase gas prima del compressore, avrebbe la capacità di intercettare l'eventuale liquido presente e dunque di impedire che il liquido arrivi all'interno del compressore (meccanismo non presente nello stabilimento dell'imputato), il Pubblico Ministero configurava l'imputazione a carico dell'odierno imputato ravvisando l'unico profilo di colpa nella sua condotta proprio nel non aver dotato l'impianto di tale "barilotto trappola". Conseguentemente lo sviluppo successivo del processo si incentrava su tale questione e anche il Giudice dell'Udienza Preliminare riteneva di disporre un incidente probatorio proprio su tale questione.
Il perito nominato in sede di incidente probatorio, l'ingegnere M. M., concludeva nel senso che la presenza del barilotto trappola avrebbe impedito l'evento.
I consulenti tecnici della difesa dell'imputato hanno invece sostenuto che il gpl liquido (che era presente fin dal giorno precedente all'interno delle tubature che andavano dal punto di attacco delle autocisterne fino alle valvole di radice vicine al compressore) aveva raggiunto, a causa del calore si era accumulato (si era di agosto) una pressione tale da provocare da sola lo scoppio del compressore e per altro verso una pressione tale che il barilotto trappola non sarebbe stato in grado di fermare in alcun modo, tanto che sarebbe scoppiato esso stesso.
La tesi difensiva non è tuttavia corretta, per le ragioni che si verranno ad esporre. La questione della responsabilità dell'imputato deve essere infatti esaminata sotto due profili. Da un primo punto di vista, deve rilevarsi come l'evento si sia verificato a causa di un doppio errore umano, il primo verificatosi il giorno precedente il fatto con l'eccessivo carico dell'autobotte, il secondo verificatosi il giorno stesso del fatto con l'imprudente tentativo di svuotamento del compressore da parte del deceduto e dei colleghi di lavoro.
Dal secondo punto di vista bisogna affrontare la questione relativa all'assenza del cosiddetto barilotto trappola.
Si deve anche rilevare come la difesa dell'imputato abbia insinuato il dubbio che il caricamento eccessivo dell'autobotte il giorno precedente sia stato non colposo, bensì intenzionale: si è infatti adombrato il dubbio che si perpetrasse un furto di gpl (dalla lettura del tracciato cronotachigrafico dell'autocisterna guidata dal deceduto risulta infatti una sosta ulteriore rispetto a quelle che stesso avrebbe dovuto fare fermandosi dai singoli clienti programmati; risulta poi che P. Z. immediatamente dopo l'incidente telefonava ad un soggetto concorrente della società dell'imputato). Tali allegazioni, pur suggestive, non provano affatto una condotta penalmente illecita dei dipendenti suddetti e comunque non spostano il punto focale della questione, che rimane quella di accertare se lo stabilimento fosse dotato delle misure di sicurezza atte ad impedire il verificarsi dell'infortunio sul lavoro. Quanto alle condotte imprudenti tenute dal deceduto e dai suoi colleghi di lavoro, si deve osservare che il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa di radicalmente ed ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 7267 del 10/11/2009 - dep. 23/02/2010, Iglina e altri, Rv. 246695). Analogamente si è detto che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento (morte o lesioni del lavoratore) che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento (Sez. 4, n. 23292 del 28/04/2011 - dep. 09/06/2011, Millo e altri, Rv. 250710). Ora, è evidente che il rischio dell'ingresso di gpl in fase liquida nel compressore costituisce evento tutt'altro che imprevedibile e che nell'organizzazione aziendale dello stabilimento dell'imputato l'impedimento di tale evento era rimesso alla mera osservazione visiva da parte dell'operatore addetto al riempimento dell'autocisterna dell'apparire di un pennacchio di vapore dalla valvola a spillo dell'autocisterna. Bastava dunque una mera distrazione dell'operatore per cagionare l'evento di cui stiamo parlando.
D'altronde in tema di infortuni sul lavoro, l'errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile da parte del datore di lavoro, il quale, per la sua posizione di garanzia, risponde dell'infortunio sia a titolo di colpa diretta per non aver negligentemente impedito l'evento lesivo ed eliminato le condizioni di rischio sia a titolo di colpa indiretta, per aver erroneamente invocato a sua discriminante la responsabilità altrui qualora le misure di prevenzione siano state inadeguate (Sez. 4, n. 16890 del 14/03/2012 - dep. 04/05/2012, Feraboli, Rv. 252544).
Quanto alla questione del barilotto trappola, la valutazione della responsabilità dell'imputato per aver omesso di installare tale strumento va compiuta adottando un processo di eliminazione mentale di tipo contro fattuale, ovvero ci si deve domandare se l'evento si sarebbe ugualmente verificato oppure no se ci fosse stato il barilotto trappola.
La difesa dell'imputato ha seguito un ragionamento del seguente tipo:
sappiamo che nel compressore si è verificata una pressione di 160 tonnellate, perché questa è la pressione che ha fatto scoppiare il compressore;
sappiamo altresì che nei tubi della fase gas si era creata una elevata pressione;
dunque la pressione presente all'interno dei tubi della fase gas è stata di 160 tonnellate;
tale pressione era tale che nessun barilotto trappola sarebbe stato in grado di impedire l'afflusso del liquido al compressore; al più lo stesso barilotto trappola sarebbe esploso lanciando schegge tutto intorno.
Tale tesi difensiva è stata compendiata negli atti processuali sostenendo che questo liquido in forte pressione ha agito come un colpo d'ariete.
Il ragionamento della difesa dell'imputato è tuttavia viziato per un doppio ordine di ragioni.
In primo luogo dire che all'interno del compressore si è creata una pressione di 160 tonnellate non equivale affatto a dire che il liquido che vi è entrato è giunto con una pressione che era già di 160 tonnellate. Così ragionando si pretermette infatti la circostanza che il compressore è scoppiato dopo essere stato messo in movimento (si veda la deposizione E.P.) e dunque la pressione di 160 tonnellate è stata raggiunta a causa della compressione del liquido provocata dalla messa in moto del compressore e non anche e non solo per effetto del mero sopraggiungere del gpl liquido, per quanto già in pressione (circostanza questa ammessa anche dai periti e consulenti delle altre parti, che però hanno ritenuto di non poter quantificare la pressione presente all'interno del tubo della fase gas ripieno di liquido).
In secondo luogo, anche ad ammettere che il barilotto trappola sarebbe potuto scoppiare, la dinamica dell'incidente non sarebbe stata mai identica a quella che si è in concreto verificata, e nessuno può dire se in tale alternativo accadimento si sarebbe verificata la morte del lavoratore.
Non si dimentichi poi che sono in commercio, come provato dalle produzioni documentali della parte civile, dei barilotti trappola i quali, nel momento in cui arrivi un eccesso di liquido, hanno la capacità di staccare l'energia elettrica, e dunque di impedire il movimento del compressore, che è proprio quello che ha causato lo scoppio nel caso di esame.
In conclusione il Tribunale ritiene che la presenza di un barilotto trappola avrebbe di sicuro impedito la causazione dell'infortunio sul lavoro con le modalità che si sono verificate, in quanto con l'adozione di tale meccanismo il gpl in fase liquida non sarebbe arrivato al compressore e comunque sarebbe stato impedito l'avviamento del meccanismo di compressione.
All'imputato d'altronde ben doveva farsi carico di adottare tutte le misure tecniche che il progresso scientifico metteva a disposizione per rendere più sicuro l'impianto, non potendosi lo stesso trincerare dietro al fatto che l'impianto avesse tutte le autorizzazioni di legge o che non vi fosse alcuna norma tecnica che imponesse in modo espresso l'adozione del barilotto trappola.
Alla luce dell'istruttoria svolta, si può dunque ritenere provata la responsabilità dell'imputato, al di là di ogni ragionevole dubbio, per il reato di cui all'art. 589 c.p. (capo A. dell'imputazione).
Relativamente a tale reato, per cui si è ritenuta raggiunta la prova della responsabilità dell'imputato, si ritengono applicabili le attenuanti generiche e le stesse devono ritenersi equivalenti alla contestate aggravanti, dovendosi a tal fine tenere conto del concorso del fatto colposo della vittima nella causazione dell'evento e del fatto che l'imputato non risulta pregiudicato da precedenti condanne.
Valutati, quindi, tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p., pena adeguata al fatto pare quella di mesi sei di reclusione.
Attesa l'incensuratezza dell'imputato, sussistono anche i presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena, formulando, così, una prognosi positiva con riguardo al fatto che il condannato possa, per il futuro, astenersi dal commettere ulteriori reati, anche della stessa specie.
Segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
Quanto invece al reato di cui al capo B) dell'imputazione, si deve osservare che sebbene il Pubblico Ministero abbia contestato il reato di cui all'articolo 590 c.p. per aver cagionato a P.Z. lesioni personali guarite oltre il 40º giorno, di fatto sono stati prodotti solo certificati medici attestanti una malattia di durata pari a 10 giorni.
Come noto, il reato di lesioni colpose commesso con violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro è procedibile d'ufficio solo nel caso in cui le lesioni siano gravi o gravissime, e dunque di durata eccedente i 40 giorni.
Nel caso in esame, mancando la prova che le lesioni sono durate più di 40 giorni, si deve ritenere che il reato sia procedibile a querela.
Manca in atti la predetta condizione di procedibilità, e dunque l'imputato va prosciolto in quanto l'azione penale non doveva essere esercitata per difetto di querela.
Quanto al reato di cui al capo C) dell'imputazione, trattandosi di reato contravvenzionale, lo stesso è estinto per prescrizione, maturata definitivamente in data 8 agosto 2012.
L'imputato va pertanto prosciolto anche da tale reato per intervenuta estinzione del reato.
Dalla lettura del fascicolo del dibattimento, emerge un verbale di sequestro probatorio del locale ponte gpl e attrezzature in esso contenute. Non essendo necessario mantenere il sequestro a fini di prova e non essendovi ragioni per disporre la confisca di quanto sopra indicato, se ne dispone la restituzione all'avente diritto in persona della società ** Gas srl.

* * *

A seguito della declaratoria di responsabilità penale dell'imputato, deve essere altresì accolta la richiesta di risarcimento danni presentata dalle parti civili costituite in dibattimento (D.N., moglie del deceduto, in proprio e quale madre della figlia minore C.A., L. I. e C. A., quali genitori del deceduto), dovendosi ritenere accertato che la condotta penalmente rilevante dell'imputato abbia cagionato alle parti civili danni civilisticamente rilevanti (quanto meno in termini di danno non patrimoniale per decesso di congiunto e di danno patrimoniale per il venir meno dell'apporto economico del deceduto alla conduzione della famiglia).
L'attività istruttoria svolta nel corso del dibattimento non ha tuttavia offerto elementi di prova per provvedere anche ad una liquidazione del danno subito dalle parti civili, per cui le parti vanno rimesse innanzi al giudice civile per un'esatta determinazione di tale danno.
Si può tuttavia fin da ora ritenere provata una parte del danno subito dalla parte civile, e precisamente liquidare una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad euro 50.000 a favore di D. N., euro 50.000 a favore di C.A., euro 50.000 a favore di L. I. e euro 50.000 a favore di C. A..
Nella determinazione di tale somma si è tenuto conto delle tabelle del Tribunale di Milano relative alla quantificazione del danno non patrimoniale per morte di un congiunto, tabelle che prevedono a favore di ciascun genitore per la morte di un figlio, come anche a favore del figlio per la morte di un genitore ed anche a favore del coniuge sopravvissuto una quantificazione del danno che va da un minimo di euro 154.350 ad un massimo di euro 308.700.
Rispetto a tali valori è stata portata una decurtazione di due terzi dell'importo, difatti liquidato in euro 50.000 per ciascuna parte civile, dovendosi tenere conto del concorso della condotta del deceduto nella causazione dell'evento.
Alla pronuncia di sentenza di condanna a carico dell'imputato, segue altresì la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese di costituzione in giudizio, che vengono liquidate in complessivi euro 5.500 più IVA e CPA come per legge.
In ordine alla quantificazione di tale somma si osserva che, nella liquidazione degli onorari del difensore, si devono applicare le tariffe indicate nel d.m. 140/2012, e che, avuto riguardo al titolo di reato, alla complessità del procedimento, all'attività svolta dal difensore, al numero delle udienze, non vi è ragione per discostarsi dal valore medio di tali tariffe, e dunque spettano al difensore della parte civile:
euro 300 di onorario per la fase di studio;
euro 600 di onorario per la fase introduttiva;
euro 950 di onorario per la fase istruttoria;
euro 900 di onorario per la fase decisoria, per un totale di euro 2.750 , oltre IVA e CPA come per legge.
Detta somma va raddoppiata in quanto il difensore ha assistito più parti civili.



P.Q.M.

Il Tribunale,
Visto l'art. 529 c.p.p.,
dichiara non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine al reato ascritto al capo di imputazione B), in quanto l'azione penale non poteva essere esercitata per difetto di querela

Visti gli artt. 531 c.p.p., 157 c.p., dichiara non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine al reato ascritto al capo di imputazione C) , in quanto il reato è estinto per prescrizione
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara l'imputato colpevole del reato ascritto al capo A) dell'imputazione e, concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti contestate, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali
Pena sospesa
Visto l'art. 263 c.p.p., dispone la restituzione all'avente diritto, in persona del legittimo proprietario, di quanto in sequestro
visti gli artt. 538 e segg. CPP, condanna l'imputato al risarcimento del danno in favore delle parti civili D.N., C.A., L.I. e C.A., da liquidarsi in separata sede, con una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad euro 50.000 a favore di D.N., euro 50.000 a favore di C.A., euro 50.000 a favore di L.I. e euro 50.000 a favore di C. A.
condanna l'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili per la costituzione in giudizio, liquidate in complessivi euro 5.500, oltre a CPA ed IVA nella misura di legge,
visto l'art. 544 comma 3 CPP, indica in giorni 90 il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in La Spezia in data 11/02/2013
Il GIUDICE
Dr. Mario De Bellis