Responsabilità di un preposto al reparto lavorazioni in alluminio per colpa consistita nella violazione delle disposizioni di cui all'art. 35, 1° comma D.lgs 626/94: egli avrebbe infatti cagionato alla lavoratrice YY lesioni personali gravissime omettendo di attrezzare il trapano a colonna in modo idoneo ai fini della sicurezza in relazione al lavoro da svolgere; in particolare aveva posizionato il riparo del trapano in zona di difesa in modo non corretto, in quanto non copriva il totale avanzamento dell'utensile fino a sfiorare il piano di lavoro, facendo sì che l'utensile agganciasse il guanto di protezione della mano destra della donna che veniva trascinata in rotazione e subiva l'amputazione del 2° dito.

Condannato in primo grado, propone appello - Respinto

Afferma la Corte che "è chiaro che in occasione dell'infortunio la lavoratrice ha evidentemente compiuto una manovra errata rispetto a quelle compiute in precedenza, ad esempio alzando eccessivamente la traiettoria della mano o non rispettando i tempi di intervento con riferimento alla discesa o alla risalita dell'attrezzo" ma, aggiunge, "i mezzi di protezione servono proprio a tale scopo, e cioè evitare che gli organi in movimento di una macchina possano entrare in contatto con il lavoratore, anche a causa di una erronea manovra dello stesso.

In altri termini un sistema di protezione deve essere tale da evitare il contatto accidentale proprio in relazione alle erronee manovre che ad esempio la stanchezza, la ripetitività dei gesti, una eventuale distrazione possano determinare. Ciò che un sistema di protezione non deve garantire, anche perché in genere non è in grado di garantirlo, è il contatto fra lavoratore e organo in movimento determinato da una condotta non accidentale, ma sostanzialmente volontaria, anomala, in totale violazione delle normali regole di lavorazione e delle prescrizioni di sicurezza.

Nella fattispecie, come si ricava dalle dichiarazioni del teste D.F. e anche dall'esame delle fotografie riproducenti il trapano, la protezione di sicurezza, se correttamente regolata, era idonea ad evitare il contatto accidentale della mano del lavoratore con l'utensile in movimento".

"Infine, quanto alla posizione soggettiva dell'imputato, deve osservarsi come la protezione dovesse essere regolata di volta in volta a seconda della lavorazione da svolgere, con la conseguenza che tale compito non poteva essere affidato al datore di lavoro o al responsabile della sicurezza, ma ad un soggetto operativo nell'ambito di quel settore e nello specifico al preposto.

In effetti il teste Z. ha precisato che la posizione della protezione veniva cambiata a seconda della lavorazione da eseguire e che a ciò provvedeva il capo reparto.

Deve essere quindi confermata l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli."


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d'Appello di Bologna

TERZA Sezione Penale,

composta dai Magistrati:

Dott. Adolfo Sgambaro PRESIDENTE

Dott. Giancarlo Ferrucci CONSIGLIERE

Dott. Cecilia Calandra CONSIGLIERE

Udita la relazione della causa fatta alla pubblica udienza odierna dal Consigliere Relatore Dr. ADOLFO SGAMBARO

Inteso l'appellante......

Inteso il procuratore Generale, dr. ALBERTO CANDI

Ed i difensori, ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nella causa penale

CONTRO

1 - XX - nato a (omissis) (Modena) il (omissis)/1957

con domicilio dichiarato: (omissis) via (omissis) n. (omissis) int. (omissis)

CONTUMACE

con la costituzione della parte civile in data 03/01/2006 di: YY presso avv. Enrica Sassi di Reggio Emilia -

IMPUTATO

del delitto previsto e punito dall'art. 590, 1°, 2° e 3° comma c.p. per avere, quale preposto al reparto lavorazioni in alluminio della ditta "S.E.M.E.C." per colpa consistita nella violazione delle disposizioni di cui all'art. 35, 1° comma D.lgs 626/94, cagionato alla lavoratrice YY lesioni personali gravissime; in particolare, omettendo di attrezzare il trapano a colonna marca Metalik Parzardjik in modo idoneo ai fini della sicurezza in relazione al lavoro da svolgere, nella specie, posizionando il riparo del trapano in zona di difesa in modo non corretto, in quanto non copriva il totale avanzamento dell'utensile fino a sfiorare il piano di lavoro, faceva sì che l'utensile agganciasse il guanto di protezione della mano destra della donna che veniva trascinata in rotazione e subiva l'amputazione del 2° dito.

In Limidi di Soliera il 02.08.2002

Visti gli artt.533 e 535 c.p.p.;

dichiara XX colpevole del reato a lui ascritto e concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti all'aggravante contestata, lo condanna alla pena di euro 200,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Dichiara condonata la pena sopra inflitta.

Visti gli artt. 538 e ss. c.p.p.,

condanna XX al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita, rimettendo le parti per la sua esatta quantificazione innanzi al giudice civile; condanna l'imputato al pagamento in favore della parte civile costituita di una provvisionale che liquida in euro 1.500,00.

Visto l'art. 541 c.p.p.,

condanna XX al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre a IVA e CPA come per legge. Indica termine di giorni 90 per il deposito della sentenza.

appellante l'imputato: XX

avverso la sentenza emessa dal TRIBUNALE di MODENA Sez. dist. di CARPI in data 03/04/08 che ha pronunciato il seguente dispositivo:

CONCLUSIONI DEL PROCURATORE GENERALE:

Ritiene si possa concedere l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. e, giudicata sulle generiche già concesse prevalente, ritiene si possa conseguentemente ridurre la pena a Euro. 120,00 di multa.

CONCLUSIONI DEL DIFENSORE per XX:

Avv. Mario Malavolta del Foro di Modena, difensore di fiducia; nonché Avv. Annalisa Tirani del Foro di Modena:

si riporta ai motivi d'appello

 

 

 

FattoDiritto

Con sentenza 3 aprile 2008 il Tribunale di Modena, sezione distaccata di Carpi, condannava XX alla pena di Lire 200 di multa per il reato di cui all'articolo 590 c.p., con riferimento alle lesioni subite dalla lavoratrice YY, a seguito di incidente sul lavoro verificatosi in Soliera il 2 agosto 2002.

In particolare il primo giudice, premesso che l'imputato era preposto al reparto lavorazioni dove operava l'infortunata, riteneva provata la penale responsabilità del XX poiché dalle risultanze processuali era emerso che egli non aveva attrezzato il trapano a colonna utilizzato dalla YY in modo idoneo ai fini della sicurezza, posizionando il riparo del trapano in modo non corretto, così che l'utensile riusciva ad agganciare il guanto di protezione della mano destra della donna che veniva trascinata in rotazione, determinando l'amputazione del secondo dito.

 

Avverso tale sentenza proponeva appello il difensore dell'imputato chiedendo l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato ovvero per non aver commesso il fatto.

 

In particolare osservava l'appellante come la lavorazione cui era addetta la YY non risultasse complessa e tale da richiedere particolare professionalità, consistendo nel praticare, a mezzo d'un trapano a colonna, dei fori su alcuni pezzi metallici; che era necessario prelevare il pezzo da lavorare con la mano sinistra per inserirlo in un incavo, bloccare la morsa con la mano destra e, dopo la lavorazione, estrarre il pezzo lavorato con la mano sinistra, sempre con inserimento laterale rispetto alla protezione; che tali modalità avrebbero consentito di prevenire il contatto accidentale di qualsiasi organo con la punta dell'utensile; che viceversa la lavoratrice aveva utilizzato una tecnica errata utilizzando sempre la mano destra frontalmente alla macchina; che in tal modo la lavoratrice aveva inserito la mano oltre la protezione e l'aveva portata sotto la punta del trapano in risalita a pochissimi centimetri di distanza dalla stessa, creando una situazione di pericolo.

Ciò premesso, osservava l'appellante come non fosse stato possibile ricostruire le modalità e le causa dell'infortunio, poiché la YY non era stata in grado di ricordare e riferire quanto in concreto avvenuto; che poteva quindi presumersi e comunque non escludersi che l'infortunio si fosse verificato a causa di un'operazione non corretta dell'operatore, in grave violazione delle regole di utilizzazione della macchina; che in effetti la protezione semilunare regolabile, che avvolgeva per tre quarti l'organo in rotazione e che, se urtata, determinava l'arresto dell'utensile, non era idonea, per ammissione di tutti testi, ad evitare in ogni caso il contatto con l'organo rotante, essendo facilmente aggirabile; che per le caratteristiche della macchina e della lavorazione non era possibile applicare una protezione integrale; che per tale ragione era necessario operare nel massimo rispetto delle modalità operative prescritte per quella macchina.

Concludeva quindi l'appellante nel senso che non essendo noto come la mano dell'infortunata fosse giunta in contatto con l'organo rotante, mancava la prova del fatto che se la protezione fosse stata correttamente approntata l'evento lesivo non si sarebbe verificato.

In subordine osservava come la predisposizione e l'attuazione delle norme antinfortunistiche e delle procedure di lavoro, fra cui la corretta attrezzatura della macchina rientrassero fra i compiti dei datore di lavoro ovvero, nel caso in esame, del delegato per la sicurezza, non rientrando in particolare nei compiti del preposto l'attività di messa in sicurezza delle macchine e tantomeno di regolazione delle protezioni applicate alle stesse dal delegato alla sicurezza.

 

L'appello non è fondato e deve essere respinto.

 

Premesso che non si comprende quale rilevanza possa avere in tema di sicurezza il fatto di utilizzare la mano sinistra anziché la mano destra, la lavoratrice non è stata in grado di spiegare le ragioni dell'aggancio del guanto all'attrezzo in movimento poiché evidentemente stava compiendo in modo automatico, come di regola avviene, le operazioni di lavorazione.

È chiaro che in occasione dell'infortunio la lavoratrice ha evidentemente compiuto una manovra errata rispetto a quelle compiute in precedenza, ad esempio alzando eccessivamente la traiettoria della mano o non rispettando i tempi di intervento con riferimento alla discesa o alla risalita dell'attrezzo.

I mezzi di protezione servono proprio a tale scopo, e cioè evitare che gli organi in movimento di una macchina possano entrare in contatto con il lavoratore, anche a causa di una erronea manovra dello stesso. In altri termini un sistema di protezione deve essere tale da evitare il contatto accidentale proprio in relazione alle erronee manovre che ad esempio la stanchezza, la ripetitività dei gesti, una eventuale distrazione possano determinare. Ciò che un sistema di protezione non deve garantire, anche perché in genere non è in grado di garantirlo, è il contatto fra lavoratore e organo in movimento determinato da una condotta non accidentale, ma sostanzialmente volontaria, anomala, in totale violazione delle normali regole di lavorazione e delle prescrizioni di sicurezza.

Nella fattispecie, come si ricava dalle dichiarazioni del teste D.F. e anche dall'esame delle fotografie riproducenti il trapano, la protezione di sicurezza, se correttamente regolata, era idonea ad evitare il contatto accidentale della mano del lavoratore con l'utensile in movimento. Tale protezione a semicerchio per 270° e quindi per tre quarti, copriva infatti non solo la zona frontale, ma anche le zone laterali e per poter entrare in contatto con l'organo rotante, senza toccare la protezione ed attivare quindi il sistema di blocco, era necessario raggiungere con la mano la parte posteriore laterale, con movimento largo poiché altrimenti, se non altro il braccio, avrebbe toccato la protezione.

Ne consegue che una simile manovra non poteva avvenire in modo accidentale, ma solo in relazione ad una specifica volontà e determinazione in tal senso, che non avrebbe però alcun senso poiché una simile manovra non avrebbe alcuna utilità rispetto alla lavorazione e non avrebbe alcun significato in termini operativi.

Deve quindi concludersi che la protezione esistente, se correttamente applicata, era idonea a prevenire il contatto accidentale tra lavoratore e organo in movimento, anche se non copriva completamente la zona di operazione dell'utensile, residuando una inidoneità solo rispetto a condotte non solo anomale, ma assurde ed estranee alle possibilità di lavorazione.

Dalle dichiarazioni dell'infortunata si ricava poi, come detto, che l'infortunio è avvenuto nell'ambito della lavorazione e in modo del tutto accidentale, con la conseguenza che deve escludersi una manovra di aggiramento della protezione, che risulterebbe del tutto anomala ed estranea alla possibilità e modalità anche irregolari di lavorazione.

Del resto la YY ha dichiarato che operava frontalmente e in effetti la logica spiegazione dell'incidente è che la lavoratrice, operando frontalmente, abbia, come detto, alzato eccessivamente la mano o non coordinato l'intervento rispetto alla discesa o alla risalita dell'utensile in movimento, così entrando in contatto con lo stesso.

Tale contatto accidentale, così come ogni altro possibile contatto accidentale per le ragioni già evidenziate in precedenza, non si sarebbe verificato qualora la protezione fosse stata regolata correttamente e non fosse stata applicata troppo in "alto" rispetto all'utensile, così da non poter costituire riparo ed isolamento rispetto stesso.

È evidente che la protezione deve essere regolata in modo tale da risultare più bassa rispetto all'utensile e in particolare rispetto alla punta rotante (come riferito dal teste Di Federico in modo tale che il suo bordo inferiore sfiorasse il pezzo), poiché solo in tal caso risultava idonea ad evitare il contatto accidentale fra la mano e l'organo in movimento, tenuto anche conto del fatto che la protezione è collegata al braccio mobile, nel senso che si alza e si abbassa contemporaneamente al mandrino e alla punta rotante, così garantendo in ogni momento la protezione.

Dalle risultanze processuali è emerso che la protezione non era applicata correttamente poiché, come riferito dal teste Z., la protezione copriva la parte superiore della fresa, mentre la punta sottostante non era completamente schermata.

Del resto il teste qualificato D.F. ha dichiarato di aver ispezionato la macchina qualche giorno dopo l'infortunio e di avere dedotto che il lunotto protettivo non fosse stato posizionato regolarmente, ma troppo in alto rispetto al piano di lavorazione, poiché altrimenti per effetto del contatto con l'operatore tale lunotto si sarebbe dovuto aprire immediatamente e la macchina si sarebbe fermata.

In conclusione, escluso che il lavoratore possa avere "aggirato" la protezione (per le ragioni evidenziate in precedenza e sostanzialmente per il fatto che tale manovra, non giustificabile ed ipotizzabile alla luce delle dichiarazioni dell'infortunata, risulterebbe di per sé illogica ed inspiegabile, risultando estranea a qualsiasi possibilità di lavorazione), la non corretta applicazione della protezione risulta provata sulla base delle dichiarazioni del teste Z. e sul piano tecnico dagli accertamenti svolti dal tecnico D. F., dipendente del servizio prevenzione e sicurezza della locale USL.

Così determinata la dinamica dell'incidente e cioè contatto accidentale della mano con la punta rotante, non idoneamente protetta, nell'ambito della lavorazione (con esclusione di condotte anomale), risulta evidente il nesso di causalità fra la mancata idonea regolazione della protezione e l'incidente, poiché la corretta regolazione avrebbe impedito tale contatto o al limite avrebbe determinato il blocco della macchina, in relazione al dispositivo di sicurezza collegato a tale protezione.

Infine, quanto alla posizione soggettiva dell'imputato, deve osservarsi come la protezione dovesse essere regolata di volta in volta a seconda della lavorazione da svolgere, con la conseguenza che tale compito non poteva essere affidato al datore di lavoro o al responsabile della sicurezza, ma ad un soggetto operativo nell'ambito di quel settore e nello specifico al preposto.

In effetti il teste Z. ha precisato che la posizione della protezione veniva cambiata a seconda della lavorazione da eseguire e che a ciò provvedeva il capo reparto.

Deve essere quindi confermata l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli.

 

 

P.Q.M.

Letti gli articoli 592 e 605 codice procedura penale;

CONFERMA

La sentenza pronunciata dal Tribunale di Modena, sezione distaccata di Carpi, in data 3 aprile 2008, appellata dall'imputato XX che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali del grado.

Motivazione in 30 giorni.

Bologna, 18 dicembre 2009

Deposito della motivazione il 18 GEN 2010