REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI TORINO
TERZA SEZIONE PENALE
SENTENZA

(art. 605 c.p.p.)

La Corte d'Appello di Torino - Terza Sezione Penale - composta da:
1) Dr. Luciano Grasso Presidente
2) Dr. Lorenzo Poggi Consigliere
3) Dr.ssa Fernanda Cervetti Consigliere - relatore

Riunita in pubblica udienza ha deliberato in data 27 aprile 2010 e pubblicato il 27 aprile 2010 mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

nei confronti di: M.F. - M.V.
1.M.F., NATO *** ELETTIVAMENTE DOMICILIATO PRESSO LO STUDIO DELL'AVVOCATO ANNA C. RONFANI DEL FORO DI TORINO CON STUDIO IN TORINO CORSO MATTEOTTI N. 31 DIFESO DALL'AVVOCATO ANNA C. RONFANI DI TORINO CORSO MATTEOTTI N. 31
LIB. CONT.
2. M.V. NATO *** ELETTIVAMENTE DOMICILIATO PRESSO LO STUDIO DELL'AVVOCATO CATERINA CANEPARO DEL FORO DI TORINO CON STUDIO IN TORINO VIA SAN MASSIMO N. 53
LIB. CONT.
DIFESO DALL'AVVOCATO CATERINA CANEPARO DI TORINO VIA SAN MASSIMO N. 53
IN PRIMO GRADO IMPUTATI M.F. - M.V.:

A) nella qualità il M. di datore di lavoro di P.G. e di titolare dell'impresa individuale C.E.G.F.M., corrente in Alpignano, e il M. di Amministratore Unico e legale Rappresentante della T. S.R.L. avente la sede legale in Torino e lo stabilimento in Volpiano, ***, società committente dei lavori di manutenzione dello stabilimento predetto, affidati al M.;

DEL REATO DI CUI ALL'ART. 590, C. I, III, IN RELAZIONE ALL'ART. 583 C. I, N. 1 C.P., per avere, cagionato, con colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, a P.G. lesioni personali gravi, segnatamente politrauma e trauma cranico, tali da determinare incapacità di attendere alle proprie ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni (specificamente giudicate guaribili in 90 giorni dallo scioglimento della prognosi riservata avvenuto il 19/12/2003); in particolare:

M.F. in conseguenza della violazione di cui all'ART. 35, c. 1, D.L.VO N. 626/1994, poiché non metteva a disposizione del P. attrezzature adeguate al lavoro da svolgere e idonee ai fini della sicurezza e della salute, in particolare non predisponeva idonee opere provvisionali atte ad eseguire i lavori in altezza.

M.V. in conseguenza della violazione di cui all'ART. 35, C. 1, D.L.VO N. 626/1994, poiché, avendo di fatto richiesto e diretto i lavori eseguiti dal P., non metteva a sua disposizione attrezzature adeguate al lavoro da svolgere e idonee ai fini della sicurezza e della salute, in particolare dotava il lavoratore di un carrello elevatore corredato di un cassone metallico non ancorato per l'esecuzione di operazione di pulizia da svolgersi ad altezza di circa mt. 4;
in conseguenza di tali omissioni il P., che era intento a pulire alcune vetrate situate ad un'altezza di mt. 4 circa da terra, all'interno dello stabilimento della T., e a tale scopo utilizzava il carrello elevatore, si sbilanciava, determinando il rovesciamento del cassone in metallo, e cadeva a terra, sbattendo il capo contro il muro e riportando le lesioni di cui sopra.
Con l'aggravante di avere commesso il fatto con la violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Commesso in Volpiano (TO), il 04/12/2002.

APPELLANTE
LA PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TORINO
avverso la sentenza del TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO SEZIONE DISTACCATA DI CHIVASSO in data 08/04/2008 (R.G. n. 114/05 - R.G.N.R. n. 24418/2002) che:
Visto l'art. 530 C.P.P.
ASSOLVEVA
M.F. e M.V. dal reato loro ascritto perché il fatto non costituisce reato.
Visto l'art. 544 C.P.P.
FISSAVA
il termine di novanta giorni per il deposito della motivazione.

PARTE CIVILE:
- P.G. nato ***;
RAPPRESENTATO E DIFESO dall'avvocato Marco Moda del Foro di Torino presso il quale è elettivamente domiciliato in Torino Via Vassalli Eandi n. 25
DIFENSORE DI PARTE CIVILE: avvocato Marco Moda del Foro di Torino
COSTITUZIONE IN DATA: 23/05/2005

Sono presenti:
Il Sostituto Procuratore Generale Dottor RONCHETTA
Avv. Claudio Demaria di Cuneo nominato d'ufficio 97, 4 comma c.p.p. dell'Avv. Ronfani regolarmente avvisato e non comparso
Avv. Caterina Caneparo di Torino
Le altre parti
Avv. Marco Moda di Torino per la parte civile costituita P.G. oggi presente
La Corte, verificata la relata di notifica, ritenuto che gli imputati M.F. M.V. sono stati regolarmente citati e non sono comparsi senza giustificare un legittimo impedimento, sentite le parti, dichiara la contumacia di M.F. M.V.
il Pubblico Ministero conclude e chiede: la conferma dell'appellata sentenza
Il difensore della parte civile presenta le conclusioni scritte che vengono allegate con la nota delle spese
I difensori degli imputati concludono e richiedono la conferma dell'appellata sentenza

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Imputati dei reati di cui in rubrica, M.F., datore di lavoro della parte lesa e M.V., Amministratore unico e legale rappresentante della T., venivano giudicati dal Giudice del Tribunale di Torino, sezione staccata di Chivasso che, con sentenza in data 8.4.2008, decideva nei sensi su riportati in epigrafe.
In data 4.12.2002 presso lo stabilimento della T. srl di Brandizzo, il dipendente P.G., cui erano stati commissionati lavori di manutenzione, subiva lesioni personali gravi guarite in 90 giorni, mentre utilizzava un carrello elevatore per pulire alcune vetrate situate ad altezza superiore a 4 m., in quanto si sbilanciava, determinando il rovesciamento del cassone in metallo e cadeva a terra sbattendo il capo contro il muro. Il giudice di primo grado non ha ritenuto responsabile il M., in quanto appare incerta la ricostruzione dei fatti considerato che la stessa parte lesa, solo a distanza di tempo, ha detto che gli era stato richiesto dal M. di fare quel lavoro. Il teste oculare aveva detto invece in un primo tempo, che il P. era caduto inciampando nel marciapiede e successivamente perché si era sbilanciato dal muletto. Non è stata quindi raggiunta la prova che il M. abbia autorizzato la pulizia delle vetrate, Avendo il M. esclusivamente detto che mesi prima aveva chiesto di pulire le vetrate, non appare, al giudice di primo grado, del pari raggiunta la prova che lo stesso abbia ordinato o autorizzato tale attività.

Ha proposto appello la Procura Generale contestando la decisione del giudice di primo grado, in quanto fondata su una ricostruita dinamica non esatta dei fatti. Il fatto stesso delle dichiarazioni del teste A. con una sua prima versione poi ritrattata suggerita dagli imputati appare indicativa. L'operazione era stata richiesta dal M. e commissionata al M., per cui era loro dovere verificare che i lavori fossero fatti in sicurezza, prima di ritirare le attrezzature dell'impresa. Chiede la condanna degli imputati con conseguente risarcimento del danno e, in subordine risentire il teste A., per contestare la mancanza del tabulato telefonico della telefonata al M., avendo l'A. detto di aver avvertito il M. dell'incidente.

La Corte osserva

Ritiene questa Corte che la sentenza vada confermata nella sua totalità, con valorizzazione delle puntuali e precise valutazioni compiute dal giudicante che si condividono.
Pur rilevando che non c'è una specifica richiesta ex art. 582 c.p.p. di audizione dell'A., con conseguente parziale rinnovazione del dibattimento, appare opportuno spendere a riguardo, preliminarmente, alcune osservazioni. Il P.G. non richiama, come ritualmente avrebbe dovuto, la richiesta subordinata svolta nella narrativa dell'atto di appello, in relazione alla testimonianza A., né ha motivato la ritenuta necessità assoluta in tale rinnovazione, che configurerebbe una rinnovazione parziale del dibattimento ex art. 603 c.p.p. Al proposito, si deve osservare che difettano i requisiti richiesti di assoluta necessita, considerate le risultanze dibattimentali in atti ed il tempo trascorso dai fatti. Anche qualora fosse risultata dai tabulati una telefonata intercorsa fra il M. e l'A., nulla ci è dato sapere dal suo tenore e nulla potrebbe aggiungere a quanto emerso durante il giudizio di primo grado, non potendosi aver conoscenza del suo contenuto.

La Procura Generale, al dibattimento d'appello, non ha ritenuto di dover coltivare l'appello proposto a suo tempo.
Sussiste una carenza, in relazione alla effettiva genesi dei fatti, che non consente di attribuire la responsabilità al M. ed al M.. Il processo penale si svolge attraverso l'acquisizione di prove che diano la certezza dei fatti, della loro genesi ed attribuibilità, onde non può fondarsi su supposizioni o ricostruzioni che non trovino riscontri oggettivi. Occorre, pertanto, che ex art. 533 c.p.p. sia raggiunta la prova "al di là di ogni ragionevole dubbio". Nel caso in esame non si è potuta contestualizzare la vicenda, che aveva come unico testimone terzo l'A., teste inattendibile da cui non sono giunti riscontri chiari e univoci circa la riferibilità dei fatti agli attuali imputati.
Per quanto concerne il M., i lavori erano stati eseguiti e conclusi e restavano solo attrezzature del M. da rimuovere. I fatti sono avvenuti dopo che il cantiere era stato chiuso, per cui non vi sono elementi per riferire a lui, o alla sua posizione di garanzia, gli accadimenti. Unico elemento di collegamento, per lui, resta il fatto, dallo stesso ammesso, di aver rappresentato al M., 4 mesi prima, che talune vetrate erano sporche. Non abbiamo un collegamento diretto fra il M. e l'evento per cui deve essere assolto per non aver commesso il fatto.
Erano rimasti dei ponteggi ed il M. aveva solo ordinato di mettere a posto dei pozzetti, nulla sappiamo invece circa il supposto ordine di pulire la vetrate.
L'A. è stato l'interlocutore del M. e non è dato collegare il lavoro di pulitura delle vetrate al M. o piuttosto ad un'autonoma decisione dell'A., che l'avrebbe poi delegata al P., o se si è trattato di un'iniziativa del P. stesso. Questa linea di comunicazione dell'ordine è del tutto nebulosa e non appare essere elemento di responsabilità il solo fatto accertato che il M. era datore di lavoro del P., considerato che il cantiere era già chiuso e non vi è prova di un ordine specifico del M. a riguardo. A questo si deve aggiungere il comportamento anomalo tenuto dal P. che, per raggiungere le vetrate, ha posto un cassone su un carrello, contravvenendo ad ogni regola di prudenza. Solo l'A. avrebbe potuto dire di chi era stata l'iniziativa, ma su questo elemento non abbiamo nessun riscontro.
A questo punto unico testimone sarebbe la stessa parte lesa, che avrebbe potuto dire, fin dall'inizio, l'effettivo svolgimento dei fatti.
La sua testimonianza, tuttavia, per la dichiarata perdita di memoria, non è stata raccolta nell'immediatezza. Ben può ammettersi che la memoria del fatto gli sia tornata dopo e a poco a poco, tuttavia, sarebbe stato necessaria una concreta verifica clinica su tale affermazione, attraverso esami mirati ed una perizia medico - legale che non è stata chiesta dalla difesa della parte civile. Solo all'esito di un tale incombente poteva effettivamente darsi credito ai ricordi frammentari della parte lesa. Allo stato invece si può fare solo un atto di fede circa la versione data, a distanza di tempo, da parte del P., senza aver certezza che questa versione tardiva non sia frutto di altro, rispetto al vero svolgimento dell'azione. A questo punto non è possibile ritenere processualmente certa la ricostruzione tardiva e ne consegue anche l'impossibilità di attribuire la responsabilità al M. con i canoni prescritti dalla norma "al di là di ogni ragionevole dubbio". Occorre attenersi a quanto privato effettivamente, agli atti. La sentenza di primo grado, le cui motivazioni si condividono e richiamano, appare quindi supportata da elementi tali da doverne ribadire la validità e coerenza.
L'appello va pertanto interamente rigettato, con conseguente conferma dell'impugnata sentenza.

P.Q.M.

Visti gli artt. 592 - 593 e seg.ti; 605 c.p.p.
CONFERMA l'appellata sentenza
Visto l'art.544/3 c.p.p.
Termine di giorni 45 per il deposito della sentenza
Torino, 27 aprile 2010.
Depositata in cancelleria il 29 aprile 2010.