REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE DI URBINO

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Urbino

In composizione monocratica

In persona del Giudice dott. Paolo SPAZIANI

Ha pronunciato la seguente


 

S E N T E N Z A

Nel procedimento penale

CONTRO

D.L. L., nato a (omissis)

Libero – Contumace

Avv. Lucio Monaco, del Foro di Napoli di fiducia.

IMPUTATO

  Del delitto di cooperazione in omicidio colposo (artt. 113, 589 II° co. c.p. in rel. all'art. 2087 c.c.) per avere, il primo (D.L. L.) quale titolare della omonima ditta ed il secondo (I. M. giudicato separatamente) quale coordinatore per l'esecuzione dei lavori della medesima ditta, cagionato la morte del lavoratore B. M., assunto quale operaio edile il giorno prima dell'infortunio, per colpa, e in particolare per negligenza, imprudenza, imperizia e violazione di norme per la prevenzione infortuni (artt. 13 D.P.R. 07.01.1956 n. 164 per il primo e art. 5 I° co. lett. a) D. L. 14.08.1996 n. 494 e art. 5 I° co. lett. b) D. L. 14.08.1996 n. 494 per il secondo), ponendolo a lavorare o permettendo che lo stesso lavorasse con pala e piccone alla rimozione del materiale mosso da una macchina escavatrice in uno scavo di lunghezza pari a mt. 1,70 e di profondità di circa mt. 1,70 – 1,75 nel punto di intersezione tra la condotta idrica da posizionare ed una tubazione esistente per lo smaltimento delle acque di scarico del diametro di 500 cm . necessitando l'allargamento ed una maggiore profondità dello scavo per consentire il passaggio della tubazione dell'acqua sotto la fognatura, senza tener conto della natura del terreno, nella fattispecie di riporto, che non garantiva una resistenza adeguata, considerando il fatto che lo stesso terreno era addossato ad un muro di recinzione in cemento armato liscio, e quindi privo di aderenza, e di conseguenza omettendo di adottare i provvedimenti indicati nell'art. 13 DPR 07.01.1956 n. 164 e quindi applicare le necessarie armature di sostegno e per quanto concerne il coordinatore per l'esecuzione dei lavori senza prevedere un aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento perchè quello già redatto era previsto per i lavori di costruzione di un capanno artigianale e per scavi di fondazione da effettuarsi ad una altezza nettamente inferiore e senza vigilare sull'esecuzione dei lavori stessi e non facendoli svolgere in condizioni di sicurezza per mancanza degli apprestamenti infortunistici previsti dalla normativa con la conseguenza che durante le suddette lavorazioni una parte del terreno situato in adiacenza alla costruzione crollava ed investiva il B. M. determinandone la morte immediata.

In Fermignano il 29 novembre 2001.

Con l'intervento del pubblico ministero (nella persona del Dr. Enrico Zampetti, Sostituto Procuratore della Repubblica) e del difensore dell'imputato (nella persona dell'Avv. Lucio Monaco, di fiducia).

CONCLUSIONI DELLE PARTI

Le parti hanno concluso nel seguente modo: il pubblico ministero chiede dichiararsi la responsabilità penale dell'imputato per il reato ascrittogli, con condanna dello stesso alla pena di mesi otto di reclusione.

Il difensore dell'imputato ne chiede l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DELLA DECISIONE

L. D.L. è stato tratto a giudizio dinanzi a questo Giudice per rispondere del reato indicato in rubrica.

All'udienza del 21 settembre 2004 è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti.

All'udienza del 30 novembre 2004 è stata revocata la costituzione di parte civile precedentemente effettuata da G. D., M. B. e O. B., rispettivamente coniuge e figli della persona offesa, M. B., ed è stata acquisita, su accordo delle parti, la relazione di consulenza medico–legale eseguita per conto del pubblico ministero dal Prof. Mariano Cingolani.

Alle successive udienze del 14 dicembre 2004 e del 26 aprile 2005 il processo è stato istruito con l'esame dei testi G.P. (Ispettore della ASL di Urbino, che aveva effettuato il sopralluogo sul posto dell'infortunio nell'immediatezza di esso), S. D.L. (figlio dell'imputato ma anche collega di lavoro della vittima, presente al momento dell'infortunio) e O.R., nonché con l'esame dei consulenti del pubblico ministero e della difesa, R.R. e C.C..

L'istruttoria si è chiusa dunque in data odierna con l'esame del perito, Ing.G.M., già nominato dal GIP in sede di incidente probatorio, esame ritenuto necessario, ai sensi degli artt.507 e 523, comma 6, c.p.p., ad integrazione delle risultanze della perizia già effettuata.

All'esito della riferita istruttoria, l'imputato deve essere assolto dall'imputazione ascrittagli perché il fatto non costituisce reato.

Dalla lettura della relazione di perizia effettuata in sede di incidente probatorio e dalle dichiarazioni dei testimoni escussi in dibattimento, risulta che nel novembre del 2001 L . D.L., in qualità di titolare dell'omonima impresa edile, aveva assunto l'impegno di eseguire i lavori di rettifica del percorso della condotta idrica della sede della società P. s.r.l. di Fermignano.

I lavori che l'impresa edile gestita dall'imputato doveva svolgere, precisamente, riguardavano l'esecuzione di scavi a sezione obbligata, mentre la successiva attività di posizionamento delle tubazioni doveva essere svolta da O.R., titolare di una distinta impresa artigiana.

Nel progetto era previsto che lo scavo, corrispondente ad una trincea della larghezza di circa 40 cm, venisse realizzato mediante l'utilizzo di mezzi meccanici (macchina escavatrice), senza lo svolgimento di operazioni lavorative in trincea.

Lo stesso progetto, peraltro, prevedeva l'intersezione tra la nuova tubazione da posizionare (costituita da tubi metallici del diametro di 20 cm) con la tubazione già esistente destinata alla raccolta di acque chiare (costituita da tubi in pvc del diametro di 50 cm) e con dei cavi per telefonia (del diametro di 12,5 cm).

Pur prevedendosi in progetto l'intercettazione delle tubazioni esistenti, non erano state tuttavia previste anche le modalità esecutive per superare l'intercettazione medesima ed assicurare il passaggio della nuova tubazione nel punto in cui essa si intersecava con la vecchia.

La decisione circa tali modalità (ed in particolare la decisione se la nuova tubazione sarebbe dovuta passare sopra o sotto quella già esistente) era stata invece posticipata al momento in cui le tubature esistenti fossero state effettivamente intercettate.

Il giorno 29 novembre 2001, dopo che, in seguito ai lavori di scavo effettuati con la macchina escavatrice, era stata rinvenuta la tubazione destinata alla raccolta delle acque chiare, il Direttore dei Lavori, Geometra M. I., aveva disposto il passaggio dei nuovi tubi al di sotto di quelli esistenti, con conseguente temporanea interruzione della fognatura e suo successivo ripristino mediante realizzazione di un pozzetto di collegamento.

Si era dunque proceduto all'allargamento dello scavo in corrispondenza del punto di intersezione, onde procedere a tali lavorazioni.

Al fine di completare manualmente lo scavo attorno e sotto la tubatura fognaria (ciò che non poteva essere fatto con il mezzo meccanico) i due dipendenti dell'impresa, S. D.L. (che si era fino ad allora occupato della guida e del manovramento della macchina escavatrice) e M. B. (che sino ad allora aveva svolto mansioni di assistenza all'attività del compagno, occupandosi di rilevare la quota dello scavo man mano che questo procedeva) erano scesi all'interno dell'area di scavo allargato, muniti di badile e piccone, senza che fossero state preventivamente predisposte opere provvisionali di sostegno delle pareti dello scavo medesimo, non ostante la loro pendenza.

Terminate le lavorazioni manuali di completamento dello scavo, i due operai avevano deciso di risalire, ma, mentre Simone D.L. era riuscito ad abbandonare l'area di scavo ed era risalito sulla macchina escavatrice, M. B. era stato investito da uno smottamento del terreno, che ne aveva determinato la morte per asfissia, a causa della compressione e immobilizzazione della gabbia toracica.

Dalla perizia effettuata in sede di incidente probatorio e dalla successiva istruttoria dibattimentale è risultato altresì che la profondità dell'area di scavo al momento dell'evento franoso era compresa tra 166 cm e 172 cm rispetto al corrispondente piano di campagna, e che il terreno su cui erano stati condotti i lavori di allargamento dello scavo era naturalmente predisposto a fenomeni di smottamento, in ragione sia della sua composizione geologica sia della presenza di materiale di riporto di natura sabbiosa, residuato dallo scavo precedentemente effettuato per la posa della tubazione fognaria (cfr. la relazione di perizia effettuata in sede di incidente probatorio dal perito Ing. G.M., nonché i successivi chiarimenti resi dal perito medesimo all'odierna udienza: ff.2-3 del relativo verbale; cfr., inoltre, la deposizione del teste G.P.: ff. 2 s. verbale del 14 dicembre 2004; la deposizione del teste O.R., titolare dell'impresa artigiana incaricata della saldatura e della posa dei tubi metallici da posizionare nello scavo: ff. 2 s. verbale del 26 aprile 2005; la deposizione del teste Simone D.L.: ff.8 s. vebale cit. ; cfr., infine, la relazione medico-legale del Prof. M.C.) .

Alla luce delle riferite risultanze istruttorie, non è ravvisabile in capo L. D.L., datore di lavoro della vittima, il profilo di colpa contestato nel capo di imputazione, consistente nella violazione della regola contenuta nell'art.13 D.P.R. 7 gennaio 1956 n.164.

A norma di tale articolo, il datore di lavoro e i dirigenti (cfr. l'art.77, lett. b , stesso D.P.R.) sono obbligati a predisporre le necessarie armature di sostegno tutte le volte che si procede a scavi di trincee profonde più di m.1,50 e la consistenza del terreno non dia sufficienti garanzie di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti.

Nel caso di specie, poiché, come si è veduto, il progetto dei lavori da svolgere da parte dell'impresa gestita dall'imputato, pur prevedendo l'intercettazione delle tubazioni fognarie esistenti, non stabiliva, ab initio , la necessità di lavori in trincea, non può tuttavia ritenersi che sussistesse, in capo a L. D.L., l'obbligo di attivarsi nel senso previsto dal citato art.13.

Soltanto nel momento in cui, individuato il punto di intercettazione tra la vecchia e la nuova tubazione, era stata presa la decisione di far passare quest'ultima al di sotto della prima (e si era richiesto agli operai di scendere nell'area di scavo allargato per rimuovere la terra posta al di sotto della tubazione fognaria in ragione dell'impossibilità di eseguire tale lavorazione con la macchina escavatrice), si sarebbe dovuto provvedere alla realizzazione delle armature di sostegno imposte dalla norma in esame, stante la particolare profondità dello scavo (superiore a m. 1,50) e le caratteristiche del terreno (naturalmente predisposto a fenomeni di smottamento).

L'inosservanza di questo obbligo non può tuttavia essere imputata al datore di lavoro, sia perché le concrete modalità esecutive per assicurare il raccordo tra la vecchia e la nuova tubazione, non previste nell'originario progetto, erano state decise al momento dal Direttore dei Lavori, sia perché tale decisione aveva avuto esecuzione immediata, senza essere sottoposta al vaglio dell'imputato, il quale non aveva quindi potuto formulare le sue valutazioni ed eventualmente imporre le precauzioni previste dal citato art.13.

L. D.L. va pertanto assolto dall'imputazione ascrittagli perché il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Visto l'art.530 c.p.p.,

assolve L. D.L. dall'imputazione ascrittagli perché il fatto non costituisce reato.

Visto l'art.544 c.p.p.,

indica in giorni 60 il termine per il deposito della presente sentenza.

Urbino 24 gennaio 2006

IL GIUDICE

Paolo Spaziani