Cassazione Penale, Sez. 4, 14 settembre 2016, n. 38200 - Sopralluogo all'interno dell'appartamento dove sono in corso lavori di ristrutturazione e caduta del tecnico: responsabilità della proprietaria dell'appartamento


Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: DOVERE SALVATORE Data Udienza: 12/05/2016

 

Fatto


1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Cosenza, riformando integralmente quella pronunciata dal Giudice di pace di Cosenza, ha giudicato M.L. responsabile del reato di lesioni personali colpose commesse in danno di R.V. in qualità di proprietaria di un immobile all'interno del quale era presente una botola attraverso la quale il R.V. era caduto durante un sopralluogo eseguito su richiesta della M.L.; in conseguenza la M.L. é stata condannata, in accoglimento dell'appello proposto dalla parte civile, al risarcimento del danno in favore della medesima.
Il Tribunale ha ritenuto accertato che l'8.8.2009 il R.V. fu invitato dalla M.L. a recarsi nell'appartamento, ove questa aveva in corso lavori di ristrutturazione, per mostrargli delle macchie di umidità che erano state conseguenza dei lavori di ristrutturazione eseguiti al piano di sopra, ove abitava il R.V.. Nel pavimento dell'appartamento della M.L. si apriva una botola che sarebbe servita per collegare questo a quello posto al piano inferiore. L’apertura era rimasta tale anche perché i lavori erano, allo stato, sospesi e la botola era stata transennata. Il R.V., consapevole del fatto che vi fossero stati dei lavori, nell’atto di osservare le tracce di umidità presenti sul soffitto e sulle pareti dell’appartamento dell’imputata, era caduto nella botola, rovinando a terra nell’appartamento sottostante e subendo una serie di lesioni. Nel preciso punto di allocazione della botola vi era una illuminazione non chiara, data dalla luce diurna che faceva ingresso dalle finestre persiane ("alla romana") presenti in loco; la botola non era in alcun modo delimitata.
Il Tribunale non ha condiviso il giudizio del primo giudice, secondo il quale il R.V., adulto e capace, al corrente della ristrutturazione in corso, avrebbe dovuto tenere un comportamento diligente negli spostamenti tra le mura domestiche della M.L.. Per contro, il giudice di secondo grado ha ritenuto che la M.L. fosse gravata di un obbligo di garanzia, siccome proprietaria dell'immobile e committente dei lavori, come tale tenuta a garantire la sicurezza dei lavoratori impegnati in essi ma anche di terzi estranei presenti sui luoghi interessati ai lavori; ella avrebbe quindi dovuto provvedere a far apporre transenne alla botola; la condotta della persona offesa, anche se imprudente e negligente non può costituire causa esclusiva dell'evento.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputata a mezzo del difensore di fiducia, avv. Giuseppe B..
2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge per essersi il Tribunale limitato a ricostruire i fatti in maniera difforme rispetto alla ricostruzione operata dal primo giudice senza dare alcuna spiegazione della diversa valutazione, travisando le prove raccolte e forzandone illegittimamente la corretta interpretazione; l'appartamento non era privo di illuminazione ma abbastanza illuminato e il percorso da seguire era stato indicato al R.V. con precisione. Tali elementi sono stati interpretati in maniera difforme dal giudice di primo grado senza rendere adeguata motivazione, così venendo meno all'obbligo di motivazione rafforzata.
2.2. Con un secondo motivo si lamenta vizio motivazionale, per carenza di motivazione logica. L'evento non si é verificato per la violazione delle regole cautelari evocate dal Tribunale - e riguardo al nesso tra la condotta trasgressiva e l'evento non é resa motivazione - ma perché il R.V. decise autonomamente di non seguire le indicazioni che gli erano date dalla M.L., spostandosi verso una zona non interessata dalle macchie di umidità.
2.3. Con un terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio motivazionale in merito alla diversa qualificazione data alla condotta che, giudicata commissiva dal primo giudice, é stata dal Tribunale riconosciuta come condotta omissiva. In ogni caso in capo al committente non vi é alcun obbligo cautelare, oltre quello di verificare l'idoneità tecnico-professionale della ditta incaricata dei lavori.
 

Diritto


3. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.
3.1. Risulta principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, nel caso di riforma da parte del giudice di appello di una decisione assolutoria emessa dal primo giudice, il secondo giudice ha l'obbligo di dimostrare specificamente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati, non essendo sufficiente la manifestazione generica di una differente valutazione ed essendo, per contro, necessario il riferimento a dati fattuali che conducano univocamente al convincimento opposto rispetto a quello del giudice la cui decisione non si condivida (tra le altre, Sez. 5, n. 35762 del 05/05/2008 - dep. 18/09/2008, P.G. in proc. Aleksi e altri, Rv. 241169).
Nel caso che occupa la motivazione resa dal Tribunale risulta coerente con tale principio. Occorre considerare che la prima decisione si fondava su un argomento di non chiaro inquadramento dogmatico. Il giudice di pace affermò che il comportamento negligente ed imprudente della persona offesa era da ricondurre a "scelte del tutto personali ed in alcun modo riconducibili all'imputata", escludendo che la M.L. avesse nell'occasione un obbligo di garanzia e che ella fosse incorsa in colpa. 
Il Tribunale ha quindi affrontato innanzitutto il tema della titolarità di una posizione di garanzia in capo all'imputata, concludendo per l'affermativa in forza del suo essere proprietaria dell'appartamento e committente dei lavori di ristrutturazione che in esso erano in corso; ha quindi ritenuto che in forza di tali qualità la M.L. era tenuta ad adottare le cautele preposte alla prevenzione dei rischi generici, a vantaggio non solo dei lavoratori ma anche dei terzi potenziali avventori. Ha quindi verificato se tali obblighi fossero stati osservati, giudicando che non lo fossero stati, perché la botola non era delimitata e/o protetta; e quindi ha valutato l'incidenza del comportamento colposo del R.V., giudicandolo non qualificabile come causa interruttiva della relazione causale tra condotta della M.L. ed evento verificatosi. Tutto ciò a partire da un quadro fattuale non controverso. Risulta quindi certamente soddisfatto il particolare onere motivazionale incombente sul giudice della riforma; un onere la cui densità non può che essere direttamente proporzionale alla compiutezza e al grado di approfondimento della sentenza riformata.
Le ulteriori considerazioni della ricorrente si muovono sul piano della ricostruzione del fatto, che si vorrebbe difforme da quella operata dal Tribunale.
3.2. Come già il giudice di pace anche la ricorrente non pone il comportamento del R.V. nella giusta luce. Che questi si sia liberamente determinato a percorrere un tracciato non indicatogli dalla M.L. o addirittura diverso da quello che gli era stato richiesto di percorrere non fa che connotare la condotta della persona offesa come imprudente; ma il tema, come correttamente rilevato dal Tribunale, è quello della valenza di tale condotta sul piano della relazione causale tra la violazione prevenzionistica attribuibile alla M.L. e l'infortunio. E la valutazione operata dal giudice di seconde cure non è in alcun modo censurabile, risultando coerente al quadro dei principi formulati da questa Corte in tema di interruzione del nesso di causa. Ponendo l'argomento nei termini di recente sollecitati dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261105), deve affermarsi che appartiene alla competenza del gestore del rischio connesso all'esistenza di un cantiere anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei, ancorché gli stessi tengano condotte imprudenti, purché non esorbitanti il tipo di rischio in questione, come nel caso di volontaria esposizione al pericolo (similmente si è già sostenuto, in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, che il soggetto beneficiario della tutela è anche il terzo estraneo all'organizzazione dei lavori, sicché dell'Infortunio che sia occorso all'"extraneus" risponde il garante della sicurezza, sempre che l'infortunio rientri nell'area di rischio definita dalla regola cautelare violata e che il terzo non abbia posto in essere un comportamento di volontaria esposizione a pericolo: Sez. 4, n. 43168 del 17/06/2014 - dep. 15/10/2014, Cinque, Rv. 260947). E' pertanto certamente infondato l'assunto della ricorrente: l'infortunio si verificò perché la botola non era stata protetta o delimitata, sì che il poco accorto comportamento del R.V. lo condusse a precipitare da questa.
3.3. Con il terzo motivo si rimarca il mutamento della natura della condotta ascritta alla ricorrente, senza però esplicitare quali effetti se ne vogliano derivare. Se tanto prelude all'affermazione che al committente non compete di predisporre cautele antinfortunistiche, vale replicare che la M.L. era tenuta ad assicurarsi che l'area di cantiere non presentasse pericoli per chi era stato chiamato a visitarla innanzitutto perché proprietaria dell'immobile. La giurisprudenza di legittimità ha fissato il principio, che pare valere anche nel caso che occupa, per il quale l’amministratore della società proprietaria di uno stabile (ed il soggetto incaricato della manutenzione del medesimo) è tenuto a predisporre le cautele necessarie a rendere palese un'insidia presente nell'immobile e ciò in quanto la pertinenza della cosa produttiva dell'evento lesivo alla normale disponibilità di colui che ne abbia la custodia impone una valutazione particolarmente attenta dell'osservanza da parte del medesimo degli obblighi cautelari sanciti dalle regole di comune prudenza (Sez. 4, n. 40243 del 30/09/2008 - dep. 28/10/2008, Falcioni ed altri, Rv. 241478).
A ciò si aggiunga che dal committente non può esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori e che, ai fini della configurazione di una sua responsabilità, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015 - dep. 02/11/2015, Heqimi ed altri, Rv. 264974). Nel caso di specie tal ultima condizione era pacificamente sussistente.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, oltre che a rimborsare alla parte civile le spese sostenute per questo giudizio che si liquida complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
 

P.Q.M.


rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché a rimborsare alla parte civile le spese sostenute per questo giudizio che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/5/2016.