Cassazione Penale, Sez. 7, 22 settembre 2016, n. 39434  - Impianti e dispositivi di protezione non conformi alla normativa vigente. Prescrizione


 

Presidente: GRILLO RENATO Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA Data Udienza: 06/06/2016

 

Fatto


1. - Con sentenza del 20 maggio 2015, Tribunale di Udine ha - per quanto qui rileva - condannato gli imputati odierni ricorrenti alla pena dell'ammenda, per i reati di cui agli artt. 23, 57, 70, comma 1, 87 del d.lgs. n. 81 del 2008 (accertati il 31 dicembre 2010), per avere realizzato, fatto installare e messo a disposizione dei lavoratori impianti e dispositivi di protezione non conformi alla normativa vigente.
2. - Avverso la sentenza l'imputato S. ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo: 1) l'intervenuta prescrizione dei reati; 2) la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, per la mancata considerazione della ricostruzione del fatto e dell'individuazione della normativa tecnica applicabile prospettate dalla difesa.
3. - La sentenza è stata impugnata anche nell'interesse dell'imputato P., il quale ha però rinunciato al ricorso con atto depositato in cancelleria il 30 maggio 2016.
4. - L'imputata M. ha proposto personalmente ricorso per cassazione, deducendo: 1) l'intervenuta prescrizione dei reati; 2) l'erronea applicazione dell'art. 69 del d.lgs. n. 81 del 2008, sul rilievo che le porte di accesso oggetto dell'imputazione non potrebbero essere ricomprese fra le «attrezzature di lavoro»; con la conseguenza che eventuali difformità delle stesse rispetto alle caratteristiche costruttive individuate dalla normativa tecnica di settore non potrebbero dare luogo a sanzione penale.
 

Diritto


3. - Deve essere dichiarata l'estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.
3.1. - Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per l'applicazione dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall'evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza. I presupposti per l'immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che la prova dell'innocenza dell'imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un "apprezzamento", ma ad una mera "constatazione".
L'obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza 
impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l'estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l'obbligo dell'immediata declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l'inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva (ex plurimis, sez. 6, Io dicembre 2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez. un., 27 febbraio 2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511).
3.2. - I presupposti per l'applicazione dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, in cui i motivi di ricorso sono tali che il loro eventuale accoglimento renderebbe comunque necessario un annullamento con rinvio, per nuovo giudizio.
Né i ricorsi possono essere ritenuti inammissibile, perché le censure proposte sono formulate in modo sufficientemente specifico e non manifestamente infondate. Le stesse, pur diversamente formulate dai diversi ricorrenti, si estendono a tutti, ivi compreso il rinunciante P., perché attengono alla riconducibilità delle fattispecie contestate all'ambito di applicazione del sistema sanzionatorio in materia di sicurezza sul lavoro.
3.3. - Dall'esame degli atti risulta che il termine di prescrizione è già decorso.
Infatti i reati sono stati commessi il 31 dicembre 2010; a partire da tale data, deve essere computato il termine complessivo di 5 anni, applicabile per le contravvenzioni, giungendosi così alla data del 31 dicembre 2015, precedente alla pronuncia della presente sentenza.
4. - La sentenza impugnata deve, perciò, essere annullata senza rinvio, perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione.
 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere i reati estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2016