Cassazione Penale, Sez. 4, 20 luglio 2016, n. 31213 - Infortunio durante i lavori di pulizia e bonifica: assenza di misure per la salute e sicurezza dei lavori. Omessa verifica dell'idoneità tecnico professionale delle imprese esecutrici dei lavori
- Contratti d'appalto, d'opera e di somministrazione
- Datore di Lavoro
- Delega di Funzione
- Lavori in Quota
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: CAPPELLO GABRIELLA Data Udienza: 19/05/2016
Fatto
1. La Corte d'appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale cittadino appellata, tra gli altri, anche dagli odierni ricorrenti DM.S. e V.G., con la quale i predetti (unitamente a VO.G., non ricorrente) erano stati condannati per il reato di lesioni personali colpose ai danni di F.S., nelle rispettive qualità di titolare della impresa "Professional Clean", affidataria dei lavori di pulizia e bonifica dell'area della ex Mira Lanza [ricevuti in appalto dalla "I.P.S, di G.D. & C. s.a.s", incaricata dal committente (amministratore delegato della società proprietaria TANK Sgr. S.p.a., sig. B.A.)] e di responsabile dei lavori per conto della citata "Professional Clean".
In particolare, si è contestato al DM.S. e al V.G. di non aver vigilato sulla sicurezza dei lavori eseguiti per conto di "Professional Clean" all'interno dell'area da bonificare e, specificamente, di non aver verificato l'idoneità tecnico professionale delle imprese esecutrici dei lavori e di non aver adottato misure approppriate affinchè solo lavoratori che avessero ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedessero alle zone che li esponevano ad un rischio grave e specifico [art. 18 co. 1 lett. e), 95, 97 co. 1 e 2, 105, 111 punto 1 all. X punto 1. All. XI d. Lgs. 81/80], al V.G. essendo stato contestato altresì di avere consentito o, comunque, non impedito che i lavori di demolizione delle strutture metalliche insistenti nell'area venissero eseguiti in assenza di misure per la sicurezza e la salute degli addetti ai lavori.
2. Questa in estrema sintesi la vicenda.
Il 22 settembre 2008, all'Interno dell'area della ex Miralanza di Genova, nel corso dei lavori di demolizione delle strutture metalliche presenti nell'area, F.S., dipendente della ditta VO.G., incaricata dal V.G. dei lavori di demolizione ed esitazione delle carpenterie demolite all'Interno dell'area da bonificare, privo di qualsivoglia sistema anticaduta, saliva sulla rotaia di un carroponte a circa 6 metri da terra e iniziava a tagliare la struttura del carroponte facendo uso di un cannello ossiacetilenico. Ad un tratto, il carroponte si staccava dalla sede e cadeva a terra. Per effetto delle vibrazioni provocate dal colpo, l'intera struttura vibrava e il F.S., disarcionato, precipitava a terra, procurandosi lesioni (consistite in politrauma, focolaio contusivo polmonare, frattura malleolare tibia dx, frattura base cranica temporale, ematoma subdurale, frattura pluriframmentata di L3, frattura del soma D8, DIO, D12 e LI), dalle quali era derivata una malattia di durata superiore a 40 giorni ed una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per uguale periodo.
3. L'imputato DM.S. ha proposto ricorso a mezzo di difensore, con il quale ha formulato due separati motivi.
Con il primo, ha dedotto vizio motivazionale in ordine alla ritenuta responsabilità dell'imputato, avuto riguardo al primo motivo d'appello, con il quale si era rilevato che l'impresa del DM.S. era stata incaricata della pulizia del sito (comprensiva dello sgombero dai rifiuti, da ammassarsi sul piazzale, del decespugliamento di erbacce e rovi, della disinfezione e disinfestazione con asporto dei rifiuti e smaltimento da effettuarsi ad opera di terzi abilitati), laddove l'operaio infortunato lavorava, invece, alle dipendenze della impresa del VO.G., ditta incaricata dalla "Professional Clean" dell'attività di trasporto del ferro e degli elettrodomestici, intento - al momento dell'infortunio - in lavori di demolizione in quota, estranei all'oggetto del subappalto ricevuto dalla "Professional Clean" che neppure aveva abilitazione a svolgerli.
Con il secondo, ha dedotto vizio motivazionale con riferimento al secondo motivo di appello, concernente la valutazione della portata liberatoria della delega conferita al V.G..
4. L'imputato V.G. ha proposto ricorso a mezzo di proprio difensore, formulando tre separati motivi.
Con il primo, ha dedotto vizio motivazionale in relazione al ritenuto nesso causale tra la condotta e l'evento, riprendendo l'argomento della eccentricità dell'attività svolta dall'Infortunato rispetto all'appalto ricevuto dalla ditta, nel cui interesse l'imputato aveva svolto il compito conferitogli.
Con il secondo motivo, ha dedotto vizio motivazionale e violazione di legge con riferimento alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato, sotto il profilo della mancata prova della consapevolezza dello svolgimento dell'attività di demolizione all'interno dell'area ex Mira Lanza e con riferimento alla valutazione dell'incidenza della condotta eccentrica del VO.G., tale da costituire evento assolutamente imprevedibile.
Con il terzo motivo, infine, ha dedotto vizio motivazionale in relazione alla dosimetria della pena, calcolata dal giudici di primo grado discostandosi dal minimo senza motivare adeguatamente tale scelta, ma solo con un rinvio ai parameri di cui all'art. 133 cod. pen. e al diniego delle circostanze attenuanti generiche, contestando il rinvio alla esistenza di una condotta omogenza, alla luce delle differenti posizioni dei soggetti coinvolti.
5. L'INAIL, in persona del legale rappresentante, ha depositato memoria con proprio difensore, chiedendo il rigetto dei ricorsi in quanto carenti di specificità, a fronte di una sentenza ben motivata e convincente. Ha, in ogni caso, dedotto l'infondatezza dei motivi, alla luce del compendio probatorio emerso dall'istruttoria dibattimentale.
Diritto
1. I ricorsi devono essere rigettati.
2. La posizione dell'imputato DM.S..
2.1. Le doglianze della parte attengono, in sostanza, ai due distinti temi della sussistenza di una effettiva posizione di garanzia dell'imputato, in relazione ai lavori nel corso dei quali l'evento si è verificato e alla portata liberatoria della delega conferita al V.G..
La Corte territoriale ha rilevato che, nel contesto di protezione sommaria, approntato dall'imputato (nel quale risultava che la ditta del DM.S., affidataria dei lavori in sito, non aveva adottato alcuna valida precauzione in concreto, lo stesso piano di sicurezza essendo del tutto generico, senza previsione dei rischi specifici inerenti l'attività di sanificazione strettamente intesa), egli - nell'esercizio della facoltà di subappalto riconosciutagli contrattualmente - aveva affidato alla ditta del VO.G. l'esecuzione dell'attività di eliminazione dei materiali ferrosi, senza tuttavia predisporre alcuna previsione nel piano di sicurezza propriamente riferibile all'attività di smaltimento e alle sue modalità di svolgimento. Dall'assenza, nel contratto di subappalto, della previsione di un corrsipettivo per tale attività di smaltimento, la Corte territoriale ha tratto la prova della implicita esistenza dell'attività di prelievo del ferro (quale materia prima, dotata di intrinseco valore economico), dovendosi ritenere ricompresa nell'attività di rimozione dei materiali ferrosi commissionata dalla Professional Clean anche l'asportazione del ferro "pesante", vero e proprio corrispettivo dell'attività subappaltata. Quel giudice ha ritenuto che il DM.S., titolare dell'impresa appaltante, non aveva adempiuto all'obbligo di legge di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori subappaltati, non aveva predisposto le previsioni del piano di sicurezza degli stessi, né valutato la corrispondenza dei piani operativi di sicurezza delle imprese esecutrici rispetto al proprio, omettendo altresì di verificare l'idoneità tecnico professionale della ditta VO.G., ivi compreso lo specifico addestramento dei lavoratori, tra i quali il F.S., dei quali neppure aveva contezza, in un contesto nel quale, alla data dell'infortunio, l'esecuzione dell'appalto affidato alla Porfessional Clean non era ancora adempiuto.
Da ciò quel giudice ha tratto la conclusione secondo cui l'attività, durante la quale si era verificato l'infortunio, fosse strettamente connessa all'oggetto dell'Incarico ricevuto (bonifica/demolizione) e alle modalità di conferimento dello stesso, radicandosi l'infortunio nella omessa verifica dell'idoneità della ditta VO.G. e nella omessa adozione di misure adeguate a garantire l'accesso ai rischi specifici ad esso connessi ai soli lavoratori che avessero ricevuto specifico addestramento ed istruzione.
Quanto alla delega al V.G., la Corte territoriale ha osservato che la stessa non poteva avere una portata liberatoria, teuto conto del suo contenuto e delle modalità di conferimento.
La Corte del gravame ha ritenuto esistente una vera e propria filiera di lavoro, nella quale il prelievo del ferro ha costituito una non trascurabile occasione di guadagno, remunerativa per chi effettuava il prelievo del materiale, ma con un ritorno anche per l'appaltatore, il quale, attraverso tale attività, procedeva senza costi al risanamento dell'area. A fronte di tale dato certo, la Corte d'appello ha ritenuto irrilevante l'iniziativa [assunta solo dopo l'infortunio, del coimputato G.D. (responsabile della I.P.S., appaltante della Professional Clean del DM.S.), in un contesto nel quale erano già state estratte dal sito circa 100 tonnellate di ferro], di denunciare il furto di tale materiale. Si era trattato di un atto dovuto nei confronti della proprietaria del sito, TANK S.G.R., come suffragato dal fatto che la denuncia non era stata coltivata e che la I.P.S. del G.D. aveva poi emesso fattura alla TANK S.G.R. per "demolizione e pulizia", non pagata per mancata ultimazione dei lavori, ma comunque non contestata, né rifiutata dalla proprietaria/committente.
2.2. A fronte di tali argomentazioni, la parte ha rilevato due incongruenze della motivazione della sentenza impugnata, entrambe riferibili al diverso parametro di giudizio serbato all'imputato e al coimputato G.D., assolto in appello.
Con il gravame, infatti, si era evidenziata l'estraneità dell'attività di asporto di strutture murarie che potessero compromettere la stabilità di parti dell'edificio all'oggetto dell'appalto intercorso tra la I.P.S. e la Professional Clean, rilevandosi che l'autonoma decisione del VO.G. di procedere a tale opera di demolizione (vantaggiosa per la sua impresa, la cui remunerazione dipendeva dalla rivendita del ferro raccolto) aveva interrotto ogni nesso causale tra la condotta e l'evento, aggiungendosi che il DM.S. era stato in cantiere solo tre volte.
La prima incongruenza riguarderebbe la valorizzazione, per escludere una culpa in eligendo dell'appaltante G.D., delle dimensioni della ditta del deducente (valutata come società di rilievo con commesse consistenti e professionalmente idonea all'incarico), laddove, con riferimento alla idoneità dell'azione posta in essere, i giudici di merito avevano invece rilevato che la "Professional Clean" era una ditta di limitata consistenza (tre sole maestranze), che aveva approntato una inadeguata documentazione finalizzata alla prevenzione degli infortuni e con un'analisi dei costi relativi alla sicurezza di soli €. 36,00.
La seconda riguarderebbe la positiva valutazione delle sporadiche visite in cantiere da parte del G.D., al fine di ritenere verosimile che costui non si fosse avveduto dei cumuli ferrosi, vuoi perché smaltiti, vuoi perché i tonfi percepibili dagli astanti non erano avvenuti proprio nel momento in cui il G.D. era presente, laddove, per il DM.S. era stato utilizzato il diverso parametro di giudizio, secondo cui la demolizione del materiale ferroso avveniva in maniera evidente e, quindi, con il consenso dell'imputato, desumibile dalla immensa sproporzione tra carico asserito ed estratto, trasportato nei viaggi che, peraltro, erano assentiti dal V.G. e non dal DM.S..
Sotto altro profilo, si era rilevato che la adeguatezza della documentazione approntata andava riferita alla natura dell'attività oggetto del subappalto ricevuto dalla "Professional Clean" che non contemplava quella di demolizione posta in essere dalla ditta subappaltatrice del VO.G., non essendo stato dimostrato un ampliamento verbale in tal senso dell'oggetto dell'appalto. Di qui la dedotta abnormità/eccezionalità dell'attività svolta dall'infortunato, tale da interrompere il nesso causale tra la condotta datoriale e l'evento.
Quanto alla delega conferita al V.G., la parte ha evidenziato che a costui era stato affidato ogni compito legato alla gestione dell'appalto, ivi compresi la scelta delle società subappaltatrici, il controllo del cantiere e la regolarità delle operazioni. La Corte d'appello, dilungatasi nell'illustrare l'effetto liberatorio della delega conferita al BO. per motivare la pronuncia assolutoria nei confronti del delegante (vale a dire il coimputato A.), avrebbe reso una motivazione assai scarna per escludere un analogo effetto liberatorio della delega conferita dal DM.S. al V.G., senza che dall'Istruttoria fosse emerso alcun elemento a conferma di una culpa in eligendo di costui quale responsabile dei lavori.
2.3. Le doglienze sono infondate.
Con esse, in realtà, il ricorrente ha introdotto temi di valutazione sui quali si è ampiamente dibattuto in sede di appello, l'unico aspetto di novità essendo rappresentato dalla sopravvenuta assoluzione degli imputati A. e G.D. e dalla valutazione della piattaforma probatoria (che si ritiene identica) rispetto alla posizione del DM.S. e dei coimputati assolti, in particolare il G.D., amministratore della ditta I.P.S. (appaltatrice della proprietaria TANK Sgr. S.p.A.), subappaltante della "Professional Clean".
Orbene, premesso che la valutazione della Corte di merito si è fondata su elementi fattuali processualmente accertati e non contestati nella loro storicità, il giudizio di responsabilità che ne è conseguito risulta saldamente ancorato a tali emergenze e sostenuto da un percorso argomentativo logico e non contraddittorio, rispetto al quale la parte non ha introdotto alcun elemento di critica argomentata preceduto dal doveroso confronto con la motivazione censurata.
Il tema della latitudine dell'attività appaltata alla Professional Clean e della riconducibilità dell'attività lavorativa, nel corso della quale si è verificato l'infortunio, alla ditta del DM.S. e all'oggetto dell'appalto ricevuto dalla I.P.S., è stato espressamente affrontato dalla Corte di Genova, che ha giustificato le proprie conclusioni attraverso argomenti coerenti con il dato probatorio, oltreché logici e non contraddittori. Trattasi, in sostanza, di una valutazione del materiale probatorio, rispetto alla quale la parte ricorrente ha inteso manifestare il proprio dissenso, operazione tuttavia interdetta in sede di legittimità, a fronte di una motivazione scevra dalle incongruenze evidenziate.
Ciò toglie pregio anche alla doglianza specificamente riferibile alla presunta idoneità della documentazione predisposta, che la parte non parametra alla diversa ampiezza dell'oggetto dell'appalto, emersa dagli atti e ritenuta dalla Corte di merito.
Anche la consapevolezza dell'imputato circa lo svolgimento dell'attività demolitoria è affermazione che la Corte genovese ha saldamente ancorato a dati fattuali accertati e a considerazioni logiche e non contraddittorie, cosicché, anche rispetto ad essa, le doglianze difensive si traducono in un dissenso che muove dal mancato confronto con le ragioni poste a fondamento della decisione.
La differente valutazione tra la posizione dei coimputati A. e G.D. e quella del DM.S. è poi perfettamente riflessa nella diversità delle posizioni di garanzia di tali soggetti, rispetto all'attività oggetto del subappalto intercorso tra la I.P.S. e la Professional Clean del DM.S. e alla ritenuta esistenza di una vera e propria filiera di lavoro e guadagno che ha coinvolto quest'ultima e la ditta del VO.G.. L'assoluzione dei primi due è infatti conseguita alla ritenuta mancata ingerenza nella esecuzione dell'appalto, laddove proprio l'interesse economico sottostante ha ancorato il doppio giudizio conforme di responsabilità del DM.S., secondo la ricostruzione dei fatti rinvenibile nelle due sentenze di merito.
Nessuna doglianza specifica, peraltro, mina il ragionamento svolto dai giudici di merito riguardo alla partecipazione della Professional Clean al segmento di filiera relativo all'attività di estrazione del ferro presente nell'area da bonificare e al ritenuto sottostante interesse economico di essa, speculare rispetto al vantaggio lucrato dal VO.G..
Le lamentate incongruenze della motivazione (diverso giudizio riservato al coimputato G.D. nella scelta della ditta appaltatrice e con riferimento alla sporadica presenza in cantiere), scontano in maniera evidente l'omesso confronto con il ragionamento svolto nella sentenza censurata riguardo alla diversa posizione dei due imputati e alla mancata interferenza nell'esecuzione dei lavori appaltati, tenuto conto, per il DM.S., della ritenuta esistenza della filiera di lavoro che ha coinvolto la sua società e quella del VO.G., circostanza che concorre, unitamente alla diversa posizione assunta, a giustificare i diversi esiti valutativi.
Anche il secondo motivo è infondato.
Intanto, la Corte territoriale ha ritenuto che il piano di sicurezza redatto dalla Professional Clean fosse addirittura inadeguato con riferimento alla attività di sanificazione strettamente intesa. In tale contesto, si è inserito il contratto di subappalto con la ditta del VO.G., cui competeva l'esecuzione dell'attività concernente l'eliminazione dei materiali ferrosi. Nel piano di sicurezza non era stato operato però alcun riferimento all'attività di smaltimento di tali materiali, né alle modalità di svolgimento di essa. Il DM.S., non solo non ha verificato l'idoneità tecnico professionale delle ditte subappaltatrici, tra cui la ditta VO.G., ma - per sua stessa ammissione (vedi pag. 16 della sentenza di primo grado e pagg. 22 e 23 di quella impugnata) - non aveva avuto neppure contezza circa la provenienza dei lavoratori impiegati nell'area. A fronte di tali omissioni, la Corte ha ritenuto la delega al V.G. sfornita, per le modalità di conferimento ed il suo contenuto, della invocata capacità liberatoria rispetto al deducente.
Sul punto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno definitivamente chiarito che, in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (cfr. Sez. U. n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261108).
In ogni caso, la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, sebbene essa non possa avere ad oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni - che la legge affida al garante - concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato (cfr. sez. 4 n. 10702 dell'01/02/2012, Rv. 252675).
La portata liberatoria della delega va parametrata al suo oggetto e alle modalità del conferimento, avuto riguardo alle competenze del soggetto delegato e alla dotazione dei mezzi per far fronte in piena autonomia alle esigenze di prevenzione degli infortuni (cfr. sez. 4 n. 7709 del 13/11/2007, Rv. 238526).
La doglianza difensiva si risolve nel rilievo sulla stringatezza della motivazione sul punto specifico, senza tener conto, tuttavia, della specifica situazione nella quale l'attività svolta dalla ditta VO.G. si è inserita nello svolgimento dell'appalto e nel ciclo lavorativo, il cui ritorno economico in capo alla ditta Professional Clean è stato analiticamente descritto dai giudici di merito, riverberando inevitabilmente i suoi effetti sulla posizione di garanzia assunta dal delegante.
3. La posizione dell'imputato V.G..
3.1. La Corte d'appello ha ritenuto che l'imputato rivestisse, all'interno della Professional Clean, la duplice funzione di direttore commerciale (veste nella quale aveva sottoscritto il contratto di subappalto con il VO.G.) e di responsabile del cantiere, come tale soggetto noto agli operai che vi lavoravano, che impartiva gli ordini relativi all'attività da svolgere e costantemente presente sui luoghi, come provato dal registro degli accessi tenuto dalla società di vigilanza.
La Corte, richiamato quanto esposto con riferimento alla posizione del suo datore di lavoro, DM.S., ha specificamente ancorato la responsabilità del deducente alla documentata, regolare presenza di costui in cantiere, tale da dimostrarne la piena consapevolezza dell'attività di demolizione dei manufatti per l'estrazione della componente ferrosa che la ditta VO.G. vi eseguiva. Era stato proprio il V.G., inoltre, a suggerire al portiere di annotare i passaggi degli operai come "Ferri Vecchi" sul registro degli accessi effettuati ed era stato proprio il V.G. a sovrintendere all'attività di eliminazione del materiale ferroso, oggetto del subappalto stipulato con la ditta VO.G.. Pur ricondotto l'interesse economico dell'intera operazione alla ditta del DM.S., il V.G., n.q., non aveva tuttavia impedito che l'esecuzione dei lavori avvenisse in spregio ad ogni regola di sicurezza e aveva omesso ogni verifica circa la idoneità tecnico professionale della ditta subappaltatrice e la formazione dei suoi dipendenti.
Quel giudice ha poi ritenuto del tutto ininfluente la circostanza che il V.G. non fosse più nella pianta organica della Professional Clean a far data dal giorno dell'infortunio e fosse stato in ferie nel corso della settimana immediatamente precedente, essendo state le condotte omissive poste in essere sin dall'inizio dello svolgimento dell'incarico ed essendosi protratte durante il corso di essi.
3.2. Il ricorrente ha lamentato che il giudice di merito non avrebbe debitamente valorizzato la circostanza che l'infortunio era avvenuto nel corso di una lavorazione estranea all'oggetto dell'appalto della "Professional Clean" e, ancor prima, di quello stipulato tra la committente TANK Sgr. e la I.P.S. amministrata dal G.D..
Ha altresì lamentato, sempre con riferimento allo stesso punto, che la Corte territoriale non avrebbe dato il dovuto rilievo alla circostanza che il G.D., dopo l'infortunio, aveva denunciato il VO.G. per furto di ferro presso l'area in questione, limitandosi a considerare che questo era stato un atto dovuto e che l'iniziativa non era stata poi coltivata, svolgendo considerazioni analoghe a quelle formulate dall'altro ricorrente, con riferimento alla diversa valutazione della percepibilità dei lavori di demolizione da parte del G.D. e degli imputati condannati, pur a fronte di una identica piattaforma probatoria, asserendo l'assenza fisica del V.G. dal cantiere al momento dell'infortunio e parimenti richiamando la natura illecita e, quindi, del tutto eccentrica, rispetto alla posizione di garanzia ricoperta, dell'attività di demolizione posta in essere dalla ditta del VO.G..
3.3. Anche le doglianze articolate dall'imputato V.G. sono infondate.
Ancora una volta, esse si risolvono nella contestazione della valutazione condotta dai giudici di merito, basata su emergenze fattuali, queste tuttavia incontestate.
Si richiamano, anche per quanto riguarda la presente posizione e stante la parziale sovrapponibilità delle doglianze articolate con i ricorsi, le considerazioni già svolte in ordine al difetto di vizi motivazionali relativamente alla pertinenza dell'attività lavorativa (nel corso della quale l'infortunio si è verificato) all'oggetto del subappalto, stipulato peraltro proprio dal V.G. con la ditta del VO.G., e al diverso esito del giudizio in ordine alla consapevolezza dello svolgimento di tali lavori in capo al coimputato G.D..
Quanto alle restanti argomentazioni difensive, esse riguardano, da un lato, l'illiceità dell'attività svolta dalla ditta del VO.G. (asseritamente suffragata dalla denuncia di furto da parte del G.D.), del tutto eccentrica rispetto all'oggetto dell'appalto; dall'altro, l'assenza del V.G. dal cantiere a ridosso dei fatti.
Orbene, tali doglianze non tengono in alcun conto le ragioni per le quali la Corte d'appello ne ha ritenuto l'infondatezza, cosicché anch'esse si risolvono in una diversa interpretazione del materiale probatorio che costituisce prerogativa del giudice di merito. Nel caso di specie, il controllo sulla motivazione che ha sorretto le conclusioni dei giudici di merito ne attesta la assoluta congruità, logicità e non contraddittorietà, sottraendo per ciò stesso la motivazione della sentenza impugnata al sindacato di legittimità. La Corte ha infatti esspressamente analizzato entrambi i rilievi, disattendendoli alla luce di considerazioni del tutto adeguate che hanno rinviato, da un lato, ai tempi della denuncia, al suo mancato esito e alla mancata contestazione della fattura emessa da I.P.S. nei confronti della proprietaria/committente; dall'altro, alla regolare presenza del V.G. in cantiere sino alla settimana antecedente l'evento e al ruolo concretamente svolto con riferimento all'attività di estrazione e smaltimento posta in essere dalla ditta VO.G. nel contesto lavorativo di cui sopra si è diffusamente detto e che, certamente, non può considerarsi avviato durante la momentanea assenza del V.G..
Infine, la sentenza è adeguatamente motivata anche con riferimento alla dosimetria della pena e alla valutazione degli elementi circostanziali invocati ad attenuazione della stessa, avendo la Corte sottolineato l'assenza di elementi positivi che imponessero un adeguamento della pena in relazione al fatto concreto, ritenuto corretta la valutazione operata dal Tribunale, (a sua volta agganciata alla gravità degli effetti lesivi, alla totale assenza dei presidi antinfortunistici per lo svolgimento di un'attività in quota e all'ampiezza delle condotte, tradottesi nella violazione di più disposizioni), e rilevato il perdurante disinteresse dell'imputato in ordine alla pericolosità dell'attività lavorativa posta in essere all'interno del cantiere.
4. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile costituita INAIL che vanno liquidate in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile costituita INAIL che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.