- Datore di Lavoro
- Infortunio sul Lavoro
- Costruttore, produttore e venditore
Infortunio occorso a due lavoratori addetti al rifacimento della facciata di uno stabile, caduti entrambi da una piattaforma posta a 16 m. di altezza.
Furono dichiarati responsabili di lesioni personali colpose plurime l'amministratore della ditta costruttrice e venditrice del ponteggio e l'amministratore della società noleggiatrice dello stesso che aveva direttamente collaborato al montaggio del ponteggio - Sussiste.
Il suddetto ponteggio infatti era stato montato nella configurazione ad una sola colonna montante e l'infortunio era stato possibile per l'assenza di un dispositivo di blocco automatico, c.d. paracadute.
Stando al consulente del p.m., il ponteggio poteva essere utilizzato sia con piattaforma singola che a doppia colonna e quindi la mancanza di un dispositivo di blocco nella piattaforma singola era inputabile al costruttore e al noleggiatore.
La Corte, nel respingere il ricorso afferma che: "l'espresso disposto dell'art. 7 del D.P.R. n. 547 del 1955 pone sullo stesso piano tutti gli operatori coinvolti nelle varie attività ivi previste e in particolare, per quanto qui rileva, il costruttore ed il noleggiatore, parimenti tenuti ad esercitare il necessario controllo di regolarità sulle macchine e attrezzature prima che le stesse escano dalla sfera della loro responsabilità." (vedi oggi D.Lgs. n. 81/08, art. 23, comma 1).
"Al riguardo può ricordarsi che se più sono i titolari della posizione di garanzia od obbligo di impedire l'evento, ciascuno è, per intero, destinatario di quell'obbligo, e non può fare affidamento sull'eliminazione da parte di altri coobbligati della situazione pericolosa da lui creata o consentita; che in tema rapporto di causalità, la legge penale accoglie il principio di equivalenza delle cause, riconoscendo il valore interruttivo della seriazione causale solo a quelle che sopravvengono del tutto autonomamente, svincolate dal comportamento del soggetto agente e assolutamente autonome; che è pacifico che in presenza di due soggetti obbligati al medesimo comportamento, l'omissione del secondo non vale ad escludere la rilevanza causale della precedente omissione laddove non sia ravvisabile nel comportamento successivo una eccezionalità atta ad interrompere la concatenazione causale, eccezionalità che non può essere ravvisata allorchè la condotta del secondo si ponga, come nella specie, come sviluppo logico di quella del primo."
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -
Dott. KOVERECH Oscar - Consigliere -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
1) S.F., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 09/10/2007 CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. BIANCHI LUISA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. CEDRANGOLO Oscar, che ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio; rigetto nel resto;
Udito il difensore l'Avv.to PRESTANO Ermanno del Foro di Roma, in sostituzione dell'Avv. MARAN Paolo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
In data 28 luglio 2000, D.F. e SP.Lu. mentre lavoravano al rifacimento della facciata di uno stabile, cadevano dalla piattaforma sulla quale si trovavano, posta ad un'altezza di ca. 16 mt. e riportavano entrambi gravi lesioni.
Dell'incidente erano chiamati a rispondere S.F., nella qualità di amministratore della ditta costruttrice e venditrice del ponteggio, e G.G., amministratore della società noleggiatrice dello stesso; quest'ultimo aveva direttamente collaborato al montaggio del ponteggio.
Si accertava che il ponteggio, mod. Jolly a piattaforma autosollevante, era stato montato nella configurazione ad una sola colonna montante e che l'infortunio era stato possibile per l'assenza, nella predetta configurazione, di dispositivo di blocco automatico, c.d. paracadute; in caso di caduta della piattaforma vi era solo la possibilità di blocco meccanico azionabile mediante l'inserimento manuale di un ferro nella cremagliera, sistema che si rivelava del tutto inidoneo nella specie atteso il rapido verificarsi dell'incidente; ove invece il ponteggio fosse montato nella configurazione a due colonne, esisteva un efficace dispositivo automatico di arresto che scattava automaticamente.
Il Tribunale di Torino assolveva il S. per non aver commesso il fatto e dichiarava responsabile il G..
Con sentenza in data 9.10.2007 la Corte di appello di Torino, confermava la responsabilità di G., e, in accoglimento dell'appello del pubblico ministero e riforma della decisione di primo grado, condannava altresì il S. alla pena di due mesi di reclusione, nonchè, in solido con il coimputato, al risarcimento dei danni e alla provvisionale in favore della parte civile costituita ( Sp.Lu.).
Il giudice dell'impugnazione richiamava i dati fattuali della vicenda precisando che era pacifico che il ponteggio in questione nella configurazione a doppia colonna era dotato di un idoneo sistema di sicurezza tale da impedire la caduta essendovi un sistema automatico di blocco c.d. a paracadute; sistema che poteva e doveva essere montato solo dopo la messa in opera delle due colonne; altrettanto pacifico era che il ponteggio poteva essere montato in modo difforme dalle istruzioni (cioè ad una sola colonna) ma a tale proposito sussisteva contrasto tra la tesi difensiva e quella dell'accusa sulla equivocità o meno delle istruzioni, sostenendosi dalla difesa del S. la correttezza della decisione del Tribunale secondo cui era palese che il ponteggio poteva essere montato esclusivamente a due colonne, mentre il pubblico ministero, la parte civile e i difensori dell'imputato G. sostenevano che la possibilità del montaggio ad una colonna poteva essere desunta da espressioni ed illustrazioni equivoche.
La Corte di appello condivideva tale ultima posizione rilevando che:
2,30 e come ponteggio scomponibile da mt. 11,00, ed erano indicate le prestazioni del ponteggio nelle due "versioni", ed anche successivamente era ribadita tale duplice predisposizione; era dunque conforme ad una interpretazione letterale corretta desumere che una delle versioni era costituita dall'utilizzo di una singola piattaforma di mt. 2,30, mentre arbitraria era l'affermazione del Tribunale secondo cui l'espressione si riferiva al ponte di lavoro;
Lo stesso ing. N., che aveva predisposto la relazione, aveva ammesso, nella sua deposizione, che tale relazione era stata impostata per "qualche uso che poteva essere utile", "per il duplice impiego" che poi però non era stato concretamente realizzato perchè non vi era stato il tempo di montare un sistema a paracadute.
Ricorre per Cassazione l'imputato S. e censura la sentenza sotto i seguenti profili:
1) mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla possibilità di utilizzo del ponteggio in versione monocolonna; anche ammesso che il ponteggio fosse utilizzabile in due versioni, a piattaforma singola e con ponteggio scomponibile da 11,00 mt., ciò non significa che la piattaforma singola dovesse essere sostenuta da una sola colonna; comunque, sia la relazione tecnica che il libretto di istruzioni dimostrano che non era possibile l'utilizzo a colonna singola; infatti è chiara la sequenza di montaggio che prevede la messa in opera di due basi la figura del manuale di istruzione sarebbe stata erroneamente apprezzata (si tratterebbe di un disegno con vista laterale in cui l'altro traliccio resta nascosto dalla prospettiva usata, e comunque di un disegno volto unicamente a chiarire i punti di ancoraggio laterale); se fosse stato possibile l'utilizzo a monocolonna, ciò sarebbe stato espressamente chiarito nelle istruzioni come avvenuto nelle istruzioni relative ad altro modello, depositate dalla difesa; per come il ponteggio è stato progettato, autorizzato e prodotto non esisteva alcuna possibilità di utilizzo a monocolonna e il montaggio così effettuato nel cantiere di (OMISSIS) rappresenta un utilizzo assolutamente esorbitante; si è trattato dunque di un uso non previsto nè consentito del ponteggio che non può essere addebitato alla ditta costruttrice, ma va considerato frutto della consapevole e volontaria determinazione dell'utilizzatore di farne uso in modo difforme dal previsto.
osserva il ricorrente che la giurisprudenza di questa Corte ritiene ingiustificato il dissenso del pm motivato unicamente con il non avvenuto risarcimento del danno; quanto ala congruità della pena, quella inflitta con la sentenza impugnata risulta addirittura inferiore a quella richiesta ex art. 444 c.p.p.; in appello erano state riproposta l'istanza di patteggiamento e quella di conversione della pena detentiva, istanze non considerate nella sentenza qui impugnata.
Con motivo nuovo viene dedotta la violazione di legge in relazione agli artt. 521 e 522 c.p.p., per diversità del fatto contestato da quello ritenuto in sentenza; si evidenzia che mentre il S. era stato tratto a giudizio per aver costruito e venduto un ponteggio privo del dispositivo di sicurezza, egli è stato poi condannato per un fatto diverso e cioè quello di aver predisposto delle istruzioni equivoche e di non aver esplicitamente vietato l'uso a monocolonna.
Il ricorso deve essere rigettato risultando in parte infondati e in parte manifestamente infondati i motivi proposti.
Manifestamente infondato è il primo motivo, con il quale sotto l'apparente rilievo di un difetto di motivazione si cerca di rappresentare a questa Corte una diversa interpretazione dei fatti di causa.
Neppure risulta fondato il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente sostiene che non si sarebbe tenuto conto della circostanza che il ponteggio è stato montato con la collaborazione di G. e che dunque la responsabilità farebbe capo soltanto a quest'ultimo, persona esperta che ben doveva essere consapevole della pericolosità dell'uso a monocolonna.
Anche il terzo motivo è infondato.
Non sussiste la dedotta violazione di legge in relazione alla interpretazione del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, artt. 14 e 15.
Come è noto con il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, è stata data attuazione in Italia alla direttiva CEE 1985/374 relativa al ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di responsabilità da prodotto difettoso; per tutelare la salute e la sicurezza dei consumatori e garantire la commercializzazione di prodotti sicuri si è prevista una azione di risarcimento a favore del danneggiato, nei confronti del produttore, assistita da particolari garanzie (che qui non interessa esaminare); l'introduzione della nuova normativa non ha però comportato il venir meno delle opportunità di tutela già previste dai singoli ordinamenti nazionali, come espressamente sancito dal legislatore comunitario che in uno dei "considerando" che precedono la direttiva ha precisato che "secondo i sistemi giuridici degli Stati membri il danneggiato può avere diritto al risarcimento in base alla responsabilità contrattuale o ad un titolo fondato sulla responsabilità extracontrattuale diverso da quello previsto dalla presente direttiva; che, nella misura in cui tali disposizioni perseguono anch'esse l'obiettivo di un'efficace protezione dei consumatori, esse non devono essere pregiudicate dalla presente direttiva".
Con il D.P.R. n. 224, art. 15, il legislatore interno ha confermato il carattere suppletivo della nuova normativa stabilendo che "Le disposizioni del presente decreto non escludono nè limitano i diritti che siano attribuiti al danneggiato da altre legge".
Da ultimo va osservato che, in tema di correlazione tra accusa e sentenza, le norme che la disciplinano, avendo lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell'accusa e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell'imputato, non possono ritenersi violate da qualsiasi modificazione rispetto all'accusa originaria, ma soltanto quando la modificazione dell'imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato.
La Corte:
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2008