Cassazione Penale, Sez. 1, 20 luglio 2016, n. 31241  - Condotte di reato in violazione della legislazione in materia di previdenza, antinfortunistica e tributaria. Consumazione


 

Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO Data Udienza: 28/06/2016

 

Fatto


1. Con ordinanza del 30 giugno 2015 la Corte di appello di Genova accoglieva parzialmente l’istanza proposta da L.M. per l’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 671 co. 1 c.p.p., in relazione a tredici sentenze di condanna a suo carico pronunciate da varie autorità giudiziarie per condotte di reato consumate in violazione della legislazione in materia di previdenza, antinfortunistica e tributaria, consumate in un arco temporale compreso tra il 2002 ed il 2007. Con la medesima ordinanza il G.E., accogliendo la relativa istanza del P.M. ed in applicazione del disposto di cui all’art. 1 c. III, 1. 241/2006, revocava gli indulti concessi al L.M. con i provvedimenti giudiziali in essa meglio indicati.
A sostegno della decisione il tribunale osservava, in riferimento alle condotte per le quali era stata rigettata l’istanza dell’interessato, che trattavasi di reati contravvenzionali in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, di per sé di natura colposa e per questo logicamente non unificabili ai sensi dell’art. 81 c.p.; rilevava ancora il G.E. che, in riferimento alle violazioni di cui all’art. 2 l. 638/83, per le quali, in astratto, la domanda non appariva illogicamente formulata, ostava all’invocato riconoscimento l’ampio arco temporale intercorrente tra le condotte e l’assenza di altri indici sintomatici dell’unitarietà del disegno criminoso.
Quanto, invece, alla revoca dell’indulto, richiamava il G.E. la sentenza della corte distrettuale genovese di condanna del L.M. per delitti commessi nel 2008 a pena superiore ad anni due di reclusione.
2. Ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del G.E. l’interessato, personalmente, sviluppando due motivi di impugnazione.
2.1 Denuncia col primo di essi il ricorrente, quanto alla revoca dell’indulto, violazione di legge in relazione all’art. 1 co. 3 1. 241/2006, sul rilievo che avrebbe errato la corte distrettuale, giudice dell’esecuzione, nella individuazione del reato più grave, da indicarsi in quello di cui all’art. 2 d. lgs. 74/2000, consumato fino al 30.11.2005 e non in quello ritenuto in atti e che tale errore avrebbe comportato di considerare condotte consumate successivamente al 2 maggio 2006 viceversa da non valutare (ai fini in discorso) se portate in continuazione al reato consumato nel 2005 (in questo caso la pena da riferire al reato portato in continuazione sarebbe stata più contenuta e comunque al di sotto della soglia biennale).
2.2 Denuncia ancora il ricorrente con il secondo motivo di impugnazione, relativo al parziale accoglimento dell’istanza ai sensi dell’art. 671 c.p.p., violazione dell’art. 81 c.p. e vizio della motivazione sul rilievo che, apoditticamente, sarebbe stato escluso che i comportamenti giudicati in violazione della disciplina contributiva e previdenziale, nel concreto, ben possano essere sostenuti da un intento doloso, nella fattispecie peraltro individuabile, secondo la difesa, nella circostanza che tali violazioni risultano strettamente collegate a quelle tributarie, per le quali vi è stato, viceversa, l’invocato riconoscimento.
3.1 Il ricorso è infondato quanto al primo motivo di doglianza. Come opportunamente osservato dal P.G. in sede nella sua argomentata requisitoria scritta, il G.E. ha correttamente valorizzato, ai fini della revoca degli indulti in precedenza concessi, la sentenza del 17 ottobre 2013 pronunciata dalla Corte di appello di Genova per reato (quello sub C), di natura delittuosa, commesso nel 2008 e sanzionato con pena superiore ad anni due, circostanza processuale questa che ha determinato la corretta e coerente applicazione della disciplina revocatoria del beneficio. A ciò oppone il ricorrente una generica doglianza in ordine alla individuazione, da parte del giudice, del reato più grave nell’applicazione della disciplina della continuazione, senza peraltro adeguata dimostrazione delle ragioni per le quali sarebbe stato erroneamente individuato tale reato più grave e per quale ragione avrebbe errato il G.E. nel considerare la condanna del giudice della cognizione posta a fondamento della revoca.
3.2 Fondato, nei termini che si passa ad esporre, ritiene viceversa il Collegio il secondo motivo di censura.
Ed invero giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. I, 12.05.2006, n. 35797) secondo cui la continuazione presuppone l'anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità (cfr., per tutte, Cass., Sez. 2A, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. Ia, 15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta previsione - ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate - investendo l'inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell'esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (fra gli altri, l'omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l'accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento, infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.
Tanto premesso sul piano dei principi, ritiene il Collegio che il giudice di merito non abbia fatto di essi puntuale applicazione.
Non può infatti convenirsi con la considerazione, premessa necessaria del sillogismo logico adottato dal giudice a quo, che i reati in violazione della disciplina in materia di prevenzione antinfortunistica, in quanto di natura contravvenzionale, non possano essere consumati, in concreto, con intento doloso, circostanza questa che va dedotta, in un senso o nell’altro, dall’esame dei provvedimenti del giudice della cognizione. Di più, dalle decisioni riportate nel certificato del casellario giudiziale si rileva che il vincolo di cui all’art. 81 c.p., per tali fattispecie di reato, risulta già riconosciuto dallo stesso giudice della cognizione (si veda sentenza del 31.5.2011 del Tribunale di Massa, nella sezione distaccata di Carrara). Va infine cesurata la decisione impugnata, nella parte del parziale rigetto, quanto al profilo dell’omessa valutazione della ricorrenza degli indici sintomatici trattati in premessa per gruppi di condotte giudicate, nel provvedimento del giudice territoriale soltanto genericamente e cumulativamente negati.
4. Alla stregua delle esposte considerazioni il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato con rinvio al giudice territoriale per un riesame del parziale rigetto che tenga conto dei rilievi innanzi esposti al fine, altresì, di valutare l’applicabilità della disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p. per gruppi limitati di condotte omogenee e comunque razionalmente collegabili.
 

P.Q.M.


la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Genova.
Roma, addì 28 giugno 2016