Categoria: Giurisprudenza civile di merito
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Corte di appello di Lecce, Sez. Lav., 30 settembre 2016, n. 1892 - Amianto e malattia professionale: nesso causale


 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Lecce
Sezione Lavoro

 

 

Fatto

 

Con ricorso in appello depositato in data 20 marzo 2013 ... rispettivamente coniuge e figli di ... hanno chiesto l'integrale riforma della sentenza 3307/2012, con la quale il Giudice del Lavoro del Tribunale di Brindisi aveva rigettato la domanda, introdotta, con ricorso del 23 giugno 2010, dal dante causa nei confronti dell'INAIL, tesa al riconoscimento della malattia professionale contratta e denunciata il 14.01.2010, ai sensi del D.P.R. n. 1124/65 e succ. mod., con conseguente costituzione di rendita da malattia professionale maturata con decorrenza dal 15.01.2010. nella misura da accertarsi con apposita CTU.
Il Giudice di primo grado, ritenuta dimostrata tramite le dichiarazioni dei testi, colleghi di lavoro, l'attività lavorativa espletata dal ... in ambienti in cui era presente l'amianto, ha condiviso le conclusioni peritali che deponevano per l'esclusione della sussistenza del nesso causale tra attività lavorativa e malattia professionale.
Con memoria depositata in data 04.09,2014. si è costituito in giudizio l'INAIL, chiedendo il rigetto del gravame.
Ammessa ed espletata la CTU medico - legale, dopo discussione orale, all'odierna udienza la causa è stata decisa come da separato dispositivo del quale è stata data pubblica lettura.
 

 

Diritto

 


La parte appellante lamenta l'ingiustizia della sentenza di primo grado perché nonostante l'accertamento, attraverso le prove testimoniali, dell’esposizione all'amianto di ... riscontrata dalla certificazione Inail ha ritenuto insussistente il nesso eziologico tra attività lavorativa e malattia professionale.
Il motivo deve essere accolto.
Va premesso, sul punto che la Corte di Cassazione, con giurisprudenza consolidata ha affermato (cfr., fra le altre, Cass. 6105/2015; Cass. n. 23990 del 2014. n. 23207 del 2014, Cass. n. 14770 del 2008; Cass. n. 13361 del 2011) che in materia di nesso causale tra attività lavorativa e malattia professionale, trova diretta applicazione la regola contenuta nell’art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento.
Solo nel caso in cui possa essere con certezza ravvisato l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa, che sia per sè sufficiente a produrre l'infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi l'esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge, valutazione nella cui effettuazione va adeguatamente presa in considerazione l'attività lavorativa svolta dal lavoratore, con riguardo all'esposizione a fattori nocivi in relazione alla malattia contratta, ed il tempo della stessa, (cfr. in tal senso, Cass, Sez. lav. 4.6.2008 n. 14770).
Va. altresì, evidenziato che l'indagine sul nesso causale implica valutazione medico legale che deve essere improntata anche al criterio dell'adeguata probabilità (cfr. Cass. n. 10004/2001. 5352/2002.10042/2004. 19047/2006. 9226/2007, 21021/2007, 15080/2009. 1135/2011) e ciò non a causa della non completezza delle prove fornite riguardo ad elementi strettamente fattuali, ma per ragioni intrinseche alla variabilità e non completa prevedibilità delle reazioni dei soggetti umani ai fattori potenzialmente incidenti sul loro stato di salute e alla limitata possibilità di identificare anche ex post quali siano stati i fattori causali che concretamente abbiano operato (in tali termini. Cass. 1135/2011 : Cass. 26.3.2010 n. 7352: Cass. 9301/2001 ).
Nella specie, alla luce di tali premesse, l'accertamento in linea di fatto rilevante ai fini del decidere effettuato dal Tribunale non può ritenersi esaustivo, atteso che non è stato conferito adeguato risalto alla presenza, nell'ambiente di lavoro, di sostanze cangerogene derivanti dai processi di lavorazione nel Centro Siderurgico di Taranto ILVA, già ITALSIDER.
Nella fattispecie, infatti, la relazione peritale medico legale, acquisita in questo grado di giudizio e non oggetto di specifiche contestazioni da entrambe le parti costituite, ha affermato che: "Ci sono elementi sufficienti per affermare che i fattori di rischio chimico presenti nell'ambiente di lavoro e per il lavoro svolto dal Sig. ... in particolare l 'amianto, siano stati validamente cofattori responsabili della comparsa della neoplasia intestinale (colon), presentando quest'ultima una origine di tipo professionale
Dì quest'ultima consulenza si condividono tanto le argomentazioni, quanto le conclusioni cui è
pervenuto l'esperto con metodo corretto, immune da vizi logici o di qualsivoglia altra natura.
Nel complesso, la ricostruzione dei fatti e l'analisi dell'incidenza degli stessi sull'evento dedotto nel presente processo, come effettuata dal CTU in questo grado di giudizio, appare coerente e attendibile, al punto tale che si ritiene sufficiente trascrivere i soli passaggi essenziali dell'elaborato peritale (che deve, comunque, intendersi ivi interamente richiamato).
In ordine alle mansioni svolte dal de cuius, il perito ha premesso che: "dalla documentazione in atti si evince che il sìg. ... nato il ha lavorato dal 1972 al 1996 in qualità di tubista manutentore, alle dipendenze di varie ditte che operavano nel Centro Siderurgico di Taranto ILVA, già ITALSIDER. Fino al 1991 è sfato tenuto ad operare in centrali elettriche ed acciaieria alla manutenzione ordinaria di tali impianti e successivamente ha operato ad attività di manutenzione in ambilo dell'area a caldo, alti forni, cokeria, acciaierie". Dalla documentazione INAIL dell'anamnesi lavorativa si evince che ... in qualità di tubista manutentore eseguiva le seguenti lavorazioni: - Sostituzione di tubazioni (in alcuni casi le tubazioni erano coibenti con amianto e l'assicurato eseguiva anche la coibentazione della tubazione da sostituire): - sostituzione delle guarnizioni delle frange (anche se fatte di amianto): - sostituzione delle tubazioni dell'acqua: 
- costruzione di ponteggi minori con tubi innocenti e tavole; - realizzazione di carpenteria in ferro per sostegno tubazioni.
Il ... affermava che in molte occasioni, quando operava nei piani superiori con alte temperature, utilizzava coperte di amianto per isolare la zona di lavoro dove utilizzava il cannello. Inoltre di aver subito esposizione oltre che all'amianto anche a rumore, fumi e polveri nocive ambientali ampiamente presenti nelle centrali elettriche del siderurgico." Ha osservato, poi, che “Dal 1996 ha avuto i benefici previdenziali per esposizione ad amianto. Nel 2009 il ... subiva intervento chirurgico per adenocarcinoma del colon retto ...Successiva chemioterapia adiuvante. Assenza di recidiva di malattia fino al 2011. Nell'agosto 2011 rilievo di non chiara neoplasia o recidiva stenosante a livello della via biliare principale con ittero ostruttivo e. in successivo ricovero, intervento di derivazione biliare per sospetta neoplasia della testa del pancreas. "
Per quel che concerne la valutazione del nesso di causa tra attività lavorativa e insorgenza della malattia il CTU ha evidenziato che, "Il sig. ... per circa 24 anni ha prestato servizio in ambiente lavorativo che lo ha esposto a una serie di sostanze chimiche alcune delle quali potenzialmente carcinogene. Per il suo lavoro specifico il contatto con amianto è stato già a suo tempo ufficialmente riconosciuto dall'INAIL e dal 1996 ha avuto i benefici previdenziali per esposizione ad amianto. Per tale fattore di rischio dunque non vi sono a parere dello scrivente motivi di obiettare sulla valida esposizione, anche in considerazione del periodo di tempo (più di venti anni). E possibile anche che lo stesso, dovendo svolgere la sua attività in ambienti lavorativi diversi, sia pur senza specifica partecipazione al processo produttivo, dove erano presenti altri potenziali cancerogeni, ne sia frequentemente venuto a contatto, perché operava in concomitanza con la fase produttiva in corso o in ambiente comunque non completamente immune da esalazioni e polveri residue. Cosi che negli altiforni, cokerie, zona acciaierie sia potuto venire a contatto ripetutamente con sostanze quali benzene, IPA (idrocarburi policiclici aromatici) diossina, fumi, acidi. ecc...per queste ultime sostanze si può supporre il possibile contatto senza la certezza della entità quantitativa. ", precisando: "per quanto attiene alla patologia neoplastica specifica si ricorda che il carcinoma del colon retto è una delle neoplasie più frequenti ...Nel 5% circa dei casi si può riconoscere una familiarità per predisposizione genetica ma la maggior pare dei casi e di tipo sporadico. La lesione predisponente che in una fase intermedia pur di tipo benigno può nel tempo evolvere verso un cancro é l'adenoma. Tali lesioni infatti, spesso di tipo polipoide, attraverso trasformazione della propria mucosa, con varie fasi progressive di displasia, possono nel tempo portare a trasformazione neoplastica con capacità quindi infiltrante e metastatizzante. Essendo la cancerogenesi un processo mutifasico, la trasformazione adenoma/carcinoma è dovuta a mutazioni multiple genetiche per il contatto ripetuto e protratto negli anni con gli agenti favorenti di orìgine sia alimentari ma anche ambientali, con ripetuto e costante processo di tipo infiammatorio cronico a livello della mucosa intestinale.... Nel caso specifico è stato in primo grado accennato anche alla possibilità di forma familiare genetica in relazione alla escissione concomitante anche di polipi iperplastici. Si deve dissentire da tale affermazione in quanto tali formazioni polipoidi, non di tipo adenomatoso, non sono correlabili a possibili patologie predisponenti genetiche perché diverse come enopatogenesi ed evolutività. Ritornando alla sostanza di cui la esposizione è certa (amianto), va chiarito il ruolo come possibile carcinógeno per la patologia specifica. Tale sostanza inalata o anche deglutita per esposizione continua, raggiunge sotto forma di fibre di varia dimensione vari organi nel suo cammino ma in particolare l'apparato laringeo e bronchiale come quello gastroenterico. La patologie ascrivili all'amianto e ufficialmente riconosciute sono sia di tipo benigno .. sia di tipo neoplastico a carico dell'apparato respiratorio... Le patologie asbesto correlate non tabellate sono le seguenti: tumore al pancreas, le neoplasie dell'apparato gastrointestinale, le neoplasie dell'apparato riproduttivo, i tumori della faringe e laringe i tumori dell'apparato urogenitale (rene e prostata), i tumori dei tessuti emolinfopoietici.
Il CTU ha concluso: “Dal complesso delle considerazioni medico legali su riferite ritengo che il Sig. ... sia stato affetto da "Carcinoma del colon retto e successiva recidiva pancreatica (riserva per secondo primitivo) chemiotrattato. Vi sono elementi sufficienti per affermare che ¡ fattori di rischio chimico presenti nell'ambiente di lavoro del Sig. ... siano stati validamente corresponsabili della comparsa della neoplasia intestinale (colon retto), presentando, quest'ultima un origine di tipo professionale
Alla luce delle argomentazioni, come svolte dal CTU, quindi, si deve ritenere che l'attività di tubista manutentore espletata abbia esposto all'azione di sostanze cancerogene che hanno avuto quantomeno un ruolo concausale nell'insorgenza e nella cronicizzazione della patologia denunciata che ha poi causato il suo decesso.
Infine il consulente d'ufficio, circa la valutazione del danno biologico, riferendosi alle menomazioni da patologia neoplastica riportate nel DM 12 luglio 2000, ha ritenuto di quantificare il danno da invalidità permanente nella misura del 30% dall'epoca della domanda amministrativa fino a tutto luglio 2011 e dall'1.8.2011 maggiore dell'80% per recidiva e aggravamento delle condizioni generali conseguenti alla stessa patologia.
Questa Corte ritiene che, per quanto evidenziato dal CTU, la percentuale di inabilità permanente dall'agosto del 2011 debba essere riconosciuta nella misura del 100%, atteso l'aggravamento delle condizioni generali collegato alla comparsa di metastasi associata alla prognosi infausta espressa in termini di certezza e lo stato di debilitazione che precludeva ogni attività di lavoro.
Da tutto quanto sopra esposto, ne consegue che in accoglimento dell'appello, la domanda, così come proposta con il ricorso introduttivo, è fondata e deve essere accolta.
Va dichiarato, pertanto, il diritto di ... alla costituzione di una rendita per danno biologico ex d.lgs. n°38/2000. corrispondente al 30% di invalidità permanente con decorrenza dalla data della domanda amministrativa fino a tutto luglio 2011 e al 100% di invalidità permanente con decorrenza dal 1.8.2011 sino al 26.10.2012 (data del decesso), con conseguente condanna dell'I.N.A.I.L. al pagamento, in favore degli appellanti aventi causa delle relative prestazioni previdenziali maggiorate di interessi legali o rivalutazione, nei limiti di cui all'art. 16 co. 6 L. 30.12.91 n. 412, con decorrenza dal 121 giorno dalla data di presentazione della domanda amministrativa.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, ponendo definitivamente a carico dell'INAIL quelle di CTU.
 

 

P.Q.M.

 




La Corte d'Appello di Lecce, Sezione Lavoro.
Visto Lart. 437 c.p.c.;
definitivamente pronunciando sull'appello proposto con ricorso del 20 marzo 2013 nei confronti dall’INAIL, avverso la sentenza del 16.10.2012, del Tribunale di Brindisi, così provvede:
- Accoglie l'appello e, per l'effetto, dichiara il diritto di ... alla costituzione di una rendita per danno biologico ex d.lgs. n°38/2000, corrispondente al 30% di invalidità permanente con decorrenza dalla data della domanda amministrativa fino a tutto luglio 2011 e al 100% di invalidità permanente con decorrenza dall' 1.8.2011 sino al 26.10.2012 (data del decesso).
- per l'effetto, condanna l'I.N.A.I.L. al pagamento, in favore degli appellanti, aventi causa, delle relative prestazioni previdenziali maggiorate di interessi legali o rivalutazione nei limiti di cui all'art. 16 co. 6 L. 30.12.91 n. 412, decorrenti dal 121 giorno dalla data di presentazione della domanda amministrativa.
- Condanna l'INAIL, in persona del legale rappresentante prò tempore, alla rifusione in favore di parte appellante, delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in € 2.567,50 per il primo grado ed in euro 2.766.00 per il secondo grado, oltre accessori come per legge e rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con distrazione in favore degli avv.ti Omissis, dichiaratisi anticipatari e pone a carico dell'INAIL le spese di CTU. Riserva il deposito della sentenza nei termine di 60 gg. da oggi.
Così deciso in Lecce il 23 settembre 2016