Cassazione Civile, Sez. 6, 20 dicembre 2016, n. 26407 - La domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto va preceduta da quella amministrativa all'INPS


 

 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 20/12/2016

 

 

 

FattoDiritto

 


La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio dell’8 novembre 2016, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c.:
“Con sentenza del 1° settembre 2014, la Corte di Appello di Bari, in riforma della decisione del primo giudice, dichiarava improponibile la domanda proposta da D'O.A.A. nei confronti dell'INPS ed intesa al riconoscimento del beneficio - di cui alla legge n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, e succ. modifiche - della maggiorazione contributiva per esposizione all'amianto per carenza della domanda amministrativa all’INPS.
Per la cassazione di tale decisione il D'O.A.A. propone ricorso affidato a due motivi. 
L’INPS resiste con controricorso mentre l’INAIL è rimasto intimato.
Entrambi i motivi sono infondati alla luce dell’ormai consolidato orientamento di questa Corte, recepito dal giudice del gravame, secondo cui la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto deve essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all'ente competente a erogare la prestazione previdenziale, da individuarsi nell'INPS, costituendo presupposto logico e fattuale che l'assicurato porti a conoscenza dell'istituto "fatti" la cui esistenza è solo a lui nota (cfr. per tutte Cass. 21.7.2014 n. 16592 e molte altre successive).
Non si può infatti sostenere che, con riguardo al regime introdotto dall'art. 47 del D.L. n. 269/2003 convertito con modifiche in legge n. 326/2003 (a decorrere dal 10 ottobre 2003), l'unica domanda da prendere in considerazione è solo quella all'INAIL non essendo richiesta quella da presentare all'lnps. Né può affermarsi una fungibilità tra le due domande in quanto mentre quella all'I.N.P.S. è necessaria per l'erogazione del beneficio previdenziale, quella rivolta all'I.N.A.l.L. mira unicamente a fornire al lavoratore la prova dell'esposizione all'amianto.
Invero, secondo la costante giurisprudenza della Suprema Corte (oltre a quella già citata si veda anche Cass. nn. 17000, 8937 e 2677 del 2002 e n. 8859 del 2001) l'I.N.A.I.L. difetta di legittimazione passiva (ad causarli nel giudizio introdotto dal lavoratore per ottenere accertamento giudiziale del diritto alla rivalutazione, ai fini pensionistici, del periodo lavorativo nel quale è stato esposto all'amianto, avvalendosi della disposizione di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, nel testo modificato dal D.L. 5 giugno 1993, n. 169, art. 1, comma 1, e dalla relativa legge di conversione 4 agosto 1993 n. 271. 
L'istituto, infatti, è soggetto del tutto estraneo al rapporto, di natura previdenziale, che dà titolo a una siffatta domanda, posto che la norma da cui trae fondamento il diritto azionato finalizza il beneficio da essa previsto - consistente nell'incremento dell'anzianità contributiva, attraverso il meccanismo della ipervalutazione di periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dalla esposizione all'amianto - ad agevolare il perfezionamento dei requisiti per le prestazioni pensionistiche (l'ammontare delle quali dovrà essere determinato computando, se spettante, la maggiorazione di legge) e a consentire, perciò, una più rapida acquisizione del relativo diritto, non già a facilitare l'accesso alle (diverse) prestazioni oggetto del regime assicurativo che fa carico all'I.N.A.I.L..
Alla luce di quanto esposto, si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
Il Collegio condivide pienamente la sopra riportata relazione conforme ai precedenti di questa Corte e, quindi, rigetta il ricorso.
Il consolidarsi solo in epoca recente della giurisprudenza di legittimità soprarichiamata giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità tra il ricorrente e l’INPS; non si provvede in ordine alle spese nei confronti dell’INAIL, rimasto intimato.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 qnater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell'atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell'obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater., del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. l, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità; nulla per le spese nei confronti dell’INAIL.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Roma, 8 novembre 2016.