Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 21 dicembre 2016, n. 54483 - Esposizione ad agenti chimici e responsabilità del preposto. Prescrizione del reato


 

 

 

Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 29/11/2016

 

 

 

Fatto

 


1. La Corte d'appello di Roma, con sentenza resa il 29 maggio 2015, ha confermato la condanna di L.V., da parte del Tribunale di Roma in composizione monocratica, alla pena di tre mesi di reclusione in relazione al delitto di lesioni colpose a lui ascritto al capo d) della rubrica (riqualificato in primo grado nell'ipotesi di cui all'art. 590, comma 1, cod.pen.).
1.1. Oggetto del processo é costituito dagli effetti dell'esposizione ad agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro a carico di A.C., operaio dipendente della E.rre Costruzioni, presso la quale il L.V. svolgeva mansioni di preposto. In tale qualità, all'imputato era ascritto il reato de quo, per non avere fornito al A.C. una tempestiva formazione e informazione sulla sicurezza in relazione alle mansioni da lui espletate e per avere omesso di valutare i rischi connessi alla presenza dei suddetti agenti chimici in un ambiente di lavoro chiuso, così cagionando al A.C. un "processo infiammatorio cronico al polmone destro", giusta denuncia presentata il 21 settembre 2007.
1.2. Va evidenziato che, in relazione al suddetto reato, era stato condannato anche L.R., nella sua qualità di amministratore delegato della E.rre Costruzioni e datore di lavoro del A.C.; e che già in primo grado, mentre nei confronti del L.R. veniva pronunziata sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione in relazione ai reati a lui ascritti ai capi a), b) e c) (reati contravvenzionali in materia di sicurezza sul lavoro), il L.V. veniva assolto dai detti reati per non aver commesso il fatto.
1.3. La Corte di merito ha confermato la condanna sulla base del fatto che, pur risultando il A.C. esposto per breve tempo (due giorni, secondo le deposizioni testimoniali) alla sostanza impermeabilizzante denominata Vodiprimer, tuttavia tale esposizione aumenta la sua nocività quanto più il lavoro venga svolto in ambienti non arieggiati: della cattiva aerazione dei locali sia il A.C. che altri addetti ai lavori di impermeabilizzazione che egli stava svolgendo avevano dato segnalazione al L.V., nella sua qualità di capocantiere; oltre a ciò, prosegue la Corte territoriale, vi é in atti una relazione sanitaria nella quale si esclude che il processo cronico a carico del A.C. fosse preesistente rispetto all'esposizione dello stesso ai vapori sprigionatisi in ambito lavorativo.
2. Avverso la prefata sentenza ricorre il L.V., con atto personalmente sottoscritto.
Il ricorso consta di tre motivi di doglianza. 
2.1. Con il primo motivo l'esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al fatto che la Corte non ha tenuto nel debito conto quanto affermato dai testi P. e C. in ordine alla brevità del periodo in cui il A.C. era esposto alle esalazioni del Vodiprimer. un periodo indicato dai detti testimoni in due giorni, laddove la perizia medico-legale si basa sull'assunto che l'esposizione durò 20 giorni, secondo quanto sostenuto dalla persona offesa. Oltre a ciò, non é stato considerato che nessun altro degli operai adibiti alle operazioni affidate al A.C. ha riportato alcuna conseguenza fisica.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia l'assoluta carenza di motivazione dell'impugnata sentenza in riferimento all'omessa considerazione dell'esito della consulenza medico-legale del dott. N. e della d.ssa C., i quali hanno escluso la dipendenza causale della malattia dall'esposizione al Vodiprimer, prestando invece fede all'opposto assunto sostenuto dal consulente del Pubblico ministero e dal perito nominato dal Tribunale; secondo l'esponente, tale diversità di opinioni imponeva alla Corte di merito di accogliere la mozione difensiva volta a ottenere la nomina di un ulteriore perito medico-legale, ma al riguardo alcuna motivazione viene fornita nella sentenza impugnata.
2.3. Con il terzo motivo di doglianza si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche e, più in generale, al trattamento sanzionatorio, giudicato eccessivamente severo, pur a fronte del proscioglimento del L.V. dai reati di cui ai capi a), b) e c) e alla favorevole riqualificazione del reato di cui al capo d), nonché a fronte del buon comportamento processuale del ricorrente, volontariamente sottopostosi ad esame.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo di ricorso é inammissibile, perché manifestamente infondato.
Pur con un incedere argomentativo assai succinto, la Corte di merito non elude affatto l'assunto, sostenuto dal ricorrente, secondo il quale l'esposizione del A.C. alla sostanza nociva durò circa due giorni, e non venti: sul punto, la sentenza impugnata ha infatti precisato che "il primo giudice correttamente ha parlato di esposizione del A.C. per più giorni al primer, essendo questi due giorni", richiamando poi la motivazione del giudice di primo grado laddove questi sostiene che l'esposizione a detta sostanza aumenta la sua nocività allorquando il lavoro si svolga in locali non arieggiati, e che al L.V., nella sua qualità di capocantiere (e dunque di preposto), fosse stata segnalata dal A.C. e da altri operai la scarsa aerazione dei locali ove veniva steso il composto. 
2. Il secondo motivo di ricorso é invece fondato e (per quanto si vedrà infra) assorbente di ogni altra questione.
La stringata motivazione della sentenza sul punto, adesiva alla tesi sostenuta dal perito e dal consulente tecnico del pubblico ministero e difforme rispetto a quella sostenuta dai consulenti della difesa, non soddisfa infatti i requisiti motivazionali richiesti dalla giurisprudenza di legittimità: la Corte regolatrice afferma in proposito che, in virtù del principio del libero convincimento, il giudice di merito, pur in assenza di una perizia d'ufficio, può scegliere, tra le diverse tesi prospettate dai consulenti delle parti, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto, con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni della scelta nonché del contenuto della tesi disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti (Sez. 4, Sentenza n. 8527 del 13/02/2015, Sartori, Rv. 253435; Sez. 4, Sentenza n. 34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv. 253512).
Poiché le doglianze si riferiscono alla rilevanza eziologica dell'esposizione del A.C. al Vodiprimer rispetto al prodursi del processo cronico diagnosticatogli, deve osservarsi che il mero, sintetico riferimento della sentenza impugnata a una relazione sanitaria, in cui si esclude la presenza di un processo cronico preesistente a detta esposizione, non rende ragione della scelta di aderire a tale assunto e di disattendere quello sostenuto da altri esperti.
3. A fronte di quanto precede, in difetto di ragioni di inammissibilità estese all'intero ricorso, deve constatarsi che il reato de quo, oggetto di denuncia in data 21 settembre 2007, é ad oggi prescritto.
Poiché, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata né nullità di ordine generale in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (cfr. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275), ne discende che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, per essere il reato estinto per maturata prescrizione.
 

 

P.Q.M.
 

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato é estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2015.