Corte di Appello di Potenza, Sez. Lav., 19 maggio 2016, n. 215 - Se il giudizio di inidoneità alla mansione viene ignorato dal datore di lavoro scatta l'obbligo di risarcimento per l'aggravamento della malattia


 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Potenza - Sezione Lavoro - riunita in Camera di Consiglio nelle
persone dei Signori Magistrati:
Dr. MAURA STASSANO Presidente relatore
Dr. AIDA SABBATO Consigliere
Dr. PAOLA BARRACCHIA Consigliere
ha pronunziato la seguente:
SENTENZA

 


nella causa civile iscritta al nr. 336/15 R.G. , avente ad oggetto: “rapporto di lavoro subordinato: diritto al risarcimento del danno” e vertente
TRA

Omissis

 

All’udienza in data 28 aprile 2016, gli avvocati delle parti rassegnavano le seguenti conclusioni:

 

...
Voglia l’adita Corte, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, con il favore delle spese di giudizio ...
- nel merito accogliere il presente appello, e per l’effetto riformare, in parte qua, la sentenza n. 639/15, resa inter partes dal Tribunale Civile di Potenza in funzione di Giudice Unico, notificata in data 30 ottobre 2015, respingendo tutte le domande proposte

...
Con vittoria di spese del doppio grado di giudizio.
- in via istruttoria, si reiterano tutte le richieste di ammissione della prova per testi sulle circostanze in fatto e con i capitoli di prova formulati nella memoria difensiva di primo grado, che in questa sede sono da considerarsi integralmente riportati e con gli stessi testi indicati nella memoria di primo grado.
Ci si oppone a tutte le richieste istruttorie formulate da controparte ed in caso di loro ammissione, si chiede di essere ammessi alla prova contraria, per l'appellati eredi del dipendente, appellanti incidentali:
voglia l’adita Corte, previo rigetto dei ogni eccezione e deduzione di controparte, accogliere le seguenti conclusioni:
1. in via preliminare, confermare il rigetto della richiesta formulata dalla società ... S.p.A., di sospendere l’efficacia esecutiva della sentenza appellata;
2. nel merito, integralmente rigettare l’appello proposto dalla società ... in persona del legale rappresentante p.t., per i motivi e le ragioni esposte nelle superiori premesse che devono qui essere intese ed integralmente riportate e trascritte, e per l’effetto confermare la sentenza n. 639/15 emessa dal Tribunale di Potenza in data 13 ottobre 2015 nel procedimento iscritto Rgn.799/11 dal G.L. nella parte in cui riconosce in favore dei ... a titolo di risarcimento danno per perdita da congiunto de iure proprio in complessiva somma di € 360.000,00 ( € 180.000,00 x2), oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo.
In accoglimento dell’appello incidentale
3. accertare e dichiarare, per i motivi e le ragioni esposte nelle superiori premesse che devono qui essere intese ed integralmente riportate e trascritte, in parziale riforma della gravata sentenza n. 639/2015, il diritto degli odierni appellati al pagamento a titolo di risarcimento de iure hereditatis alla complessiva somma di € 190.000,00 a titolo di danno biologico e morale a seguito dell’accertata invalidità permanente pari al 50% dal CTU incaricato in favore del ... oltre agli interessi e rivalutazione monetaria dal 21 luglio 2002 e sino all’effettivo soddisfo, o comunque nella misura che questa Corte riterrà adeguata di giustizia, e per l’effetto condannare la società appellante al pagamento in loro favore;
4. accertare e dichiarare, per i motivi e le ragioni esposte nelle superiori premesse che devono qui essere intese ed integralmente riportate e trascritte, a parziale riforma della gravata sentenza, il diritto degli odierni appellati a vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento del c.d. danno esistenziale nella misura del 30% del danno biologico accertato dal CTU, ovvero pari ad € 57.000,00, oltre agli interessi e rivalutazione monetaria dal 21 luglio 2002 e sino all’effettivo soddisfo, o comunque nella misura che questa Corte riterrà adeguata di giustizia, e per l’effetto condannare la società appellante al pagamento in loro favore;
5. con vittoria di spese e compensi del presente grado di giudizio e della fase cautelare relativa all’istanza sospensiva formulata da parte appellante, da distrarre in favore del sottoscritto procuratore in quanto interamente antistatario.
In via istruttoria, ci si oppone a qualsiasi ulteriore richiesta istruttoria formulata da controparte, risultante tardiva e inammissibile, ed in caso contrario chiede di essere abilitato alla prova contraria sulle medesime circostanze e su quelle formulate nel ricorso introduttivo.
Sempre in via istruttoria, si chiede, sin da ora ordinare alla persona del legale rappresentante p.t., la esibizione e deposito di tuta la documentazione sanitaria in suo possesso relativa al de cuius con particolare riferimento alla visita medica effettuata a seguito il certificato di inidoneità rilasciato in data 12.02.2001.
Discutevano la causa decisa come da dispositivo letto in udienza .

 


Fatto

 

 

Con sentenza nr.639 in data 13 Ottobre 2015, il Tribunale di Potenza in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, accoglieva per quanto di ragione il ricorso proposto in data 16 Aprile 2011 anche nei ... condannando la spa al pagamento, in favore ... “della somma di €180.000,00 ciascuno, oltre a interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo”; le spese di lite, compensate integralmente nei confronti seguivano la soccombenza della spa.
Avverso tale decisione interponeva appello principale il datore di lavoro con ricorso depositato presso la cancelleria di questa Corte in data 25 Novembre 2015
deducendo:
"Sulla mancanza di responsabilità datoriale ex art.2087 c.c."
“Illogicità, irragionevolezza ed insufficiente motivazione con riferimento all’accertamento del presunto nesso di causalità tra la condotta datoriale e l’aggravamento della patologia sofferta dal lavoratore “
“ Violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ”
” Erronea quantificazione del danno e della condanna risarcitoria";
e
concludeva
per 1’accoglimento dell’appello con riforma della sentenza e rivalsa di spese del doppio grado. Depositava copia della impugnata sentenza e fascicolo di parte di primo grado.
Emesso il decreto presidenziale ex art. 435c.p.c., notificato in uno all’ atto introduttivo alla controparte, si costituivano Omissis non solo per resistere all’avverso dedotto quanto per dispiegare appello incidentale
concludendo:
per il rigetto del gravame e la riforma della impugnata decisione in parte qua con rivalsa di spese del doppio grado.
Alla fissata udienza, già disposta la comparizione per l’esame dell’istanza di inibitoria, comparivano gli avvocati delle parti che si riportavano ai rispettivi atti; la Corte disponeva aggiornamento della discussione ed indi invitava i difensori a discutere la causa, decisa come da dispositivo letto in udienza.
 

 

Diritto

 


Le parti del processo
Con ricorso depositato in data 16 Aprile 2011 Omissis rispettivamente figlio e moglie ... agivano in riassunzione a seguito di sentenza di questa Corte che dichiarava la nullità della sentenza di primo grado emessa sempre nei confronti dei medesimi, in cui la spa veniva condannata al pagamento in loro favore, del risarcimento del danno ... e al pagamento di somma in favore della spa. Con ordinanza in data 12 Febbraio 2013, il g.l. ha ordinato l’integrazione del contradditorio nei confronti degli altri eredi ... ed ha dichiarato la contumacia  ... per poi, successivamente a seguito di ulteriore verifica, ordinare la rinnovazione della notifica nei confronti dell’Ente ritualmente costituitosi.
Con l’impugnata sentenza è stata pronunciata declaratoria di difetto di legittimazione passiva ... nei cui confronti le spese sono state integralmente compensate.
L’appellante principale ha agito nei soli confronti degli eredi ... parimenti gli appellanti incidentali, estromettendo ... a sua volta interessato all’appello quanto alla sola decisione di compensazione delle spese. Il decorso del termine semestrale alla data del 13 Aprile 2016, senza che fosse depositato gravame da parte è stata notificata la sentenza, ha comportato ex art. 332+327 c.p.c. il passaggio in giudicato della pronuncia sul punto (Sez. 3, Sentenza n. 8693 del 29/04/2015), avendo l’Istituto pur vittorioso, fatto acquiescenza alla decisione di compensazione delle spese. Il primo giudice ha implicitamente qualificato la costituzione in giudizio quale mero intervento ad adiuvandum a sostegno della pretesa fratello e della madre dal momento che :
a) Ha rilevato che nel costituirsi in data 14 Maggio 2013 egli si è limitato a riprodurre “pedissequamente le deduzioni e le conclusioni già esposte nell’atto introduttivo dei propri congiunti
b) Ha condannato la spa al pagamento di somme in favore solo di ... .


Ne consegue che in questo giudizio, in cui ... si è costituito in uno ai congiunti con atto in data 25 Marzo 2016, senza censurare la decisione che lo emarginava dal contraddittorio e lo escludeva dalla condanna, anzi chiedendo a sua volta la conferma della “sentenza n. 639/15 emessa dal Tribunale di Potenza in data 13 ottobre 2015 ... nella parte in cui riconosce in favore dei sig.ri ... titolo di risarcimento danno per perdita di congiunto de iure proprio la complessiva somma di €360.000 (€180.000*2), oltre interessi egli non è parte processuale, neppure appellante incidentale, poiché non è stato parte del primo giudizio e con la sua costituzione si è limitato a sostenere le ragioni dei congiunti. “L'interventore adesivo non ha un'autonoma legittimazione ad impugnare (salvo che l'impugnazione sia limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell' intervento o la condanna alle spese imposte a suo carico), sicché la sua impugnazione è inammissibile, laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole; inoltre, esso non vanta un interesse concreto ed attuale all'impugnazione di affermazioni pregiudizievoli contenute nella sentenza favorevole, qualora svolte in via incidentale e sprovviste della forza vincolante del giudicato (fattispecie relativa a sentenza del Tribunale Superiore delle Acque che, rigettando il ricorso avverso il divieto di navigazione a motore, aveva ritenuto la propria giurisdizione sul presupposto della natura pubblica del lago, avversata invece dagli interventori "ad adiuvandum" dei ricorrenti che lo ritenevano privato).”(Sez. U, Sentenza n. 5992 del 17/04/2012).

La decisione di primo grado
Il Tribunale dichiarato inammissibile la domanda azionata dagli eredi nei confronti ... iure successionis ex art. 2087 a titolo di danno biologico patito ... pur ritenendo integrata una condotta colposa del datore di lavoro, per aver mantenuto il dipendente in servizio nelle medesime mansioni malgrado il giudizio di inidoneità del medico aziendale in data 12 Febbraio 2001, fino al decesso del 21 Luglio 2002, “in ragione della disciplina che sancisce l’esonero dalla responsabilità civile del datore di lavoro in ipotesi di infortuni o malattie professionali ... Pertanto, non avendo le parti ricorrenti dato prova  né della presentazione, da parte del de cuius, di una domanda ... nè offerto gli elementi necessari per verificare la sussistenza di un danno biologico differenziale, l’unico ammissibile nell'odierno sistema di responsabilità datoriale, nessuna somma può essere accordata, iure hereditatis, sotto questo profilo." Il primo giudice, esclusa la risarcibilità del danno biologico integrale e non differenziale a carico del datore di lavoro, ha poi respinto la domanda di condanna al danno morale per difetto di prova e per difetto di allegazione quanto alla lesione della dignità morale dell’individuo ed ha ritenuto inammissibile, perché tardivamente azionata solo nelle note conclusive autorizzate, la domanda di risarcimento del danno esistenziale.
Il difetto di comunanza di causa ha comportato la declaratoria di difetto di legittimazione passiva ... pronuncia su cui si è formato il giudicato, non contestata sia dall’appellante principale che dagli appellanti incidentali che, come detto sopra, dall’Ente.
Il primo giudice ha invece accolto la domanda di condanna del datore di lavoro al “risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del proprio congiunto, formulata iure proprio"... ex art.2043 cod. civ., condannando la società al pagamento in favore di ciascuno dei due della somma di €180.000,00.

 


L’appello principale
Con il primo motivo di gravame la s.p.a. ha censurato la decisione nella parte in cui ha ravvisato “un comportamento illecito del datore di lavoro per non aver distolto il dipendente da tali mansioni a seguito della visita effettuata dal medico aziendale in data 12/2/2001 ... dal momento che non era possibile individuare mansioni alternative che astrattamente potessero essere meno stressanti o usuranti. La società non avrebbe potuto sapere in alcun modo, in mancanza di una specifica richiesta del de cuius in tal senso (mai avanzata), a quali altre attività poterlo adibire risultando quindi, incolpevole la propria inerzia." “La censura è infondata poiché la norma ex art. 2087 cod. civ. impone al datore di lavoro, in ragione dei suoi poteri di supremazia ed organizzativi, l’adozione di tutte le cautele necessarie a tutelare l’integrità psico-fisica del dipendente, indipendentemente da una iniziativa dell’interessato (Sez. L, Sentenza n. 9945 del 08/05/2014) ed anche oltre il semplice rispetto delle prescrizioni di legge o di regolamento (Sez. L, Sentenza n. 15082 del 02/07/2014).
Nel caso di specie il giudizio di inidoneità, formulato dal medico aziendale, imponeva una iniziativa immediata, con allontanamento dalle mansioni, “anche se ciò imponga la modifica dell'attività dei lavoratori, assumendo in caso contrario a proprio carico il rischio di eventuali tecnopatie” (Sez. L, Sentenza n. 10425 del 14/05/2014), anche con collocamento in congedo forzato ed anche infine con l’avvio della procedura per il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ove non fossero rinvenibili, in azienda, altre mansioni, anche meno qualificate ma compatibili con lo stato di salute e fosse provata l’impossibilità totale o parziale della prestazione. Il datore di lavoro ben può, anzi ha l'obbligo, ex art.2087 cod. civ., di inibire al lavoratore affetto da malattia la prosecuzione della propria attività, ed ha il diritto di risolvere immediatamente il rapporto solo se lo stato patologico è destinato ad essere permanente, ovvero a prolungarsi oltre il periodo di comporto, e sempre che non sia possibile adibire il lavoratore a mansioni diverse o all'espietamento delle stesse mansioni con modalità diverse. L’inerzia, nel mantenere in servizio il dipendente con i medesimi compiti di sportellista - qualifica di operativo di gestione-, per quanto giudicati ordinari, non gravosi o difficili e non causa della patologia accertata ma incontestatamente fattore concansale di aggravamento (ved. c.t.u. in atti), fonda la responsabilità datoriale ex art. 2087 cod. civ. “Il datore di lavoro, pur non essendo tenuto a modificare rassetto organizzativo dei fattori produttivi da lui insidacabilmente stabilito, è tuttavia obbligato ad assegnare all'invalido mansioni compatibili con la natura e il grado delle sue menomazioni e a reperire, nell'ambito della struttura aziendale, il posto di lavoro più adatto alle condizioni di salute di tale lavoratore.” (Sez.. L, Sentenza n. 27845 del 30/12/2009).
Con il secondo motivo di censura la spa nega che parte ricorrente abbia “fornito la prova della riferibilità dell’evento dannoso alla colpa del datore di lavoro per violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di fonte legale o suggeriti dalla tecnica o dall’esperienza, nell’ambito delle mansioni assegnate al lavoratore”. La censura è infondata sotto un triplice aspetto:
a) La produzione del certificato del medico aziendale costituisce prova dell’inerzia colposa, dal momento che l’azienda non ha saputo dare seguito organizzativo alla valutazione tecnica del suo fiduciario,
b) La c..t.u. disposta in primo grado che si è conclusa con il seguente giudizio di:
Miocardiopatia dilatativa primitiva in fase di avanzata disfunzione del VS (Ventricolo sinistro n.d.r.) con severa riduzione della cinesi globale (EF n.d.r. frazione di eiezione 20%) Il lavoro svolto ha avuto un ruolo concansale efficiente e determinante nell’aggravamento della malattia nella misura del 50% di danno biologico permanente a partire dal febbraio 2001. Esiste un nesso di derivazione causale tra la patologia accertata e il decesso”, costituisce un accertamento non specificamente contestato dall’appellante principale. Ed invero nel momento in cui la parte afferma "... le conclusioni a cui è pervenuto il CTU - a cui il giudice di prime cure si è acriticamente attenuto - non appaiono condivisibili, dovendosi escludere che l'attività lavorativa fosse in rapporto (con)causale con l’aggravamento della patologia riscontrata. Al contrario, deve ritenersi che altri fattori, così come analizzati dal CTU, ben potevano costituire di per sé la causa esclusiva dell'aggravarsi della patologia sofferta, dovendo escludersi, conseguentemente, qualsiasi responsabilità in capo a Poste Italiane”, valorizzando in negativo l’abitudine al fumo ... dimentica la valutazione del proprio medico aziendale. L’appellante società inoltre pretermette ogni critica alla valutazione comparata svolta dall’Ausiliare officiato in primo grado che, pur escludendo un ruolo causale dell’ambiente lavorativo sull’insorgenza della malattia, ha riconosciuto, come già aveva fatto il medico aziendale, che le mansioni svolte “richiedevano evidentemente delle risorse energetiche e una validità biologica perse in via definitiva dal soggetto”. In altre parole continuare a lavorare comportava un sovra sforzo energetico al dipendente, date le sue condizioni di salute, malgrado la ordinarietà delle mansioni, che ha aggravato le sue condizioni generali. Infine la s.p.a, nel contestare la sussistenza della prova del nesso causale, nega rilevanza al c.d. contributo causale che incide sull’evento lesivo non solo al momento della sua genesi. “In relazione alla responsabilità del datore dì lavoro per violazione degli obblighi dì sicurezza, ex art. 2087 cod.civ., l'onere probatorio a carico dei lavoratore non è limitato alla prova dell'evento lesivo, ma comprende anche la prova del nesso causale tra tale evento e l'attività svolta; in quest'ambito, peraltro, è possibile la scomposizione del nesso causale in relazione a diversi periodi dell'attività lavorativa, in quanto determinate mansioni (nella specie, sollevamento carichi), in sé faticose ma inizialmente non rischiose né particolarmente usuranti per le modalità con le quali vengono svolte, possono divenire concausa dell'aggravamento dì una malattia preesistente a fronte dell'aggravarsi della situazione fisica del lavoratore, portata a conoscenza del datore, il quale avrebbe dovuto rideterminare il contenuto delle mansioni del lavoratore, e dei propri obblighi di protezione, esentandolo dal compimento dell'attività divenuta rischiosa”(Sez. L, Sentenza n. 11523 del 17/05/2006)
c) Alcun interesse ha la parte alla censura sulla ricostruzione del danno non patrimoniale patito dal de cuius, stanti i limiti della condanna al solo danno non patrimoniale subito dagli eredi iure proprio.
Parimenti generica, comunque, la censura, e la richiesta di chiarimenti, sul criterio di quantificazione del danno, nella percentuale cinquanta, nella misura in cui la parte non ha evidenziato l'errore metodologico commesso dal C.t.u. e quindi il diverso corretto calcolo da eseguire ed ha trascurato di rilevare che la percentuale era riferita all’incidenza dell'attività lavorativa sull’evento dannoso.
Con il terzo motivo di censura la spa deduce il vizio di extrapetizione, quanto alla condanna al pagamento del danno da perdita del proprio congiunto per difetto di specifica domanda. La doglianza è infondata nella misura in cui la domanda di condanna al pagamento della complessiva somma di €250.00,00 -come si vedrà infra- viene specificamente ricondotta al danno non patrimoniale morale ed esistenziale (ved. conclusioni in atti) patito personalmente ...
a seguito della morte ....
Il primo giudice, individuata la responsabilità datoriale nell’omessa predisposizione di misure organizzative dopo l’esito della visita medica aziendale ... causale di aggravamento di una malattia che aveva condotto nel giro di diciassette mesi alla morte del rispettivamente padre e marito, ritenuto che “La morte dello stretto congiunto lede pertanto senza dubbio un diritto costituzionalmente garantito” e assunto come provato il danno non patrimoniale tramite il ricorso alle presunzioni semplici, ha liquidato la somma di €180.000,00 a favore di ciascuno dei ricorrenti lesione sul rilievo che:
a) era possibile richiamare le c.d. “Tabelle di Milano”, che prevedevano “ per la perdita del coniuge come anche per la perdita del genitore, un importo compreso tra €163.990 e €327.990”
b) le parti non avevano allegato alcuna specifica circostanza di fatto in ordine alla gravità della perdita subita
c) bisognava tener conto della giovane età della moglie e del figlio;
la determinazione della somma - di poco superiore al minimo - sulla base dei parametri indicati, non poteva che essere equitativa.
Nel momento in cui i ricorrenti deducono l’inadempimento datoriale e chiedono di provarlo mediante il deposito di documentazione e l’articolazione di richieste istruttorie, e nel momento in cui specificamente agiscono sia per il danno patito dal de cuius loro spettante iure successionis, sia del danno patito personalmente in quanto congiunti del dipendente defunto, non può dirsi non esercitata la domanda ed il difetto di allegazione non impedisce la liquidazione del danno conseguente alla sofferenza morale (c.d. danno da rottura del rapporto parentale, bene costituzionalmente protetto) patita nel momento in cui la perdita è percepita, e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita, validamente ancorato a presunzioni non smentite ed al rilievo oggettivo della giovane età sia del figlio che della moglie.
Con il quarto motivo di censura il datore di lavoro fondatamente censura l’erronea quantificazione del danno e della condanna risarcitoria. Nelle conclusioni di cui al ricorso di primo grado hanno chiesto la condanna della spa al pagamento “ciascuno per la propria quota parte determinata dalla legge della complessiva somma di €443.500,00 così determinata: (de iure successionis ) DANNO BIOLOGICO: 2.500*50 punto d’invalidità permanente = €125.000,00; danno morale: 1/2 DEL DANNO BIOLOGICO = €65.000,00; spese funerarie : €3.000,00; (de iure proprio) DANNI ESISTENZIALI E MORALI patiti dai congiunti di €250.000,00. Oltre al lucro cessante e al danno emergente che verrà determinato in corso di causa o che sarà ritenuto più adeguata di giustizia". Orbene.
a) escluso il risarcimento del danno non patrimoniale - biologico, morale - patito dal de cuius correlato all’inadempimento dell’obbligo di diversa adibizione dal Febbraio 2001 (€125.000,00+€65.000,00 ) per difetto di allegazione, di deduzione e prova sull’evento lesivo; ritenuta respinta la domanda di condanna al pagamento del danno patrimoniale per esborsi sostenuti dai congiunti per spese funerarie, per un ammontare complessivo di €193.000,00
consegue che la residua somma di €250.00,00, richiesta a titolo di danno non patrimoniale patito iure proprio per la perdita del congiunto, costituisce il tetto massimo liquidabile e da frazionare in due quote di €125.000 oltre interessi legali ed anche il danno da rivalutazione, riducendosi nei limiti della domanda, così la condanna ex art.2043 cod. civ.. Va infatti rilevato che la spa non ha contestato la condanna al pagamento del danno da svalutazione monetaria sul capitale liquidato ex art.2043 cod. civ..
... resistono sul punto deducendo "come l’ammontare risarcitorio complessivamente richiesto ... era di €443.500,00" e contestano, quindi, che la condanna al pagamento di totali €360.000,00 sia affetta dal vizio di ultrapetizione. La diversità dell’evento di danno allegato e quindi la diversità delle rispettive allegazioni in fatto, pur nell’unitaria categoria del danno non patrimoniale: danno biologico - danno morale, la diversità del titolo iure ereditario - iure proprio che invocano i ricorrenti in primo grado, la diversa ragione giuridica che fonda le due domande art.2087 cod. civ. - art.2043 cod. civ. e la stessa formulazione delle conclusioni prive come sono anche delle consuete formule di rito in uso, individuano domande autonome ed indipendenti ed impongono a questa Corte di accogliere il motivo di censura respingendo le ragioni della difesa appellata. “Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno, qualora l'attore, dopo avere indicato analiticamente le voci di danno di cui chiede il ristoro ed il relativo ammontare, abbia dichiarato di rimettersi comunque "alla valutazione equitativa del giudice", il giudice non può pronunciare condanna per importi superiori a quelli richiesti dalla parte, giacché quella formula in difetto di una esplicita dichiarazione in tal senso, non può intendersi come una domanda di somme anche maggiori rispetto a quelle indicate, ma solo come richiesta al giudice di effettuare la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1126 cod. civ." (Sez. 3, Sentenza n. 3593 del 16/02/2010).

L’appello incidentale
Con il primo argomento ... contestano il rigetto della domanda di condanna al pagamento del danno non patrimoniale (danno biologico) patito dal loro dante causa sul rilievo che la responsabilità del datore di lavoro fosse “innegabile”, ovverosia che fosse giudizialmente accertata la violazione di regole di sicurezza sul lavoro. La censura è inammissibile perché non coglie il punto della motivazione di rigetto incentrata sulla sussistenza dell’“esonero dalla responsabilità civile del datore di lavoro in ipotesi di infortuni o malattie professionali" ex art. 10 co. I D.P.R. nr. 1124/1965 ed art. 13 D. L.vo nr.38/2000, ovverosia sulla impossibilità alla luce delle allegazioni di parte ricorrente di individuare il c.d. danno differenziale, rispetto alla liquidazione ... cui il responsabile è chiamato ex lege. In altre parole incontestata la condotta colposa ed il nesso causale non è stato correttamente individuato né è individuabile l'eventus damni; inutilmente gli appellanti insistono sulla conseguita prova del nesso causale poiché il rigetto della loro domanda è incentrato sul difetto dell’evento lesivo.
Contestano gli appellanti incidentali la declaratoria di inammissibilità per tardività della domanda di liquidazione del danno esistenziale patito deducendo “La domanda di primo grado andava valutata nella sua complessità e non estrapolata la mera richiesta risarcitoria del danno esistenziale" e valorizzano gli elementi di fatto e di diritto offerti dal ricorso e gli esiti dell’istruttoria. La mancata indicazione degli elementi di fatto e di diritto dedotti come pretermessi dal primo giudice e l’esame del testo del ricorso e la lettura delle conclusioni rassegnate con specifica indicazione delle voci di danno richieste, conducono alla conferma della decisione sul punto; il peggioramento della qualità della vita del dipendente non è stato neppure dedotto e tampoco allegato. Gli esiti dell’istruttoria sono indifferenti ai fini dell’esame di una domanda azionata per la prima volte nelle note conclusive.
Deducono ancora gli appellanti incidentali “Cosa può alterare di più la vita di relazione se non la perdita violenta e traumatica di un genitore da parte di figli minorenni e di una moglie giovane?” senza però in alcun modo contestare la condanna al pagamento del risarcimento del danno in loro favore per la subita perdita del congiunto.
Insiste parte appellante incidentale sulla doppia dimensione fenomenologica del danno, quella di tipo relazionale e quella di natura interiore, trascurando di replicare alla argomentazione processuale posta a sostegno della declaratoria di inammissibilità della domanda di danno relazionale.
Accolto per quanto di ragione l’appello principale e respinto quello incidentale, le spese di lite del doppio grado vanno poste a carico del datore di lavoro debitore, pur con il temperamento della compensazione per la metà in ragione della reciproca soccombenza.
Va revocata la condanna contenuta nell’ordinanza di questa Corte in data 10 Dicembre 2015.
 

 

P.Q.M.

 


definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto Omissis il 25 novembre 2015 nei confronti Omissis nonché sull’appello incidentale proposto da questi ultimi con memoria del 25 marzo 2016, avverso la sentenza del Tribunale g.l. di Potenza nr.639 in data 13 ottobre 2015, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
Respinge l’appello incidentale ed in parziale accoglimento di quello principale
condanna la s.p.a al pagamento in favore ...
della somma di €125.000 ciascuno oltre interessi;
Condanna la società al pagamento di un mezzo delle spese di lite del doppio grado, compensando la residua quota; liquida per intero dette spese in complessivi €12.576 quanto al primo grado, oltre IVA e CPA e rimborso forfettario come per legge, ed in complessivi €9.515 quanto al secondo grado, oltre IVA e CPA e rimborso forfettario come per legge; pone a definitivo carico ... le spese di c.t.u. liquidate come in atti.
Revoca l’Ordinanza del 10.12.2015 
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del D.P.R. n. 115/2002, dichiara l’appellante incidentale tenuto all’ulteriore pagamento di un importo pari a quello del contributo unificato dovuto per l’appello incidentale.
Così deciso in Potenza, 28 aprile 2016
depositato in Cancelleria il 19 maggio 2016.