Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 12 gennaio 2017, n. 1322 - Infortunio mortale di due soci con la pompa autocarrata. Carenze riscontrate nei calcoli della saldatura: il progettista non può anche essere colui che verifica la correttezza della progettazione


 

 

 

Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: MENICHETTI CARLA Data Udienza: 15/11/2016

 

 

 

Fatto

 

1. La Corte d'Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Bassano del Grappa nei confronti di A.A., responsabile della progettazione della S. S.p.a. - ditta che aveva progettato ed immesso sul mercato nel 2001 la pompa autocarrata SCL 140-4Z36 - e G.E., socio ed amministratore della medesima, ritenuti responsabili di aver cagionato la morte di T.A. e A.I., a seguito di infortunio sul lavoro, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'A.A. per morte del reo, confermava la condanna del G.E. e pronunciava altresì la condanna di DZ.V. e V.D., soci anch'essi e direttori generali della S. S.p.a.; confermava altresì le statuizioni civili.
L'imputazione traeva origine dall'evento accaduto il 31 luglio 2007, allorquando A.I. e T.A., soci della ditta T.A. & C. snc, erano stati investiti dal braccio estensibile (sfilante) della macchina, che si era abbattuto su di loro provocandone l'immediato decesso, a seguito del cedimento durante la fase di pompaggio del calcestruzzo dello scatolato reggi-braccio anteriore sinistro (porta traversa sfilante) e della conseguente improvvisa inclinazione del mezzo sul lato sinistro.
A V.D., DZ.V. e G.E., nelle rispettive qualità, erano stati addebitati profili di colpa generica e specifica, oltre alla violazione dell'art. 2087 cod.civ., per avere immesso la macchina sul mercato dopo aver affidato allo stesso progettista A.A., anziché a persona terza, le verifiche sulla bontà della progettazione medesima e senza aver prima sottoposto la macchina ad idoneo collaudo, effettuato solo su sollecitazioni di tipo statico.
La Corte territoriale fondava il suo giudizio principalmente sulla perizia dell'Ing. G., tecnico nominato dal Tribunale (e ritenuto illustre esperto della materia quale professore ordinario di meccanica presso il Politecnico di Torino), il quale, del tutto in linea con la relazione dell'Ing. Q., nominato dal G.I.P. in sede di incidente probatorio, aveva riscontrato una serie di errori e carenze nei calcoli della saldatura, ed era pervenuto alla conclusione che il difetto nella progettazione ed il mancato collaudo della tenuta dello scatolato reggi braccio sfilante della macchina rispetto alle sollecitazioni dinamiche, aveva determinato nel tempo la cricca non visibile ed infine il cedimento della saldatura. In particolare, il perito d'ufficio aveva evidenziato che i calcoli del progettista A.A. erano errati ed anzi mancavano, in quanto il sistema di stabilizzazione della macchina era stato trattato come sistema isostatico, mentre in realtà di trattava di un sistema palesemente iperstatico e flessibile: da tale errore concettuale erano dipesi ulteriori risultati erronei.
Passando poi ad analizzare le posizioni dei singoli imputati, la Corte riteneva indubbia la posizione di garanzia del G.E., consigliere di amministrazione con potere di firma disgiunta, unitamente a DZ.V. e V.D., e quindi legale rappresentante insieme a costoro della S. spa, costruttrice e venditrice della macchina in oggetto, e per tale sua posizione destinatario delle norme antinfortunistiche e responsabile per gli eventi dannosi causalmente collegati ai difetti del prodotto immesso sul mercato. In accoglimento dell'impugnazione del P.M., estendeva quindi la condanna anche al DZ.V. e al V.D., titolari della medesima posizione di garanzia, i quali erano stati assolti in primo grado per la ritenuta inutilizzabilità nei loro confronti degli atti di indagine espletati dopo la scadenza del termine del 30 aprile 2009, di durata delle indagini preliminari, e segnatamente della documentazione progettuale acquisita con il sequestro probatorio del 28 luglio 2009, documentazione su cui si era in massima parte basata la perizia dell'Ing. G.. I giudici di appello decidevano invece che era comunque utilizzabile, anche nei confronti dei detti imputati, la perizia dell'Ing. Q., il quale era giunto alle medesime conclusioni del perito nominato dal Tribunale.
2. Gli imputati hanno proposto un unico ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi.
2.1. Con un primo motivo deducono la nullità della sentenza per essere stati acquisiti gli elaborati peritali stilati dal prof. B. e fatti propri dall'Ing. G., unico affidatario dell'incarico peritale ed autorizzato dal giudice ad avvalersi di un ausiliario appartenente al Dipartimento di ingegneria strutturale e geotecnica del Politecnico di Torino, mentre l'Ing. B. apparteneva al diverso Dipartimento di ingegneria spaziale e aerospaziale del medesimo Politecnico, ed inoltre non si era limitato ad una serie di calcoli ma aveva espresso una valutazione critica dei dati.
2.2. Con un secondo motivo eccepiscono ancora nullità della sentenza per violazione di norme processuali, dovuta all'acquisizione al fascicolo del dibattimento, in assenza del tecnico incaricato e dunque in spregio del principio di oralità, dell'integrazione di perizia depositata dagli Ing. G. e B. in risposta alle note critiche del ctp Ing. M..
2.3. Con un terzo motivo lamentano un altro profilo di nullità perché l'Ing. G., in assenza dei tecnici di parte, aveva proceduto ad eliminare con alcool e solventi lo stato di grasso e sporco esistente su parte della saldatura di due elementi portanti del reggi braccio, inesorabilmente mutando il corpo di reato.
2.4. Con un quarto motivo prospettano nullità della sentenza, come conseguenza della nullità della perizia su cui la stessa ha fondato il giudizio di colpevolezza.
2.5. Con un quinto motivo il solo G.E. deduce difetto assoluto di motivazione sullo specifico motivo di appello con cui si era eccepita la inutilizzabilità di tutti gli atti di indagine, atteso che il G.E. era stato rinviato a giudizio senza essere mai stato preventivamente iscritto nel registro degli indagati. 
2.6. Sempre il solo G.E. lamenta, con un sesto motivo violazione di legge e vizio di motivazione per aver ritenuto i giudici del gravame la sussistenza della posizione di garanzia nonostante egli avesse fatto ingresso nel consiglio di amministrazione il 15.6.2000 (come da verbale), e dunque in epoca successiva alla progettazione e alla messa in produzione dell'autopompa.
2.7. Con un settimo motivo riguarda gli imputati DZ.V. e V.D. lamentano violazione di norme procedurali, per essere stata utilizzata documentazione acquisita dopo la scadenza del termine per la conclusioni delle indagini preliminari, correttamente invece ritenuta non valutabile dal Tribunale.
2.8. Viene infine dedotto, come ottavo motivo, il vizio logico in cui sono incorsi i giudici di appello, nell'aver attribuito autorevolezza all'indagine del perito d'ufficio senza vagliare in maniera attenta le osservazioni del consulente di parte.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso di G.E. è fondato nei limiti che seguono, mentre i motivi prospettati dagli altri ricorrenti vanno disattesi.
2. I primi quattro motivi, comuni ai tre ricorrenti, attengono alle modalità di svolgimento delle operazioni peritali e possono essere analizzati congiuntamente.
La Corte territoriale, uniformandosi a quanto già ritenuto dal giudice di primo grado, ha confutato le eccezioni di nullità sollevate dalla difesa, argomentando in maniera corretta, immune dai denunciati vizi di legittimità.
2.1. In particolare, non è stato ritenuto motivo di nullità il fatto che ring. B., ausiliario del perito che aveva effettuato una serie di calcoli, non appartenesse al dipartimento di ingegneria strutturale, nell'ambito del quale ring. G. era stato autorizzato a scegliere il suo collaboratore. Questa Corte ha già affermato che la mancata autorizzazione al perito a servirsi di un ausiliario di sua fiducia per lo svolgimento di attività materiali non implicanti apprezzamenti e valutazioni non determina alcuna nullità, per il principio di tassatività, codificato nell'art. 177 c.p.p. (Sez.5, sent. n.26817 del 4 marzo 2016, Rv.267890): nel caso in esame l'autorizzazione vi era stata, l'ausiliario era stato scelto all'interno del Politecnico di Torino, polo universitario indicato dal giudice, e dunque la valutazione di irrilevanza operata dalla Corte di merito in relazione all'asserito profilo di nullità non integra violazione di legge.
2.2. Quanto all'ulteriore profilo di nullità basato, secondo l'assunto difensivo, sul compimento da parte dell'ausiliario Ing. B. di un'attività di esclusiva competenza del perito, in quanto comportante valutazioni critiche e non meri calcoli, i giudici di merito hanno dato atto che era invece del tutto evidente che l'attività da questi prestata attenesse esclusivamente a calcoli matematici, effettuati secondo i principi di tale scienza. Di qui l'infondatezza dell'eccezione, atteso che i calcoli e la raccolta di dati necessari all'esperto costituisce un'attività materiale che, non implicando apprezzamenti o valutazioni, rientra tra le operazioni legittimamente delegabili dal perito ad un ausiliario di sua fiducia, a norma dell'art. 228, comma secondo, c.p.p. (Sez.3, sent.n.11096 del 10 dicembre 2013, Rv.258888). Tale valutazione è stata operata all'esito della lettura della relazione dell'ausiliario e costituisce accertamento in fatto, sottratto al vaglio del giudice di legittimità. In ogni caso appare evidente che il perito incaricato dell'indagine ha esaminato i calcoli demandati al suo collaboratore di fiducia e li ha recepiti e fatti propri, con una metodologia di lavoro non violativa del dettato normativo e non esorbitante dai limiti della collaborazione autorizzata dal Tribunale.
2.3. L'ulteriore doglianza relativa all'acquisizione al fascicolo del dibattimento dell'integrazione di perizia depositata il 20 marzo 2013 dagli Ing. G. e B. in risposta alle note critiche del consulente di parte Ing. M., sulle quali il perito non era stato sentito oralmente, è stata vagliata dai giudici di merito e disattesa con motivazione che non presenta vizi logici e giuridici.
Già il Tribunale aveva infatti affermato correttamente che si trattava di note scritte meramente esplicative di quanto già esposto oralmente dal perito durante l'esame dibattimentale, sulle quali la difesa aveva ampiamente disquisito e controdedotto, sia per iscritto sia oralmente, alla udienza del 16 aprile 2013.
La Corte di Venezia, nel respingere nuovamente l'eccezione di inutilizzabilità prospettata come motivo di appello, ha motivato sul punto in maniera ancor più esaustiva, sottolineando che in tale integrazione di perizia l'Ing. G. si era limitato a confutare le osservazioni dell'Ing. M. in ordine alla propagazione del tempo della cricca, volte a dimostrare che questa al momento del cedimento del braccio sfilante era visibile e già estesa alla parte esterna della saldatura.
Vi era stata dunque una completa interlocuzione tra le parti, che non ha leso in alcun modo le facoltà difensive.
2.4. E' stata poi ritenuta ininfluente la censura relativa all'operazione di pulizia della saldatura, avvenuta con un batuffolo di cotone imbevuto di alcol, che secondo la difesa avrebbe comportato l'alterazione irreversibile del tratto pulito, dal quale sarebbe stata asportata la ruggine, incidendo sugli esiti della perizia.
La critica a tale aspetto della decisione della Corte di Venezia non ha fondamento, avendo il perito espressamente risposto a precisa domanda sul punto, escludendo che la pulizia avvenuta con un batuffolo intriso d'alcol potesse aver alterato superfici soggette da anni all'umidità e alle intemperie.
Questa Corte non coglie, peraltro, nella questione un elemento dirimente: la contestata operazione di pulizia non riveste un peso risolutivo sulle complesse ed accurate indagini peritali - demandate dapprima all'Ing. Q. e poi all'Ing. G. - fermo restando che i consulenti di parte avevano diritto di partecipare allo svolgimento di tutte le operazioni peritali, e ben il CTU poteva compiere tutto ciò che reputava necessario per l'esame del macchinario (ivi compreso levare il grasso per una più accurata visione del pezzo interessato) senza necessità di interloquire con i consulenti di parte, se non presenti.
3. L'infondatezza delle eccezioni di nullità della perizia porta conseguentemente alla infondatezza del quarto motivo di ricorso, con cui gli imputati eccepiscono la nullità della sentenza basata, a dire della difesa, su una perizia nulla.
4. Il quinto ed il sesto motivo riguardano la posizione del G.E..
4.1. Lamenta il ricorrente che la Corte di Venezia non aveva fornito alcuna risposta alla eccezione di inutilizzabilità degli atti di indagine, compiuti senza la previa iscrizione dell'imputato nel registro degli indagati.
Deduce ancora violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta posizione di garanzia, poiché egli al momento della progettazione e della immissione sul mercato dell'autopompa non era membro del consiglio di amministrazione della S. S.p.a.
4.2. La Corte di merito ha considerato irrilevante la circostanza che il G.E. fosse entrato nel consiglio di amministrazione successivamente alla progettazione della macchina coinvolta nel sinistro, posto che all'epoca la stessa era ancora in produzione e poi fu venduta alla V.: l'ingresso successivo agli altri consiglieri nel consiglio di amministrazione non lo esonerava infatti dal dovere di vigilanza ed eventuale intervento sostitutivo nella gestione di quegli obblighi, non trasferibili, inerenti alla prevenzione degli infortuni sul lavoro posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravanti altresì indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione.
L'argomento sviluppato non è adeguato a fondare il giudizio di colpevolezza, poiché non fornisce una convincente spiegazione sull'assunzione di una posizione di garanzia.
La contestazione mossa al G.E. comprende, accanto ad una colpa generica, uno specifico profilo di colpa consistita nell'aver affidato ad A.A., già progettista della macchina, anche il compito di effettuare le verifiche sulla progettazione della medesima, nonché verificare la correttezza dei rapporti di calcolo e degli schemi associati, non predisponendo pertanto accorgimenti organizzativi idonei perché fosse adeguatamente verificata la correttezza della progettazione da persona terza; ed altresì non predisponendo i necessari accorgimenti organizzativi perché la macchina fosse sottoposta a necessario ed idoneo collaudo, ovvero facendo effettuare un collaudo avente ad oggetto solo sollecitazioni di tipo statico, e successivamente immettendo la macchina sul mercato. 
Si legge nella sentenza impugnata che la macchina venne acquistata dalla V. nel 2001 ed è incontestato, in quanto documentalmente dimostrato, che il G.E. entrò nel consiglio di amministrazione della società costruttrice il 15 giugno 2000.
Posto questo limitato arco temporale, appare assolutamente generica ed apodittica l'affermazione della Corte di Venezia secondo la quale il G.E. avrebbe comunque dovuto vigilare sul rispetto delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, poiché ciò che gli si contesta - come già evidenziato - è un'errata progettazione della macchina, la verifica di tale progettazione affidata al medesimo tecnico progettista ed un collaudo meramente statico della stessa, operazioni che i giudici di merito non hanno puntualmente dimostrato che siano avvenute quando era stata già assunta dal ricorrente la posizione di garanzia.
4.3. Per tale ragione la sentenza va annullata con rinvio alla Corte di merito, la quale esaminerà anche la rilevanza della mancata iscrizione del G.E. nel registro degli indagati.
5. Gli ultimi due motivi riguardano le posizioni di DZ.V. e V.D..
5.1. I ricorrenti censurano l'utilizzo da parte della Corte distrettuale di documentazione acquisita dopo il termine di conclusione delle indagini preliminari, documentazione di cui invece il Tribunale aveva escluso la utilizzabilità, pervenendo per tale ragione ad una pronuncia assolutoria.
La differente decisione dei giudici di appello è corretta in diritto e rispettosa delle norme procedurali.
Nella impugnata sentenza si evidenzia infatti in maniera esaustiva come tali documenti siano stati acquisiti in originale a seguito di perquisizione e sequestro, operazioni eseguite effettivamente dopo la scadenza dei termini per le indagini preliminari, ma la documentazione progettuale della S. esaminata dal perito Ing. G. faceva già parte, pur se in copia, del compendio probatorio, in quanto messa a disposizione dell'Ing. Q., perito del GIP, dalla stessa S. al momento dell'incidente probatorio, circostanza questa desunta pacificamente dalla lettura della perizia Q., nella quale si da atto che i documenti specificamente menzionati nell'elenco ivi riportato erano stati forniti appunto dalla S. ed erano stati "acquisiti agli atti dal perito industriale G.G. c/o Spisal per il P.M.": tra tali documenti vi erano i disegni costruttivi, le schede di dimensioni e pesi della macchina e le relazioni di calcolo. Dal corpo dell'elaborato peritale risultava poi che tali documenti erano stati ben valutati dall'Ing. Q., che aveva svolto una analisi critica della documentazione progettuale S., posta a fondamento sia delle conclusioni cui era pervenuto nella relazione d'ufficio sia delle contro osservazioni del prof. Resta, all'epoca consulente tecnico degli imputati. L'Ing. G., nominato dal Tribunale, nel contraddittorio anche degli altri due imputati G.E. ed A.A., non presenti all'incidente probatorio, non aveva fatto altro che valutare nuovamente la medesima documentazione, acquisita in originale all'esito del sequestro fuori termine, ma - ribadisce la Corte di Venezia - già presente in copia ed esaminata anche dal consulente degli imputati.
Di qui la corretta pronuncia di rigetto dell'eccezione di inutilizzabilità, trattandosi di atti che già erano stati ritualmente acquisiti in copia prima della scadenza dell'indicato termine.
5.2. Come ottavo motivo, infine, il V.D. e il DZ.V. prospettano un vizio logico in cui sarebbe incorsa la Corte d'Appello, nell'aver aderito alle conclusioni del perito d'ufficio senza vagliare le osservazioni critiche mosse dal consulente di parte.
Il motivo è generico e non si confronta con le puntuali argomentazioni sviluppate nell'impugnata sentenza.
Appare opportuno ricordare, in punto di diritto, che se il giudice ha indicato esaurientemente le ragioni del proprio convincimento, non è tenuto a rispondere in motivazione a tutti i rilievi del consulente tecnico della difesa, in quanto la consulenza tecnica costituisce solo un contributo tecnico, di natura eventuale, a sostegno della parte e non un mezzo di prova che il giudice deve necessariamente prendere in esame in modo autonomo (Sez.5, sent.n.42821 del 19 giugno 2014, Rv.262111).
Orbene, il Tribunale ha ritenuto di nominare l'Ing. G. proprio per approfondire l'indagine sulla causa del sinistro.
L'Ing. Q., d'accordo con i consulenti del P.M. e delle parti civili, aveva ricondotto l'evento mortale ad un difetto di progettazione: la rottura del sostegno anteriore sinistro del braccio sfilante era stata determinata dal cedimento delle saldature che formavano la parte anteriore del sostegno, verosimilmente causato da un'iniziale cricca della saldatura nel punto dove il braccio sfilante trasmetteva lo sforzo del sostegno medesimo, cricca che era proseguita nel tempo in tutta la lunghezza, sino a provocare il distacco degli elementi strutturali che componevano il sostegno, e infine del braccio sfilante. Secondo il perito, l'acquisita documentazione progettuale (la medesima, di cui si è detto al punto 5.1., che venne poi in originale sequestrata fuori termine), dimostrava che non si era tenuto conto dell'aumento delle sollecitazioni durante la fase di pompaggio del calcestruzzo, e dunque vi era stato un errore di calcolo iniziale che nel tempo aveva portato al cedimento delle parti meccaniche dello scatolato reggi-braccio. Per altro verso, poiché la cricca sulla saldatura nella traversa porta sfilante era posizionata in una zona difficilmente accessibile ad un controllo diretto, non era possibile prevenirne la propagazione ed il cedimento anche con regolari controlli periodici.
L'Ing. M. aveva invece parlato di calcoli corretti ed aveva attribuito la responsabilità del sinistro unicamente all'uso scorretto del mezzo, che nel corso degli anni non era stato mai stabilizzato con l'estensione di tutti gli stabilizzatori, e ciò aveva determinato l'insorgenza della cricca, mai rilevata a causa dell'omessa manutenzione da parte degli utilizzatori.
L'Ing. G., con l'ausilio dell'Ing. B., confrontatosi con le opinioni dei tecnici precedentemente incaricati dall'ufficio e dalle parti, dopo aver vagliato analiticamente tutte le osservazioni critiche mosse dal consulente della difesa alla prima perizia, aveva ribadito l'errore progettuale, consistito in una progettazione meramente statica, nonostante si trattasse di una tipologia di macchina funzionalmente sollecitata da carichi dinamici e soggetta ad assumere configurazioni geometriche molto differenti tra loro.
Ciò posto, la Corte territoriale non si è limitata a recepire acriticamente le conclusioni del perito d'ufficio, già fatte proprie dal Tribunale, ma ha spiegato in maniera puntuale le ragioni del suo convincimento, riportando in maniera ampia ed analitica il contenuto delle indagini peritali e delle verifiche effettuate dall'Ing. G., non mancando di sottolineare sia l'elevata competenza del perito ed i suoi titoli scientifici, sia il fatto che le conclusioni cui era pervenuto erano supportate da quelle già espresse dall'Ing. Q., dall'Ing. B., consulente del P.M., e dai due consulenti tecnici nominati dalle parti civili.
Più esperti dunque avevano espresso le medesime opinioni tecniche, avendo tutti ritenuto che la rottura dello scatolato reggi-braccio anteriore sinistro (porta traversa sfilante) era stata determinata dal cedimento della saldatura dovuto ad una cricca formatasi su di essa - cricca situata in posizione talmente nascosta da non poter essere riscontrata attraverso normale manutenzione e normali controlli - che si era estesa ed evoluta fino alla frattura finale, e che le carenze riscontrate nei calcoli della saldatura medesima erano dovute alla inadeguatezza del progetto predisposto dall'A.A. per la S..
Tale univocità di pareri scientifici aveva dunque convinto i giudici di merito che la mancata progettazione ed il mancato collaudo della tenuta dello scatolato reggibraccio sfilante della macchina rispetto alle sollecitazioni dinamiche nel tempo avesse determinato la cricca non visibile ed infine il cedimento della saldatura, per essere errati a monte i calcoli dell'A.A. ed anzi mancanti, in quanto il sistema di stabilizzazione della macchina era stato trattato come sistema isostatico, mentre si trattava in realtà di un sistema palesemente iperstatico e flessibile, e da tale errore concettuale erano poi dipesi ulteriori risultati erronei.
La tesi dell'Ing. M. era pertanto rimasta isolata.
La Corte di Venezia ha sviluppato un ragionamento logico, oltre che supportato da dati scientifici, immune dal denunciato vizio motivazionale.
6. I ricorsi del V.D. e del DZ.V. vanno perciò rigettati ed i medesimi ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di G.E., con rinvio alla Corte d'Appello di Venezia.
Rigetta i ricorsi di V.D. e DZ.V., che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 novembre 2016