Cassazione Penale, Sez. 4, 23 gennaio 2017, n. 3276 - Infortunio mortale nel porto di Cagliari durante le operazioni di derizzaggio e di sbarco a terra di semirimorchi


 

 

Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: CENCI DANIELE

 

 

 

Fatto

 


1. Il 15 gennaio 2015 la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cagliari del 10 novembre 2011 all'esito del processo per l'omicidio colposo di F.S., ha assolto L.B., F.C. e S.M. dall'accusa con la formula "per non aver commesso il fatto", ha ridotto la pena, confermando l'an della responsabilità penale, nei confronti di E.F. e di S.M., ai quali ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, ha revocato le statuizioni civili contenute nella sentenza impugnata, essendo risultato l'avvenuto risarcimento dei danni medio tempore alle parti civili costituite, ed ha confermato, nel resto, la decisione, conseguentemente condannando D.P.e M.S., imputati appellanti risultati totalmente soccombenti, al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio.
2. Tutti gli imputati erano accusati, ai sensi degli arti. 113 e 589 cod. pen., del reato di omicidio colposo di F.S., operaio che la sera del 19 giugno 2006 era impegnato nel porto di Cagliari nelle operazioni di derizzaggio (cioè di scioglimento dalle "rizze" ossia dalle catene) e di sbarco a terra di semirimorchi imbarcati sulla motonave Adriatico della Compagnia Tirrenia che, proveniente da Napoli, era attraccata nel capoluogo della Sardegna.
3. Dalle sentenze di merito si traggono le seguenti informazioni.
L'operaio, messo a disposizione dalla Compagnia dei Lavoratori Portuali (acronimo: C.L.P.) alla s.r.l. C.T.O. (acronimo di Combined Terminal Operators), il cui presidente del consiglio di amministrazione era E.F., era morto, schiacciato da un semirimorchio che si era spostato, in quanto urtato dal trattore, di proprietà della C.T.O. ed in quel momento guidato da D.P., dipendente della C.T.O. Il trattore era impegnato nell'attività consistente nell'agganciare e quindi portare a terra i semirimorchi: a causa dell'urto del trattore sul semirimorchio, esso si spostava e andava a collidere con un altro semirimorchio, parcheggiato dietro lo stesso alla distanza di un metro dal primo, mentre il lavoratore portuale si trovava proprio nello spazio tra i due mezzi: in conseguenza F.S. moriva sostanzialmente sul colpo.
In prossimità del luogo dell'infortunio si trovava l'ulteriore dipendente della C.T.O., in veste di preposto quale responsabile di banchina, S.M..
Il semirimorchio urtato dal trattore e spostatosi all'indietro sino a schiacciare il lavoratore F.S. risultava avere malfunzionante il sistema di freno idraulico, il cui funzionamento presupponeva il previo aggancio con il motore del mezzo trainante, e del tutto non funzionante il freno di stazionamento (in pratica, un freno a mano), la cui cordicella veniva trovata dalla polizia giudiziaria arrotolata ed in condizioni tali da far ritenere che non fosse in funzione da tempo. Tale semirimorchio era di proprietà della s.r.l. Trans Isole, il cui amministratore unico era M.S..
4. La Corte territoriale, che assolveva altri imputati (L.B., F.C. e S.M.) per la ritenuta estraneità degli stessi ai fatti, confermava l'affermazione di penale responsabilità dei quattro imputati odierni ricorrenti, D.P., S.M., E.F. e M.S. (a due dei quali, cioè S.M. e E.F., mitigava il trattamento sanzionatorio sia riducendo la pena sia concedendo la sospensione condizionale), argomentando per ciascuno come di seguito si sintetizza.
4.1. Quanto a M.S., amministratore unico della s.r.l. Trans Isole, proprietaria del semirimorchio targato SA 08296, che urtato dal trattore, si era mosso schiacciando il lavoratore contro un altro semirimorchio, si riteneva sussistente la cooperazione colposa nel reato per profili di colpa sia specifica (violazione dell'art. 374 del d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547) che generica, non avendo - si è ritenuto - il proprietario provveduto a mantenere in buono stato di conservazione i freni del semirimorchio, immesso nella circolazione senza efficiente sistema frenante.
Pur condividendo la Corte territoriale il rilievo difensivo contenuto nell'atto di appello circa l'irrilevanza, nella vicenda in esame, del cattivo stato di manutenzione dei freni idraulici del semirimorchio, risultati come viziati ed inefficienti, perché il loro funzionamento presupponeva il previo collegamento con l'impianto frenante del trattore, cosa che nel caso di specie non si era ancora verificata, sottolineava, tuttavia, come decisiva la circostanza che fosse del tutto non funzionante il freno di stazionamento, in pratica il "freno a mano" del semirimorchio, tanto che la relativa cordicella era stata trovata arrotolata e con segni di ruggine e polvere tali da ritenere che fosse in disuso da tempo.
Sotto il profilo causale, la Corte territoriale riteneva decisiva la circostanza, giudicata dimostrata a dibattimento, che, per effetto della vera e propria mancanza di ogni sistema di frenaggio del semirimorchio, lo stesso, ricevuto un colpo da parte del trattore condotto da D.P. che doveva agganciarlo e trascinarlo fuori, si era mosso ed era arretrato, così schiacciando l'operaio F.S.: ha ritenuto, dunque, sussistente il nesso causale, stimando che un efficiente sistema frenante del semirimorchio avrebbe impedito l'arretramento di un metro del rimorchio, con la conseguenza letale di cui si è detto.
Ha disatteso l'argomento difensivo incentrato sulla dedotta decisività a fini liberatori da responsabilità dell'avvenuta revisione del mezzo, avvenuta sei mesi prima, affermando che incombe, in ogni caso, sul proprietario il preciso obbligo di mettere in circolazione un mezzo frenante.
4.2. Quanto ad E.F., datore di lavoro in quanto presidente del Consiglio di amministrazione della C.T.O. (acronimo di Combined Terminal Operators), la società a responsabilità limitata che era incaricata dei compiti di derizzaggio e di sbarco dei semirimorchi da nave a terra nel porto di Cagliari e che era proprietaria del trattore CVS usato nell'operazione in questione, se ne era ritenuta in primo grado la responsabilità sotto una pluralità di profili di colpa specifica.
Esclusa in appello l'incidenza causale di alcuni tra gli aspetti pur segnalati nel capo di accusa e valorizzati dal Tribunale, la Corte territoriale ha sottolineato: 1) l'omessa previsione di uno specifico servizio di segnalazioni svolto con lavoratori incaricati di controllare la zona di azione non visibile dal posto di manovra del conducente del trattore, che peraltro agiva necessariamente in retromarcia nell'attività in questione, affinché nessuno si trovasse nella pericolosa zona di azione del mezzo; 2) l'omissione nell'assicurare che la zona posteriore del semirimorchio interessato dallo spostamento venisse illuminata, essendo scarsamente visibile; 3) ed anche l'omissione nell'esigere e nel verificare che il segnalatore acustico ("cicalino") del trattore adoperato da D.P. il giorno dell'incidente fosse in buono stato di conservazione in relazione alle esigenze di sicurezza durante le operazioni di derizzaggio e di sbarco dei semirimorchi, essendo emerso, tramite la consulenza tecnica disposta dal Pubblico Ministero, che tale dispositivo, oltre che il segnalatore visivo collocato sulla cabina del mezzo e financo la lampadina di posizione posteriore del mezzo, non erano funzionanti.
Sotto il profilo della sussistenza del nesso causale tra la condotta di E.F. e l'evento, ha particolarmente sottolineato la Corte di appello che, se avesse funzionato il sistema di avviso della retromarcia del trattore e se vi fosse stato un lavoratore specificamente addetto, diverso dalle tre persone contemporaneamente impegnate nel derizzaggio, a segnalare la presenza di persone in prossimità del mezzo in movimento, sicuramente l'infortunio mortale non si sarebbe verificato e F.S. sarebbe ancora vivo.
4.3. In relazione alla posizione di S.M., in qualità di responsabile di banchina e di preposto della società C.T.O., il profilo di colpa ritenuto sussistente è stato quello di non avere disposto, nella concreta situazione, un servizio di segnalazioni a terra svolto con lavoratore incaricato di controllare la zona di azione non visibile dal posto di manovra del conducente del trattore e diverso dai componenti la squadra addetta al derizzaggio, affinché nessuno si trovasse nella pericolosa zona di azione del mezzo: e ciò, peraltro, in chiara violazione di quanto scritto nella scheda n. 20 A del documento di valutazione dei rischi CTO, ove si legge che è necessaria l'«effettuazione delle varie fasi sotto la diretta sorveglianza di un preposto che gestisca tutte le operazioni, di un addetto al montacarichi, di un segnalatore che - per ogni trattore - controlli e coordini tutte le operazioni di attacco-distacco-rizzaggio-derizzaggio dei trailers [cioè dei semirimorchi], autorizzando le operazioni con un fischietto [...]» (così alla p. 27 della sentenza di appello). La mancanza di tale fondamentale cautela ha costituito nesso di causalità - ha ritenuto la Corte territoriale - rispetto all'evento.
4.4. Quanto, infine, a D.P., il lavoratore che conduceva il trattore che ha urtato il container, si è ritenuto che lo stesso abbia condotto il mezzo in condizioni di evidente insicurezza e di pericolosità per chiunque si trovasse nel raggio di azione del mezzo: manovra in retromarcia, già di per sé comportante ridotta visibilità; assenza di funzionamento del "cicalino" acustico e della segnalazione luminosa relativa al mezzo in movimento; non funzionamento della luce di posizione posteriore; assenza di un'assistenza a terra che potesse segnalare eventuali problemi; con conseguente sussistenza di profili di colpa, sia specifica che generica, e di sicuro nesso di causalità in quanto, secondo la Corte di appello, l'osservanza delle cautele avrebbe sicuramente scongiurato l'evento letale. 
5. Hanno presentato tempestivo ricorso per cassazione, tramite difensore, gli imputati M.S., E.F., S.M. e D.P., denunziando vizi riconducibili alle categorie della violazione di legge e del difetto motivazionale.
Si enunziano i motivi di ricorso nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto prescritto dall'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
5.1. La difesa di M.S. articola la proprie difese sotto vari profili.
5.1.1. Nella prima parte del ricorso contesta, in buona sostanza, l'affermazione di colpa in capo al proprio assistito, che, avendo garantito la regolare effettuazione della revisione, come accertato dal consulente del P.M., il 23 gennaio 2006, cioè mezzo sei mesi prima del fatto, avrebbe così effettuato ed esaurito ciò che era tenuto a fare ed al quale non sarebbero imputabili, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, profili di colpa né generica né specifica, essendo stato, ad avviso del ricorrente, ingiustamente condannato per una mera responsabilità oggettiva, derivane della proprietà del mezzo, in contrasto con precetti sia codicistici che costituzionali.
Né sarebbe comprovata - si assume - da emergenze istruttorie l'affermazione, contenuta alla p. 23 della sentenza impugnata, secondo cui «[...]lo stato in cui fu trovato il cavo dei freni (arrotolato sull'asse) [...] lascia intendere come la rottura non fosse recente e, quindi, ben riconoscibile»
5.1.2. Nella seconda parte del ricorso evidenzia che il lavoratore poi deceduto avrebbe tenuto un comportamento abnorme, con chiara interruzione del nesso di causalità, e che sia la vittima sia i suoi compagni di squadra (M.M. ed I.M.) sia il conduttore del trattore avrebbero commesso, nello svolgimento di un'attività rischiosa, imprudenze assai gravi, in violazione di precetti sia specifici che generici, tali da costituire causa esclusiva dell'evento letale.
5.1.3. Contesta, inoltre, la valutazione operata nella sentenza di appello, sul punto in difformità dal Tribunale, e che ha condotto all'assoluzione di tre originari coimputati, a proposito della non sicura rilevanza nel caso di specie della questione relativa alla assenza / presenza nel caso di specie dei fermi sotto le ruote dei veicoli trasportati sulla nave.
5.1.4. Ritiene che la corretta valutazione di altro comportamento gravemente colposo di persone già imputate e di altre mai imputate, che avrebbero agito nel porto di partenza, cioè Napoli, e che avrebbe concausato i fatti, escluderebbe ulteriormente la responsabilità di M.S.. In ogni caso, fa presente che il rischio che il semirimorchio potesse avere freni non perfettamente funzionati non era un rischio imprevedibile. Segnala, poi, che vi sarebbe contrasto tra la motivazione della sentenza ed il contenuto delle prove raccolte e che dagli atti del processo, che sarebbero stati valutati superficialmente dalla Corte territoriale, in realtà emergerebbe la responsabilità esclusiva di altre persone, già imputate e non, concretamente intervenute nella vicenda, ad eccezione tuttavia di M.S..
5.1.5. Censura la mancata assunzione di una perizia di ufficio in appello, al fine di dirimere i numerosi dubbi.
5.1.6. Nell'ultima parte del ricorso denunzia, infine, il trattamento sanzionatorio stimato eccessivamente severo e l'esito del giudizio di bilanciamento tra le circostanze che avrebbe dovuto, auspicabilmente, condurre alla prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante, se non altro in considerazione del risarcimento del danno alle parti civili intervenuto nel corso del processo di appello.
5.1.7. Con memoria depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2016 intitolata "motivi nuovi" sono stati sostanzialmente ribaditi gli argomenti contenuti nel ricorso, con particolare riferimento al tema della mancata apposizione dei cunei (o "tacchi") sotto le ruote del semirimorchio e a quello dell'assenza di colpa in capo all'imputato «S.M., titolare di un'impresa con 1500 articolati e 147 dipendenti, [che] avendo sottoposto il mezzo a recente revisione, potrebbe essere tacciato di colpa specifica soltanto nell'ipotesi che i suoi autisti gli avessero segnalato il guasto ed egli non avesse provveduto alla riparazione [...] la Corte di Appello ha ritenuto dì risolvere la questione dubitando addirittura della "veridicità della revisione" in modo assolutamente apodittico non emergendo alcun dato dai quale desumere che la revisione non fosse stata in concreto eseguita» (p. 5 della memoria cit.).
5.2. Nell'ambito di ricorso unitariamente presentato nell'interesse degli imputati E.F., S.M. e D.P., nell'interesse di E.F. si è censurata, in primo luogo, la decisione di merito nella parte in cui ha dato atto del mancato funzionamento degli impianti di sicurezza, acustica e visiva, del trattore al momento dell'infortunio, ritenendo, tuttavia, non adeguatamente confutato nella motivazione della Corte territoriale l'assunto difensivo, sostenuto in appello, secondo il quale tali meccanismi di sicurezza, sicuramente funzionanti il giorno dell'incidente, si sarebbero però entrambi, siccome circuiti elettrici, deteriorati nei quaranta giorni in cui il mezzo è stato custodito, peraltro allo scoperto, all'Interno della caserma dei Vigili del fuoco di Cagliari prima di essere sottoposto a perizia.
Si è evidenziato che, del resto, il trattore è soggetto a periodica revisione e che due testimoni, che la Corte territoriale ha però ritenuto non attendibili, hanno riferito che il 19 giugno 2006 entrambi i meccanismi di sicurezza funzionavano.
Quanto all'affermazione della Corte di appello secondo cui, ove F.S. fosse stato avvisato dai meccanismi acustici e visivi dell'arrivo del trattore, non avrebbe sostato tra i rimorchi e, quindi, sarebbe ancora in vita, osserva la difesa del ricorrente che sicuramente la vittima ben sapeva che era in movimento il trattore, proprio perché stava attendendo alle operazioni di collegamento tra il semirimorchio ed il mezzo a motore guidato da D.P..
Del resto, F.S. avrebbe commesso - si sostiene nel ricorso di E.F. - la gravissima imprudenza di collocarsi dietro il semirimorchio.
Si censura, poi, l'affermazione di penale responsabilità nei confronti del presidente del Consiglio di amministrazione della s.r.l. C.T.O., perché sarebbe inesigibile in concreto che un soggetto in posizione apicale di un'organizzazione complessa come quella che il difensore assume essere la C.T.O. possa occuparsi di questioni di dettaglio.
Quanto all'ulteriore profilo di colpa addebitato a E.F., si critica l'interpretazione della Corte a proposito della necessità che il soggetto incaricato delle segnalazioni debba essere necessariamente diverso da quelli impegnati nelle operazioni di derizzaggio e sbarco, poiché, invece, ad avviso del ricorrente, ben poteva incaricarsi al riguardo uno dei tre componenti la squadra, come del resto sembra fosse la prassi nel porto, almeno secondo quanto riferito da alcuni testi, che hanno parlato di un "via libera" che dava un operaio al manovratore del trattore mediante un fischio fatto con la bocca: l'impegno dei tre componenti la squadra non era comunque, secondo la difesa di E.F., talmente assorbente da impedire loro di svolgere il servizio di segnalazione.
5.3. Quanto a S.M., si sono richiamati (il ricorso, come si è detto, è unitario) gli stessi argomenti svolti nell'interesse di E.F. al fine di escludere profili di colpa per avere omesso di assicurare la presenza di un segnalatore che orientasse il trattore.
5.4. Nell'interesse di D.P. si sono richiamate le medesime considerazioni nell'interesse di E.F. a proposito della dedotta irrilevanza causale del malfunzionamento degli impianti di sicurezza, acustico e visivo, che si assumono essere stati efficienti il giorno dell'infortunio, salvo deteriorarsi entrambi nel periodo di stazionamento all'interno del cortile della caserma dei Vigili del Fuoco di Cagliari.
Quanto, poi, alla manovra di agganciamento culminata nel colpo dato dal trattore al rimorchio, quindi indietreggiato, si sostiene che D.P. ben poteva fare affidamento nella comprovata esperienza degli addetti al servizio di derizzaggio e sbarco, i quali avrebbero sicuramente comunicato al conducente il trattore eventuali situazioni di pericolo ed ai quali, in buona sostanza, sarebbe spettato verificare che F.S. non stazionasse nella zona retrostante il rimorchio da agganciare.
Non potrebbe, infine, addebitarsi a D.P. - si sostiene nel ricorso - la causazione di un forte urto contro il semirimorchio, poiché, essendo lo stesso del tutto privo di freni, sarebbe stata sufficiente una lieve spinta, certamente non indice di condotta maldestra e sintomatica di significativa imperizia, a farlo muovere in direzione del malcapitato.
5.5. Solo in via subordinata si denunzia, nell'Interesse di E.F., di S.M. e di D.P., sotto il profilo dell'insufficienza motivazionale, il trattamento sanzionatorio, stimato di eccessivo rigore e senza adeguata spiegazione, in quanto invece, ad avviso dei ricorrenti, si sarebbero dovute concedere le circostanze attenuati generiche prevalenti, tenuto conto dell'incensuratezza dei tre imputati e del risarcimento del danno avvenuto nel corso del processo di appello.
5.6. Si assume, infine, violato infine l'art. 114 cod. pen., potendosi ravvisare nella condotta di E.F., di S.M. e di D.P. i requisiti della partecipazione di minima importanza.
6. Si chiede, in definitiva, da parte di tutti i ricorrenti l'annullamento della sentenza impugnata.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso di M.S. è - parzialmente - fondato e, in conseguenza, merita accoglimento, mentre vanno rigettate le impugnazioni proposte nell'interesse dei coimputati, per le ragioni che si passa ad illustrare.
2. Quanto ai ricorsi di S.M., D.P. ed E.F., infatti, come emerge dal confronto tra i motivi di appello, quelli di ricorso e la sentenza di secondo grado, risultano incentrati sulla mera riproposizione di questioni già sottoposte al giudice dell'appello e disattese con motivazione non illogica né incongrua e che si salda, comunque, con quella, conforme, del Tribunale; essi, inoltre, al limite dell'inammissibile, per lo più sottopongono all'attenzione della S.C. questioni di fatto già risolte dalla Corte di appello, auspicando una rilettura "alternativa" della valenza degli elementi istruttori posti a fondamento di una "doppia conforme", ciò che, come noto, non è consentito nel giudizio di legittimità. 
I giudici di merito, infatti, già hanno, adeguatamente ed in maniera logica, spiegato che risulta del tutto «inconsistente» la tesi difensiva incentrata sul(l'ipotetico) dedotto deterioramento del trattore durante la permanenza, peraltro sotto custodia, dentro la caserma dei Vigili del Fuoco, con particolare riferimento al "cicalino", in quanto, in realtà, il consulente del P.M. ha effettuato la verifica proprio «sul mezzo come sì trovava al momento del sinistro» (così alla p. 24 della sentenza impugnata), conseguentemente stimando, con innegabile coerenza logica, compiacenti le dichiarazioni dei testi M. e Me. circa l'effettivo funzionamento dei meccanismi di segnalazione di pericolo il giorno dell'incidente (p. 24 della sentenza impugnata); l'argomentazione incentrata su una pretesa gravissima colpa della vittima, ben consapevole del rischio cui si esponeva, è stata disattesa escludendosi espressamente ogni abnormità ovvero eccentricità nella condotta del lavoratore, il quale stava svolgendo proprio le mansioni assegnategli nell'ambito della squadra di lavoro cui apparteneva, con richiamo al riguardo da parte dei giudici di merito di pertinente giurisprudenza di legittimità (p. 19 della sentenza impugnata; v. anche pp. 79-80 della sentenza del Tribunale); hanno ritenuto, quanto alla specifica posizione di E.F., che l'imputato non si sia curato di impartire le opportune disposizioni e di garantire il rispetto delle prescrizioni antinfortunistiche affinché le operazioni di scarico dalla nave si svolgessero in sicurezza (pp. 24-26 della sentenza impugnata); con riferimento al tema delle segnalazioni, la Corte territoriale ha chiarito, puntualizzando peraltro un aspetto diversamente affrontato dal Tribunale, che non venne predisposto un adeguato servizio di segnalazione da parte di un altro lavoratore non facente parte della squadra addetta al derizzaggio del semirimorchio, in chiara violazione della disposizione di cui all'art. 182, comma 2, e di cui alla lettera B della scheda n. 2.O.B. del documento intitolato "Attuazione della normativa per il miglioramento della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro", violazione che ha avuto una indubbia efficacia causale rispetto all'infortunio come in concreto accaduto (pp. 26 e 28-29 della sentenza impugnata e passim). Né alcun pregio hanno, all'evidenza, i rilievi difensivi incentrati su elementi squisitamente fattuali ed indimostrati, quali pretese prassi aziendali difformi da regole di sicurezza, l'asserita preparazione professionale dei colleghi di F.S., il quantum di forza impressa dall'urto del trattore, privo di apparecchi acustici e visivi che segnalassero il pericolo ed incautamente condotto, sul semirimorchio che, spostatosi indietro per effetto dell'impatto, ha travolto la vittima. Le sentenza della Corte di appello e del Tribunale hanno, infine, adeguatamente motivato la scelta del trattamento sanzionatorio conforme a diritto ed a giustizia per ciascuno degli imputati riconosciuti responsabili, escludendo, con implicita evidenza, nella parte ricostruttiva dedicata a ciascuno degli imputati, la ricorrenza di un caso di partecipazione al reato stimabile in termini di minima importanza (quanto a S.M., v. pp. 26-27 della sentenza di appello e pp. 70-71 della sentenza di primo grado; quanto a D.P., v. pp. 27-28 della sentenza impugnata e p. 70 di quella del Tribunale; quanto a E.F., v. pp. 24-26 della sentenza della Corte territoriale e pp. 71-73 dell'ulteriore decisione).
3. Diversa, come si è accennato, la posizione processuale di M.S..
3.1. Vanno certamente disattesi tutti i motivi di ricorso incentrati sulla pretesa abnormità del comportamento del lavoratore (punto n. 5.1.2. del "considerato in diritto"), per le medesime ragioni già esposte al punto immediatamente precedente, ed alla possibile corresponsabilità di altre persone, processate ed assolte ovvero mai imputate, anche eventualmente agenti nel porto di imbarco (punto n. 5.1.4. del "considerato in diritto"), la cui ipotetica emersione non varrebbe comunque ad elidere l'ari della responsabilità penale dei ricorrenti.
Quanto al rilievo circa la mancata apposizione dei cunei sotto le ruote (punto 5.1.3. del "considerato in diritto"), le sentenze di merito si profondono nella spiegazione, strutturata in maniera non illogica, del perché non si è ritenuto «che la posizione di cunei avrebbe conseguito il certo risultato di impedire l'arretramento dei semirimorchio» (pp. 18, 21-23 e 25-27 della sentenza di appello; cfr. altresì pp. 66-73 di quella di primo grado).
A proposito della mancata assunzione di perizia in appello (punto n. 5.1.5. del "considerato In diritto"), la Corte territoriale, alla p. 18 della motivazione, ha adeguatamente spiegato perché abbia stimato non indispensabile la richiesta rinnovazione del dibattimento. Ed è principio pacifico quello secondo la quale la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello è evenienza eccezionale, subordinata ad una valutazione di assoluta necessità (cfr. Sez. U, n. 12602 dei 17/12/2015 dep. 2016, Ricci, Rv. 266820; tra le Sezioni semplici, v., ex piurimis, Sez. 2, n. 41808 del 27/09/2013, Monglardo, Rv.256968; Sez. 2, n. 3458 del 01/12/2005 dep. 2006, Di Gloria il Grande e altri, Rv. 233391; Sez. 3, n. 21687 del 07/04/2004, Modi e altro, Rv. 228920; Sez. 2, n. 8106 del 26/04/2000, Accettola, Rv. 216532; Sez. 5, n. 7569 del 2/04/1999, Jovino, Rv. 213637) e che il rigetto dell'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello si sottrae al sindacato di legittimità quando la struttura argomentativa della motivazione e della decisione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità (cfr., ad es., Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, Trecca, v. 257741). 
3.2. Quanto alla profilo della sussistenza della colpa in capo all'Imputato S.M., tuttavia, le censure difensive colgono nel segno.
La Corte territoriale, infatti, nella parte della motivazione dedicata al «rilievo difensivo [svolto in appello] secondo cui all'imputato non è attribuibile l'inosservanza della regola cautelare, in quanto il semirimorchio era stato sottoposto a revisione con esito favorevole alla circolazione in data 23 gennaio 2006» e l'infortunio è accaduto il 19 giugno 2006, si è limitata ad osservare che «Anche ammettendo la veridicità della revisione, il tempo decorso tra questa e l'incidente - ben sei mesi - non è tale da escludere l'obbligo in capo all'imputato, di sottoporre il mezzo a verifica dell'efficienza, anche in considerazione dello stato in cui fu trovato il cavo dei freni (arrotolato sull'asse) che lascia intendere come la rottura non fosse recente e, quindi, ben riconoscibile» (così alla p. 23 della sentenza impugnata).
Osserva il Collegio che la Corte territoriale non soltanto ha tratto, senza tuttavia spiegare adeguatamente il perché, dalle concrete condizioni in cui si presentava il cavo del freno, cioè arrotolato sull'asse (pp. 23 e 19 della sentenza impugnata; alla p. 48 della sentenza di primo grado si indica che il cavo presentava tracce di ruggine e di polvere ciò che però non appare, almeno nel concreto contesto descritto, di per sé dirimente), la certezza che la rottura dell'impianto frenante fosse risalente nel tempo, ma anche - e soprattutto - ha totalmente omesso di approfondire l'aspetto relativo alla catena di gestione del rischio, non avendo verificato se l'imputato, che peraltro, secondo la difesa, sarebbe titolare di un'impresa con numerosi lavoratori alle dipendenze ed un elevatissimo numero di automezzi a disposizione, abbia o meno predisposto, e, nell'affermativa, in quali termini e se l'eventuale ripartizione di compiti sia connotata da efficienza o meno, una struttura verticale di controllo sullo stato dei veicoli.
Gli indicati aspetti meritano un adeguato approfondimento affinché dalla mera condizione di proprietario del veicolo, peraltro sottoposto a revisione sei mesi prima del fatto con esito positivo, non discenda, secondo un meccanismo che rischia di somigliare ad un automatismo probatorio, l'affermazione di responsabilità penale.
Del resto, lo stesso dubbio manifestato dalla Corte territoriale nell'incipit del ragionamento che si è riferito circa la veridicità della revisione, senza che si indichino tuttavia le ragioni giustificatrici della perplessità, è indice ulteriore della debolezza della motivazione sullo specifico punto: ove è appena il caso di notare che l'incertezza è ben superabile mediante gli opportuni accertamenti da svolgersi in punto di fatto, ovviamente preclusi al giudice di legittimità.
3.3. Resta assorbito, ovviamente, il profilo di doglianza relativo al trattamento sanzionatorio (di cui si è detto al punto n. 5.1.6. del "considerato in diritto"), che presuppone l'emersa certezza circa l'an della responsabilità penale dell'imputato.
4. Da tutte le considerazioni svolte discende l'annullamento della sentenza, limitatamente alla posizione di M.S., con rinvio alla Corte di appello di Cagliari, altra Sezione (art. 623, lett. c, cod. proc. pen.), che si atterrà al principio di diritto suindicato (al punto n. 3.3. del "considerato in diritto").
I ricorsi nell'interesse di S.M., D.P. ed E.F. vanno invece rigettati, con condanna, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), degli imputati soccombenti al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata nei confronti di S.M. Michele, con rinvio alla Corte d'Appello di Cagliari.
Rigetta i ricorsi di S.M., D.P. e E.F. e li condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 4/02/2016.