Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 16 febbraio 2017, n. 4124 - Neoplasia ed insufficienza respiratoria. Quale nesso causale del decesso?


 

 

Presidente: MAMMONE GIOVANNI Relatore: MAMMONE GIOVANNI Data pubblicazione: 16/02/2017

 

 

 

Fatto

 


1. Con ricorso notificato il 10.10.03 G.P., vedova di S.S., assumendo che il coniuge era deceduto a causa di malattia professionale, diagnosticata come bronchite cronica ostruttiva, chiedeva al Tribunale di Velletri la rendita per i superstiti. Costituitosi l'INAIL ed espletata consulenza tecnica, il giudice rigettava la domanda.
2. Proposto appello dall'assicurata, la Corte d'appello di Roma rinnovava la consulenza tecnica di ufficio e, a seguito di rilievi formulati dal consulente di parte, chiamava a chiarimenti il consulente. All'esito, con sentenza del 13.10.10 rigettava l'impugnazione, ritenendo inesistente il nesso eziologico in quanto il decesso del S.S., soggetto affetto da neoplasia, non aveva trovato causa nell'insufficienza respiratoria, la quale era sempre rimasta nei limiti senza mai assurgere a "grave deficit respiratorio".
3. Propone ricorso per cassazione la G.P., cui risponde l'INAIL con controricorso. Il Collegio ha disposto la redazione di motivazione semplificata.
 

 

Diritto

 


4. Con l'unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce la violazione dell'art. 85 del d.P.R. 30.06.65 n. 1124 e dell'art. 2700 c.c. rilevando che la tecnopatia è stata una concausa del decesso, rilevando come l'insufficienza respiratoria da cui era affetto il de cuius fosse di gravità tale da costituire concausa del decesso. Tale era la risultanza del certificato necroscopico, da cui poteva desumersi un percorso degenerativo dello stato di salute del S.S. (patologia oncologica, insufficienza respiratoria, arresto cardiocircolatorio) in cui le due più gravi patologie (neoplasia ed insufficienza respiratoria) avevano cagionato lo sbancamento del muscolo cardiaco, indotto a un maggior lavorio per ossigenare il sangue.
5. Il ricorso non è fondato.
In materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell'assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale traducendosi, quindi, in un'inammissibile critica del convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata, v. tra le tante Cass. 29.4.09 n. 9988 e 3.4.08 n. 8654).
Il giudice di merito ha condiviso l'accertamento peritale, ripercorrendone sul piano medico-legale tutti i passaggi. Con il ricorso non vengono dedotti vizi logico-formali che si concretino in devianza dalle nozioni della scienza medica o si sostanzino in affermazioni illogiche o scientificamente errate, ma, con riferimento ad affezioni esplicitamente valutate sul piano medico-legale dal giudice di merito, sono effettuate acritiche osservazioni basate su valutazioni di merito già prese in esame dai consulenti tecnici officiati nel corso di giudizio di merito.
6. - In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Nulla deve statuirsi per le spese del giudizio di legittimità, trattandosi di controversia a contenuto previdenziale con ricorso presentato prima dell'ottobre 2003.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso, nulla disponendo per le spese del giudizio di legittimità.
Cosi deciso in Roma il 30 novembre 2016.