Cassazione Penale, Sez. 4, 20 febbraio 2017, n. 8070 - Infortunio mortale e delega di funzione. L'eventuale errore dei sanitari nel curare la vittima non può ritenersi causa autonoma ed indipendente


 

 

Presidente: BIANCHI LUISA Relatore: D'ISA CLAUDIO Data Udienza: 26/10/2016

 

Fatto

 


1. Con la sentenza, in epigrafe indicata, la Corte d'appello di Napoli ha confermato quella di condanna emessa dal GUP del locale Tribunale, in data 13.12.2010, nei confronti di C.V. e C.A. in ordine al delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle leggi antinfortunistiche, ai danni di P.G..
2. Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati.
Premesso che circa la dinamica dell'infortunio sul lavoro di cui trattasi, ben descritta nel capo d'imputazione, non vi sono contestazioni, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione di legge, per mancata assunzione di una prova decisiva, richiesta nel corso del giudizio di merito, e vizio di motivazione.
In particolare, rilevato che i giudici di appello non hanno esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, né hanno fornito una corretta interpretazione degli stessi, né hanno assunto prove decisive, puntualmente articolate dagli imputati, si censura primariamente la parte della motivazione che riguarda la posizione di C.V., laddove si è ritenuto che il figlio C.A. ha nascosto la reale dinamica dell'incidente al fine evidente di alleviare la propria posizione e quella del padre. Si argomenta che il C.A. non ha fatto altro che riportare la verità dei fatti nel sostenere che il padre, come per altro confermato da altro testimoniale, si interessava solo ed esclusivamente dell'aspetto amministrativo della ditta. Per cui trascorreva le sue giornate in ufficio dinanzi alla scrivania ivi compreso il giorno dell'infortunio. Solo il figlio si interessava dell'organizzazione ed esecuzione del lavoro, ed era l'unico che aveva il rapporto diretto e quotidiano con gli operai, ed era l'unico responsabile per la sicurezza.
Altro dato di cui i giudici non hanno tenuto conto è che i sanitari dell'ospedale "Camilliani" di Casoria, dove fu ricoverato in pronto soccorso la persona offesa, hanno prestato cure inopportune alla medesima, seguendo un protocollo medico errato, trattenendo il paziente negligentemente in quella struttura anziché trasferirlo in altra più competente per la cura delle lesioni riportate dal P.G..
Infine, quanto alla pena inflitta agli imputati si censura la valutazione della sua dosimetria evidenziandosi la mancanza di una qualsiasi motivazione in ordine ai criteri ex art. 133 cod. pen. che la presidiano.
 

 

Diritto

 

3. I ricorsi vanno rigettati per la infondatezza dei motivi posti a base di essi. 
3.1 Con riguardo alla posizione del C.V. la infondatezza dei motivi deriva da due ordini di considerazioni.
3.1.1 Premesso che la censura riguardante la omessa valutazione di prove decisive è del tutto generica, non indicandosi quali sarebbero state le prove pretermesse, i giudici di merito hanno ben posto in evidenza che il ricorrente, al pari del figlio A., era da considerarsi datore di lavoro con tutte le conseguenti assunzioni di responsabilità in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Correttamente la Corte d'appello non ha ritenuto bastevoli, per una esclusione della responsabilità del ricorrente in ordine all'infortunio contestato, le dichiarazioni del figlio A., non essendo queste suffragate da una delega in materia di sicurezza e prevenzione rilasciatagli dal padre.
Si rammenta che nella materia infortunistica, perché possa prodursi l'effetto del trasferimento dell'obbligo di prevenzione dal titolare della posizione di garanzia ad altri soggetti inseriti nell'apparato organizzativo dell'impresa (siano essi responsabili di settore o capireparto) è necessaria una delega di funzioni da parte dell'imprenditore o del datore di lavoro che deve trovare consacrazione in un formale atto di investitura in modo che risulti certo l'affidamento dell'incarico a persona ben individuata, che lo abbia volontariamente accettato nella consapevolezza dell'obbligo di cui viene a gravarsi; quello cioè di osservare e fare rispettare la normativa di sicurezza. Se, dunque, è possibile che l'imprenditore possa delegare ad altri gli obblighi attinenti alla tutela delle condizioni di sicurezza del lavoro su di lui incombenti per legge, in quanto principale destinatario della normativa antinfortunistica, qualora sia impossibilitato ad esercitare di persona i poteri-doveri connessi alla sua qualità per la complessità ed ampiezza dell'impresa per la pluralità di settori produttivi di cui si compone o per altre ragioni, tuttavia il cennato obbligo di garanzia può ritenersi validamente trasferito purché vi sia stata una specifica delega, e ciò per l'ovvia esigenza di evitare indebite esenzioni, da un lato, e, d'altro, compiacenti sostituzioni di responsabilità. Sul presupposto che l'individuazione dei destinatari dell'obbligo di prevenzione deve avvenire in relazione all'organizzazione dell'impresa e alla ripartizione delle incombenze, siccome attuata in concreto tra i vari soggetti chiamati a collaborare con l'imprenditore e ad assicurare in sua vece l'onere di tutela delle condizioni di lavoro, non può quest'ultimo essere esentato da colpa per qualsiasi evenienza infortunistica conseguente all'inosservanza dell'obbligo di garanzia suo proprio, quando non vi sia stato un trasferimento di competenza in materia antinfortunistica attraverso un atto di delega e ciò in attuazione del principio della divisione dei compiti e delle connesse diversificate responsabilità personali.
L'adesione alla tesi di una possibilità di una delega ampliata di funzioni, costituisce palese violazione della ratio dell'intero D.P.R. n. 547/1955, del successivo d.lgs 626/94 e da ultimo dal D.lgs 81/2008, il quale, con l'espressione "competenze" ha inteso riferirsi alle posizioni occupate dai vari soggetti nell'ambito dell'impresa in base all'effettuata e completa ripartizione di incarichi tra: i datori di lavoro (sui quali precipuamente grava l'onere dell'apprestamento e dell'attuazione di tutti i necessari accorgimenti antinfortunistici), dirigenti, cui spettano poteri di coordinamento e di organizzazione in uno specifico settore operativo o in tutte le branche dell'attività aziendale, e preposti, cui competono poteri di controllo e di vigilanza, in modo da consentire l'individuazione delle rispettive responsabilità, qualora dovessero insorgere. Donde la necessità di una delega certa e specifica da parte dell'imprenditore, che valga a sollevarlo dall'obbligo di prevenzione, altrimenti su di lui gravante.
3.1.3 Quanto alla seconda considerazione in merito alla deduzione difensiva della causa sopravvenuta determinata dalle asserite erronee cure mediche apprestate all'infortunato in ospedale, questa Corte ha costantemente affermato (V. di recente: Sez. 2, Sentenza n. 17804 del 18/03/2015 Ud., Rv. 263581) il principio secondo cui, ai fini dell'apprezzamento dell'eventuale interruzione del nesso causale tra condotta ed evento, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall'antecedente, e però caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta.
Ed, in particolare, in riferimento ad un caso analogo (Sez. 4, Sentenza n. 41293 del 04/10/2007 Ud., Rv. 237838) a quello oggetto dell'esame del Collegio, la Corte ha affermato che l'eventuale errore dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale non può ritenersi causa autonoma ed indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato l'incidente e la successiva morte del ferito. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l’interruzione del nesso di causalità rilevando che l'errore medico non costituisce un accadimento al di fuori di ogni immaginazione, a maggior ragione nel caso in cui l'aggravamento della situazione clinica del ferito e la necessità di interventi chirurgici complessi risultino preventivabili in ragione della gravità delle lesioni determinate dall'incidente stradale).
3.2 Inammissibile è il motivo, riguardante entrambi gli imputati, con cui si censura per vizio motivazionale la quantificazione della pena.
Sul punto la specifica motivazione della sentenza, analitica ed esaustiva, è esente da qualsiasi censura, rammentandosi che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell'ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell'art. 133 c.p. (da ultimo, Cass., Sez. 4A, 13 gennaio 2004, Palumbo) A ciò dovendosi aggiungere che non è neppure è necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta contenuta in una fascia medio bassa rispetto alla pena edittale (di recente, Cass., Sez. 4A, 4 dicembre 2003, Cozzolino ed altri).
Nella specie, risulta evidente che il potere discrezionale in punto di trattamento dosimetrico, alla luce della pena inflitta, è stato dal giudice correttamente esercitato, pur evidenziandosi la gravità del fatto, con riferimento alla personalità degli imputati e con la concessione delle attenuanti generiche, così dimostrando di aver tenuto conto degli elementi indicati nell'art. 133 c.p..
Al rigetto dei ricorsi segue al condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 26 ottobre 2016.