Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 14 marzo 2017, n. 6611 - Malattia professionale e postumi di invalidità


 

 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: MAROTTA CATERINA Data pubblicazione: 14/03/2017

 

 

 

Rilevato che:
- la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Urbino, dichiarava che, in conseguenza delle malattie professionali accertate, la rendita spettante a F.O., doveva essere determinata in relazione ad una invalidità del 12% con condanna delle differenze rateali maturate e maturande con gli accessori di legge;
- ricorre per cassazione l’I.N.A.I.L. affidando l’impugnazione a due motivi;
- F.O. è rimasta solo intimata;
- la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
- non sono state depositate memorie;
- il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
 

 

Considerato che:
- con i motivi di ricorso l’I.N.A.l.L. lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 38/2000 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Rileva che la stessa originaria ricorrente aveva affermato in ricorso che i postumi permanenti riconosciuti dall’Istituto in sede amministrativa erano del 14% (tendinopatia bilaterale più segnatamente a dx = 8% e epicondilite gomito destro = 6%) ed aveva chiesto il riconoscimento di un aggravamento nella misura del 17%. Il c.t.u. nominato nel corso del giudizio di primo grado aveva quantificato tali postumi nella misura del 10%. Tale giudizio medico era stato condiviso dal Tribunale che aveva rigettato la domanda. In sede il appello, il nominato c.t.u., pur non confermando le conclusioni dell’ausiliare di primo grado, aveva tuttavia ritenuto che i postumi invalidanti non potessero superare il 12% e cioè una misura comunque non superiore a quella già riconosciuta dall’Istituto. Quest’ultimo, pertanto, stante l’intervenuto miglioramento del gradiente invalidante, non poteva essere condannato al pagamento di differenze a titolo di indennizzo in capitale;
- il motivo è manifestamente fondato;
- del tutto erroneamente la Corte territoriale ha fondato il giudizio di aggravamento dagli accertati postumi invalidanti (12%) in rapporto alle conclusioni del consulente di primo grado (10%) laddove tale giudizio andava espresso in rapporto a quanto riconosciuto dall’l.N.A.I.L. in sede amministrativa (14%). Come puntualmente ricostruito dal ricorrente sulla base della riproduzione del contenuto degli atti causa (nella parte utile a reggere le censure) già in sede di ricorso introduttivo era stato dato atto dalla F.O. che l’Istituto aveva riconosciuto in data 8/4/2009 un danno biologico con postumi del 14% e rispetto a tale gradiente di invalidità era stato chiesto l’aggravamento in misura del 17%;
- è evidente, allora, che, sulla base della consulenza svolta in secondo grado, la pretesa della ricorrente era del tutto infondata atteso che nessun aggravamento sussisteva (risultando, al contrario, un miglioramento del gradiente di invalidità - 12% -);
- in conclusione, condivisa la proposta, il ricorso va accolto e va cassatala sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 coti. proc. civ., con il rigetto dell’azionata domanda;
- l’alterno esito dei gradi mento consente di compensare tra le parti le spese dei relativi giudizi; non possono che seguire la soccombenza quelle del presente giudizio di legittimità;
 

 

P.Q.M.

 


La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’azionata domanda; compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna F.O. al pagamento, in favore dell’I.N.A.I.L., delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Così deciso in Roma, l’8 febbraio 2017