Cassazione Penale, Sez. 4, 20 marzo 2017, n. 13457 - Trauma contusivo massiccio facciale del lavoratore.
Indeterminatezza/incompletezza dell’imputazione


 

Presidente: D'ISA CLAUDIO Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA Data Udienza: 08/11/2016

 

 

 

FattoDiritto

 

T.R. ha proposto, a mezzo del difensore, ricorso per Cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Catania in data 21.5.2015 con la quale il predetto, in qualità di legale rappresentante e di datore di lavoro dell’impresa TIR CAR Unipersonale s.r.l., e S.G., in qualità di legale rappresentante e di datore di lavoro dell’impresa NTW STILE LOG s.r.l., venivano dichiarati responsabili del reato di lesioni ai danni di B.F. - per una lesione personale gravissima consistente in trauma contusivo massiccio facciale - e venivano entrambi condannati alla pena di euro 1.000 di multa ciascuno.
Come risulta dalla ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza, l’infortunio sul lavoro si è verificato all’interno del capannone della NEW Style Log s.r.l., impresa di autotrasporti di cui è legale rappresentante S.G., dove erano in corso lavori di manutenzione a mezzo di saldatura ad arco, svolti, su incarico del predetto S.G., dalla TIR CAR Unipersonale s.r.l, di cui è legale rappresentante e datore di lavoro il T.R.. Il fabbro, B.F., dipendente dall’impresa TIR CAR Unipersonal, dovendo, su disposizione del proprio datore di lavoro, il T.R., effettuare lavori di saldatura all’interno del capannone della NEW STYLE, aveva collegato la saldatrice al quadro elettrico posto all’interno del locale di ricarica dei carrelli elevatori, essendo il punto più vicino rispetto al luogo della lavorazione. Appena inserita dal B.F. la spina della saldatrice nel quadro di alimentazione, si verificava lo scoppio delle batterie allocate nel vano di ricarica del carrello elevatore ricoverato nel locale. L'esplosione provocava l’apertura del riparo metallico che, conseguentemente, provocava il ribaltamento del sedile riservato al conducente del carrello elevatore, installato su tale riparo, ed il sedile, sganciatosi dalle guide, andava a colpire violentemente il volto del B.F., provocandogli le lesioni descritte nell’imputazione.
La difesa del T.R. ha dedotto, con un primo motivo, violazione della legge penale per genericità, indeterminatezza del capo di imputazione in relazione alla mancata descrizione della condotta contestata all’imputato nel capo di imputazione. Rileva in proposito che, mentre viene compiutamente descritta la condotta omissiva ascritta al coimputato S.G., manca del tutto, verosimilmente per una dimenticanza nella trascrizione dell’imputazione, l’indicazione della condotta addebitata al T.R..
Tale omissione si riverbera sulla individuazione del profilo di colpa specifico e generico e sulla verifica del nesso di causalità. Rileva la difesa che la sola qualità del T.R. di legale rappresentante di un’impresa dedita all’attività produttiva indicata nell’imputazione, non è di per sé solo sufficiente a far sorgere la responsabilità penale in capo al soggetto occorrendo una verifica in concreto della condotta colposa posta in essere in violazione della posizione di garanzia attribuitagli.
Con un secondo motivo si deduce violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza.
Come risulta dalla sentenza impugnata il T.R. è stato condannato per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’art. 294 bis d.lvo 81/2008, e non ai sensi degli art. 41, 590 co 3 c.p. come contestato nell’imputazione.
La diversa qualificazione della condotta e della norma penale violata effettuata dal giudice per la prima volta nella sentenza non ha consentito all’imputato di difendersi, non essendone stato messo a conoscenza della stessa per tutto il processo. Il difensore aveva difatti impostato la difesa con riferimento al diverso reato di cui all’art. 590 c.p. contestato nell’imputazione e non con riguardo alla violazione delle norme sulla prevenzione sugli infortuni sul lavoro. Ciò determina, ad avviso del difensore, la violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza.
Il ricorso è fondato quanto alla censura inerente la mancata indicazione dei profili di colpa del T.R..
In proposito occorre innanzitutto dare atto che l’indeterminatezza/incompletezza dell’imputazione è stata tempestivamente dedotta in quanto, trattandosi di nullità relativa a regime intermedio, ex art. 181 co. 3 c.p.p., doveva essere rilevata alla prima udienza dibattimentale nel termine di cui all’art. 491 co. 1 c.p.p. ovvero subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti.
Tanto premesso, sulla fondatezza della censura, occorre evidenziare la totale assenza nella sentenza impugnata di qualsivoglia riferimento a tale eccezione che avrebbe dovuto essere trattata subito alla stessa udienza e decisa con ordinanza. Ancora sul punto merita ricordare come in tema di contestazione dell'accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all’indicazione delle norme di legge violate: il fatto deve essere precisato in modo puntuale. La mancata individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, mentre il fatto deve essere specificato con chiarezza in quanto la sua inadeguata enunciazione si traduce in una indebita compressione del diritto di difesa (Cass. Sez. III n. 5469/2014 Rv. 258920).
Tanto premesso la semenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Catania.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania.
Così deciso in Roma, il giorno 8.11.2017.