Cassazione Penale, Sez. 4, 20 aprile 2017, n. 19042 - Infortunio durante le operazioni di trasloco con l'impiego di un elevatore. Macchinario non sottoposto a verifica e mancata formazione


 

Presidente: BIANCHI LUISA Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO Data Udienza: 22/03/2017

 

Fatto

 

1. Con sentenza n. 1952/16 del 25/02/2016, la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza emessa il 10/03/2014 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la quale M.C. era stata condannata alla pena condizionalmente sospesa di mesi tre di reclusione poiché ritenuta responsabile del reato di cui agli artt. 40, comma 2, 590, commi 1, 2 e 3, e 583, comma 1, n.l, e 2), c.p. commesso in Santa Maria Capua Vetere il 29/04/2008.
1.1. La M.C. era stata tratta a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt. 40, comma 2, 590, commi 1, 2 e 3, e 583, comma 1, nr. 1) e 2), c.p. perché, in qualità di titolare della ditta individuale "GROBAL TRASLOCHI", con condotte omissive e quindi non impedendo il reato che aveva l'obbligo giuridico di prevenire, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e nell'inosservanza di specifiche norme antinfortunistiche, cagionava al lavoratore dipendente E.H.R. lesioni personali gravi ed in particolare "un trauma con amputazione subtotale dell'arto inferiore destro al 111° distale della gamba, trauma da schiacciamento con ferite lacerocontuse del dorso della mano sinistra ed un politrauma toracico-addominale con infermità cessata in data 24/11/2009 ed indebolimento permanente dell'organo della deambulazione; e segnatamente il datore di lavoro M.C., in violazione degli artt. 179, comma 2, D.P.R. 547/55, 22 D.L.gs. 626/94 e 38 D.L.gs. 626/94, adibiva il lavoratore dipendente E.H.R. ad operazioni di trasloco mediante l'impiego di un elevatore trainato marca BOCKER modello HD25L senza aver sottoposto tale macchinario alla periodica verifica delle funi e delle catene, e senza aver fornito al lavoratore infortunato un'adeguata ed esaustiva formazione su tutti i rischi lavorativi e sullo specifico utilizzo del macchinario affidatogli; in tal modo il lavoratore dipendente E.H.R., nel cercare di richiudere l'elevatore trainato colpendo con una sbarra il freno di destra che si era bloccato, restava incastrato con il piede destro e la mano sinistra in uno dei segmenti che scendeva improvvisamente, procurandosi le lesioni sopra descritte. In S. Maria C.V. il 29/04/2008.
2. Avverso tale sentenza d'appello, propone ricorso per cassazione M.C., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):
I) violazione di legge in relazione agli artt. 157 e 159 c.p. per inosservanza di norme penali per omessa dichiarazione di non doversi procedere per sopraggiunta estinzione del reato a causa del maturarsi della prescrizione;
II) violazione di legge in relazione agli artt. 178 e 179 c.p.p. per inosservanza di norme processuali stabilite a titolo di nullità per violazione dell'art. 550, comma 3, c.p.p.. Deduce che era contestato all'imputata oltre al reato di cui all'art. 590 c.p. anche il reato di cui all'art. 583 c.p. con relative aggravanti e l'udienza preliminare sarebbe servita, in questo caso, proprio a dirimere ogni dubbio sulla natura delle lesioni riportate dalla persona offesa;
III) vizi motivazionali perché la motivazione, in ordine alla sussistenza dell'ipotesi di nullità ex art. 550, comma 3, c.p.p. è meramente apparente. Deduce che i Giudici Partenopei, ripercorrendo l'analisi operata dalla difesa, sancivano che l'art. 583 c.p. era però stato contestato al solo scopo descrittivo della natura delle lesioni cagionate e che pertanto non doveva procedersi all'Udienza Preliminare ma la motivazione, in ordine a tale circostanza, risulta sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e pertanto appare essere minato l'iter logico seguito dal giudice nel giustificare il provvedimento impugnato;
IV) vizi motivazionali per contraddittorietà della motivazione. Deduce che le risultanze dibattimentali, inconfutabilmente, attestano che la persona offesa era stata formata ed informata sui rischi generici e specifici connessi all'utilizzo dell'attrezzatura a cui era adibita;
V) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione agli artt. 40 e 41 c.p., per avere la Corte d'appello omesso di tener conto, alla stregua delle risultanze processuali, che la condotta della vittima era stata la sola causa efficiente dell'infortunio, trattandosi di condotta abnorme ed imprevedibile, oltreché avulsa dalle mansioni demandate al lavoratore.
 

 

Diritto

 


3. Rileva preliminarmente l'intervenuta estinzione del reato. È infatti decorso, alla data del 29/10/2015, il termine prescrizionale massimo.
3.1. Osserva il Collegio, che la condotta contestata era coperta dalla prescrizione ben prima della sentenza di appello.
3.2. Occorre evidenziare che, qualora il termine prescrizionale decorra prima della pronuncia di secondo grado, il ricorso per cassazione è ammissibile (anche trattandosi di unico motivo di impugnazione perché gli altri s'appalesano inammissibili) poiché la prescrizione si è oggettivamente verificata prima della conclusione della fase di merito e il giudicante avrebbe dovuto rilevarla (cfr. sez. 5, n.595 del 12 gennaio 2012).
3.3. Ritiene questa Corte di aderire all'orientamento giurisprudenziale più recente secondo il quale va ritenuto possibile, pur in presenza di ricorso affetto da inammissibilità originaria, procedere ad immediata declaratoria della causa estintiva della prescrizione maturatasi prima della pronuncia dell'impugnata sentenza, seppure nel grado di appello la questione non sia stata dedotta dalla difesa (cfr. sez. 3, n. 46969 del 22/05/2013, -ud. 22/05/2013, dep.25/11/2013-; sez. 2, n. 38704 del 07/07/2009, Rv 244809; sez. 5, n. 42950 del 17/09/2012, Rv. 254633).
3.4. Né, infine, alla luce delle pronunzie di merito, si configura l'evidenza della prova che consente l'adozione di pronunzia liberatoria nel merito ai sensi dell'art. 129 c.p.p..
3.5. La sentenza va dunque annullata senza rinvio.
4. Ciò detto, resta da scrutinare la sopravvivenza delle statuizioni civili.
5. Per completezza, in replica ai motivi sub II) e III), occorre solo evidenziare che, come correttamente affermato dai giudici del merito, il richiamo all'art. 583 c.p., scaturente dall'articolo 590 c.p., comma 3, non poteva considerarsi quoad poenam ma soltanto ai fini della qualificazione della lesione, pur sempre colposa, come grave o gravissima, con conseguente innalzamento della pena per il reato base, ma nei limiti di cui all'articolo 550 c.p.p. (cfr. anche sez. 4, n. 50318 del 28 novembre 2016; sez. 4, n. 4958 del 31 gennaio 2013).
6. In ordine al motivo sub IV), va rammentato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
6.1. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel caso in esame- siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). - 
6.2. Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, (sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
6.3. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
6.4. In realtà la ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
7. Quanto al motivo sub V), mette conto rilevare che, nella concreta fattispecie, la decisione impugnata si presenta formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali -quali sopra riportati (nella parte narrativa) e da intendersi qui integralmente richiamati onde evitare superflue ripetizioni- forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti l'infortunio oggetto del processo: i giudici del merito, dopo aver analizzato tutti gli aspetti della vicenda (dinamica dell'infortunio e posizione di garanzia dell'imputata) hanno spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la responsabilità della M.C..
7.1. Deve sottolinearsi che, per quel che riguarda l'individuazione dei profili di colpa, con il gravame -attraverso la denunzia di asseriti vizi di violazione di legge e di motivazione- sono state in parte riproposte questioni, anche di fatto, già ampiamente dibattute in sede di merito.
7.2. Circa la rilevanza delle eventuali condotte negligenti ovvero imprudenti riferibili al dipendente infortunato, occorre rimarcare che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante è il soggetto che gestisce il rischio" e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il D.Lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.
7.2.1. Nel caso che occupa l'imputata era il gestore del rischio e l’evento si è verificato nell’alveo della sua sfera gestoria; la eventuale ed ipotetica condotta abnorme del lavoratore non può considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento poiché essa non si è collocata al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. In altri termini la complessiva condotta del lavoratore non fu eccentrica rispetto al rischio lavorativo che il garante era chiamato a governare (cfr. Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014 Rv. 261108). Correttamente il giudice del merito ha, poi, affermato che «Le risultanze istruttorie dimostrano inequivocabilmente come gli adempimenti in materia di formazione ed informazione dei lavoratori siano stati superficiali e non adeguati rispetto alle specifiche mansioni che il dipendente E.H.R. in concreto svolgeva», sulla base delle dichiarazioni rese dal personale della ASL Unità Operativa Prevenzione Luoghi di Lavoro secondo cui la formazione dei lavoratori non era adeguata in quanto non esaustiva di tutti i rischi lavorativi, in violazione dell'art. 22 del D.Lgs. 626/94 (oggi in violazione dell'art. 37 D.Lgs. 81/08), e i lavoratori stessi mancavano di specifica formazione inerente le attrezzature di lavoro utilizzate in violazione dell'art, 38 del D.Lgs. 626/94 (oggi in violazione dell'art. 73 D.Lgs. 81/08).
7.2.2. Nulla, poi, è emerso che possa lasciar presumere che il rispetto delle norme cautelari violate non fosse concretamente esigibile dall'imputata, nelle condizioni date.
7.2.3. Come ineccepibilmente valorizzato, infatti, dai giudici del merito, l'imputata ha «omesso di provvedere ad informare il lavoratore stabilmente incaricato all'uso della scala elevatrice sui rischi specifici cui era esposto durante l'uso che certamente richiedeva conoscenze particolari e quindi un adeguato addestramento tale da consentirne l'utilizzo in modo idoneo e sicuro... la mancata informazione e formazione dell'operaio in ordine ai rischi concreti verificabili nel caso di guasto della scala elevatrice, con un alto grado di probabilità, possono comportare interventi e manovre non adeguati da parte del lavoratore dai quali può derivare, sempre con un rilevante grado di probabilità, interferenze di parti del corpo della persona con la macchina dalle quali possono scaturire incastri, urti e schiacciamenti, da cui possono, certamente, derivare le lesioni della persona coinvolta».
8. Conclusivamente, una volta accertata la legittimità e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare l'inaffidabilità degli elementi posti a base della decisione di merito, pone solo questioni che esorbitano dal limiti della critica al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell'offerta di una diversa (e per la ricorrente più favorevole) valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimità (sez. 6, n. 13170 del 06/03/2012).
9. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso (seppur limitatamente agli effetti civili), la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
9.1. Ne consegue, altresì, la conferma delle statuizioni civili, ex art. 578 c.p.p. e la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile da liquidarsi in € 2.500,00 oltre accessori come per legge, da distrarsi in favore del difensore antistatario.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese in favore dalla parte civile liquidate in euro 2.500,00 oltre accessori come per legge, da distrarsi in favore del difensore antistatario
Così deciso il 22/03/2017