Cassazione Penale, Sez. 4, 11 maggio 2017, n. 23102 - Infortunio mortale a causa della caduta di un muro durante i lavori di realizzazione di una controparete. Posizione di garanzia del datore di lavoro


 

Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA Data Udienza: 07/03/2017

 

Fatto

 


DR.C. ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, emessa in data 22.4.2015, a conferma della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 5.10.2012 con la quale la predetta è stata ritenuta colpevole - in concorso con C.P. quale progettista e direttore dei lavori, E.M.A. quale committente - del reato di cui agli artt. 41, 589 c.p. perché quale titolare e legale rappresentate dell’impresa esecutrice dei lavori Edil Futura s.n.c., nonché datrice di lavoro dell’operaio T.A., per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia ed inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro indicate nell’imputazione, in relazione ai lavori di realizzazione di una controparete nello spazio antistante l’abitazione di E.M.A., cagionava la morte dell’operaio T.A., dipendente dell’impresa Edil Futura, il quale riportava lesioni in conseguenza del crollo del muro.
Come risulta dalla ricostruzione dei fatti riportata nelle sentenze, due operai della Edil Futura, T.A. e C.E., servendosi di una macchina escavatrice, avevano provveduto a ripulire da rifiuti e detriti la base di un vecchio muro di tufo per poi effettuare uno scavo lungo 3 metri, profondo 60 cm, largo fra i 60 e 100 cm. Ciò al fíne di saggiare la stabilità del muro in vista dei lavori che avrebbero dovuto in seguito intraprendere nello spazio esistente fra la proprietà del committente, E.M.A., e quella dei proprietari confinanti. In conseguenza della rimozione, con lo scavo, di un grosso quantitativo di terra alla base del muro, il muro stesso cadeva travolgendo il T.A. che nell’occorso decedeva.
I giudici di merito hanno ritenuto che non fosse stata predisposta alcuna misura atta a prevenire il rischio del crollo; rischio concreto trattandosi di un vecchio muro fatto di mattoni fra loro legati da malta di tufo, sollecitato dalle vibrazioni prodotte dalla macchina escavatrice. Dagli accertamenti svolti dall’ispettore del lavoro, richiamati nelle sentenze di merito, era risultata la mancata adozione del piano operativo di sicurezza da parte delle impresa Edil Futura, la mancata valutazione dei diversi fattori di rischio connessi agli specifici lavori da effettuarsi, in considerazione della vetustà del muro, consumato per l’usura prodotta dagli agenti atmosferici, dalle piante rampicanti e dalle erbacce che lo rivestivano, parete peraltro sollecitata dalle forti vibrazioni della macchina escavatrice e dal venir meno di tre metri cubi di terra posti alla sua base. Peraltro fra il muro crollato ed altro muro che insisteva nella proprietà dei vicini dell’E.M.A. vi era una grossa quantità di terreno posto alla base della scala che si trova alla sommità del muro, per cui era crollata una vera e propria parete di contenimento.
Veniva quindi contestata 1) la mancata adozione del Piano operativo di sicurezza, 2) la mancata adozione di idonee armature ed altre precauzione volte a consentire i lavori di scavo alla base del vecchio muro in sicurezza, 3) la mancata informazione e formazione degli operai dei rischi connessi ai lavori svolti e sulle procedure corrette da seguire.
I giudici ritenevano provata la responsabilità della DR.C., per le gravi omissione e violazioni delle norme antinfortunistiche, stante la posizione di garanzia rivestita essendo la stessa la titolare della Edil Futura, di cui era dipendente l’operaio deceduto e, quindi, sua datrice di lavoro. La stessa peraltro aveva mantenuto per sé il ruolo di responsabile dei lavori senza trasferirlo a terzi.
La difesa della DR.C. ha dedotto i seguenti motivi:
1) Erronea applicazione della legge penale processuale, segnatamente dell’art. 199 c.p.p. con riguardo alla deposizione del teste E.C..
Assume la difesa che il primo giudice, pur informato del rapporto di parentela esistente fra la DR.C. e il teste E.C., cognato dell’imputata, ha erroneamente ritenuto che non dovesse applicarsi l’art. 199 c.p.p. che prevede, qualora il teste sia prossimo congiunto dell’imputato, l’avviso della facoltà di astenersi dalla deposizione.
La mancata applicazione della norma determina una nullità relativa come tale deducibile nel termine previsto dall’art. 181 c.p.p.; quindi, nel caso di specie, ai sensi dell’art. 181 co. IV c.p.p., con l’impugnazione della sentenza essendosi la nullità verificatasi nel corso del giudizio di primo grado, deduzione sollevata, appunto, dalla difesa nell’atto di appello. Discende da tale nullità la inutilizzabilità della deposizione anzidetta. Conseguentemente, non potendosi tenere conto di detta deposizione, gli elementi di prova sono limitati alla deposizione dell’altro dipendente della impresa Edil Futura, B.M., altro teste indicato dal PM, il quale, essendosi allontanato dal luogo dei lavori, per raggiungere altro cantiere, non ha assistito al crollo del muro, né è stato in grado di riferire elementi rilevanti in ordine alle istruzioni date da E.M.A. circa i lavori da eseguirsi quel giorno.
2) Vizio di motivazione con riguardo alla individuazione dei lavori che si sarebbe dovuti eseguire nella proprietà del committente E.M.A., il giorno del crollo del muro.
Assume la difesa che, a seguito di contrasti insorti con i proprietari confinanti, era stato deciso di rinviare i lavori di scavo alla base del muto in attesa di definire le divergenze insorte, ragione per la quale il giorno 26 gli operai della Edil Futura avrebbero dovuto solo pulire la base del muro secondo le istruzioni impartite dall’E.M.A.. Le opere di scavo sarebbero state inopinatamente ed arbitrariamente eseguite senza che fossero state date disposizioni in merito ed all’insaputa dell’impresa appaltatrice. La Corte di appello ha invece ritenuto che fossero state impartite precise istruzioni di procedere al saggio volto a verificare la stabilità del muro scavando alla base con l’escavatrice sulla base di una motivazione illogica desumendo ciò dalla deposizione del teste B.M., inidonea a fornire tale prova. Quest’ultimo difatti non ha riferito che fossero state impartite istruzioni di siffatto contenuto da parte di E.M.A.. Mentre la deposizione del teste E.C. è inutilizzabile e ad essa non si può attingere per accertare tale aspetto.
Peraltro l’incertezza sul tipo di opere da effettuarsi quel giorno sarebbe stata confermata dal teste DM., tecnico incaricato dai proprietari confinanti, il quale avrebbe confermato che, a causa del mancato raggiungimento di un accordo circa l’esecuzione dei lavori fra i proprietari confinanti, fu deciso di non eseguirli il giorno 26 aprile. Ciò in attesa di una definizione dei contasti ed anche di valutazioni tecniche sulla opportunità dell’intervento per le quali era stato personalmente incaricato.
3) Vizio di motivazione con riguardo all’individuazione di una posizione di garanzia in capo alla DR.C..
Premesso che la responsabilità per la violazione delle norme sulla sicurezza del luoghi di lavoro sussiste in capo al soggetto che, indipendentemente dalla qualifica formale rivestita, svolga concretamente le funzioni cui gli obblighi sono connessi, assume la difesa che E.M.A. era il responsabile per la sicurezza nominato dalla datrice di lavoro DR.C. e a tale conclusione si perviene sulla base delle deposizioni dei testi escussi i quali hanno confermato che tutte le istruzioni sui lavori venivano impartite dal predetto, che era il soggetto di riferimento per i dipendenti.
Assume la difesa che all’E.M.A. era stata inoltre conferita specifica delega per la sicurezza dalla datrice di lavoro la quale non aveva alcuna ingerenza sull’adozione dei criteri organizzativi e sulle scelte attinenti la sicurezza; tali scelte erano demandate in via esclusiva ad E.M.A., a nulla rilevando che dall’istruttoria dibattimentale non sia emersa la prova di una delega scritta poiché, come chiarito dalla giurisprudenza non è richiesta la forma scritta ad substantiam.
4) Vizio di motivazione sulla valutazione della assoluta imprevedibilità, eccezionalità ed abnormità del comportamento dei lavoratori tale da porsi come causa esclusiva ed autonoma dell’evento escludendo il nesso di causalità fra questo e la condotta omissiva della datrice di lavoro.
Lamenta la difesa l’omessa valutazione da parte della Corte di appello del comportamento dell’operaio deceduto che, dopo aver terminato il lavoro di scavo, in attesa dell’arrivo di E.M.A. che doveva dare ulteriori istruzioni agli operi, sostava immotivatamente nelle immediate vicinanza del muro al momento del crollo ed è stato travolto dalle macerie. Tale comportamento di macroscopica imprudenza, interrompe, ad avviso del difensore, il nesso di causalità fra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento.
5) Vizio di motivazione con riguardo all’interruzione del nesso causale fra l’inadempimento degli obblighi facenti capo alla datrice di lavoro ed il decesso dell’operaio in quanto esso sarebbe stato causato dalla condotta omissiva dei medici dell’ospedale ove è stato ricoverato dopo l’infortunio.
 

 

Diritto

 


Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
Quanto al primo motivo inerente la deposizione del teste E.C., sicuramente tale soggetto - quale parente dell’imputata - doveva essere avvisato ex art. 199 c.p.p. della facoltà di astenersi dal deporre. L’omissione di tale avviso, però, non comporta l’inutilizzabilità della deposizione resa dal prossimo congiunto ma soltanto una nullità relativa che deve essere fatta valere immediatamente dalla parte presente ovvero, a pena di decadenza, entro i termini di cui all'art. 181 c.p.p. (ex multis Cass. Sez. V, n. 48693/2014). Ebbene, come precisato dai giudici di appello, nel caso in esame durante l’udienza dibattimentale del 20 novembre 2009, in presenza della difesa dell’imputata, il PM ha fatto rilevare la necessità di rivolgere il suddetto avviso al teste E.C. ma il giudice di prime cure, nel replicare al PM, ha ritenuto non necessario il predetto avviso. Dunque in tale frangente la difesa avrebbe dovuto sollevare la relativa eccezione: non facendo nulla, ha di fatto accettato l’omissione decadendo dall’eccezione ex art. 199 c.p.p.
Come correttamente precisato dai giudici di appello, infatti, in caso di nullità relativa non si può certo consentire che la parte pur essendo presente eviti di eccepirla conservando il potere di eccezione per la fase processuale successiva. Ciò equivarrebbe a riconoscere alla parte il potere di vanificare a suo piacimento l’attività processuale già svolta. Deve quindi ritenersi che i termini per l’eccezione di cui al menzionato art. 181 c.p.p. - cioè per quanto qui interessa nei motivi di appello - valgano solo nel caso in cui la parte non fosse presente alla verificazione della nullità. Circostanza non sussistente nel caso di specie.
Per queste ragioni si deve ritenere infondato anche il secondo motivo di ricorso tramite il quale si lamentava il vizio di motivazione con riguardo alla circostanza che E.M. A. avesse disposto l’esecuzione dei lavori nella sua proprietà il giorno del crollo del muro. Ciò risulta dalla deposizione - pienamente utilizzabile - di E.C. il quale ha affermato che il giorno dell’incidente era stato condotto sul luogo del cantiere proprio da E.M.A. per effettuare i lavori di scavo del muro. Peraltro la questione se fu data o meno l’istruzione di procedere allo scavo quel giorno involge accertamenti in fatto la cui valutazione è preclusa a questa Corte.
Quanto al terzo motivo di ricorso, occorre precisare che il compito di preposto o capo cantiere, funzione svolta dal marito dell’imputata, E.M.A., addetto alla sicurezza sul cantiere, non esonera la DR.C. dalle sue responsabilità connesse alla posizione di garanzia di datrice di lavoro, che rimangono immutate concorrendo tale figura con quella del preposto. Come è noto, vi sono misure che grava (ndr. gravano) comunque sul datore di lavoro come, ad esempio, la predisposizione di un POS con la previsione degli specifici rischi attinenti alle lavorazioni, nonché, se ha mantenuto su di sé la funzione di responsabile dei lavori, la formazione ed informazione degli operai. Adempimenti cui la DR.C. nel caso in esame non aveva provveduto pur avendo mantenuto la carica di direttore dei lavori e non avendola delegata a terzi; mancano, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, deleghe in tal senso.
Del tutto infondate risultano infine le due censure finale tramite le quali il ricorrente mette in discussione la sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva dell’imputata e l’incidente occorso all’operaio. Invero la difesa invoca una rivalutazione di profili fattuali preclusa in sede di legittimità qualora la motivazione sul punto risulti - come nel caso di specie - logica e non manifestamente contraddittoria.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in data 7 marzo 2017.