Categoria: Cassazione penale
Visite: 11343

Cassazione Penale, Sez. 7, 19 maggio 2017, n. 25212 - Responsabilità di un CSE. Manca la funzione di "alta vigilanza" se è assente nei momenti topici del cantiere


 

"...Ora, se è ben vero che al medesimo non poteva essere richiesta una presenza assidua in cantiere, è altrettanto vero però, come chiarito in precedenza, che l'obbligo di cui alla lettera f) dell'art. 92 citato, eccezionalmente, individua la posizione di garanzia del CSE nel potere-dovere di intervenire direttamente sulle singole lavorazioni pericolose, ciò che implica anche la necessità legale di frequentare il cantiere con una periodicità compatibile con la possibilità di rilevare le eventuali lavorazioni pericolose. Ciò implica un'attività di verifica non può significare presenza quotidiana nel cantiere, implica però necessariamente la sua presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo. E certamente non può non essere considerato "topico" rispetto alla funzione di controllo il momento in cui in cantiere vengono svolte lavorazioni che comportano il rischio di caduta dall'alto, lavorazioni che per la loro intrinseca pericolosità richiedono assolutamente la presenza del coordinatore per l'esecuzione legittimato, proprio in virtù della predetta lett. f), ad esercitare un potere-dovere di intervento diretto, che può e deve spingersi sino al punto di sospendere i lavori."


 

Presidente: SAVANI PIERO Relatore: SCARCELLA ALESSIO Data Udienza: 10/03/2017

 

 

 

Fatto

 


1. B.M. ha proposto appello a mezzo del difensore fiduciario cassazionista avverso la sentenza del tribunale di Siena, emessa in data 19/06/2013, con cui questi era stato condannato alla pena di € 3000,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 92 e 158, d. lgs. n. 81/08, in relazione a fatti commessi in data 18/09/2009.
2. Con l'originario atto di appello, l'imputato ha dedotto un unico motivo, chiedendo l'assoluzione per insufficienza o contraddittorietà della prova in ordine alla sussistenza del fatto (in estrema sintesi, dopo un'articolata analisi della legislazione applicabile in materia e della giurisprudenza di legittimità formatasi in relazione al ruolo del coordinatore per la sicurezza, sostiene il ricorrente di aver assolto a tutti gli obblighi derivanti dall'espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo circa la concreta attuazione delle misure di sicurezza nel corso delle visite periodiche effettuate sul cantiere (avendo questi richiesto alcune prescrizioni all'impresa) non avendo peraltro questi potuto sospendere i lavori ex art. 92, d. lgs n. 81/08 non avendo direttamente riscontrato, pur in presenza di controlli periodici, quelle situazioni di pericolo asseritamente accertate dall'organo di vigilanza; poiché detto obbligo non comporterebbe il dovere del coordinatore di una continua presenza in cantiere, dovrebbe quindi ritenersi che il sistema di vigilanza approntato dal ricorrente fosse idoneo ad accertare eventuali situazioni di pericolo e che non possa dunque essere addebitata al medesimo a titolo di colpa la condotta di non aver accertato quanto rilevato dall'organo di vigilanza in sede di visita ispettiva).
 

 

Diritto

 


3. Il ricorso è inammissibile.
4. Ed infatti, premesso che si tratta di sentenza inappellabile e ricorribile unicamente per cassazione ex art. 593, comma terzo, c.p.p., dall'illustrazione dei motivi come proposti nell'atto di appello, articolati attraverso un richiamo delle emergenze fattuali che - a dire del ricorrente - avrebbero escluso un dovere giuridico di attivarsi rispetto a quanto oggetto di contestazione da parte dell'organo di vigilanza, emerge all'evidenza la manifesta infondatezza delle doglianze.
5. Ciò appare palese dalla stessa lettura della sentenza impugnata che da compiutamente conto delle ragioni fondanti il giudizio di condanna. In particolare, chiarisce il giudice senese che l'imputato, nominato coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione, venne fatto oggetto di verbale di prescrizione da parte dell'organo di vigilanza intervenuto in sede di visita ispettiva presso un cantiere, avendo rilevato in particolare violazioni di carattere formale e sostanziale tali da determinare l'immediata sospensione dei lavori (mancanza di parapetti con tavola fermapiede in più parti del solaio in c.a. e nella scale laterali; presenza nel solaio di tre aperture non circondate da difesa di copertura e parapetto; mancanza del PIMUS tra la documentazione della sicurezza); con il predetto verbale di prescrizioni veniva ingiunto all'imputato di sospendere i lavori fino ad una verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dall'impresa; constatato l'avvenuto adempimento, l'organo di vigilanza procedeva ad ammettere l'imputato al pagamento dell'oblazione prevista dal d. lgs. n. 758/94, tuttavia non eseguito dal contravventore che depositava una memoria difensiva con cui sosteneva l'inapplicabilità nei suoi confronti dell'art. 92, d. Lgs. n. 81/08, asserendo di non aver disposto la sospensione dei lavori non avendo riscontrato direttamente un pericolo grave ed immediato nel corso del suo ultimo accesso in cantiere avvenuto il 25 agosto, aggiungendo che sia per motivi economici riguardanti l'impresa che per ragioni familiari egli non aveva più potuto frequentare il cantiere, seppure non comunicando la sua impossibilità a recarvisi; segnatamente, sosteneva l'imputato, poiché in occasione del suo ultimo accesso in cantiere del 25 agosto, gli operai erano impegnati nell'armatura dei vani scale e non sul solaio, in quel momento non sussisteva alcuna situazione di pericolo grave ed imminente per cui si dovessero sospendere i lavori; il giudice di merito, pur valutando detti elementi (sostanzialmente ripresi e sviluppati nell'originario atto di appello, convertito in ricorso per cassazione) è comunque pervenuto ad affermare la responsabilità penale del ricorrente in base al rilievo che alla data del 25 agosto, considerato anche lo stato in cui si trovavano le opere venti giorni dopo, data del sopralluogo ispettivo, dovevano essere visivamente riscontrabili tutte le violazioni rilevate dall'organo accertatore, e in ogni caso la mancanza del PIMUS, donde il dovere del reo, nella qualità di coordinatore per l'esecuzione dei lavori, di dare atto della situazione accertata e di sospendere immediatamente i lavori).
6. Al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze difensive si palesano all'evidenza prive di pregio.
Ed invero, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, oltre ai compiti che gli sono affidati dall'art. 5 del D.Lgs. n. 494 del 1996, ha una autonoma funzione di alta vigilanza circa la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, ma non è tenuto anche ad un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è invece demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l'obbligo, previsto dall'art. 92, lett. f), del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate (v., da ultimo: Sez. 4, n. 27165 del 24/05/2016 - dep. 04/07/2016, Battisti, Rv. 267735).
Orbene, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (così sez. 4, n. 44977 del 12.6.2013, Lorenzi ed altro, rv. 257167).
In particolare - si è condivisibilmente sottolineato (nella recente sez. 4, n. 37597 del 5.6.2015, Giambertone, non mass.) che il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni.
Essenziale è che alla previsione della cautela segua un'attività di verifica della sua attuazione, che compete alle imprese esecutrici. Attività di verifica che - come correttamente affermato dalla difesa del ricorrente - tuttavia non può significare presenza quotidiana nel cantiere ma, appunto, presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo.
L'alta vigilanza della quale fa menzione la giurisprudenza di questa Corte, lungi dal poter essere interpretata come una sorta di contrazione della posizione di garanzia indica piuttosto il modo in cui vanno adempiuti i doveri tipici. Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli (art. 92, co. 1 lett. f) dlgs. n.81/2008). 
L'obbligo di cui alla lettera f) è particolarmente importante, perché è norma di chiusura che, eccezionalmente, individua la posizione di garanzia del CSE nel potere-dovere di intervenire direttamente sulle singole lavorazioni pericolose, e che implica anche la necessità legale di frequentare il cantiere con una periodicità compatibile con la possibilità di rilevare le eventuali lavorazioni pericolose.
Per il resto, il coordinatore per l'esecuzione, identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attività che assicurino rispetto ad esse l'attuazione dei piani 'attraverso la mediazione dei datori esecutori'. Certo non può esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto; ma anche queste azioni di verifica non possono essere quotidiane ed hanno una periodicità significativa e non burocratica (cioè dettate dalle necessità che risultino idonee allo scopo e non routinarie). Parallelamente, l'accertamento giudiziale non dovrà ricercare i segni di una presenza diuturna, ma le tracce di azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale.
7. Tanto premesso, non può non rilevarsi che la condotta del ricorrente non sia stata osservante di tale funzione di alta vigilanza intesa secondo l'interpretazione giurisprudenziale più avveduta. Questi, infatti, se è ben vero che alla data del 25 agosto (suo ultimo accesso in cantiere) non aveva riscontrato direttamente alcuna situazione di pericolo nei lavori in corso che prevedevano l'esecuzione "a terra", è altrettanto vero che smise di frequentare il cantiere - come dal medesimo riconosciuto con la memoria prodotta all'organo di vigilanza al fine di giustificare il mancato versamento della somma dovuta ex d. lgs. n. 758/94 - per ragioni legate a difficoltà economiche dell'impresa e anche per ragioni familiari legate al decesso del padre avvenuto l'8 settembre, ossia una decina di giorni prima della visita ispettiva, senza peraltro comunicare né alla committenza né all'impresa esecutrice la sua impossibilità di recarvisi.
Ora, se è ben vero che al medesimo non poteva essere richiesta una presenza assidua in cantiere, è altrettanto vero però, come chiarito in precedenza, che l'obbligo di cui alla lettera f) dell'art. 92 citato, eccezionalmente, individua la posizione di garanzia del CSE nel potere-dovere di intervenire direttamente sulle singole lavorazioni pericolose, ciò che implica anche la necessità legale di frequentare il cantiere con una periodicità compatibile con la possibilità di rilevare le eventuali lavorazioni pericolose. Ciò implica un'attività di verifica non può significare presenza quotidiana nel cantiere, implica però necessariamente la sua presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo. E certamente non può non essere considerato "topico" rispetto alla funzione di controllo il momento in cui in cantiere vengono svolte lavorazioni che comportano il rischio di caduta dall'alto, lavorazioni che per la loro intrinseca pericolosità richiedono assolutamente la presenza del coordinatore per l'esecuzione legittimato, proprio in virtù della predetta lett. f), ad esercitare un potere-dovere di intervento diretto, che può e deve spingersi sino al punto di sospendere i lavori.
In tale contesto, del resto, non rileva la circostanza che questi, almeno sino al 25 agosto, avesse garantito con la necessaria assiduità la sua presenza in cantiere richiedendo prescrizioni all'impresa, posto che - ciò che diversamente rileva - è la circostanza che questi, pur consapevole del cronoprogramma dei lavori da eseguirsi (rivestendo infatti sia il ruolo di coordinatore per la progettazione che quella di coordinatore l'esecuzione dei lavori), abbia volontariamente deciso di non recarsi presso il cantiere per oltre venti giorni dal suo ultimo accesso (non rilevando né la situazione di difficoltà economica dell'impresa né il decesso sopraggiunto in quel periodo del familiare), abdicando quindi a quella sua funzione di alta vigilanza che, ove correttamente esercitata, gli avrebbe consentito di avvedersi di quelle situazioni di pericolo rilevate dagli organi di vigilanza in sede ispettiva, collegate all'esecuzione di lavori in quota comportanti pericolo di caduta dall'alto, così da intervenire direttamente sospendendo i lavori in corso.
8. Il ricorso, così riqualificata l'originaria impugnazione, dev'essere pertanto dichiarato inammissibile. Segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima equo fissare in euro 2000,00 (duemila/00).
9. L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso: Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266).
 

 

P.Q.M.

 


La Corte annulla senza rinvio l'ordinanza 8/06/2016 della Corte d'appello di Firenze e, qualificato come ricorso l'appello proposto, lo dichiara inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 10 marzo 2017