Cassazione Civile, Sez. 6, 05 giugno 2017, n. 13949 - Lavoro di palista/ruspista per ditte di di costruzioni stradali e ipoacusia. Natura professionale o extra professionale della malattia


 

 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: GHINOY PAOLA Data pubblicazione: 05/06/2017

 

 

 

Rilevato che:
1. G.P. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Caltanissetta che, in riforma della sentenza del Tribunale di Enna, aveva rigettato la domanda proposta per ottenere il riconoscimento della rendita per l'ipoacusia asseritamente contratta nell’esercizio e a causa dell'attività lavorativa di palista/ruspista per ditte di costruzioni stradali svolta fino al 2003, recependo le conclusioni del c.t.u. che aveva ritenuto la malattia determinata da cause extra-lavorative.
2. Il ricorso è affidato ad un primo motivo con il quale il G.P. deduce omessa e contraddittoria motivazione circa i rilievi mossi dal consulente tecnico di parte alle risultanze della consulenza d'ufficio, in merito alla protratta esposizione a livelli sonori dannosi. Come secondo motivo, lamenta violazione dell'articolo 112 c.p.c. in ordine all'applicazione della regola contenuta nell'articolo 41 c.p., per cui il rapporto causale tra l’evento e il danno è governato dal principio di equivalenza delle condizioni, nonché di omessa motivazione circa il rilievo mosso dal consulente tecnico di parte, per avere il consulente d’ufficio escluso il diritto alla rendita per malattia professionale senza esaminare il carattere concausale dell'attività lavorativa. A fondamento di entrambi i motivi valorizza la circostanza che l'attività lavorativa, svolta con utilizzo di pala meccanica per il 60% della giornata lavorativa con un Leq di 86 dB e per oltre trent'anni, in ambiente altamente rumoroso causato dall'utilizzo dei predetti veicoli, avrebbe dovuto essere valutata e valorizzata quantomeno come concausa della riscontrata patologia.
3. L'Inail ha resistito con controricorso
4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.
 

 

Considerato che:
1. la soluzione adottata dalla Corte d'appello è stata fondata sulle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, che ha valorizzato le caratteristiche concrete della situazione clinica del periziato e, sulla base del confronto tra i vari esami audiometrici che presentano un andamento fluttuante delle curve - indice della natura extra professionale della malattia - nonché del fatto che dopo il collocamento in congedo il danno uditivo è progressivamente peggiorato fino all’anacusia monolaterale circa otto anni dopo la cessata esposizione al rumore, ha attribuito in via esclusiva la malattia a cause extralavorative, ed in particolare ad altre patologie di natura vascolare e dismetabolica. Tali conclusioni sono state confermate dal c.t.u. anche dopo l'esame dei rilievi clinici del consulente tecnico di parte.
2. La Corte territoriale — contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente - non ha quindi disatteso i principi reiteratamente affermati da questa Corte, valorizzati dal ricorrente, secondo i quali nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione la regola contenuta nell'art. 41 cod. pen., per cui il rapporto causale tra evento e danno è regolato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, a determinare l'evento, sicché deve escludersi l'esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge solo qualora possa ritenersi con certezza che l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa sia stato di per sé sufficiente a produrre la infermità (v. da ultimo ex plurimìs Cass. 7/4/2016 n. 6761, 26/03/2015 n. 6105). Piuttosto, ha ritenuto che la patologia extralavorativa sia stata causa di per sé sola idonea determinare l’ipoacusia. Sicché non trova spazio, proprio in considerazione della malattia come verificatasi in concreto, la valutazione dell’esposizione a rumore, la quale non ha inciso nel processo causale, determinato per effetto delle altre riscontrate patologie.
3. Deve qui pertanto ribadirsi che il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice (v. explurimis da ultimo Cass. ord. n. 1652 del 2012, Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124).
4. Il giudice di merito ha nel caso condiviso l'accertamento peritale, ripercorrendone sul piano medico-legale tutti i passaggi. Con il ricorso non sono dedotti vizi logico- formali che si concretino in devianza dalle nozioni della scienza medica o si sostanzino in affermazioni illogiche o scientificamente errate, ma, con riferimento ad affezioni esplicitamente valutate sul piano medico-legale dal giudice di merito, vengono formulate osservazioni basate su valutazioni di merito già prese in esame e sostanzialmente confutate dal consulente tecnico officiato dal giudice di secondo grado. Il ricorso risulta quindi inammissibile.
5. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza.
6. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 .
 

 

P.Q.M.

 


dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.500,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5.4.2017