Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 05 giugno 2017, n. 13951 - Malattia professionale (ipoacusia da rumore). Ricorso inammissibile


Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: GHINOY PAOLA Data pubblicazione: 05/06/2017

 

 

 

Rilevato che:
1. A.DM. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Catania che aveva confermato la sentenza del Tribunale di Siracusa, di rigetto della domanda proposta con ricorso del 2008 per ottenere il riconoscimento della malattia professionale (ipoacusia da rumore) asseritamente contratta nell'esercizio ed a causa dell'attività lavorativa svolta.
2. La Corte territoriale, dopo avere disposto in appello una nuova consulenza tecnica ed averla successivamente rinnovata con la nomina di due ausiliari, un medico legale ed un otorino, recepiva le conclusioni di questi ultimi che avevano accertato che il danno uditivo da cui è affetto il A.DM. si configura quale danno biologico nella misura del 4% e che l'esame delle precedenti curve audiometriche non rilevava sostanziali differenze. Tale conclusione determinava ad avviso del giudice del gravame l'assorbimento dell'ulteriore questione della natura professionale dell’ ipoacusia.
3. Il ricorso di A.DM. è affidato ad un motivo, con il quale egli denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 132 primo comma n. 4 c.p.c. e la contraddittorietà della sentenza, e lamenta che la Corte d’appello non si sia pronunciata sui capi della domanda che tendevano ad accertare la natura professionale dell’ipoacusia, a prescindere dalla sua indennizzabilità, circostanza pur accertata nella c.t.u. disposta in secondo grado, nonché la misura dell' inabilità permanente. Sostiene di avere interesse ad una statuizione in tal senso, in quanto egli è titolare di una rendita per inabilità permanente complessiva del 13%, come documentato nelle osservazioni critiche alla c.t.u. del 6/4/2010, nonché nell'elaborato peritale recepito dalla Corte territoriale, sicché avrebbe potuto richiedere la liquidazione di una rendita unica ai sensi dell'art. 13 comma 5 del d.lgs n. 38 del 2000.
4. L'Inail ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 380 bis comma 2 c.p.c.
5. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.
 

 

Considerato che:
1. costituisce principio consolidato di questa Corte quello secondo il quale, affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali luna o l'altra erano state proposte, onde consentire alla Corte di verificarne sulla base degli atti la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività (vedi Cass. n. 21229 del 2015, Cass. n. 15367 del 2014, Cass. n. 5070 del 2009, n. 20518 del 2008).
2. Nel caso, non risulta che sia stata ritualmente proposta sin dal primo grado di giudizio una domanda autonomamente apprezzabile ed ammissibile. Il ricorrente riferisce infatti di avere formulato in ricorso la domanda di mero accertamento della natura professionale della malattia, a prescindere dalla sua indennizzabilità, ed aggiunge a pg. 5 che la titolarità di altra rendita era risultata dalle osservazioni critiche alla c.t.u. di secondo grado formulate dal proprio consulente.
3. Deve invece rilevarsi che una domanda di accertamento della natura professionale della malattia con postumi non indennizzabili, avrebbe dovuto essere esplicitamente preordinata sin dal primo grado all'attribuzione di una rendita unificata (ex art. 80 commi 2 e 3 del T.U. n. 1124 del 1965, art. 13 comma 5 d.lgs n. 38 del 2000), sicché il ricorrente avrebbe dovuto formularla in tali termini e dedurre tempestivamente il necessario relativo presupposto fattuale, e dunque la sussistenza dell’ulteriore preesistenza.
4. L’assunto deriva dal principio, condiviso e consolidato, di questa Corte, secondo il quale non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che integrino solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, che può costituire oggetto di accertamento giudiziale solo nella sua interezza (Cass. ord. n. 27/01/2011 n. 2051, Cass. 05/03/2007 n. 5074, Cass. Sez. U., 20/12/2006 n. 27187). La tutela giurisdizionale è tutela di diritti (art. 24 Cost., art. 2907 c.c., artt. 99 e 278 c.p.c.), sicché non sono ritenute proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti pur giuridicamente rilevanti, ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva del diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziale solo nella sua funzione genetica del diritto azionato, e cioè nella sua interezza.
5. La circostanza, riferita dal ricorrente, che la sussistenza di una precedente rendita sia emersa solo nel corso del giudizio d’appello, contraddice che la domanda di accertamento dei presupposti per il riconoscimento di una rendita unificata sia stata ritualmente formulata sin dal primo grado, risultando per contro di per sé inammissibile la domanda di mero accertamento della natura professionale di una malattia non indennizzabile.
6. Il ricorso risulta quindi inammissibile, non venendo dedotta la sussistenza dei presupposti idonei a determinare l’obbligo (che si lamenta disatteso) del giudice di merito di pronunciarsi sulla domanda.
7. Le spese del presente giudizio vanno dichiarate non ripetibili, in virtù della sussistenza delle condizioni per l’esonero ai sensi dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., riferita dalla Corte territoriale.
8. Sussistono invece i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, considerato che 1’ insorgenza di detto obbligo non è collegata alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, del gravame (v. da ultimo ex multis Cass. ord. 16/02/2017 n. 4159).
 

 

P.Q.M.

 


dichiara inammissibile il ricorso. Non assoggetta il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5.4.2017